Nelle settimane che precedono il draft si cercano di capire le possibili dinamiche che potranno verificarsi, quali possano essere i piani segreti delle franchigie e quali siano soprattutto i giocatori su cui puntare.
La vasta gamma di talenti provenienti dai college ― come dal resto del Mondo ― viene sempre scandagliata a seconda dei diversi gradi di rilevanza.
Ad esempio nel draft 2016 prospetti come Simmons ed Ingram sono gli attori principali, le prime scelte assolute, i futuri franchise player delle franchigie in ricostruzione; altri come i vari Bender, Dunn, Murray e Buddy Hield sono invece quelli ai lati del podio con aspirazioni da medaglia di bronzo, giocatori ritenuti affidabili e dal futuro magari non sempre stellare ma quantomeno sicuro; infine come in tutti i draft ci sono i giocatori definiti Sleepers, ovvero sia quelli sui quali puntare è un azzardo, e magari vanno bene per un tardo-primo giro o meglio ancora al secondo turno ma che rischiano di essere decisivi negli anni avvenire: quei prospetti da cui emerge ogni anno il celebre “Steal of the Draft“.
Abbiamo scelto cinque squadre che hanno intrapreso questo terzo sentiero: franchigie che, data l’impossibilità di scegliere fra i primissimi, hanno deciso di scommettere su talenti tanto interessanti quanto rischiosi, ma dai quali potrebbero emergere i Draymond Green o i Manu Ginobili di domani.
Denver Nuggets
Ok la neve, Ok i Broncos freschi vincitori del Super Bowl 50, Ok pure l’aeroporto più hipster e misterioso dell’intero emisfero nord ma Denver si lavora anche per riportare il basket di alto livello.
Le ultime stagioni non sono state esaltanti in quanto a risultati ma Tim Connely (GM dei Nuggets) ed il suo staff stanno lavorando con pazienza certosina per allestire una squadra competitiva.
I Nuggets in questo draft avevano ben quattro scelte: tre al primo giro (7/15/19) ed una nel tardo secondo giro (53).
Negli ultimi cinque anni la franchigia si è sempre destreggiata egregiamente nelle scelte senza mai la possibilità di essere tra le primissime posizioni ed ha in Mudiay-Harris-Jokic-Barton-Gallinari-Nurkic un core giovane e dal grande futuro. E parlando del futuro le scelte di quest’anno rischiano di essere come negli scorsi anni molto azzeccate.
I Nuggets con la numero sette ― laddove un anno fa era stato scelto Mudiay ― hanno chiamato Jamal Murray. Il freshman di Kentucky è l’ennesimo talento mandato in NBA da John Calipari.
Giovanissimo (19 anni) è una SG (Shooting Guard) moderna di 1.95 m per oltre 90 Kg, non eccessivamente esplosivo ma dotato di una mano straordinaria ― 41% da tre quest’anno su oltre 7 tentativi.
L’obiettivo è diventare una combo-guard completa, anche se deve crescere sotto il profilo di playmaking, ma già così sarà un bel fit per la squadra di Mike Malone aggiungendo pericolosità perimetrale, latente nello scorso anno. Rischia di diventare uno spot-up shooter terrificante ed è anche capace di attaccare con lucidità il ferro sui close-out degli avversari.
Con la numero 15 è stato preso Juan Hernangomez, fratello di quel Willy che da quest’anno vedremo con la casacca dei New York Knicks. Nonostante sia quasi certo che resterà in Europa almeno un altro anno, la mano morbidissima e un jumper molto fluido, abbinati all’intensità e all’energia del suo gioco, ne fanno un prospetto davvero interessante.
E parlando d’intensità ne ha da vendere Malik Beasley, altro freshman (Florida State) e altro grande colpo dei Nuggets visto che in molti lo davano molto più in alto nei mock draft.
Nonostante un fisico tutto sommato nella norma (abbondantemente sotto i due metri e i 90Kg) è una dinamo di energia e può difendere su avversari più grossi di lui. Altro tiratore tutt’altro che disprezzabile ― intorno al 38% da tre ― e altro giocatore che rischia di bruciare tappe e gerarchie nella squadra (e non solo). Non aspettatevi dei Denver Nuggets già pronti la prossima stagione per lottarsi l’Ovest, ma state certi che entro 2/3 anni la capitale del Colorado tornerà ad essere protagonista anche nella palla a spicchi.
Milwaukee Bucks
I Bucks erano una delle squadre più attese della stagione ma hanno finito con l’essere una delle più grandi delusioni. I giovani ragazzi allenati da Kidd non sono riusciti ad esprimere il loro (grande) potenziale e alcuni di loro ― Carter-Williams e Monroe ― non si sono integrati col progetto tecnico nonostante le grandi premesse.
