11.07.2014 ― con una lettera pubblicata da Sport Illustrated LeBron James annuncia il suo ritorno a Cleveland dopo i quattro anni a Miami. Ha vinto due anelli e adesso vuole chiudere il cerchio e rendere orgogliose tutte quelle persone del Northeast Ohio che “Nothing is given. Everything is earned. You work for what you have.” (Ps: se leggete la lettera LeBron dice anche di essere entusiasta di ricongiungersi con Anderson Varejao, uno dei suoi compagni di squadra preferiti di sempre. Le cose cambiano. e per fortuna delle persone del Northeast Ohio, a volte cambiano anche in qualcosa di meraviglioso).
19.06.2016 ― Gli attimi che precedono una gara-7 sono speciali, in cui la realtà ed il sogno si mescolano, in cui si ha quella sensazione impercettibile di elettricità nell’aria; se chiudi gli occhi puoi vedere le imprese eroiche del passato, immaginarti quelle del futuro.
Chissà LeBron se aveva visto tutto, se aveva pianificato così la fine del suo cammino di figliol prodigo. Aspettando una gara-7, rimontando con la forza di chi appunto deve guadagnarsi tutto. Stremando e stremandosi.
Consegnando alla sua gente l’orgoglio di potersi finalmente sentire euforici e al resto del mondo una delle pagine di sport più belle di sempre. Il vento del Northeast Ohio, di tutto l’Ohio, ha soffiato forte, dominante. Alimentando un fuoco interiore, sfociato in leggenda prima ed in lacrime poi.
Leggenda
Golden State Warriors era ad una partita dal vincere un titolo storico: le 73 vittorie, la rivoluzione copernicana che sta cambiando il Gioco, Stephen Curry.
Cleveland dall’altra parte che aspettava un titolo da CINQUANTADUE anni e dopo gara-4 tutto faceva pensare ad un altro anno di purgatorio, di pazienza. Non fosse solo perché mai nessuno aveva rimontato da sotto 1-3 (0-32 il parziale, ricordiamolo ancora una volta). E gli Dei del Basket ci hanno premiato con una delle partite più belle della stagione, forse la più bella.
Ci sono stati errori, da entrambe le parti. Cleveland ha continuato a soffrire troppo le situazioni di switch specialmente sul “finto” pick-and-roll Curry-Thompson.
Nella ricerca di una difesa extra-incentrata sul togliere respiro agli Splash Brothers sul perimetro a finito per concedere le solite triple aperte: Barnes ne ha messe un paio, ma ha continuato a fare grande fatica come nel resto di queste Finals.
Draymond Green invece ha saputo sfruttare lo spazio mettendo a segno la miglior partita (offensiva) della sua carriera di post-season piazzando 32 punti (6/8 da tre), 15 rimbalzi e 9 assist – oltre al solito lavoro difensivo pazzesco.
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Golden State ha continuato a soffrire molto i cambi forzati – e forse presi troppo presto – specialmente quando sulle piste di LeBron o Irving ci finiva Curry, anche ieri sera attaccato fin dall’inizio e messo dentro a tutti i pick-and-roll.
Il due volte MVP è apparso ancora una volta sotto tono, costretto a lavorare troppo difensivamente (e non sappiamo quale siano le sue reali condizioni fisiche). Non dev’essere stata una serie facile mentalmente per lui e anche ieri sera LeBron non gli ha risparmiato il Tutto-Va-Guadagnato-Treatment stampandogli la seconda chase-down in due partite.
Kerr ha iniziato con Ezeli titolare ma il giovane centro nigeriano è sembrato ben lontano da questi livelli, magari soffrendo anche l’emozione (vedi i due rimbalzi difensivi che gli hanno strappato dalle mani o il fallo ingenuo da tre tiri liberi sul jumper di LeBron). Ma tutto il pacchetto dei lunghi Warriors non ha saputo tenere il campo con un Varejao a dir poco disastroso.
Cleveland invece ha ritrovato Kevin Love, autore di una partita silenziosa ma preziosissima da 9 punti e 14 rimbalzi (di cui 4 offensivi) facendo segnare il miglior plus-minus di squadra (+19) e mettendo le mani ripetutamente nella sporcizia della partita.
