Si possono avere tante opinioni diverse sulla bontà del progetto tecnico degli Houston Rockets, o sul modo (molto sabermetrico) in cui il front office gestisce la franchigia, ma su una cosa sono tutti concordi: Daryl Morey è capace di inventarsi trade incredibili, muovendosi con spregiudicatezza, coraggio, e tanta creatività. Lo ha confermato ieri, quando, secondo il ben informato Adrian Wojnarowski di The Vertical, è riuscito ad agguantare Chris Paul, in cambio di un pacchetto comprendente Pat Beverley (nel nostro piccolo, avevamo scritto che i Rockets lo stavano offrendo in giro!), Sam Dekker, Lou Williams, Montrezl Harrell, DeAndre Liggins, Darrun Hilliard, Kyle Wiltjer e la prima scelta dei Rockets nel draft 2018 (protetta dalla 1 alla 3).
Per far funzionare questa trade, Morey ha acquisito Hilliard dai Pistons, Liggins dai Dallas Mavs, Shawn Long dai Sixiers, Tim Quarterman dai Blazers e Ryan Kelly dagli Atlanta Hawks, in cambio di moneta sonante, e l’anno prossimo, quando Chris Paul diverrà unrestricted free-agent, dovrà con ogni probabilità offrirgli 205 milioni in 5 anni, ipotesi molto concreta, dato che Morey ha detto di volerlo tenere a Houston “il più a lungo possibile“.
Christopher Emmanuel Paul aveva annunciato l’intenzione d’uscire dal proprio contratto, esplorando la free-agency (come il suo compagno, Blake Griffin, e JJ Redick) ma i Los Angeles Clippers di Doc Rivers e del neo-arrivato Jerry West (leggendario GM e giocatore dei Los Angeles Lakers, che ha contribuito oltretutto a costruire gli attuali Golden State Warriors) non volevano perderlo gratis, stante un roster già molto corto, e che sarebbe stato difficile rimpinguare, sia pure con lo spazio lasciato dagli addii di Griffin e Paul; così l’ex Wake Forest, che si lascia cordialmente con la franchigia di Steve Ballmer, ha attivato il prolungamento del proprio contratto per un’altra stagione (a 24 milioni), consentendo a Rockets e Clippers d’imbastire una trade che conveniva a tutti.
Houston è riuscita a spuntarla, battendo l’agguerrita concorrenza dei San Antonio Spurs (che attendeva la free agency per muoversi) grazie ai buoni uffici di James Harden, che ha convinto Chris Paul a raggiungerlo in Texas, formando così uno dei back-court più forti della storia del Gioco. Per ottenere questa coppia di guardie da sogno, Morey ha sacrificato giocatori marginali (Dekker, Harrell, Wiltjer, Hilliard e Liggins) o “pezzi” che avrebbero perso minuti per far spazio al futuro Hall-of-Famer (Williams e Beverley), scaricandone per giunta i contratti. Jerry West ha ottenuto un giocatore che può portare punti in uscita dalla panchina come Lou Williams, uno starter di provata ferocia difensiva come Pat Beverley, e un giovane giocatore di rotazione nel ruolo storicamente più fragile dei “velieri”, quello di ala piccola, e una serie di giovani giocatori con contratti brevi e bassi.
Stante la situazione di partenza (Chris Paul aveva deciso di levare le tende e non aveva con Rivers quel rapporto fortissimo che l’allenatore ex Celtics aveva allacciato con Paul Pierce) i Clippers ne sono usciti a testa alta, ottenendo una contropartita solida, priva di nomi ad effetto, ma indubbiamente funzionale ad un nuovo progetto di ricostruzione, con tanto di prima scelta nel ’18, ed evita di elargire a Paul un quinquennale al massimo salariale che l’avrebbe pagato 45 milioni nell’ultimo anno di contratto, a 37 anni compiuti. Houston invece si ritrova con una combinazione come Paul-Harden, destinata a diventare una delle grandi attrazioni della prossima stagione NBA. Può bastare per dar fastidio ai Dubs di Oakland?
Paul e Harden sono al meglio palla in mano, ma non esistono preclusioni tecniche alla loro convivenza, visto che entrambi sanno essere pericolosissimi anche off-the-ball. Per giunta, Paul è una stella atipica, un playmaker capace di difendere fortissimo, e questo aiuterà Harden, che non è esattamente un drago in questo aspetto del gioco. Morey però non si è fermato ad ammirare il suo capolavoro, e starebbe cercando di acquisire anche Paul George dagli Indiana Pacers, al centro delle mire dei Cavaliers. Se il vulcanico GM dei Rockets dovesse riuscire nel suo intento, Houston entrerebbe a pieno titolo nel novero delle favorite estive (poi però, in autunno si fanno i conti col parquet) a vincere il prossimo titolo NBA.