Il 12° posto ad Est ha però permesso di avere una pick nella lottery di quest’anno (10) e nella sorpresa generale si è decido di puntare sul sudanese-australiano Thon Maker.
John Hammond (GM dei Bucks) non è nuovo in questo tipo di scelte: basti pensare ad Antetokounmpo, preso in una posizione analoga (15) due anni fa: entrambi sono longilinei, elastici, dotati di uno wingspan fuori dal comune e con un tiro (acerbo) costruibile data la mano educata (e nel caso di Giannis anche enorme).
A differenza del greco-nigeriano ― che dalla prossima stagione giocherà nel ruolo di point-guard, auguri ― Maker è un centro che può giocare anche da PF (Power Forward) dotato di un buon tiro e di un fisico senz’altro grezzo ma dal potenziale infinito.
Il salto dall’High School alla NBA si farà sentire ma se i Bucks avranno la pazienza di aspettarlo può diventare una certezza della franchigia. Meno certi invece sono le dietrologie sulla sua (vera) età e sul fatto di essere il sesto giocatore rappresentato da Jeff Schwartz ad arrivare a Milwaukee.
I Bucks hanno usato la loro scelta al secondo giro (36) per chiamare Malcolm Brogdon, senior da Virginia. L’esplosività a differenza di Maker non fa parte del suo repertorio ma fisicamente (2 metri per 100Kg) resta un giocatore decisamente interessante, visto il suo ruolo di PG-Play.
Anche lui è dotato di un wingspan notevole e nell’ultimo anno coi Cavaliers è stato eletto Difensore Dell’Anno ― nonché miglior giocatore dell’ACC ― grazie anche alla buona mobilità, non così usuale per un giocatore di quella stazza. Può colmare le lacune di playmaking avute da Milwaukee in questa stagione e aggiunge pericolosità sul perimetro (fondamentale vista la stagione dei Bucks) essendo un tiratore più che affidabile avendo chiuso la carriera collegiale col 39% da tre.
Atlanta Hawks
Nella capitale della Coca-Cola si respira il vento del cambiamento.
Jeff Teague ha salutato, ceduto in una trade-a-3 con Indiana e Utah che favorirà l’esplosione di Mister Swag Dennis Schröder e la free agency potrebbe vedere l’addio anche di Kent Bazemore e Al Horford. Gli Hawks stanno facendo di tutto per mettersi al riparo da brutte sorprese ― la trade di Teague ne è l’esempio ― e per convincere i due a rimanere.
La certezza della squadra si chiama Budenholzer, che grazie alla sua mente-di-basket-pensante ha costruito un sistema che ha portato gli Hawks su livelli mai raggiunti prima. Ma adesso bisogna riprogettare il futuro e per farlo si è deciso di puntare su due dark horses di questo draft.
Dalla trade sopracitata Atlanta ne ha ricavato una scelta in lotteria (12) da aggiungere alla loro prima (21) e seconda (44). Al secondo giro si è deciso di puntare su Isaia Cordinier, ventenne francese che probabilmente giocherà la Summer League con la squadra e poi resterà a farsi le ossa in Europa.
Al primo giro sono invece arrivati Taurean Prince e DeAndre Bembry: il primo sembra il clone di DeMarre Carroll, forse anche troppo. Ha tutte le carte in regola per diventare un grande 3-D, oramai fondamentale nella NBA contemporanea, e di poter essere un giocatore con un impatto immediato visto l’esperienza maturata al college.
Fisicamente sembra già un giocatore completo ed il tiro è solido: un prospetto perfetto per la Motion di Budenholzer.
Così come potrebbe diventarlo DeAndre Bembry, più acerbo del primo ma dalle promettenti doti fisiche e tattiche. Gli istinti per il gioco sono di tutto rispetto, così come la capacità di sfruttare la sua esplosività leggendo bene le diverse situazioni.
Il tiro è completamente da costruire ― e sarà necessario farlo ― ma è già oggi un buon passatore (4.5 assist di media a partita) oltre ad un difensore versatile e competente. Con un po’ di fortuna gli Hawks potrebbero aver trovato due giocatori da cui iniziare a costruire il loro futuro.
Houston Rockets
Finita una stagione ampiamente deludente i Rockets si stanno preparando ad una rivoluzione estiva. Il centro focale della squadra resterà ― e ci mancherebbe altro ― la barba di Harden alla quale si è già aggiunto il baffo di D’Antoni: il nuovo progetto tecnico proseguirà sulla linea tracciata dalla Moreyball, possibilmente estremizzandone i concetti (Siete pronti a vedere Harden farne 40 di media?–Faccina-che-Piange–).
