Avevamo interrotto la nostra disamina con i Thunder, e riprendiamo partendo dai maghi della Capitale:
I Wizards hanno scalato posizioni per essere certi di mettere le mani su Kelly Oubre, l’ala di Kansas che dovrà fare da backup di Paul Pierce o di Otto Porter. Oubre non è un difensore continuo, ma ha i mezzi atletici per diventarlo.
Offensivamente, è un tiratore con in dote l’atletismo che lo rende un’arma da contropiede. Non avendo grande controllo del palleggio, non è pronto per un ruolo offensivo di primo piano; per fare il salto di qualità, dovrà diventare un attaccante meno perimetrale, che possa almeno minacciare in modo credibile la penetrazione a difesa schierata.
Alla 49, Washington ha selezionato Aaron White, da Iowa; White è un’ala forte che sa fare tutto, ma non è straordinario in nulla, e questo, si paga, in termini di quotazioni NBA; potenzialmente, può diventare un giocatore che esce dalla panchina e da minuti d’intensità e atletismo, ma va sviluppato.
Danny Ainge continua a collezionare giocatori simili, confermando la tendenza ad accumulare talento, con la speranza poi di scambiarlo in cambio di stelle che fanno fare il salto di qualità.
Terry Rozier pesta i piedi a Avery Bradley, al quale somiglia. L’ex Cardinal è piccolo per giocare guardia, ed è soprattutto bravo nel costruire tiri per sé, piuttosto che nel far girare la squadra. Il suo miglior pregio (proprio come Bradley) è la difesa. Inizierà probabilmente in panchina, in attesa di capire chi sia la guardia da abbinare a Marcus Smart e Isaiah Thomas.
Alla 28, Ainge ha scelto R.J. Hunter, di Georgia State, precipitato molto in basso, rispetto alle sue quotazioni pre-draft. È una guardia, ma vista la tendenza di Boston e coach Brad Stevens ad usare quintetti piccoli, potrebbe trovare spazio da ala. Dotato di un ottimo tiro, allargherà il campo ai penetratori.
Le altre due scelte, Jordan Mickey, di LSU, e Marcus Thornton, scelto alla 45, sono giocatori da sviluppare. Mickey è uno stoppatore sottodimensionato, con un tiro decente dalla media, e capace, a livello inferiore, di segnare da sotto. Thornton è un’altra guardia realizzatrice sottodimensionata, presumibilmente destinata, almeno per il momento, alla D-League.
Con certe scelte, è difficile pensare di fare un draft d’immediato impatto; gli Hawks hanno chiamato Marcus Erikkson alla numero 50, e, alla 59, Dimitrios Agravanis.
Il primo, è un 1993 che è fermo da un anno per la rottura del crociato anteriore, un’ala tiratrice che stava dimostrando buone premesse, ma che è distantissimo dall’approdo in NBA. Agravanis è un’ala forte proveniente dall’Olympiacos, che però lo usava solo per 14 minuti di media. Resterà in Grecia, e, se riuscirà a guadagnare qualche minuto, in un paio di stagioni potrebbe diventare un giocatore esperto, in grado di contribuire anche oltreoceano.
Oltre a loro, gli Hawks si sono muniti di una guardia capace di costruire tiri dal palleggio, Tim Hardaway, in uscita dai Knicks. Ci sono dubbi circa la capacità del figlio dell’ex play degli Heat d’impattare positivamente sulla squadra, ma Atlanta aveva bisogno di qualcuno capace di costruirsi un tiro, e forse, progettano per lui uno sviluppo alla Jamal Crawford.
Rashad Vaughn, alla 17, è una scelta legittima; i Bucks hanno bisogno di un po’ di tiro, e Vaughn, guardia di due metri uscita da Las Vegas, risponde perfettamente al profilo richiesto. Per il momento, non sa fare altro, ma i Bucks hanno centimetri e rapidità difensiva per poter provare a sopportare un cattivo difensore, per qualche minuto almeno, sempre che non sia direttamente spedito in D-League. Ha solo 18 anni, quindi ha abbondanti margini di miglioramento nelle sue aree più deboli, e se riuscirà a fare il roster, servirà come riserva di Khris Middleton.
