17/11/2017. E’ stata una partita sorprendentemente molto bella, per di più decisa nel finale all’ultimo tiro. Non all’ultimo tiro vincente, d’accordo, ma la suspense ha tenuto insieme le emozioni per una sfida che di certo non si preannunciava alla vigilia come tra le più avvincenti.
E’ Kemba Walker a fare e a disfare le valigie, fa davvero tutto lui. Segna 47 punti e manca il colpo vincente per vincerla sul suono della sirena, con un layup con facile in penetrazione infastidito dalla difesa di Markakken.
E’ stata quindi una partita sopra le righe. Per Charlotte vanno in doppia cifra per punti Marvin Williams (quota 13), un Dwight Howard onestamente sempre più bollito (11 con 9 rimbalzi), Frank Kaminsky dalla panchina (per lui 11) e sempre dal pino Jeremy Lamb (10 punti con 7 rimbalzi e 4 assist).
Per Kemba Walker 17-27 dal campo con 5-9 da tre, 8-9 dalla linea del tiro libero più 6 rimbalzi e 5 assist. Una gara mostruosa per un grande talento che è troppo spesso sottovalutato e bypassato dal radar delle grandi squadre, lontano dalle luci della ribalta.
Ha di fatto segnato ogni volta che ne abbia avuto desiderio, semplicemente la difesa dei Chicago Bulls, già insufficiente di suo, non ha potuto nemmeno limitarlo.
La guardia nata nel Bronx si è fermata a soli cinque punti dal career high, per l’appunto di 52 punti, messo a referto in una gara del gennaio del 2016 contro gli Utah Jazz.
Di sicuro, almeno finora, non ha raccolto tutte le soddisfazioni che sperava e che il suo talento suggerisce. Si fa vedere spesso e volentieri per perfomance come queste ma gioca praticamente sempre in squadre perdenti e non ha mai veramente fatto il vero salto di qualità.
Per i Chicago Bulls tutto sommato una buona prova, ancor di più se consideriamo come sta andando questa stagione e quali erano le premesse iniziali prima dell’avvio di stagione.
Sono considerati dalla maggior parte degli analisti come la peggiore squadra di tutta la NBA, l’accumulo di talento dice questo, lo dice la direzione tecnica e per quello che più conta lo confermano i risultati finora raggiunti.
La città di Chicago è molto passionale verso i suoi team, in tutti gli sport, e merita sicuramente di più, se non una squadra vincente almeno una che lotta e che non umili il nome di una franchigia gloriosa.
Per la cronaca di questa serata in Illinois contro gli Hornets, si vince 123 a 120, un pò di festa in uno United Center sempre più depresso, oramai lontanissimo dalle gesta del 23 nei mitici anni ’90.
Tanti in doppia cifra, perlomeno si condividono le scelte offensive, anche perchè non c’è un vero ed unico catalizzatore, semplicemente non c’è nessuno che ne sia realmente degno.
Per Markakken 16 punti, 18 per Valentine, 10 per Jerian Grant, 27 per un ottimo Justin Holiday e dalla panchina 10 per Bobby Portis e 22 per Kris Dunn.
Non si giudicheranno i Bulls per questa stagione, siamo tutti d’accordo su questo punto, però se vogliono portare a casa almeno l’onore devono cercare di giocare più partite possibili come questa, dando almeno l’impressione di lottare dopo i rumor resi pubblici delle grandi tensioni in spogliatoio.
In fondo questo il matchup di Michael Jordan. E’ al timone delle operazioni a Charlotte ma questa non si è presentato col suo equipaggio nella sua vera ed unica città, questa Chicago che lo ha celebrato come il più grande di sempre.
Non è che poi le cose in casa sua vadano tanto meglio di quanto succeda per i suoi vecchi, e credo ancora amati nel profondo del suo cuore Bulls.
Si dispiace Kemba Walker in modo sincero per il suo coach, per i risultati che stentano ad arrivare nonostante il duro lavoro. Dopo la partita è molto chiaro con la stampa.
“Mi sento male per il coach. Si prende sempre la responsabilità per le nostre sconfitte ma lui non è il responsabile. Sta facendo il meglio per mettercii in posizione di vincere con i suoi schemi. Siamo noi che roviniamo tutto. Fa male, e tutto parte da me. Devo fare meglio nella metà campo difensiva, devo trovare un modo per coinvolgere i compagni in difesa e al tempo stesso per rendere al meglio per tutti i 48 minuti”.
Per Chicago è stata una serata eccezionale al tiro, 52% dal campo e 17-34 da tre punti, davvero tanto per una squadra ultima per percentuale di tiro e anche per segnature.
C’è aridità nella Windy City, non c’è tanto di più nel North Carolina. Ci si aggrappa a Walker e a Lauri Markakken. Il ventenne finlandese sta avendo una bella stagione nel deserto tecnico di questi Bulls, non ci dimentichiamo che è un rookie ed è profondamente ingiusto consegnarli le chiavi della franchigia adesso.
Curioso il siparietto che ha coinvolto il centro di Charlotte Dwight Howard. Nel primo quarto un tifoso locale gli ha gridato quanto lasci a desiderare in questo momento (“You stink !”).
Per tutta risposta ha schiacciato e si rivolto al tifoso fissandolo in maniera provocatoria. Al di là delle battute è evidente che Howard non è più quello di una volta, diciamo al meglio della sua carriera quando giocava con gli Orlando Magic e raggiunse pure le Finals.
Non ha raggiunto il livello che ci si poteva aspettare da lui, ormai lo possiamo dire visto che ha serenamente oltrepassato la metà abbondante della sua carriera, e posso dire onestamente che è sempre stato un attimo sopravvalutato.
Ha giocato in un’era dove non si domina più sotto canestro come un tempo e allora il suo fisico e qualche indubbia dote difensiva lo hanno portato un pò troppo in alto nelle considerazioni che sempre si sono fatte di lui.
Ha giocato un’altra partita anonima e temo per lui che sarà una stagione altrettanto anonima e sottotono. Non lo aiuta l’ambiente di Charlotte, vero, ma onestamente è molto più colpa sua di quella dell’intera squadra.
Non ci sono grandi speranze per ognuna delle due squadre. Chicago deve cercare di non perdere la faccia, Charlotte può anche sperare di andare ai playoff nella non competitiva Eastern Conference ma deve cambiare rotta e mutare il suo atteggiamento.
Oltre no, non vedo troppa luce. Se non riescono a battere questi Bulls, che pure non hanno giocato alla grande, allora la vedo veramente ed irrimediabilmente dura.
“E qualcosa rimane tra le pagine chiare e le pagine scure…”