Da sempre nelle serie equilibrate gara 4 presenta il primo momento decisivo per una delle due squadre, quel momento in cui può sfumare in pochi minuti per una scelta sbagliata tutto il lavoro di una stagione intera.

Sono questi i momenti in cui i coach devono fare delle scelte senza appello, e quindi a volte estreme, per il futuro loro e della squadra. E’ il momento delle scelte senza paracadute.

Analizziamo quindi quanto successo nei momenti decisivi di questa sfida tra Spurs e Clippers e tra due coach probabili Hall of Famer, “Doc” Rivers e Gregg Popovich.

Mito n.1: gli Spurs sono diventati campioni prima di tutto grazie al loro sistema

Nel momento chiave di gara 4 (ultimi 6 minuti), palla in isolamento in post a Leonard e a Duncan e vediamo che succede. Se non raddoppiano si va fino in fondo. Se raddoppiano scarico sul perimetro. Se Danny Green è in serata storta e fa 0/6 e Diaw continua a non prenderci (0/8 da 3 nella serie) la perdi quasi in automatico.

Il concetto del Good to Great (grande circolazione di uomini e palla, extrapass e decisioni rapide per trasformare un piccolo vantaggio in un tiro completamento aperto) è perfetto in Regular Season dove la pressione (e la concentrazione degli avversari) sono quello che sono, ma nei momenti chiave con squadre che si equivalgono le partite le vincono sempre e comunque gli uomini. Anche in Texas.

Mito n.2: il tiro dalla media è il male assoluto per l’attacco nel basket moderno

La statistica dice che il tiro dalla media è il meno pregiato del basket moderno, perché in media produce meno punti dei tiri al ferro e del tiro da 3.

Non dimentichiamo però che nel momento chiave del match, quando gli avversari si aspettano la cosa più logica (andare al ferro o tirare da 3 appunto) e tutti stanno difendendo al massimo su quelle due situazioni, gli arbitri sono molto ritrosi a fischiare i contatti in area. A quel punto il fattore sorpresa può essere più importante di tutto.

Il professor Chris Paul ce l’ha spiegato ancora una volta, due zingarate in area chiuse con piazzatino dalla media e partita chiusa quando serviva chiuderla. Lo stesso Harden in questi giorni sta punendo costantemente la difesa di Carlisle che lo aspetta al ferro, con buona pace del profeta Morey e della sua Morey-ball. Voto 9, Scientifici (ma solo quando serve).

Mito n.3: coach Popovich è un mago nelle letture durante la gara.

Momento chiave del match, 6 minuti e mezzo alla fine e Spurs sotto di 5. Entra Bonner per fare fallo sistematico su Jordan. Tutti si preparano per la solita e reiterata marcia funebre verso la linea del tiro libero che si protrae normalmente fino a 2 minuti dal termine.

I Clippers non sono nemmeno in bonus, e quindi Jordan non va in lunetta, ma coach Rivers lo toglie all’istante. Non era andata così nelle gare precedenti. Doc sa benissimo quanto sia rischiosa questa scelta, sul piano del morale del giocatore è potenzialmente devastante.

Jordan dalla prossima partita giocherà con il terrore di quel momento, sapendo che potrebbe venire a succedere a 9 minuti dalla fine, o addirittura a inizio quarto quarto.

Per un giocatore del suo status (nel mezzo del guado tra essere una stella, non di primo livello ma comunque un giocatore che sposta, e uno specialista difensivo) non c’è di peggio che venire escluso dai finali di partita.

Significa perdere la possibilità di fare il passo decisivo per affermarsi nel proprio lavoro, diventare il testimonial principale di qualche bevanda o marca di scarpe, ed essere osannati per un tap-in in schiacciata all’ultimo secondo.

I finali di gara sono i momenti in cui nascono le leggende, si creano le “legacy”, si lascia l’impronta nella storia del proprio sport. Oppure si sta seduti in panchina a guardare Glen Davis.

Ma in quel momento Doc sente che il ritmo del suo attacco è trascinante, gli Spurs non riescono a reggere l’onda atletica di Jamal Crawford in penetrazione, Paul con le zingarate a centro area e Griffin a rimbalzo d’attacco in corsa (a proposito, gli conviene sviluppare velocemente un tiro da tre, perchè a rimbalzo ci va meglio partendo dalla linea dei 3 punti, con quella velocità di piedi e agilità è praticamente impossibile da tagliar fuori e giocare con 4 fuori diventerebbe un’opzione semplicemente devastante soprattutto se il suo tiro arrivasse al 33%-35%).

Doc sceglie perciò di non rinunciare al proprio vantaggio atletico nei finali, ridare ossigeno a Duncan, Parker e Ginobili potrebbe significare la fine: il 3-1 Spurs sarebbe una sentenza di morte quasi inappellabile, perciò accetta di mortificare DJ con la panchina.

Quello che succede dopo è, per la limitata comprensione di un esterno, inspiegabile: tolto Jordan per Davis, è evidente che il vantaggio per gli Spurs si sostanzia nella possibilità di andare al ferro con più facilità. E’ sufficiente portare Griffin a difendere sul perimetro (cosa che stava già accadendo con Diaw) e Parker, decisamente in palla in quel momento della partita, avrebbe fatto a fette la difesa Rossoblù.