Milwaukee ha sacrificato la 46esima scelta e un’altra, futura, per Greivis Vasquez, il play giramondo in uscita da Toronto. Vasquez non è un buon difensore, ma sa giocare a basket, e coach Kidd, a suo tempo immenso playmaker, deve aver visto qualcosa in questo ragazzo, che non viene da una buona annata, ed è in cerca di riscatto.
Ancora una volta, Daryl Morey dimostra di aver ben chiaro in mente che tipo di basket vuol far giocare ai Rockets. Ringraziati tutti quelli che anno inesplicabilmente passato Sam Dekker, lo ha chiamato, dotando Houston di un’altra ala con personalità e che non ha paura delle responsabilità.
L’ex Wisconsin si troverà bene in una formazione ideale per le sue caratteristiche; ha centimetri, intelligenza tattica, disponibilità al sacrificio, ed è un ragazzo che non ha paura di fare scelte. Dovrà crescere al tiro (ed è il motivo per il quale non è stato selezionato prima), ma ha troppe caratteristiche positive per pensare che, alla 18, sia qualcosa di meno che un bel colpo.
Montrezl Harrell, alla 32, completa il draft dei Rockets; l’ala di Louisville ha pagato l’assenza di tiro e taglia, ma è un giocatore di attività, che, nel sistema di Houston, può aver senso, perché non si ferma mai e, in uscita dalla panchina, può provocare la scintilla di un parziale con una giocata intensa.
TORONTO RAPTORS
Masai Ujiri, lo ha dimostrato, è spregiudicato quanto competente; ottenuto Delon Wright, alla 20, non si è fatto problemi a scaricare il contratto di Vasquez ai Bucks. Wright, che arriva dall’università di Utah (come Andre Miller), è il fratello minore di Dorell, ma è fatto di un’altra pasta; silenzioso, carismatico, si è fatto amare dal coach, Larry Krystkowiak, che è il suo primo sponsor.
Ventitreenne, splendido difensore, sa condurre l’attacco e finire da vicino. È sceso fino alla 20 perché, di fatto, non ha tiro, ma Toronto spera di riuscirci a lavorare, fino a renderlo almeno passabile. In ogni caso, è sin da ora un upgrade rispetto al suo predecessore nello spot di riserva di Kyle Lowry. Per la verità, è un po’ troppo forte per essere solo una riserva, soprattutto perché ai Raptors fa comodo un’ala forte, e ce n’erano disponibili. Si profilano trade all’orizzonte?
Con la scelta 46, Toronto si è assicurata anche Norman Powell, guardia di UCLA che ha grande atletismo, e che potrebbe trasformarsi in un defensive stopper. Non è un playmaker, ed è leggermente piccolo per fare la guardia, ma con quell’atletismo, si tratta di un dettaglio. Il vero problema, anche qui, è il tiro, che oggi è diventato un fondamentale veramente imprescindibile per vedere il campo.
DALLAS MAVERICKS
Justin Anderson, alla 21, è l’ennesimo giocatore d’ala 3-and-D; uscito da Virginia, junior, è un giocatore verticale ma al contempo abile tecnicamente (relativamente al tiro). Non sa costruirsi conclusioni in modo autonomo, quindi vivrà di scarichi o al massimo di uscite dai blocchi, ma è un giocatore che viene da un sistema complesso, come quello di Virginia, e che si troverà bene alla corte di Rick Carlisle. Alla 21, si tratta di una scelta solida.
Alla 52, Donnie Nelson si è tolto lo sfizio della chiamata esotica: Satnam Singh, centro indiano di due metri e diciotto che ha fatto bene ai provini, e che, mal che vada, servirà per vendere qualche maglietta nel mercato del subcontinente, tutt’ora inesplorato dalle franchigie NBA.
