La Pacific Division è una division che nel passato recente ha cambiato pelle, vedendo completamente rinnovate le gerarchie a cui eravamo abituati pochi anni fa.
E’ infatti solo un ricordo ormai il dominio Lakers (vincitori otto volte della division tra il 2000 e il 2012), passando per i Suns di Steve Nash, o, andando ancora più indietro nel tempo, i Kings di Vlade Divac & co.
Da infatti tre stagioni sono state le rimanenti due franchigie a dividersi le prime due posizioni della division: i Golden State Warriors e i Los Angeles Clippers.
Da questo punto di vista, infatti, la Pacific si presenta “spezzata in due”: Warriors e Clippers hanno appunto ambizioni non solo per quanto riguarda il primato della division (di importanza comunque relativa), ma è chiaro che il loro obiettivo è essere impegnati ancora a giugno per riconfermarsi campioni NBA nel caso dei Warriors, e presenziare ad una storica prima apparizione alle NBA Finals per quanto riguarda i Clippers. E le altre tre?
E’ lampante che gli obiettivi non possano essere gli stessi delle due regine del gruppo. I Suns sono un cantiere aperto e il loro cammino che li porti di nuovo in vetta alla lega appare tortuoso e molto lungo.
I Sacramento Kings sono reduci da un’estate molto movimentata, e si presentano come una squadra con molti volti nuovi.
I Lakers sono in un periodo storico a cui non eravamo abituati assistere da parecchi anni. Il rientro di Kobe e la scelta al draft di Russell danno comuqnue dei motivi di interesse per seguire la loro stagione.
Resta quindi una division con più che discreti punti d’interesse a cui guardare, anche spettacolare da vedere a tratti, visti i sistemi di gioco di Warriors e Clippers.
Facendo un giochino di “quintetto della division”, la Pacific potrebbe schierare un Curry/Paul, Thompson, Bryant, Griffin, Cousins… tutt’altro che da buttare via. Senza contare che tra queste cinque squadre militano come minimo tre credibilissimi potenziali MVP della lega.
Aggiungiamo anche il dato che nella scorsa stagione nessuna division ha inserito più giocaotori nei tre quintetti All-NBA di questa: ben sei, su un totale di quindici. Motivi di interesse ci sono, approfondiamo quindi una per uno le aspettative delle franchigie della Pacific Division.
GOLDEN STATE WARRIORS
Quintetto: Curry, Thompson, Barnes, Green, Bogut
Panchina: Livingston, Barbosa, Iguodala, Speights, Ezeli
Allenatore: Steve Kerr
Punti di forza: stesso nucleo che ha vinto il titolo. Consapevolezza delle proprie possibilità. Sistema di gioco ben chiaro e collaudato su entrambi i lati del campo.
Punti di debolezza: quest’anno c’è la responsabilità di essere i campioni in carica, quindi potrebbe esserci un po’ più di pressione. L’anno scorso sono riusciti a stare completamente lontani da infortuni e guai fisici: potrà andare liscia anche quest’anno?
Previsione: estate relativamente tranquilla quella dei Golden State Warriors. Quella che si presenta ai nastri di partenza della stagione 2015/2016 è a tutti gli effetti la stessa squadra che ha vinto il titolo.
Dei campioni in carica manca solo David Lee, “scaricato” più per motivi salariali che tecnici. Il volto nuovo è Jason Thompson (oltre al rookie Looney, però infortunato per parecchi mesi), finora onesto giocatore da rotazione in NBA, pur in contesti meno competitivi.
Sono chiaramente loro i favoriti per la vittoria della division, e non solo in quanto campioni in carica. Ma perchè ormai Curry e compagni hanno acquisito la piena consapevolezza di poter mettere su una vera e propria dinastia, e avendo a disposizione gli stessi uomini chiave del fresco successo fa capire che i Warriors faranno affidamento al loro collaudato sistema di gioco letale (nonostante nello staff non ci sia più Alvin Gentry, una delle menti dell’attacco) per bissare la parata per le strade di Oakland.
D’altra parte, però, questa non è più una squadra che non ha più niente da perdere, e forse dovrà essere proprio questa stagione la stagione della maturità per Curry e soci, chiamati quindi per la prima volta a partire da favoriti.
