Gli sbalorditivi movimenti di questi ultimi mesi ci hanno messo davanti agli occhi una desolante diaspora di talento, se si parla della Central Division: oltre all’uomo franchigia George, i Pacers hanno visto partire da Indianapolis Jeff Teague, Monta Ellis e pure C.J. Miles, mentre Chicago, in cambio di una stretta di mano e qualche pacca sulla spalla, ha spedito nel freddo Minnesota Jimmy Butler.

Tutto ciò consolida ulteriormente il posto dei Cavs come favoriti, anche se pure loro sono usciti profondamente cambiati da questa pazza offseason: dopo più di un mese di silenzi passivo-aggressivi Kyrie Irving è stato accontentato e mandato a dirigere l’intrigante orchestra di Boston mentre un malconcio Thomas, accompagnato da un paio di scelte più Crowder e Zizic, è entrato nel regno di King James.

Le gerarchie sono già ben definite: i Cleveland Cavaliers sono i netti favoriti, seguiti a distanza dai Bucks che si trovano a loro volta qualche gradino sopra ai Pistons mentre per Bulls e Pacers è arrivato il momento di rifondare e quindi, perché no, di tankare.

Cleveland Cavaliers

Quintetto: Isaiah Thomas (G), Dwyane Wade (G), LeBron James (F), Kevin Love (F), Tristan Thompson (C).

Panchina: Derrick Rose (G), J.R. Smith (G), Kyle Korver (F), Jae Crowder (F), Channing Frye (F).

Allenatore: Tyronn Lue.

Tanti i volti nuovi per i Cavs: sapranno fare la differenza, eventualmente, contro Golden State?

Punti di forza: di LeBron James ce n’è solamente uno e per ora gioca a Cleveland. Esattamente, avere il numero 23 apparentemente garantisce perlomeno una finale -viva la Eastern Conference- e soprattutto una possibilità non indifferente di vincere contro chiunque.

Rispetto all’anno scorso la panchina dovrebbe assicurare una produzione più consistente, poiché quando rientrerà Thomas i Cavs potranno permettersi di mandare in campo un Derrick Rose più motivato che darà la possibilità a James di giocare un po’ meno rispetto ai 37.8 minuti a partita dello scorso anno.

Il già ottimo gioco perimetrale beneficerà immensamente dell’innesto di Crowder, in grado di mandare a bersaglio quasi il 40% dei 5.5 tiri da tre tentati a partita, anche se altrettanto non si può dire di Derrick Rose, reduce dalla sua peggiore stagione per quanto riguarda il tiro da fuori. L’aggiunta di Wade mette a disposizione un altro giocatore clutch e nonostante l’età ancora in grado di sfoderare ottime prestazioni in caso di necessità: ha anche una certa intesa con il 23.

Punti di debolezza: difendere non è certamente il punto di forza di Cleveland, soprattutto per quanto riguarda il backcourt. I tanti punti interrogativi sollevati dalla pigra fase difensiva di Irving vengono solamente ingigantiti da Isaiah Thomas che, per evidenti limiti fisici, non può impensierire tante point guard in giro per la lega. Smith e Shumpert lasciano molto a desiderare in questo ambito: la reputazione di difensore del secondo dopo l’approdo a Cleveland è palesemente svanita, e Calderon, Korver e Rose non sono proprio fra i migliori difensori in circolazione. Sorgono dubbi anche a rimbalzo poiché dopo Thompson, Love e James troviamo il buio totale: dal momento che spesso gli ultimi due menzionati sono spesso distanti dal ferro, serve urgentemente aiuto per Thompson.

Analisi: come ogni anno, la regular season sarà una lunga e noiosa formalità per i Cleveland Cavaliers che però quest’anno, teoricamente, lotteranno con più convinzione per il seed numero uno della conference, in quanto avere quattro gare in casa contro i Boston Celtics potrebbe dare a Cleveland un vantaggio non indifferente contro un avversario decisamente più forte di quello dello scorso anno.

I drammi saranno all’ordine del giorno, qualche sconfitta consecutiva darà luogo a funerali pubblici per la partenza di Irving; vale la pena sottolineare come per Thomas sarà possibile aggregarsi alla squadra probabilmente da dopo la pausa All-Star in quanto l’infortunio all’anca che lo ha costretto a saltare gran parte delle Conference Finals lo costringerà ad una degenza più lunga del previsto.