CHICAGO BULLS
Bobby Portis è perfetto per giocare a Chicago, e, alla 22, era difficile trovare di meglio; l’ala forte di Arkansas ha fisico e movimenti d’attacco splendidi; non è eccessivamente atletico, ma spesso si esagera nel considerare l’atletismo come un requisito indispensabile, soprattutto in presenza di mezzi tecnici sopra la media e di grande “effort”.
Non è chiaro che uso ne farà Fred Hoiberg, perché ha davanti Gasol, Taj Gibson e anche Nikola Mirotic. È possibile che la sua scelta preluda qualche movimento in sede di mercato, perché, anche a voler insistere sul basket old school, così tanti lunghi non servono a niente, mentre il resto del roster potrebbe beneficiare di qualche intervento.
PORTLAND TRAIL BLAZERS
La squadra più sfortunata della Lega dimostra, ancora una volta, di avere un ottimo management; acquisito Plumlee da Brooklyn, in previsione dell’addio di LaMarcus Aldridge, i Blazers hanno lucrato anche la scelta 41, buona per prendere Pat Connaughton, guardia di Notre Dame che alla combine ha fatto sgranare gli occhi a molti scout; è un tiratore, che non guasta mai, e in più ha grande verticalità, il che ne fa una risorsa difensiva interessante da accostare a Wes Matthews e Damian Lillard.
Alla 54, Portland ha chiamato Dani Diez, l’ala piccola spagnola dalla zazzera che conquista, in uscita da San Sebastian. Ha 22 ed è probabilmente pronto a tentare l’avventura americana, ma difficilmente troverà da subito spazio. In ogni caso, alla 54 è un’ottima pesca.
CLEVELAND CAVALIERS
Dopo tre prime scelte assolute consecutive, qest’anno Cleveland non aveva chiamate altrettanto buone, e ha ripiegato su un mix di prospetti futuri e giocatori pronto uso; alla 31, David Griffin ha selezionato Cedi Osman, ala/guardia turco-macedone classe 1995, oro agli europei del 2014, che è un prospetto in divenire. Già versatile e fisicamente sviluppato, rimarrà in Europa, e potrebbe diventare una presa fantastica per Cleveland.
Rakeem Christmas, alla 36, da Syracuse, è diventato un prospetto durante il suo ultimo anno di college; sa giocare, ha fatto bene al draft combine, e ha il solo difetto d’essere esploso tardi: fosse più giovane, sarebbe andato molto più in alto, ma questo non toglie che possa avere impatto e migliorare, a contatto con un livello di competizione più intenso.
Infine, alla 53, è stato scelto Sir’Dominic Porter, ala di St. John’s che si è distinta per l’etica lavorativa; si è costruito una credibilità nei workout, dimostrando di poter marcare le ali piccole, e anche gli stretch-four. Non ha molto altro, ma può inventarsi un ruolo lo stesso, in una formazione che ha trovato una marcata identità difensiva.
MEMPHIS GRIZZLIES
Alla 25, Memphis ha scelto Jarell Martin, ala forte dotata di centimetri, uscita da LSU, forte fisicamente, atletica, che gioca per lo più fronte a canestro. Tutto il resto (difesa, rimbalzi, continuità mentale, attacco di post) è da costruire, ma è capitato nell’ambiente giusto, con il coach giusto.
Alla 44, i Grizzlies hanno scelto un playmaker, Andrew Harrison, che, per quanto la sua Kentucky abbia sempre fatto bene, non è mai diventato un nome di primo piano. Non prende sempre grandi decisioni, ma ha taglia, talento, e ha esibito miglioramenti al tiro. Considerata la concorrenza, è difficile che trovi posto in squadra già quest’anno.
SAN ANTONIO SPURS
Quando si commentano le scelte degli Spurs, c’è sempre la tentazione di applaudirli a prescindere, sulla scorta dei colpi di genio (e fortuna, sempre che le due cose si possano scindere) del passato.