Non c’è molto altro da dire su questi Warriors. Il pubblico avrà anche quest’anno di che divertirsi, ma al contrario della scorsa stagione, c’è fin da subito l’aspettativa che il risultato finale della stagione sia uno e uno soltanto: riportare a Oakland il Larry O’Brien Trophy.
Record: 61-21
LOS ANGELES CLIPPERS
Quintetto: Paul, Redick, Pierce, Griffin, Jordan.
Panchina: Prigioni, Crawford, Stephenson, Johnson, Smith.
Allenatore: Doc Rivers.
Punti di forza: il ripensamento di Jordan ha fatto tirare un sospiro di sollievo a tutti. Pierce porta esperienza e può levare pressione a Paul e Griffin nei playoff. Il contratto di Crawford potrebbe essere utilizzato come pedina di scambio durante la stagione.
Punti di debolezza: Stephenson può far saltare lo spogliatoio quando vuole. Manca ancora qualcosa in uscita dalla panchina. Bisogna fare il salto di qualità in difesa.
Previsione: la corazzata Clippers, fresca di nuovo design, quest’anno potrà contare su un Paul Pierce in più. 17 stagioni di esperienza ed un giocatore che conosce alla perfezione il coach, potranno servire a dar quel qualcosa che manca ai Clippers per realizzarsi del tutto.
Dopo la telenovela estiva di Jordan, tornerà appunto il trio formato da Paul, Griffin e Jordan, terzetto simbolo delle ultime stagioni, alla ricerca dei complementi adeguati.
Tramite trade è arrivato Lance Stephenson, giocatore dal carattere complicato e con una personalità molto particolare, ma l’impressione è che se riuscirà ad essere coinvolto emotivamente nel progetto, aiutato da coach e veterani, potrà sicuramente essere utile, soprattutto nella parte difensiva del gioco, dove finora i Clippers hanno dimostrato di avere più da lavorare per poter fare il definitivo salto di qualità (15° per defensive rating nella scorsa stagione), in grado di portarli alle tanto sognate NBA Finals.
Discorso letteralmente opposto per quanto riguarda l’attacco, di cui si può dire che viaggia a gonfie vele, e forse parrebbe anche riduttivo. Nella stagione appena conclusa sono stati 109,8 i punti segnati sui 100 possessi, meglio di chiunque nella lega, meglio anche dei campioni in carica rivali di division.
Rimane forse ancora da rifinire il “secondo quintetto”, dove a mio parere il solo Josh Smith può garantire una simil continuità di prestazioni. E a questo proposito il contratto di Jamal Crawford (scadenza da circa 5,7 milioni di dollari) potrebbe rivelarsi una discreta pedina di scambio.
Record: 56-26
PHOENIX SUNS
Quintetto: Knight, Bledsoe, Tucker, Morris, Chandler.
Panchina: Goodwin, Booker, Warren, Teletovic, Len.
Coach: Jeff Hornacek.
Punti di forza: attacco produttivo. E’ arrivata un’ “ancora della difesa” come Chandler. Nucleo giovane.
Punti di debolezza: possibile distrazione il caso Morris. Ancora alla ricerca di un franchise player, mai arrivato dopo l’era Steve Nash.
Previsione: è probabile che in Arizona si assisterà a un’altra stagione di transizione. Apprezzabile il tentativo di McDonough di provare ad essere competitivi subito portando a Phoenix un veterano con leadership come Chandler, e addirittura aver fatto un tentativo con Aldridge, ma in questo ovest ci vuole ben altro anche solo per pensare di giocarli i playoff.
Markieff Morris è ormai con un piede e mezzo (facciamo anche due) fuori dal progetto Suns, in quanto ha più volte accusato la dirigenza di non averlo trattato come avrebbe desiderato, cedendo il fratello gemello ai Pistons. Pare però difficile che i Suns potranno ottenere qualcosa di davvero interessante in cambio.
Per un lungo che parte, un altro è arrivato: il già citato Tyson Chandler è chiamato a capeggiare (dal punto di vista carismatico) un gruppo dal nucleo piuttosto giovane. Il lungo ex Mavericks avrà il compito a lungo termine di imporsi come leader difensivo, e portare a Phoenix una sorta di “cultura” difensiva, roba che in Arizona non vedono da parecchio tempo.