Non ci dovrebbero essere dubbi sul successo in division di questi Cavs, però l’impressione netta è che quest’anno il leitmotiv della stagione sia lo stesso title or bust delle ultime tre stagioni, con una sola differenza: se non arriverà il titolo probabilmente a luglio staremo parlando di come questa squadra sia uscita dal terzo episodio della Decision.

Record 2016-17: 51-31.

Previsione 2017-18: 54-28.

Milwaukee Bucks

Quintetto: Malcolm Brogdon (G), Tony Snell (G), Khris Middleton (F), Giannis Antetokounmpo (F), Thon Maker (C).

Panchina: Matthew Dellavedova (G), Rashad Vaughn (G), Jabari Parker (F), Mirza Teletovic (F), Greg Monroe (C).

Allenatore: Jason Kidd.

Superstar a tutti gli effetti, nonché uno dei giocatori più elettrizzanti di tutta la lega: dove saprà portare questi Bucks Antetokounmpo?

Punti di forza: con i suoi 27 anni Greg Monroe è il più anziano fra gli starting five, stiamo parlando di una squadra giovanissima ancora lontana dall’esprimere a pieno il suo potenziale.

Giannis nella scorsa stagione ha chiaramente dimostrato di essere una superstar, mentre Middleton, Brogdon e Maker dovranno confermare e migliorare quanto di buono dimostrato la scorsa stagione: in una division più debole che mai, centrare i playoff non dovrebbe essere particolarmente difficile e con un anno in più di esperienza i Bucks possono pensare di andare ben oltre il primo turno di playoff.

Punti di debolezza: a temperare le aspettative dei tifosi e della dirigenza ci hanno pensato gli infortuni che hanno privato un quintetto così giovane di minuti e partite preziose insieme. Molti vedono in Tony Snell l’anello debole del quintetto: se saprà riconfermare quanto fatto vedere ai playoff zittendo queste malelingue i Bucks saranno inevitabilmente più competitivi, anche se, soprattutto in attacco, l’ex Bulls sembra essere abbastanza limitato. Tante incognite arrivano invece dalla panchina, dove solamente Monroe è stato in grado di contribuire alla causa con consistenza: Delly dovrà riuscire ad essere più costante, Parker a rimanere sano e Vaughn rimane tuttora un’incognita.

Analisi: l’asticella si è indubbiamente alzata per i Bucks, in quanto se l’anno scorso l’obiettivo era quello di andare ai playoff punto, quest’anno, anche in luce della bruciante rimonta patita contro i Raptors, è lecito aspettarsi e pretendere di più.

Gli strumenti per essere un eccellente team difensivo non mancano e nel quintetto base praticamente chiunque è in grado di segnare con consistenza: se Thon Maker saprà elevare il proprio gioco Milwaukee raggiungerà un livello di pericolosità che drizzerà le antenne ad ogni team della Eastern Conference.

Middleton, uno dei giocatori più sottovalutati della lega, sembra essere in grado di migliorare ancora e se saprà confermare le incredibili percentuali dello scorso anno -43.3% dalla distanza-, con un Antetokounmpo sempre più a proprio agio nelle vesti di playmaker, potrà sfruttare la propria abilità nel muoversi senza palla per creare spazio anche per i compagni: il motivo principale per cui i Bucks si sono portati sul 2-1 contro i Raptors è stato proprio lui che continuando a beneficiare dello spazio concessogli è stato in grado di mettere a segno quasi 17 punti di media in queste tre partite. Dai Bucks tutti si attendono grandi cose, soprattutto da Antetokounmpo: sì, anche un signore recentemente ritiratosi.

Record 2016-17: 42-40.

Previsione 2017-18: 47-35.

Chicago Bulls

Quintetto: Kris Dunn (G), Justin Holiday (G), Zach LaVine (F), Lauri Markkanen (F), Robin Lopez (C).

Panchina: Jerian Grant (G), Denzel Valentine (G), Quincy Pondexter (F), Bobby Portis (F), Cristiano Felicio (C).

Allenatore: Fred Hoiberg.

Il futuro dei Chicago Bulls in una foto.

Punti di forza: la forza di questo team negli ultimi anni, anche dopo la dipartita di Thibodeau, è stata la difesa che probabilmente quest’anno sarà addirittura più debole di un attacco sulla carta non certamente esplosivo.

