Nella stagione NBA che si appresta ad iniziare, per motivi diversi tra loro, tutte e sei le Division hanno spunti, temi e caratteristiche interessanti. Ma tra di esse solo una contiene al suo interno cinque franchigie tanto interessanti quanto potenzialmente forti.

Una Division in cui il mainstream e la street art si fondono assieme, inondata di ogni sfaccettatura di talento possibile e giocata in città che rappresentano al tempo stesso l’old-fashion americano e la voglia hipster di innovazione giovanile, a volte anche fuse insieme. Si scrivere Northwest Division, si legge H Y P E !

Le cinque squadre sono:

  • gli Oklahoma City Thunder, una (ex) Contender rimasta scottata in estate ma piena di talenti extravaganza guidati da un supereroe della Marvel con licenza di uccidere;
  • gli Utah Jazz che al processo di crescita di giovani talenti hanno aggiunto tre veterani che sembrano colmare le lacune viste in passato;
  • i Minnesota Timberwolves, dove la situazione è la stessa dei mormoni solo uno step dietro ― ma con un Karl-Anthony Towns in più (e quel più vale per anche le altre 28 franchigie);
  • i Portland Trail Blazers, che hanno tenuto insieme tutta la banda ($$$$$) ed hanno un rapper che a tempo perso è anche il giocatore più sottovalutato della NBA;
  • ed infine i Denver Nuggets, che forse sono gli unici senza possibilità di playoff ma che sono forse i più interessanti, tra un front office che non sbaglia niente da anni e una quantità di diamanti grezzi che devono assolutamente finire nel vostro League Pass.

Utah Jazz

Starting-five: Hill (G), Hood (G) Hayward (F) Favours (F), Gobert (C)

Rotazione: Exum (G), Burks (G) Neto (G) Johson (G/F), Lyles (F), Diaw (F/C)

Coach: Quynn Snyder

Punti di Forza: i Jazz stanno coltivando il talento a disposizione con la stessa cura di un vendemmiatore dello Château Clos Haut-Peyraguey mentre sceglie giorno per giorno i chicchi che andranno a formare uno dei sauternes migliori al mondo. L’esplosione non è ancora avvenuta del tutto (due sole vittorie in più nella passata stagione rispetto a due regular season fa), ma la causa maggiore si può attribuire agli infortuni ― Exum fuori tutta la stagione più i problemi fisici dei vari Gobert, Burks; infortuni che hanno impedito di avere continuità.

Per di più il progetto di coach Snyder è a medio-lungo termine e dovrebbe iniziare presto a pagare dividendi più remunerativi. Per di più i Jazz si sono mossi bene in estate prendendosi giocatori d’esperienza che faranno crescere il gruppo sotto il punto di vista mentale e che soprattutto aiuteranno a spaziare meglio un campo apparso troppo affollato in passato. George Hill rischia di essere un upgrade di valore assoluto, ed è un fit perfetto per una squadra che difende forte (check) e alla quale serviva tiro da fuori (40% abbondante da tre, check!).

Infine Gordon Hayward, la stella indiscussa della squadra, forse non sarà appariscente come altri ma è macchina da pallacanestro, capace di giocare diversi ruoli e che sembra poter entrare nella stagione della consacrazione definitiva.

Punti di Debolezza: paradossalmente potrebbe essere il tempo. È giusto dire che quello di Snyder è un processo di crescita costante per essere competitivi domani, ma Utah deve iniziare a vincere (di più) oggi. I contratti di molti dei giocatori chiave sono in scadenza nella prossima estate ― Hayward su tutti ―, o al massimo tra due anni; il GM Dennis Lindsey dovrà fare delle scelte (delicate), e neanche il boom del salary cap potrebbe garantire il mantenimento integrale del roster attuale.