Il cambiamento toccherà specialmente il front-court con Howard già certo partente, così come Josh Smith ed (almeno) uno tra Montiejunas e Terrence Jones ― col primo che se anche dovesse rimanere è sempre incerto a causa dei tanti infortuni. E proprio qui si è deciso di intervenire con le due late-pick al secondo giro (37/43) prendendo Chinanu Onuaku e il gigante cinese Zhou Qi.
Onuaku arriva da Louisville, dove nei due anni trascorsi sotto Pitino ha fatto vedere cose molto interessanti. Di tiro neanche a parlarne ― anche se ai liberi non è un disastro ― ma dentro l’area è una forza della natura. Ha buona mobilità laterale e può diventare un roller mortifero sui pick-and-roll.
Inoltre è un buon rim-protector ed un eccellente rimbalzista: apertura alare ben oltre i due metri e doti tecniche interessanti che nello scenario immaginifico dei Rockets potrebbero portarlo ad essere il nuovo Amare Stoudmire (che se collegato a D’Antoni, insomma, si lasciava guardare). Meglio andarci coi piedi di piombo, ma il paragone non è campato in area.
Parlando di paragoni scomodi Zhou Qi è stato immediatamente accostato a Yao Ming (e non poteva essere altrimenti). Prima di raggiungere il livello della leggenda del basket cinese di strada ce n’è, ma per essere un 7-piedi abbondante (2.20m) il talento tecnico della giovane promessa asiatica è notevole. Capace di correre, passare e soprattutto tirare, mostrando una morbidezza e soprattutto un raggio-di-tiro (teorico) che fanno sognare i tifosi texani.
Deve crescere fisicamente (sotto i 100Kg) per poter reggere l’impatto coi centri NBA ma quello che stuzzica l’interesse del front-office di Houston è la possibilità di trasformarlo in uno stretch-four, grazie alla buona (e migliorabile) velocità di piedi e mobilità laterale che abbinate ad una coordinazione sorprendente per un 7-piedi lo rendono davvero interessante. La rinascita dei Rockets potrebbero incidere molto.
Golden State Warriors
Si può fare una grande figura al draft nonostante l’essere Ex-Campioni, le 73 vittorie di regular season ed un titolo in back-to-back svanito soltanto dopo una leggendaria gara-7 di LeBron & Compagni? Sì, si può ed è il caso degli Warriors.
La situazione salariale di Golden State è molto delicata e i contratti in scadenza di Barnes, Ezeli e molti altri della second-unit complicano il tutto. Bob Mayers (GM dei Warriors) dovrà fare bene i conti ma nel frattempo si è reso partecipe di tre grandi mosse nella notte del Brooklin Center.
Golden State con la numero 30 ha chiamato Damian Jones, centro di Venderbuilt sulle orme di Festus Ezeli (anche lui uscito dalla stessa università). Non è grosso come Ezeli ma l’argilla da poter modellare è più o meno della stessa qualità: un bel modo di mettersi a riparo da un’eventuale (quasi certa) mega offerta per l’attuale giocatore degli Warriors che non potrebbe venir pareggiata.
Ma i colpi migliori i Warriors rischiano di averli fatti con Patrick McCaw (scelto al secondo giro dopo una trade con Milwaukee in cambio di soldi contanti) e Robert Carter Jr. non chiamato da nessuno e quindi messo sotto contratto a draft finito.
McCaw entrava in questo draft come uno dei prospetti sui cui puntare al secondo giro e la coppia Mayers/Kerr non se lo è fatto scappare: una combo-forward molto versatile, con un buon tiro ― oltre il 35% da tre su quasi sei tentativi ― che ha addirittura margini di miglioramento: può diventare un buonissimo role-player ed ha una capacità innata di rubate il pallone (2.5 rubate di media a partita) e di correre in transizione.
Anche qui, il paragone con Barnes salta agli occhi e nonostante l’imprevedibilità del futuro (ricordarsi che Il draft non è una scienza esatta) sempre sembra essere una discreta polizza assicurativa. Infinite Carter Jr. sembra fatto apposta per giocare la small-ball degli Warriors grazie ad una grande mobilità e soprattutto uno wingspan di 2 metri e 22 (!) che gli permette di giocare da 3 come da 4 e volendo pure come centro.
Sperando anche in una maggiore stabilità fisica di Kevin Looney il front-court di Golden State potrebbe non subire grossi scossoni anche nei casi peggiori (tradotto: perdita di Ezeli, Varejao e Speights).
Niccolo’ Scarpelli nasce a Firenze (1990) ma appartiene al Deserto del Sonora. Da piccolo soffrivo di insonnia, tipo Al Pacino. Poi ho scoperto gli sport americani e sono peggiorato, proprio come Al Pacino.