Con la chiamata numero 26, hanno selezionato Nikola Milutinov, serbo in forza al Parizan, centro classe 1994. Buon rimbalzista, dotato degli strumenti classici dei lunghi di scuola slava, Milutinov sa finire il pick-and-roll, ha buone mani per ricevere, ma rimarrà ancora per un po’ in Europa. Con ogni probabilità, si tratta di un investimento solido sul futuro, anche se la 26esima chiamata dovrebbe essere appannaggio di giocatori pronto uso, o di potenziali fenomeni, ma, come detto, meglio non scommettere contro RC Buford.
Alla 55, gli Spurs hanno completato il loro draft scegliendo Cady Lalanne, ala centro di Massachusetts, che, come molti giocatori che vengono draftati alla fine del secondo giro, si è messo in luce ai workout pre-draft. Si sapeva delle sue abilità a rimbalzo, che, unite ai centimetri, ne facevano un giocatore interessante per i campionati europei, ma gli Spurs si sono accorti che il ragazzo ha un’ottima mano per tirare dalla media, ed è stata questa la sua carta vincente per un posto nella squadra di Summer League degli Spurs.
I Nets hanno costruito il loro draft sulla cessione di Mason Plumlee a Portland, in cambio di due scelte e Steve Blake; alla 23, Billy King ha scelto Rondae Hollis –Jefferson, ala di Arizona che risponde al profilo del difensore capace di marcare guardie e ali indifferentemente. Offensivamente, Hollis-Jefferson vive di tagli, canestri costruiti sulla velocità e contropiede, ma non ha tiro, e su questo dovrà lavorare molto, se vuole ricavarsi un ruolo rilevante.
Alla 29, i Nets hanno preso Chris McCullogh, ala grande di Syracuse, scesa così in basso a causa di un infortunio al crociato e di problemi al ginocchio. Buon giocatore vicino a canestro e decente tiratore dalla media, McCullogh è anche un ottimo stoppatore, ma ovviamente deve confermarsi sulla lunga distanza, e dimostrare che l’infortunio non ha lasciato il segno.
Infine, alla 39, è arrivato Juan Vaulet, scelto da Charlotte e poi girato a Brooklyn. Argentino di Cordoba, non vedrà la NBA per almeno un altro anno o due; essendo una guardia proveniente dalla Liga Nacional de Basquet, si sono già sprecati i paragoni con Manu Ginobili, ma sono chiacchere in libertà.
GOLDEN STATE WARRIORS
I campioni NBA hanno scelto Kevon Looney, l’ala di UCLA che si adatta perfettamente al gioco dei Dubs. Non è forte fisicamente come una power forward, e non ha il gioco dell’ala piccola, ma non è un problema, nel basket senza ruoli veri e propri che ha preso piede, e del quale Golden State è un esempio virtuoso. Ha un buon tiro, che può migliorare, sa palleggiare in modo discreto, e ha tanti centimetri. Difficilmente troverà spazio con i Warriors, ma avrà un anno di tempo per migliorare lavorando in D-League, e poi se ne riparlerà.
NEW ORLEANS PELICANS
Con la 56, difficilmente si trova un giocatore “for the ages”, e Branden Dawson, ala di Michigan State, non lo è; tuttavia anche a fine draft si può comunque rimediare un buon giocatore, proveniente da una scuola di provata serietà come quella degli Spartans di Tom Izzo. Dawson è intenso, forte fisicamente, difensore e rimbalzista più che valido. Non ha tiro, ed è troppo interno per i centimetri dei quale dispone, ma sa finire bene, come attestano le percentuali dal campo (oltre il 55%). Può ricavarsi una nicchia.
Seguo la NBA dal lontano 1997, quando rimasi stregato dalla narrazione di Tranquillo & Buffa, e poi dall’ASB di Limardi e Gotta.
Una volta mi chiesero: “Ma come fai a saperne così tante?” Un amico rispose per me: “Se le inventa”.