Certo ha sofferto nella metà campo difensiva quando messo nel mezzo ai pick-and-roll con gli esterni, ma i tanti (troppi forse) minuti dei vari Ezeli e Varejao gli hanno permesso di limitare i danni. Ma soprattutto ha sempre avuto l’atteggiamento giusto, la giusta mentalità.
Così come Tristan Thompson, che nelle ultime due partite era stato un problema enorme per gli Warriors sia in attacco che in difesa. Così come Jefferson, che ha permesso a Lue di essere più versatile, di poter difendere meglio sul Death Lineup e anche se offensivamente non è stato sempre un fattore (gli anni passano) è stato un vero e proprio uomo squadra.
Così come Shumpert e JR Smith: entrambi hanno fatto errori – i soliti – difensivi; hanno sofferto ma hanno lottato, sempre. E con il gioco da quattro punti del primo (su ennesimo cioccolatino di LeBron) e gli otto punti in un amen del secondo ad inizio ripresa hanno portato il loro mattoncino.
Ma come sempre per Cleveland tutto passa da Irving e James. Non hanno tirato benissimo, ma hanno saputo fare quello che i campioni devono fare: vincere la partita.
Irving è stato bravo a continuare a mettere pressione sulla difesa ogni volta che ha potuto. Ha attaccato Curry ogni volta che lo ha avuto davanti e soprattutto ha iniziato a muovere o quantomeno far lavorare gli Warriors fin dai primi secondi dell’azione, condizione essenziale.
Ha forzato, sicuramente, come è nella sua natura fare; ma la pulizia tecnica dei suoi uno-contro-uno rimane di una bellezza stordente e anche nella prima gara-7 della sua carriera si è fatto trovare pronto, dimostrandosi la vera spalla di LeBron. Ah, poi ci sarebbe anche la tripla per il titolo.
Lacrime
LeBron ha giocato forse la sua miglior partita di sempre. Anche se come detto ha tirato male (9/24) l’influenza che ha esercitato sulla partita è stata totale, dominate, quasi violenta.
Ha avuto sotto il suo controllo emotivo ogni singolo possesso: ha coinvolto i compagni, si è fidato di loro: ha sputato il sangue difensivamente (cambiando la serie da quando Lue si è deciso di metterlo su Green) sacrificandosi su ogni pallone nonostante la consapevolezza di dover decidere la partita in ogni successivo possesso d’attacco.
Anche in una serata in cui il jumper lo ha abbandonato di nuovo ha messo due tiri da Campione Senza Tempo. Prima ha fatto cadere Ezeli – molto ingenuo – nella sua trappola strappando tre preziosi tiri liberi; poi sempre in faccia ad Ezeli ha piazzato l’unica tripla della sua partita in un momento di rara importanza e per finire un fadeaway semi impossibile per ridare il vantaggio ai suoi Cavs.
Ha saputo aspettare la partita, mettendo un’energia che solo chi ha un dovere morale può riuscire ad esprimere. La tripla doppia con cui ha chiuso la partita (27-11-11) non dà neanche lontanamente l’idea della grandezza di LeBron. E non lo danno le cinque stoppate, nonostante l’ultima sia – assieme al tiro di Irving – il trigger della Storia che prendeva il suo corso, del cerchio che si chiude.
LeBron segna dopo una brutta caduta il libero che di fatto sancisce il 93-89 finale e mentre Speights prende un tiro velleitario lui guarda la parabola della palla con la gioia feroce di chi forse aveva previsto tutto. Scoppia in lacrime, non potrebbe essere altrimenti.
Ha appena scritto la pagina più importante della sua carriera. Una delle più importanti dello sport professionistico americano e non solo.
Ha cancellato quella patina di inferiorità che – inspiegabilmente – ancora avvolgeva la sua figura. E per quello che vale lo avrebbe fatto anche se in quell’ultimo minuto sul pari 89 la partita fosse andata diversamente.