Questo per rendere complementare il gioco dei Suns, pur sempre rispettabile a livello offensivo considerando che stiamo parlando di una squadra rimasta fuori dalla post-season (quattordicesimo attacco della lega per punti sui 100 possessi).
Inoltre Chandler potrebbe essere un’ottima chioccia per Alex Len, lunghissimo centro ancora troppo acerbo per il gioco NBA. Nel back-court ci sarà invece una coppia di ex Kentucky: Brandon Knight e Eric Bledsoe.
Il primo sta recuperando da un’operazione alla caviglia, ma sarà pronto per l’inizio del training camp; Bledose sarà il giocatore con più responsabilità offensive, ma dovrà mostrare miglioramenti nelle letture e nell’esecuzione del pick&roll (Chandler potrà dargli una grossa mano).
Chi ha già fatto vedere dei progressi, anche se solo nella Summer League, sono Archie Goodwin (altro ex Kentucky) e T.J. Warren. Se non altro i due ragazzi hanno dimostrato di poter contribuire anche da subito se si tratta di portare energia e punti veloci dalla panchina.
Per aumentare la pericolosità fuori dall’arco è stato firmato il bosniaco Mirza Teletovic, e con la tredicesima scelta assoluta è stato scelto Devin Booker (da Kentucky, ovviamente). Il giocatore più giovane tra i sessanta draftati (19 anni il prossimo 30 ottobre) ha mostrato una pulizia d’esecuzione ammirevole per un ragazzo così giovane.
Quali prospettive quindi per i Phoenix Suns? Sono raggiungibili i playoff? Probabilmene no, in quanto, come già scritto precedentemente, la Western Conference è ultra competitiva, e una squadra come questa rischia di risultare “troppo mediocre”, e quindi a metà strada tra la caccia ai playoff e il tanking.
Record: 40-42
SACRAMENTO KINGS
Quintetto: Rondo, McLemore, Casspi, Gay, Cousins.
Panchina: Collison, Belinelli, Butler, Koufos, Cauley-Stein.
Coach: George Karl.
Punti di forza: Cousins è chiamato a confermarsi un all-star. Karl proverà a dare un chiaro sistema di gioco. Diversi giocatori con punti nelle mani. Pubblico sempre caldo.
Punti di debolezza: Cousins è pur sempre una “testa calda”, e il suo rapporto con l’allenatore non è buono. L’impatto Rondo è un’incognita.
Previsione: il fascino dei Sacramento Kings in questo periodo storico si potrebbe definire ai margini dell’inesistente, e questo è dimostrato anche dal numero di free agent che quest’estate hanno letteralmente snobbato un’offerta da parte della squadra di proprietà di Vivek Ranadive.
I vari Matthews, Ellis, Bargnani hanno risposto “no, grazie” a delle offerte anche più vantaggiose dei contratti firmati poi successivamente, questo proprio a causa della situazione della franchigia di Sacramento.
Ma nonostante ciò l’estate dei Kings è stata caratterizzata da alcune manovre di mercato: si passa attraverso le trades del 9 luglio, all’interno delle quali i Kings hanno ceduto (oltre a svariate scelte) Landry, Stauskas, Thompson (a Philadelphia) e McCallum (a San Antonio) per creare spazio salariale necessario per firmare Rondo, Belinelli e Koufos. Basterà questo per migliorare il traguardo dello scorso anno di 29 vittorie?
Probabilmente sì, perchè nell’immediato questa squadra pare migliore di quella passata, ma l’aver ceduto così tante scelte all’interno dei prima citati scambi rende questa squadra difficilmente migliorabile nel futuro prossimo.
Coach Karl è chiamato al lavoro non facile di far convivere la sua superstar DeMarcus Cousins prima di tutto con se stesso e poi con un’idea di gioco, che però chiaramente non potrà essere quella che tanto piace al ex coach dei Nuggets, in quanto non si sposa perfettamente con le caratteristiche tecniche del giocatore faro della franchigia, il quale ama iniziare i suoi attacchi palla in mano, solitamente in post basso, situazione però piuttosto indigesta alle recenti versioni delle squadre di coach Karl.
Attorno al centro classe ’90, ci saranno comunque giocatori in grado di garantire del fatturato offensivo come Gay, Casspi, Belinelli e Koufos. Manca un vero e proprio specialista difensivo, anche se il rookie Willie Cauley-Stein al college si è dimostrato tale, e quindi potrebbe rivelarsi utile anche nella lega dei professionisti.