Inoltre i Jazz sono chiamati ad un salto di qualità offensivo dove lo spacing non è sempre ottimale: se sei l’ultima (stra-ultima) della lega per PACE ― 93.26 possessi a partita, per intendersi la penultima sono i Raptors con 95.31, un abisso ― diventa fondamentale che il tuo attacco sia un orologio (e Lindsey da ex-Spurs sa di cosa stiamo parlando).

Previsione: i Playoff sono alla portata, devono esserlo; come probabilmente lo sarebbe stato un anno fa senza gli infortuni. Nonostante l’Ovest sia una conference durissima i Jazz hanno tutto per poter sbaragliare il banco e attaccare una posizione di prestigio nella griglia finale ― che tradotto vorrebbe dire quarto-quinto posto. Il ritorno di Dante Exum darà a Utah più flessibilità nel reparto esterni, così come un più maturo Trey Lyles farà gli spot più interni (anche se giocherà molto anche da ala piccola, e francamente non vediamo l’ora).

A netto di imprevisti incalcolabili al momento, una squadra che può schierare sul parquet un quintetto di calamari giganti con wingspan superiore ai 7-piedi, che può mixare quintetti leggeri e pesanti, ed è così ben assortita in ogni reparto non può che essere una delle outsider della prossima stagione. Ad Aprile ancora in campo, e con la faccia tosta della gioventù si può sperare anche di dare grattacapi a corazzate più esperte. Record: 48-34

Oklahoma City Thunder

Starting-five: Westbrook (G), Oladipo (G), Robertson (F), Ilyasova (F), Adams (C)

Rotazione: Payne (G), Morrow (G), Abrines (F), Kanter (F/C), Sabonis (F/C)

Coach: Billy Donovan

Mar 18, 2016; Philadelphia, PA, USA; Oklahoma City Thunder guard Russell Westbrook (0) celebrates with center Steven Adams (12) after his three pointer against the Philadelphia 76ers during the fourth quarter at Wells Fargo Center. The Oklahoma City Thunder won 111-97.Mandatory Credit: Bill Streicher-USA TODAY Sports

Punti di Forza: RUSSELL WESTBROOK. Per la prima volta sarà la stella totale della squadra, il go-to-guy, il giocatore su cui ruoterà tutta la prossima stagione dei Thunder. La partenza di Kevin Durant in direzione Bay Area ha tolto Oklahoma dal gruppo delle Contender, ma rischia di averci regalato 82 partite (almeno) del Westbrook Vendetta & Follia Psico-Fisica & Deliri di Onnipotenza & Canotte Asimmetriche Strappate Show: un programma dove l’hype è grande almeno quanto il nome, o almeno quanto quello ideato da J.D. Sullinger.

 

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No, questo è impossibile anche per Westbrook. Nessuno può compete con Mr. Peanutbutter.

Nella stagione 2014/15, quella saltata quasi in toto da Kevin Durant per la frattura da stress al piede, Westbrook ci ha fornito un dettagliato trailer, abbattendosi su ogni avversario, su ogni palazzo, su ogni singolo istante giocato come un uragano atomico fantascientifico, di quello che potrebbe fare da fine ottobre in poi. La squadra è più forte di quella di due anni fa e, più importante, allenata meglio; Robertson e Adams sono giocatori di alto livello NBA e Oladipo può formare con RW una coppia di combo-guard difficilmente gestibili. Billy Donovan avrà del lavoro da fare per ricalibrare l’equazione, ma la materia prima c’è eccome.

Punti di Debolezza: RUSSELL WESTBROOK. L’ansia di voler sgretolare il ricordo di KD dalle memorie dei sempre caldissimi tifosi bianco-blu potrebbe generare anche una clamorosa implosione emotiva, con un Westbrook perennemente surriscaldato che finisce per deragliare se stesso e tutta Oklahoma City. Il ritrovarsi fuori dalle papabili per la vittoria finale potrebbe danneggiare mentalmente il gruppo ed impedire a giocatori come Payne, Abrines e Sabonis di non far vedere il loro potenziale, che in prospettiva è elevatissimo ma sicuramente non sufficiente nell’immediato per essere competitivi nella tonnara della Western Conference.