Stavamo parlando dei punti di forza? Oltre al potenziale offensivo di Markkanen e LaVine -una volta rientrato dall’infortunio- non vedo nulla per cui valga la pena spendere parole.

Punti di debolezza: qua c’è da divertirsi -salvo che chi legge tifi questa squadra-. Parlavamo dell’arcigna difesa, diventata marchio di fabbrica negli ultimi anni: al di fuori di Dunn, Felicio e Lopez i Bulls non hanno a roster un altro giocatore in grado di difendere/a cui piaccia difendere e con un attacco ben lontano dall’essere il migliore della lega pensare di vincere con continuità diventa impossibile.

La mancanza di leadership ed esperienza comportata dagli addii di Wade e Butler rallenterà inevitabilmente la crescita dei giovani, anche se avranno certamente più opportunità di mettersi in mostra in una squadra destinata al tanking. La posizione di point guard è quella che desta più preoccupazioni: il primo anno di Dunn a Minnesota è stato un incubo mentre Jerian Grant ha dimostrato di non essere nulla più di una riserva. LaVine tornerà a stagione già inoltrata: nei primi mesi chi sarà il go-to-guy?

Analisi: fortuna che ci ha pensato EuroBasket a migliorare lievemente il morale dei tifosi dei Bulls, poiché nella prossima stagione ci sarà ben poco per cui varrà la pena entusiasmarsi.

Ai nuovi arrivati come LaVine, Dunn e Markkanen verrà chiesto di cimentarsi in ruoli forse troppo ardui per la loro giovane età e valore tecnico, ma non avendo niente da perderci ciò che la dirigenza di Chicago spera è che qualcuno di loro riesca a fare un salto di qualità netto, in modo da diventare building block su cui puntare per un futuro in cui le speranze di successo passeranno tutte dal draft. Per elencare i motivi per cui dovremmo guardare i Chicago Bulls 2017-18 non servono nemmeno tutte le dita di una mano, in quanto oltre alla spettacolarità di LaVine ed il potenziale messo in mostra da Markkanen ai recenti europei non esistono ragioni per le quali noi tifosi dovremmo investire emotivamente su questa squadra.

Questa stagione sarà solo una lunga e dolorosa transizione da un mediocre record del .500 alla dura realtà delle 20-25 vittorie.

Record 2016-17: 41-41.

Previsione 2017-18: 22-60.

Detroit Pistons

Quintetto: Reggie Jackson (G), Avery Bradley (G), Tobias Harris (F), Jon Leuer (F), Andre Drummond (C).

Panchina: Ish Smith (G), Luke Kennard (G), Stanley Johnson (F), Anthony Tolliver (F), Boban Marjanovic (C).

Allenatore: Stan Van Gundy.

Il ritorno di Reggie Jackson aumenta esponenzialmente le possibilità di playoff dei Pistons.

Punti di forza: individuare i punti di forza di Detroit non è difficile, poiché la difesa -comodamente nella Top 10- ha trainato questa squadra per anni e la sbalorditiva efficacia a rimbalzo ha permesso loro di essere il quarto miglior team in assoluto per quanto concerne questa statistica. Se a ciò aggiungiamo l’arrivo di Avery Bradley -NBA All-defensive first team la passata stagione- trovare ritmo in attacco contro questi Pistons sarà ancora più difficile.

Punti di debolezza: per quanto encomiabile sia il lavoro difensivo, l’attacco lascia ancora parecchio a desiderare. Lo scorso anno i Pistons, con 101.3 punti a partita, hanno schierato il quartultimo attacco nella lega, migliorando leggermente nella classifica dell’efficienza offensiva strappando un ventiduesimo posto – 1.030- che comunque rimane un dato inaccettabile per una squadra che vorrebbe togliersi qualche soddisfazione ai playoff. Il ritorno di Jackson e l’innesto di Bradley dovrebbero regalare a Detroit più potenza di fuoco, ma i dubbi sulla scelta di tiri e soprattutto sul movimento della palla rimangono enormi in questo attacco.

Analisi: l’indebolimento di Chicago ed Indiana favorirà immensamente Detroit che a questo punto dovrebbe strappare un pass per la postseason senza particolari affanni. I problemi offensivi limitano notevolmente le prospettive di una squadra che, in una lega in cui gli shooutout sono oramai all’ordine del giorno, porta in campo uno stile e filosofia di pallacanestro apparentemente estinti da una trentina di anni.

