VOTI OTTENUTI: 471,697
ALL STAR GAME DISPUTATI: 2
STATISTICHE STAGIONALI: 23.2 punti, 6.9 assist, 4.7 rimbalzi, con il 47% dal campo e il 42.1% da tre
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Il “grande escluso” dai quintetti dell’All-Star Game del 19 febbraio è certamente Russell Westbrook: nonostante giochi a livelli degli del trofeo di MVP, partirà infatti dalla panchina. L’esclusione di Kyle Lowry nella selezione dell’Est (in favore del compagno di squadra ai Raptors, DeRozan, e di Kyrie Irving) è, da un punto di vista tecnico, altrettanto clamorosa, ma è passata sotto silenzio, scontando la poca attenzione riservata all’unica franchigia canadese dell’NBA.
Clamorosa, attenzione, non significa ingiusta: con almeno sei-sette guardie a contendersi due soli posti in quintetto in ciascuna Conference, si sapeva sin dall’inizio che qualcuno di molto forte sarebbe stato “relegato” in panchina. Lowry, nativo di Philadelphia, ma ormai assurto a simbolo dell’Ontario cestistico, è il motore di Toronto, il suo punto di riferimento tecnico ed emotivo.
In una NBA in cui comandano le point-guard, Lowry interpreta il ruolo a modo suo, con meno eleganza e swag di tanti pari ruolo, ma con tantissima tigna, forza fisica e resilienza, armi che l’hanno reso il beniamino incontrastato dell’Air Canada Centre, con le quali si è issato fino al suo terzo All-Star Game, e quanto sono lontani i tempi in cui usciva dalla panchina a Houston e Memphis!
Autentico “late boomer”, a trent’anni Lowry continua a migliorare la propria linea statistica, tanto che i suoi 23.2 punti, 4.7 rimbalzi e 42.1% da tre, sono tutti il massimo in carriera. Lo stile di gioco di Kyle non è quello più indicato per la Partita delle Stelle, ma Lowry si è meritato questo proscenio come pochi altri giocatori.
Seguo la NBA dal lontano 1997, quando rimasi stregato dalla narrazione di Tranquillo & Buffa, e poi dall’ASB di Limardi e Gotta.
Una volta mi chiesero: “Ma come fai a saperne così tante?” Un amico rispose per me: “Se le inventa”.