Avete pranzato coi parenti guadagnandovi un buco extra alla cintura, avete scartato regali di dubbio gusto da zie di cui ignoravate l’esistenza, vi siete spiaggiati sul divano a digerire come un pitone.
Ci stava bene un film della Disney, per appisolarsi senza rimorsi, ma l’NBA conosce i vostri gusti e vi ha riservato il dono più azzeccato: Golden State in trasferta a Cleveland, il rematch delle ultime Finals, per un sola notte visibile anche in chiaro sulla tv italiana. Insomma, da questo Natale ne siamo usciti tutti felici – a parte i simpatizzanti dei Warriors.
Le partite natalizie, certe volte, hanno l’aria della sgambata del dopo-catechismo. C’è chi vuole risparmiare le energie e chi non vuole scoprire le proprie carte di fronte a un pubblico più numeroso del solito.
La sfida di stasera è stata differente, come se le Finals di giugno scorso non fossero ancora finite, una gara 8 lasciata in sospeso per sei mesi. La spuntano i Cavs con un sorpasso in extremis.
Se è presto per tirare le somme, non lo è mai per individuare temi e spunti di discussione che, con ottima probabilità, torneranno d’attualità a fine stagione. Affrontiamoli un po’ per volta, per immagini.
ANCHE A TE E FAMIGLIA
Pronti, via, e Draymond Green fa capire subito che non ci si scambiano auguri alla Quicken Loans Arena. La recente paternità non gli ha calmato l’animo. Qui si prende il tecnico, forse ancora infastidito dal panettone coi canditi presentatogli al cenone. Arbitri fin troppo fiscali; dal labiale s’intuisce che stava solo chiedendo al cuginetto DeAndre Liggins: “ce l’hai la fidanzatina?”
MISTER SCROOGE
Come lo zio impaziente che prova i fuochi d’artificio prima di Capodanno, questi due accendono la miccia a metà primo quarto. LeBron ruba un pallone geniale e va a canestro con un carpiato – spoiler: si è lasciato lo spazio per il dessert -, dall’altra parte Durant divora la linea di fondo e schiaccia di prepotenza.
Neanche il tempo di chiudere la mascella e James ricompare in contropiede come il fantasma del Natale passato nel romanzo di Charles Dickens.
APERTURE DOMENICALI
Golden State non parte bene al tiro, questa è la prima tripla che mandano a bersaglio. La mostriamo come accenno alla partita maestosa consumata, senza tanti fronzoli, da Klay Thompson. Qui si scatena con tre canestri consecutivi ma la sua precisione al tiro sarà una costante per tutti i 48 minuti; alla sirena finale 24 punti e pochi errori, il tutto mentre difendeva sull’indiavolato Kyrie Irving. A Klay non interessano le feste comandate, quando indossa canotta e pantaloncini per lui c’è solo un altro giorno in ufficio.
BUONA FINE E MIGLIOR PRINCIPIO
Si avvicina la notte di San Silvestro e LeBron James ripercorre l’anno passato per formulare nuovi propositi. Qui si fa prendere da un attacco di nostalgia, ed ecco un revival della stoppata che oscurò la visuale di Iguodala lo scorso giugno. Ah, arrivava di corsa, dopo aver segnato dalla parte opposta, per non fare tardi al conto alla rovescia del secondo quarto.
SANTA CLAUS IS COMING TO TOWN
Nel terzo quarto Golden State è avanti trascinata da Klay, Durant e sprazzi di buona difesa. Si concedono qualche distrazione di troppo ma Cleveland suda le sette camicie per restare a contatto, deve inventarsi qualcosa di nuovo a ogni azione. Qui LeBron indossa il cappello di Santa Claus e recapita giù per il camino dei Warriors tre triple di fila, l’ultima con step-back annesso.
SOLO CARBONE PER I BIMBI CATTIVI
Durant ha preso sul personale la sfida col Prescelto. Nella letterina aveva chiesto un anello da campione NBA, ma il 25 è quasi passato e gli è venuto il sospetto che dovrà guadagnarselo da solo. 35 punti e 13 rimbalzi per lui, sempre aggressivo col pallone in mano, risolve tanti 1 on 1 quando la difesa si concentra su Curry.
Eccolo aggirare Kevin Love e depositare il pallone sopra Liggins che spende un inutile fallo. Da lì in poi, però, uscirà dalla partita un errore per volta mentre l’attacco dei Warriors perde fluidità.
MIRACOLO SULLA 34ESIMA STRADA
Bello il 2004: la Grecia vinceva gli Europei di calcio, Il Signore degli Anelli faceva incetta di premi Oscar, i quattordicenni ascoltavano Gabry Ponte, Richard Jefferson schiacciava in testa alla gente. Dodici anni dopo RJ vola ancora. Clonategli i polpacci.
RE MAGO
I Warriors erano saliti a un vantaggio in doppia cifra ma i Cavs gliel’hanno rosicchiato. Love e Irving seguivano la cometa mentre James riposava, adesso il Re è tornato dalla panchina con oro, incenso, mirra e una bimane che scuote il ferro. Sorpasso a quota 105.
