Prima di partire con il resoconto della partita di ieri notte, vorrei fare un veloce passo indietro per riparlare di quanto successo al termine di Gara 2.
Nelle ore seguenti al controverso finale, la NBA ha rilasciato una dichiarazione ufficiale in cui ha ammesso che negli ultimi 13.5 secondi della gara erano stata rilevate ben cinque errori da parte degli arbitri, su altrettante infrazioni da parte di giocatori di entrambe le squadre (tre degli Spurs e due dei Thunder).
I primi quattro episodi sono tutti relativi ad eventi occorsi ancora prima che la palla fosse rimessa in gioco. Andando in ordine cronologico:
- Infrazione di Ginobili, che mette un piede sulla linea nel tentativo di disturbare Waiters;
- Fallo in attacco di Waiters, che spinge Ginobili nel tentativo di crearsi spazio;
- Fallo in difesa di Mills, che trattiene irregolarmente Adams;
- Fallo in difesa di Leonard, che strattona la maglia di Westbrook;
- Fallo in difesa di Ibaka, sul tentativo di tiro da parte di Aldridge nel convulso parapiglia finale.
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Riguardo ai mancati fischi, in realtà solo quello su Waiters appare realmente grave, ma come hanno ammesso gli stessi arbitri: “Si trattava di una situazione che non avevamo mai visto e siamo rimasti sorpresi”.
Gli Spurs possono comunque recriminare poco, perché hanno comunque recuperato la palla e avuto ottime chance di segnare, prima con Ginobili in contropiede e poi con il tiro dall’angolo di Patty Mills. I Thunder hanno vinto meritatamente perché sono stati più reattivi all’inizio e hanno condotto praticamente tutta la partita, anche se con distacchi sempre contenuti.
Quello su cui vorrei porre l’accento è piuttosto il modo in cui l’NBA affronta questo genere di situazioni. Ammette gli errori arbitrale quando questi si verificano e difende l’operato dei suoi arbitri quando invece non ci sono stati sbagli.
In questo modo si aumenta la percezione di correttezza e regolarità generale e, a mio personalissimo modo di vedere, questo modus operandi andrebbe preso ad esempio anche in altri sport (in particolare in uno molto vicino a noi, dove si gioca sempre con un pallone anche se di dimensioni diverse).
Per inciso, nello stesso comunicato l’NBA ha puntualizzato che durante il medesimo intervallo di tempo ci sono state altre SETTE situazioni dubbie in cui la terna guidata da Ken Mauer ha correttamente lasciato giocare. Pensare quindi che in poco più di tredici secondi di gioco ci siano così tante possibili situazioni di incertezza (su cui tre esseri umani devono decidere in una frazione di secondo), direi possa dare un’idea di quanto difficile sia il mestiere dell’arbitro NBA.
Ma torniamo al presente e parliamo ora di quanto successo in Gara 3. Si parte con i soliti quintetti, la solita aggressività di Westbrook e l’ormai solita infallibilità di Aldridge al tiro (per lo meno in questo inizio di serie).
Anzi, all’inizio sembrano essere tutti semi-infallibili: 12 a 9 per gli Spurs dopo meno soli tre minuti. Le mani si raffreddano leggermente nel resto del primo quarto, escluse quelle enormi di Leonard che è già a 11 punti.
Ormai Ibaka in attacco gioca da esterno puro e infila 2 triple per tenere a contatto i suoi, ma gli Spurs chiudono il primo parziale avanti 27-20 grazie a quattro palle perse consecutive degli avversari.
Mills cerca di farsi perdonare per l’airball finale di Gara 2 con una tripla e uno sfondamento preso su Westbrook e San Antonio scappa sul +15. Oklahoma prova a ricucire con un parziale guidato proprio dalle scorribande del numero zero dei Thunder, solo che nessuno ha detto ad Aldridge di svegliarsi dal suo sonno magico e gli Spurs chiudono il primo tempo ancora avanti sul 47 a 42.
Fa tristezza vedere Duncan relegato in panchina dopo i primi minuti, ma i suoi compagni sembrano non sentire la sua mancanza sul parquet grazie ad una difesa che ha tenuto gli avversari al 39% dal campo. OKC sta avendo pochissimo dalle seconde linee (due soli punti dalla panchina fino ad ora) e Durant ha già tre falli.
All’uscita dagli spogliatoi i Thunder non sembrano essersi chiariti le idee e continuano ad attaccare a testa bassa la difesa schierata dei texani. Per loro fortuna gli Spurs si mettono a fare lo stesso tipo di gioco, isolando in post basso Leonard e Aldridge per poi vedere cosa succede. Ne esce un terzo quarto non bellissimo da vedere, San Antonio resta avanti perché Parker e soci tirano 9-14 da tre ma Oklahoma City avrebbe decine di occasioni per rientrare a contatto che però spreca.
L’ultimo parziale comincia sul 72-69 Spurs, con Aldridge regolarmente sul parquet dopo una breve sosta causata da un piccolo problema all’anca. Per OKC c’è Payne a guidare l’attacco in contumacia Westbrook, ma i risultati sono altalenanti.
Il giocatore chiave in questo momento è Kanter, che giganteggia a rimbalzo d’attacco e raccogliendo un cross di Durant appoggia per il -1. A 7:55 dalla fine i padroni di casa mettono finalmente la testa avanti, grazie alla quinta tripla di Ibaka che è bissata subito dopo da una folle conclusione in step-back di Westbrook. Popovich chiama time-out ma ormai si è risvegliato anche Durant, Leonard però pareggia la partita abusando in post basso di Waiters e Parker riporta avanti i suoi con il jumper.
La partita è un’altalena di emozioni e si arriva agli ultimi due minuti con gli Spurs avanti di tre, ma lì sembra spegnersi la luce dei padroni di casa.
Follia di Westbrook, palla persa di KD e in un amen è meno sette. Ma con il Dr. Russel la partita non è mai finita: cinque punti in venti secondi ed è -2.
Sul possesso decisivo però un pazzesco rimbalzo d’attacco di Leonard regala un vitale secondo possesso ai suoi, dopodiché Parker e lo stesso Leonard sono glaciali dalla lunetta e sigillano la partita.
Pur con grandi difficoltà gli Spurs vincono Gara 3 per 100 a 96, si riprendono il fattore campo, il vantaggio della serie, ma ho come idea che il bello debba ancora venire…
Ex pallavolista ma con una passione ventennale per il basket NBA e gli sport americani in generale. Tifoso dei Mavericks, di Duke e dei ’49ers, si ispira a Tranquillo e Buffa ma spera vivamente che loro non lo scoprano mai.