Se il rookie Kennard riuscirà a confermare in parte quanto fatto vedere nella Summer League – in cui ha realizzato il 47.8% delle triple tentate- l’attacco di Detroit potrebbe diventare certamente più pericoloso: centrare i playoff quest’anno non sembra particolarmente ostico, ma purtroppo non si può giocare solo da un lato del campo e pretendere di avere successo in questa NBA.

Il ritorno di Jackson aiuterà senza dubbio la squadra ed il fatto che Morris e Caldwell-Pope siano andati via dovrebbe garantire a Tobias Harris più palloni e quindi più tiri. Gli ingredienti ci sono, la competitività della division si è paurosamente abbassata: Detroit non ha più scuse, quest’anno il mantra sarà playoff or bust. E magari anche qualche vittoria ai playoff, così per dire.

Record 2016-17: 35-47.

Previsione 2017-18: 43-39.

Indiana Pacers

Quintetto: Darren Collison (G), Victor Oladipo (G), Bojan Bogdanovic (F), Thaddeus Young (F), Myles Turner (C).

Panchina: Cory Joseph (G), Lance Stephenson (G), Glenn Robinson III (F), Domantas Sabonis (F), Al Jefferson (F/C).

Allenatore: Nate McMillan.

Punti di forza: sono discretamente giovani ed atletici ma la difesa, vera forza di questa squadra negli ultimi anni, ha perso un fenomenale difensore perimetrale come George ricevendo gli inetti -difensivamente parlando- Sabonis e Collison. Per questa squadra se si parla di punti di forza non spicca nulla in particolare: si, sarà quel tipo di annata ad Indianapolis.

Il ruolo di spalla è quello che più si addice a Victor Oladipo.

Punti di debolezza: parlavamo appunto della fase difensiva dei Pacers che inevitabilmente peggiorerà privandoli così dell’unica carta vincente che avevano.

Segnare, anche nell’era George, non è mai stato il punto di forza di Indy ed aspettarsi un miglioramento con giocatori peggiori -vedasi Oladipo e Collison rispetto a George e Teague- è un grosso controsenso: il rischio di perdere molte partite per l’incapacità di rispondere punto a punto all’avversario è terribilmente alto e non mi piaceranno mai più di tanto le possibilità di una squadra che i tiri pesanti li farà prendere a Victor Oladipo. Nulla di personale, ma credo che si sia abbondantemente capito che l’ex Magic e Thunder non sarà mai una superstar in questa lega: peccato, Paul George lo era.

Analisi: come nel caso dei Bulls, il front office ha seriamente compromesso la stagione a luglio scambiando il proprio miglior giocatore per un pacchetto di noccioline ed un buono sconto per una pizzeria locale.

Ci sono squadre peggiori nella lega, ma riesce veramente difficile immaginarsi Indianapolis in grado di giocarsela alla pari con praticamente tutta la Western Conference ed una buona parte della Eastern: il supporting cast in questa squadra ci sarebbe, ogni pezzo è al suo posto, ma semplicemente manca quel qualcuno da supportare. Non voglio diventare noioso, ma spero che nessuno abbia il coraggio di dire che dovranno supportare Oladipo, che non è nulla più che un buon pezzo complementare, e Myles Turner deve ancora crescere tantissimo prima di poter essere considerato fra i migliori lunghi della lega: contro Cleveland negli scorsi playoff aveva una ghiotta occasione per elevare il suo stato, occasione che però ha mancato in pieno.

Difficilmente riusciranno a tankare, hanno troppo talento nel roster per “competere” con i vari Nets di questo mondo, semplicemente non centreranno la qualificazione alla postseason e non saranno nemmeno la peggior squadra della lega: bisogna vedere come saranno messi alla trade deadline, se potranno puntare ad un improbabile ottavo posto in Eastern Conference magari aggiungeranno quel pezzo di qualità superiore di cui tanto sentono la mancanza.

Record 2016-17: 42-40.

Previsione 2017-18: 33-49.

One thought on “Central Division: Preview 2017-2018

  1. Cleveland si è indebolita, Chicago e Indianapolis sono ridotti a poca cosa, Milwaukee non mi convince: Antetokounmpo d’accordo, ma gli altri?). Mi sembra interessante Detroit, equilibrata e sufficientemente profonda. Mi aspetto molto da Kennard.

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