IL GRINCH
A Steph Curry il Natale non piace. Il 25 di dicembre tira male, 11.8 punti di media in carriera con un misero 6-31 dall’arco. Ieri sera gli è mancato il guizzo vincente, ha lottato contro una difesa che lo raddoppiava continuamente e ha fatto la frittata nell’ultimo parziale con un paio di brutte difese e una banale palla persa in contropiede. Forse patisce la competizione con quello che, secondo la storia, il 25 di dicembre festeggia il compleanno, ma non gli hanno spiegato che prima di risorgere c’è da aspettare qualche giorno. Qui passeggia in transizione, riceve da Durant e butta giù la tripla della – possibile – vittoria come fosse un bicchiere di spumante.
MERRY F***ING CHRISTMAS
https://www.youtube.com/watch?v=Qpw3qCNVMpk
L’ultimo canestro merita di essere visto per intero. Palla a Kyrie, niente schemi, gli altri possono iniziare a mettere via gli addobbi. Quel movimento gliel’avremmo visto fare una dozzina di volte nelle Finals, spesso sulla difesa di Klay Thompson, spesso a segno. Per tempismo non è dissimile da the shot che decise gara 7.
Il ghigno che Uncle Drew mostra alle telecamere ci ricorda un Larry Bird d’annata, quello che accoglieva la sfida dello spaccone Chuck “The Rifleman” Person col più caloroso degli auguri, mentre gli segnava in faccia: buon f***uto natale.
La narrazione della partita di Natale ha intrecciato nodi anziché sbrogliarli, in un build-up che ci lascia col fiato sospeso. Come quando finisce una stagione della nostra serie preferita, ci tocca attendere l’inizio della nuova con domande e supposizioni che frullano in testa.
Allo stesso tempo l’impianto citazionale era ben saldo, poggiato sulle fondamenta del capitolo primo e secondo. I Warriors sono sempre gli stessi, a tratti troppo belli per essere veri, vittime del loro stesso riflesso quando perdono tempo a specchiarsi. Steph Curry si dimostra un giocatore difendibile se si è disposti a pagare un caro prezzo, e i Cavs come sei mesi fa imprimono la firma sul contratto.
Ora che in maglia giallo-azzurra c’è anche KD, però, la scelta di coach Lue assume i toni sinistri di un patto col diavolo. Lui sì che è indifendibile quando ha spazio per operare, il single coverage di Tristan Thompson non basta e talvolta neanche quello del miglior LeBron James.
Non è un caso se il piano inclinato si è mosso in direzione di Cleveland nell’ultimo parziale, quando Durant ha allentato la morsa sulla partita e l’attacco si è incaponito a cercare Steph. Con le attenzioni di King James dirottate sul 35, Draymond Green gode di una libertà che contro i Cavs non assaporava da tempo. Ieri sera è stato solido ma poco propositivo, nervoso. Kerr gli chiederà di più.
Cleveland, d’altro canto, dimostra di tenere il numero dei Warriors ben saldo nel taschino, sanno come batterli. Metterlo in pratica per quattro partite su sette è un altro discorso, ma dalla conquista dell’anello a The Land hanno accumulato pancali di fiducia nei propri mezzi. Irving ha la mamba mentality pure quando va a dormire, su LeBron abbiamo finito aggettivi, complementi e predicati, persino Love regge il campo con 20 punti in 30 minuti.
L’assenza di JR Smith è pesante, incide sulle amnesie nei cambi e sulla pericolosità dall’arco; Liggins non è pronto ma Shumpert non gioca malaccio. L’energia e il fiuto per il rimbalzo di Tristan Thompson rimangono il consueto rompicapo per Steve Kerr, uno potenzialmente letale se lasciato insoluto, specialmente adesso che McGee e Pachulia fanno rimpiangere le maniere smaliziate di Bogut.
Il coach dei Warriors rispetta il collega Tyronn Lue, sa che ormai conosce i suoi bluff, per cui aspetta gli ultimi minuti per proporre la versione apocalittica della Death Lineup, quelli che alcuni chiamano Hamptons Five – non so voi, ma a me sembra tanto il nome di una boyband.
L’equilibrio è assoluto, la decide Kyrie, poi si potrebbe discutere ore del presunto fallo su Durant, alla sirena. Quel che conta è che domani è il 4 giugno e i due pesi massimi della lega torneranno a battagliare sui nostri schermi per gara 2 delle Finals 2017… Ah, no. Come non detto. Saranno i sei mesi più lunghi delle nostre vite.
Scrittore e giornalista in erba – nel senso che la mia carriera è fumosa -, seguo la NBA dall’ultimo All Star Game di Michael Jordan. Ci ho messo lo stesso tempo a imparare metà delle regole del football.
rimane il grande interrogativo per il futuro dei warriors: l’attacco sarà gestito da Curry o da Durant ?
chi sarà a dover fare un passo indietro?
dovrà essere la gerarchia prestabilita a guidare la squadra o saranno capaci di accettare le indicazioni provenienti dal campo?
credo che la stagione NBA giri intorno a queste domande , la risposta ci dirà se i campioni saranno ancora i californiani, al netto di assenze.
La palla la terrà comunque Curry, che cercerà di giocare con Green, se poi le squadre decideranno di giocare durissimo su Curry con raddoppi ed altro la palla finirà nelle mani di Durant.
Io fossi un tifoso gs non mi preoccuperei della partita di Natale, Gs ha perso per 2 motivi, una dominio a rimbalzo clamoroso da parte di TT, Love e James, ed una secca offensiva di Durant.
Quindi il problema da risolvere è cercare di non andare sotto così tanto a rimbalzo, poi se al tuo miglior attaccante nell’ultimo quarto non entra niente non vinci mai contro dei Cavs in contatto che hanno James ed Irving che in queste situazioni si esaltano