Rondo (il quale probabilmente ha scelto Sacramento per mancanza di alternative…) dovrà essere disposto a mettere da parte il suo ego dopo l’esperienza breve e disastrosa a Dallas, questo anche per rilanciare la sua carriera, in quanto a fine stagione sarà nuovamente free agent, e sarà interessante vedere come (e se) questa annata cambierà il suo “valore di mercato”.
Ricordiamoci, inoltre, che questa dovrebbe essere l’ultima stagione in cui i re giocheranno alla Sleep Train Arena, visto che dal 2016 è previsto il trasferimento al nuovissimo Golden1 Center, al numero 547 di L Street. Sicuramente una buona notizia per il pur sempre caldissimo e indomabile pubblico di Sacramento. Come per i Phoenix Suns, in una Western Conference così competitiva i playoff sembrano fuori portata, ma non il traguardo delle 30 vittorie, traguardo mancato nell ultime sette stagioni, mentre se si parla di accesso ai playoff la striscia si allunga a nove stagioni. Migliorarsi si può…almeno per quest’anno.
Record: 36-46
LOS ANGELES LAKERS
Quintetto: Russell, Bryant, Young, Randle, Hibbert.
Panchina: Clarkson, Williams, Kelly, Bass, Black.
Coach: Byron Scott.
Punti di forza: grande attesa per D’Angelo Russell. (Ri)comincia la carriera NBA di Randle. Sarà interessante rivedere in campo Kobe.
Punti di debolezza: Russell potrebbe sentire la pressione del giocare ai Lakers. Da valutare le condizioni fisiche del 37enne Kobe Bryant.
Previsione: va in scena quella che probabilmente sarà l’ultima stagiona agonistica di Kobe Bryant. Mai sottovalutare la voglia e l’agonismo di uno dei migliori giocatori di sempre, ma obbiettivamente portare questi Lakers più in la di una stagione di basso livello (dal punto di vista strettamente numerico di vittorie) è ormai un’impresa fuori dalla sua portata.
Per un giocatore a fine carriera, ce n’è un altro che è appena all’inizio: D’Angelo Russell, playmaker classe ’96 da Ohio State, sbarca a Los Angeles con addosso l’etichetta di seconda scelta assoluta del draft più recente.
Troverà attorno a sè un contesto forse ostile dal punto di vista “ambientale” (dopotutto quando si è un Laker si sa che si hanno i riflettori sempre addosso), ma d’altra parte questo processo di rebuilding dei Lakers passa per forza anche da lui, e quindi avrà tutto il tempo per crescere e migliorare a livello tecnico.
Un altro giocatore che di fatto sarà un rookie è Julius Randle, settima scelta assoluta nel 2014, uscito di scena immediatamente nella sua stagione d’esordio da professionista, dopo la rottura della tibia nella prima gara di regular season.
Pronto ad usicre dalla panchina il neo-filippino Jordan Clarkson, scalpitante di confermarsi una potenziale steal del draft 2014 e reduce da una stagione oltre ogni più rosea aspettativa.
Un altro arrivo dell’estate è quello del più recente sesto uomo dell’anno Lou Williams. Giocatore a volte un po’ fuori controllo (in buona compagnia quindi, vista la presenza di Nick Young), ma sicuramente in grado di garantire punti in uscita dalla panchina. Sarà un Laker anche Roy Hibbert, centrone difensivo, in cerca di riscatto dopo un’annata sottotono a Indianapolis.
Non scordiamoci che dai risultati di questi Lakers potrà dipendere anche parte del futuro, visto che la prossima prima scelta rischia di venir persa in favore di Philadelphia; servirà infatti non uscire dal “podio” della futura lottery per trattenerla.
Facile quindi pensare che sia più vantaggioso perdere di proposito il più partite possibili, ma ripartendo da alcune pedine potenzialmente fondamentali per il futuro così giovani sarà anche necessario iniziare a costruire una cultura vincente. E poi non provateci nemmeno a dire a Kobe che deve perdere.
Record: 27-55
Classe ’90, americanofilo, baller, NBA, NFL, MLB, USA Sports, Pallacanestro Varese.
@GigaTheFreak