E’ stato il primo giocatore nella storia a finire primo in una serie (non nelle Finals ma in una qualsiasi turno di playoff) per punti, rimbalzi, assist, stoppate e palle recuperate – dati Elias Sports. Ma anche qui il dominio quasi alieno che ha impresso sfocia oltre ai freddi numeri.
Lo si vede mentre continua il pianto, rotto, emozionale. E’ a terra, stringe i pugni. Urla nel microfono della sempre ottima Doris Burke: Cleveland, l’ho fatto per te. Lui venuto dai quartieri più poveri di Akron, Ohio.
Ha un’aurea intorno dalla quale è impossibile non venire contagiati. Il suo personaggio così controverso, sempre così chiacchierato, vilipeso. Sempre sullo stesso podio di Michael Jordan ma sempre un gradino sotto.
LeBron James ha definitivamente scacciato la penombra della possente statua di Jordan, scrivendo una sua legacy. Anche se la legacy di LeBron ha radici molto più profonde della partita di stanotte ed era (e resterà) per sempre uno dei giocatori più forti, unici e speciali ad aver corso su un parquet.
L’umanità ringrazia. Per lo spettacolo, sì, ma soprattutto per aver dato vita ancora una volta a tutte quelle sfumature che solo lo sport sa regalare. Tutta la purezza dei valori come il sacrificio, la fatica, la voglia di crederci anche quando sembra impossibile, tipo un recupero su un lay-up già segnato.
E’ il basket, ma è soprattutto la vita. Buona vita, LeBron. Hai definitivamente chiuso il cerchio. Sei definitivamente tornato a casa.
Niccolo’ Scarpelli nasce a Firenze (1990) ma appartiene al Deserto del Sonora. Da piccolo soffrivo di insonnia, tipo Al Pacino. Poi ho scoperto gli sport americani e sono peggiorato, proprio come Al Pacino.
Ecco appunto come dicevo nello scorso articolo preparo i pattini
Pensare che se quegli imbecilli di Golden State avessero fatto 2 manovre 2 invece di sparacchiare (38% al tiro complessivo, 6/24 da tre per le due guardie… 6 su 24 lo faccio pure io dopo una notte di sbronze)…
In alternativa un paio di 1vs1 con fallo preso (cosa che riesce persino nella serieA italiana a quelli bravi)…
Insomma, Lebbròn ha vinto gara 5 e 6, poi ha avuto culo che gara 7 gliel’hanno regalata i Warriors.
Klay Thompson ha avuto la faccia di dire che sono meglio dei Lakers dello Showtime… ora si lava la bocca con l’aceto.
Golden State e’ una grande squadra e su questo non si puo’ discutere, i paragoni con lo squadre del passato sono difficili da fare. Klay come tutti i giocatori di quel livello hanno un ego smisurato ( giustamente ). Anche Lebron in passato ha fatto affermazioni a dir poco discutibili, ed a me Lebron piace in modo disumano.
Detto questo GSW ha butatto alle ortiche tutto quello di buono che ha fatto, ma le due squadre si equivalgono, hanno fatto errori e cose straordinarie, ma nel finale chi aveva piu’ voglia di vincere c’e’ riuscito.
Lebron per me rimane il migliore per innalzare il valore di una squadra, ma per me GSW e’ sempre la squadra piu’ forte.
Alla fine della finale ero triste e felice allo stesso tempo, tifoso dei GSW dai tempi dei Run TMC e anche tifoso di uno dei giocatori piu’ forti di sempre Lebron, che dopo la sconfitta per mano di Dallas ha saputo “maturare” in maniera spaventosa….
Una gara 7 bellissima… ma se avesse vinto GSW adesso tutti darebbero a Leborn del fallito e direbbero che Klay aveva ragione….per me entrambe le squadre sono state favolose, anche se pensavo ( come del resto quasi tutti ) che avrebbe vinto GSW, anche perche’ i CAVS di quese finals sono lontani ( e migliori ) parenti di quelli visti in regular season.
Spero nel prossimo anno in un’altra rivincita per GSW che a mio mododi vedere e’ e rimane la migliore squadra da 2 anni a questa parte.