Previsione: la stagione passata, e soprattutto nei playoff, ha dato ai Thunder tanti spunti positivi. Nonostante l’addio di Durant peserà tantissimo ― come è logico che sia ― Oklahoma ha un coaching staff molto preparato, capace di tirare fuori il meglio dai giocatori e di saper giocare sulle debolezze degli avversari (vedi le Twin Towers Kanter-Adams con gli Spurs e il quintetto leggero contro i Warriors).

I playoff sono raggiungibili, soprattutto se Westbrook deciderà di azzannare la stagione. Molto dipenderà da Donovan: a differenza di un anno fa dovrà trovare risposte tattiche chiare prima della semifinale di conference. Infine i Thunder inizieranno a gettare le basi per costruire un futuro solido ― e LA trade di quest’estate (per adesso) rimane la loro ―, sviluppando quelli che potrebbero diventare i franchise player di domani. Sì Domantas, sto parlando con te. Record: 45-37

Denver Nuggets

Starting-five: Mudiay (G), Harris (G), Gallinari (F), Faried (F), Jokic (C)

Rotazione: Burton (G), Chandler (G/F), Murray (G), Beasley (G/F), Nurkic (C)

Coach: Mike Malone

Punti di Forza: i Nuggets sono una delle squadre più interessanti della stagione NBA 2016/17, e lo saranno anche in caso ― come probabile ― del mancato raggiungimento dei playoff. Intanto sono uno dei roster più giovani della lega; addirittura più giovani dell’anno scorso (25,05 anni di media contro i 25,5); ma questo non dovrebbe essere una debolezza? Forse, ma nella passata stagione gli iperuranici Warriors hanno perso 6 delle loro 9 partite di regular season contro squadre con un età media di 25 anni o addirittura inferiore. Qualcosa vorrà pur dire.

La forza di Denver sta nell’avere sette-otto giocatori validi, e il draft potrebbe aver allungato la rotazione di coach Malone. Tanti giocatori interscambiabili e atipici come il nostro Gallinari, che a patto di problemi fisici può essere ancora uno degli esterni più pericolosi grazie ad una bi-dimensione naturale che lo rende ostico per ogni difensore, da affiancare alle quattro ruote motrici di Mudiay e al talento cristallino di Nikola Jokic. L’asse Mudiay-Jokic sarà ― personalmente ― una delle cose più intriganti della prossima stagione, oltre a una minaccia di tirannia sulla NBA del futuro.

Punti di Debolezza: difensivamente i Nuggets sono due giri indietro rispetto al potenziale esprimibile nell’altra metà campo. Più che altro Denver deve ancora rivelare la propria vera identità e l’anno scorso è sembrata ― come è comprensibile che sia ― ancora un cantiere aperto: serve un’identità di squadra più definita per poter salire le rapide della Western. Inoltre ricollegandomi al discorso dell’età media di prima è chiaro che difficilmente a vent’anni si è già preparati per affrontare una stagione su 82 partite riuscendo a rimanere competitivi. Il tanto talento grezzo accumulato negli anni ha bisogno di crescere coccolato e questo rappresenta un limite nell’immediato futuro.

Previsione: difficilmente i Nuggets saranno già pronti per giocarsi la post-season quest’anno e sarebbe già un bel lavoro migliorare il record dell’anno scorso, sfida più che alla portata dei ragazzi di Mike Malone. Ma nonostante i risultati potrebbero farvi venire voglia di storcere il naso non disperatevi: ci sono tanti motivi per seguire Denver nella prossima stagione. Ne volete uno su tutti? Nikola Jokic.