Invece Popovich toglie dal campo Parker. E nei 3 possessi successivi gli Spurs si affidano al post, prima di Kawhi (che raddoppiato scarica con un passaggio passivo, dato che Diaw invece di allargarsi sul perimetro gli ha praticamente portato il raddoppio di Griffin) e poi di Duncan, che come sempre qualcosa ha portato a casa ma con fatica, pagando magari lo scotto dall’altra parte con una difesa meno attiva del solito perché ormai in apnea.

E’ vero che contro Davis il buon Duncan ha sicuramente percentuali di realizzazione dal post leggermente più favorevoli che contro Jordan, ma Big Baby resta un onorevole difensore di post basso, inamovibile nel difendere la posizione per rapporto peso/altezza anche se ingenuo in alcune reazioni alle finte di un filosofo del post come Duncan, e sicuramente meno esplosivo nella stoppata di DJ.

Questo quante appare dall’esterno. Chiaro che potrebbero esserci notizie riservate degli Spurs, che tali potrebbero restare pena la morte del delatore, che hanno portato a questa decisione.

Magari Parker ha subito un risentimento fisico nell’ultimo fallo subito da Jordan, che lo ha portato allo 0/2 successivo dalla lunetta.

Magari coach Pop ha preferito evitargli altre mazzate in area, visto che tirando male i liberi non era da escludere che i difensori entrassero più duri del solito.

Magari semplicemente il coach ha dei piani A, B e C, e prima di giocarsi l’arma letale (il p&r Parker-Duncan) preferisce giocare l’arma un po’ meno letale, ma capace comunque di vincere diverse partite quest’anno (il post di Leonard) o da 15 anni a questa parte (Duncan), riservandosi il meglio per il momento decisivo (saggio atteggiamento per chi è ancora in controllo della serie, che impedisce di arrivare a gara 7 ed essere prevedibili perché hai già sparato le migliori cartucce, come forse accadrà a coach Rivers). Tanto più che Mills si era dimostrato nelle ultime partite alternativa più che degna di TP nella fase offensiva.

MITO (un po’ meno diffuso) n.4: Griffin è ormai una star assoluta ai due lati del campo.

Incredibile l’arsenale offensivo costruito da Blake in questi anni: un mix di velocità, altezza, potenza, ball handling, visione di gioco, e infine anche un discreto tiro dalla media: in una parola, incontenibile.

Non si può non notare però che la difesa in post basso è ancora un work in progress: pensare di lasciar prendere posizione a Duncan nel proprio ufficio con calma olimpica e affidarsi poi all’atletismo per contenerlo è un autogol clamoroso. Margini di miglioramento notevoli anche qui, il futuro per lui è roseo.

MITO n.5: la panchina degli Spurs è nettamente superiore a quella dei Clippers.

La notizia di oggi è che la partita è stata decisa, come riconosciuto pubblicamente da Paul nell’intervista finale a Lisa Salters della ABC, da Austin Rivers.

Difficile ammetterlo, perché il ragazzo è considerato figlio di papà e rosichiamo tutti un po’ di invidia (chi non avrebbe voluto come regalo da papà la possibilità di alzare alley oop per Blake, avere un mentore come Paul e giocarti in un campo di basket sfide come queste con miti viventi come gli Spurs?), soprattutto perché lo scambio è sembrato a tutti un po’ affrettato e magari fuori luogo (serviva e continua a servire più un’ala piccola 3&D a questi Clippers).

Ma che Austin abbia molto carattere e coraggio lo si sa dai tempi di Duke, quando decise con una tripla all’ultimo secondo un derby di quelli che contano contro North Carolina.

Potrà essere un buon giocatore di ruolo nell’Nba, ma non credo sarà mai un Jamal Crawford. Forse un buon Reddick potrà diventarlo, ma con il marchio di “Figlio di papà” sarà difficile.

Complimenti per la vittoria a lui e a Glen Davis (altro che quando conta ha saputo sfatare il mito di giocatore scostante ed emotivo anche con la maglia dei Celtics), ma resto dell’idea che la panchina Spurs sia più profonda e completa, in una parola sola più forte di quella di LA. Solo che la distanza ora è un po’ minore di quanto si pensasse fino a ieri.

COSA ASPETTARSI DA GARA 5?

Detto quanto sopra, non scordiamo che gli Spurs restano la miglior squadra per aggiustamenti in corso di serie dei play-off.

Aspettatevi però almeno due cose in gara 5: il fallo sistematico anticipato su Jordan per sfidare Rivers a toglierlo, e in caso di uscita di Jordan un Parker all’arrembaggio del ferro nei minuti successivi.

E se Doc cambiasse di nuovo le carte e decidesse di lasciarlo in campo che succederà? Beh, le possibilità sono molte, lasciamo parlare il campo e godiamoci ancora una volta lo spettacolo sportivo più bello del mondo, i play-off Nba.

2 thoughts on “Focus: Gara 4 Clippers@Spurs, ovvero dei miti sfatati

    • @lecter.
      3&d significa un’ala piccola che sia specialista difensivo e che sappia tirare da 3.
      Uno alla bowen, alla battier, per intenderci.

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