Mike D’Antoni è sempre stato al suo meglio quando ha avuto a disposizione una guardia capace di creare dal palleggio; è successo negli anni di Phoenix, con Steve Nash (due volte MVP agli ordini dell’ex giocatore di Milano) e l’anno scorso, con un James Harden candidato al titolo di Most Valuable Player. Ora l’allenatore originario del West Virginia si trova in squadra ben due giocatori di questo tipo, ma il basket non è matematica: raddoppiando i trattatori di palla, non raddoppierà automaticamente l’efficacia del sistema dantoniano, anche perché entrambi dovranno rivedere al ribasso il loro UsgRt (Chris ha il 24.4%, James addirittura il 34.2%!).
Le squadre che possono schierare due stelle di prima grandezza procurano automaticamente problemi alle difese avversarie, costrette a fare scelte (chi raddoppio?), figuriamoci se si tratta di due esterni abili in ogni fondamentale offensivo (palleggio, passaggio e tiro). Abbiamo criticato molto l’erraticità di James Harden nel corso della serie contro gli Spurs, che ne ha esposto i limiti in termini di continuità mentale e attitudine al sacrificio; con Chris Paul, il Barba sarà alleggerito di alcuni compiti di playmaking e del ruolo di leadership che, con evidenza, non gli appartiene fino in fondo, ma dovrà comunque lavorare sul suo approccio per far funzionare appieno il one-tow-punch con la guardia nativa di Winston-Salem.
La chiave per far funzionare questo tipo di formazioni è la circolazione di palla. Nel corso della sua esperienza coi Rockets, l’irsuto californiano si è abituato ad usare una quantità spropositata di possessi, ma d’ora in poi dovrà ragionare in termini di qualità più che di quantità, proseguendo sulla strada tracciata da Mike D’Antoni. Houston dovrebbe orientarsi su un sistema drive-and-kick in cui il Barba e Chris Paul non dovranno fermare la palla, o “alternare i possessi”, quanto piuttosto creare un vantaggio, per poi spostare la palla sul lato debole, a ripetizione, fino a costruire un buon tiro (da tre o in verniciato, non importa).
Un contesto di questo tipo funziona se i comprimari sanno cosa fare, e hanno la fiducia di allenatore e stelle; sia Paul che Harden si sono dimostrati assai spigolosi nei confronti dei loro compagni meno talentuosi (e dovranno imparare a conoscersi e rispettarsi, se vogliono vincere assieme), ma è indubbio che Chris sia estremamente migliorato sotto questo aspetto nel corso dei suoi sei anni a Los Angeles, e che nell’ultima stagione il Barba abbia fatto uno sforzo per ritornare a far parte dello spogliatoio di Houston. Entrambe le stelle però, hanno una scimmia sulla spalla, legata ai cattivi risultati raccolti nel corso dei Playoffs.
Beneficiando l’uno della presenza dell’altro, potranno riprovarci con meno pressione addosso, sia dal punto di vista fisico (giocoforza, le difese dovranno concedergli qualcosa) sia da quello psicologico, senza contare, come detto, che Morey non sembra affatto sazio, e sta cercando di aggiungere quel terzo violino che invece, allo stato delle cose, sarebbe Trevor Ariza. Con tutto il rispetto per l’eccellente ala campione NBA coi Lakers, Paul George sarebbe davvero un’altra cosa!
Seguo la NBA dal lontano 1997, quando rimasi stregato dalla narrazione di Tranquillo & Buffa, e poi dall’ASB di Limardi e Gotta.
Una volta mi chiesero: “Ma come fai a saperne così tante?” Un amico rispose per me: “Se le inventa”.
Situazione intrigante e particolare. Premessa: sono un fan di CP3 per me un grande giocatore e un agonista di primo livello; inoltre penso che i Rockets avendo la possibilità di prendere un AllStar in cambio di buoni giocatori(ma non eccezionali o fondamentali per loro)abbiano fatto bene: con tutta probabilità sarebbe finito agli Spurs diretti avversari di HOU.e dato che adesso vanno i Superteam, i Rockets provano a costruire il loro.Detto ciò non so se CP3 sia l’uomo giusto per HOU e il gioco di D’Antoni. Temo che toglierà loro fluidità e naturalezza al sistema. Forse mi sbaglio e sarà il play giusto, ma potrebbe togliere spazio alle improvvisazioni jazzistiche di Harden. La situazione è intrigante perchè CP3 potrebbe dare ordine e una struttura più ampia al gioco dei Rockets, ma potrebbe anche incepparlo. Di sicuro con il gioco di D’Antoni, a mio modesto parere, vincere il titolo è difficilissimo(se non impossibile)occorre rivederlo in qualche modo. La sfida è aperta, vediamo cosa accadrà.
Sono curioso anch’io, e penso che tutto si giochi sulla disponibilità di James Harden a fare più il giocatore e meno la stella, non so se rendo l’idea. Deve uscire da una logica di “palla in mano e tiro o provo l’assist”.
Secondo me in campo la convivenza sarà non soltanto possibile, ma anche sinergica, grazie alla sopraffina intelligenza cestistica di CP3 e alla letale aggressività del Barba. Tra i due chi ci guadagnerà di più sarà Harden che avrà meno pressione addosso. Una sfida affascinante per D’Antoni che è l’uomo giusto per amalgamare i due creando soluzioni di gioco fantasiose ed efficaci. Prevedo che i tifosi di Houston si divertiranno molto l’anno prossimo.