 

https://www.youtube.com/watch?v=yRR-n24tat0

A costo di sembrare ripetitivo il giovane lungo serbo sarà sicuramente una delle attrazioni principali della prossima stagione. Ha disputato una prima stagione di assoluto livello (anche se meno pubblicizzata dei vari KAT o Porzingis) conclusasi con un pre-olimpico monstre e un’Olimpiade da principe aitante. La quantità di talento abbinata alla lunghezza delle braccia, ai piedi di un fiorettista e ad una capacità celebrale sopraffina, fa di lui uno dei lunghi più promettenti della lega, non ristringerei la questione solo al Colorado. Vi direi di preparare i pop-corn, ma Nikola è più per palati fini: preparate il foie-grasRecord: 36-46

Portland Trail Blazers

Starting-five: Lillard (G), McCollum (G), Aminu (F), Vonleh (F), Plumlee (C)

Rotazione: Crabbe (G), Turner (G), Harkless (F) Davis (F), Leonard (F/C), Ezeli (C)

Coach: Terry Stotts

Punti di Forza: l’attacco dei Blazers è il vero punto di forza. Negli ultimi tre anni sono sempre stati una macchina da canestri e anche nella passata stagione (106.1 di OffRtg) hanno confermato il lavoro genuino di Terry Stotts, l’architetto della squadra, nonostante l’addio di 4/5 della starting-five titolare.

La capacità quasi geometrica di spaziare il campo permette a Portland di creare spazio per le due principali bocche da fuoco ― ed altro punto di (stra) forza ― della squadra: CJ McCollum e Damian Lillard. Il primo è fresco vincitore del premio come giocatore più migliorato ed oltre alla pericolosità da oltre l’arco ― 41.7% (!) con quasi sei tentativi a partita (!!) ― garantisce una complementarità quasi scientifica con La stella della squadra, Damian Lillard.

Anche nella passata stagione Lillard ha dimostrato a tutti che sarebbe l’ora di smetterla di ignorarlo e si è confermato quella spettacolare macchina immaginifica da canestro che è. Può segnare in cento modi diversi ed ha il fisico per beffarsi di ogni difensore che gli si presenta davanti. Le fortune della stagione di Portland sono legate a doppio filo con le sue prestazioni.

Punti di Debolezza: per quanto bello ed armonioso il sistema di Stotts sia in attacco, non altrettanto si può dire per la metà campo difensiva (almeno per quanto riguarda la passata stagione). I Blazers hanno cercato di aggiungere più protezione del ferro in estate e, dopo diversi no, hanno portato a casa Festus Ezeli (ad un buonissimo contratto). Ma togliere dal campo Mason Plumlee ― il centro titolare ― non sarà un compito facile, né per Stotts né per Ezeli, viste la quantità di piccole cose (molto importanti) che il centro ex Duke fa in campo, tipo essere un passatore/facilitatore sopra la media. Ma il vero problema difensivo è nella coppia McCollum-Lillard che l’anno scorso era aggirabile troppo facilmente impedendo spesso ogni tentativo di recupero.

Previsione: Portland è una delle squadre più difficili da inquadrare. Se dovessimo considerare quanto è costato al buon Paul Allen (proprietario dei Blazers) tenere insieme questo core dovremmo per forza di cose mettere i Blazers tra le Contender, al massimo nelle Pretender accanite. Ma al momento sembrano ben lontani da poter pensare di giocarsela con Warriors o Cavs e al tempo troppo forti per finire fuori dalla griglia dei playoff. Il rischio di involuzione è uno spauracchio pericoloso, ma anche qui: uscire in semifinale di conference contro una squadra tipo gli Spurs o gli Warriors per il secondo anno consecutivo, sarebbe da considerarsi un’involuzione? Record: 46-36

Minnesota Timberwolves

Starting-five: Rubio (G), LaVine (G), Wiggins (F), Deng (F), Towns (C)

Rotazione: Dunn (G), Jones (G), Bjelica (F), Muhammad (F), Aldrich (C), Garnett (F/C)

Coach: Tom Thibodeau

Punti di Forza: penso non ci siano dubbi sull’affermare che Karl-Anthony Towns è il vero punto di forza della prossima stagione dei T’Wolves. Oltre ad aver vinto il premio come rookie of the year e sgretolato record su record, Towns ha giocato una stagione lisergica, ai limiti del credibile, dimostrandosi un meraviglioso unicorno di sette-piedi capace di fare qualsiasi cosa su un campo da basket e di poterlo fare con tempi di reazione psico-motoria da Mach-3 ― specie per uno di quell’altezza. Ma Towns ha soltanto iniziato a distribuire il suo manifesto esistenzialista ― tra l’altro con un sorriso sinistramente sincero ed infantile da ricordare qualcuno. Manifesto che possiamo riassumere in: “Piacere sono Karl-Anthony e ci tenevo a dirvi che dominerò questo giuoco per i prossimi dieci anni”.

Inoltre Minnesota ha un roster giovane ed interessante, e l’arrivo di Tom Thibodeau porterà ad una programmazione tattica che dalle parti del freddo Midwest raramente hanno avuto in passato. La fisionomia dei giocatori sembra perfetta per adattarsi al sistema dell’ex capo-allenatore di Chicago (non una gran voglia di correre, fisicità e duttilità difensiva di livello altissimo) e l’assenza di pressioni ― almeno momentanee ― dovute ai risultati darà a tutti il tempo di crescere, e di farlo bene. Anche Rubio per quanto si possa dire potrà trarre giovamento dal giocare sotto l’ex allenatore dei Bulls e non è detto che soffrirà i suoi metodi difensivi come tanti credono, permettendo a Khris Dunn di ambientarsi con calma e prepararsi per la sua (molto) prossima ascesa.

Punti di Debolezza: la correlazione tra i giocatori nella metà campo difensiva è stato uno dei problemi maggiori dei T’Wolves nella passata stagione. Thibodeau sotto questo punto di vista rappresenta una garanzia di crescita, anche se non possiamo sapere ad oggi in quanto tempo. Attaccare sistematicamente Rubio, almeno all’inizio della stagione, darà dei vantaggi agli avversari ma come detto questa situazione potrebbe andare scemando una volta assimilati i princìpi del nuovo allenatore.

Nonostante i numeri siano stati tutto sommato buoni, Minnesota ha bisogno di mttere in piedi un attacco più strutturato e meno basato sulle capacità individuali dei vari Towns, Wiggins, LaVine, ecc. Molto dipenderà anche dalla crescita balistica di Rubio e Wiggins, chiamati a salire di livello da oltre l’arco per permettere alla squadre di ottenere quelle spaziature che la renderebbero semplicemente ingiocabile.

Previsione: Inutile girarci tanto intorno: tutti, ma proprio tutti, non vediamo l’ora di vedere i T’Wolves giocare quest’anno. Abbiamo già segnato sul calendario le loro partite, stiamo guardando se comprarci una loro jersey; anche le monotone e gelide Twin Cities ci sembrano un bel posto dove programmare una vacanza. Aspettarsi una competitività da alta Western Conference sarebbe prematuro, anche se l’hype che ho in circolo vorrebbe farmi scrivere altro.

Minnesota sta completando tutti gli step nella giusta direzione per arrivare ai vertici della lega e chance di playoff potrebbero palesarsi anche quest’anno. Difficilmente Towns e compagnia trasformeranno un record da 29 vinte in un record positivo, ma già avvicinarsi alle 40 vittorie ― dando dimostrazione di una crescita personale nei singoli e tattica di squadra ― sarebbe la riprova definitiva che Minnesota sarà una Contender (C molto maiuscola) nel giro di tre anni. Riuscite a sentire il rumore dell’hype che esce dallo schermo del computer? Record: 40-42

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