AT&T Center. San Antonio, Texas. NBA Finals. Tim Duncan solleva il quinto trofeo di campione NBA, coronamento di un’incredibile cavalcata degli Spurs, conclusasi con la vendetta realizzata ai danni degli Heat, vincitori l’anno precedente. Una vittoria meravigliosa, frutto di una pallacanestro per certi versi irripetibile.

Non è facile ripartire dopo una vittoria del genere.
Non è facile recuperare le energie, la concentrazione e le motivazioni necessarie per fare un’altra grande stagione.

Ma non è stato questo il problema degli Spurs. I principali problemi sono stati causati dagli infortuni, che hanno martoriato i giocatori di San Antonio, in particolare Leonard e Parker.

Gli Speroni hanno infatti potuto schierare quest’anno solo 25 volte il classico quintetto base composto da Parker-Green-Leonard-Duncan-Splitter, mentre il quintetto Parker-Green-Leonard-Duncan-Splitter è sceso in campo 38 volte, un numero comunque piuttosto basso.

Leonard ha saltato l’intera pre-season più alcune gare ad inizio stagione per un’infiammazione all’occhio, ed ha sofferto inoltre di un infortunio alla mano, che lo ha costretto a saltare 18 partite in totale; Parker ne ha saltate 14 per un problema al tendine del ginocchio; Splitter ne ha saltate addirittura 24 per uno strappo al polpaccio, mentre Belinelli è stato fermo per 19 partite in totale a causa di uno strappo all’inguine. I più presenti sono stati Danny Green, Boris Diaw e Tim Duncan (si, proprio lui).

Insomma, la stagione in quel di San Antonio non è stata proprio una passeggiata. La regular season è stata piuttosto altalenante, con prestazioni di alto livello (come durante i mesi di novembre e gennaio) e prestazioni obiettivamente non da Spurs (come durante i mesi di dicembre, chiuso con un record negativo, e febbraio). Il rendimento di alcuni giocatori è calato, su tutti Parker, condizionato terribilmente dall’infortunio.

San Antonio è così scomparsa improvvisamente dalle discussioni sulle vincitrici a fine anno. “Sono troppo vecchi, sempre rotti”, “Non sono più quelli dell’anno scorso” si è detto.

Tuttavia, “quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare”. Durante il mese di marzo gli Spurs sono sembrati tornare su quei livelli celestiali di pallacanestro, che gli avevano permesso l’estate prima di dominare LeBron e Miami.

Un record molto positivo (10-3), e addirittura il raggiungimento del sesto posto a scapito di Dallas. Una percentuale dal campo del 50%, una percentuale  dall’arco del 39%, e un Offensive Rating pari a 114. Ma quali fattori hanno portato a questo cambio di rotta?

Innanzitutto Parker è tornato a fare il Parker, lasciandosi alle spalle gli infortuni e tornando quel giocatore di cui gli Spurs hanno così tanto bisogno. Il francese è tornato a giocare con l’aggressività mancatagli nei mesi precedenti, notabile dall’aumento dei punti segnati al tabellone, statistica fondamentale per le caratteristiche del playmaker (5.1 nel mese di febbraio, quasi raddoppiati a 9.5 a marzo). Con lui in campo l’Offensive Rating degli Spurs sale a 119.9, mentre il plus/minus è di 11.9.

Altro fattore importante è stata la crescita di Leonard, il cui apporto sui due lati del campo determinerà senza dubbio i successi di San Antonio. Il prodotto di San Diego State è passato dai 13.5 punti di media di febbraio, ai 18.5 di marzo, tirando con il 50% e aggiungendo 2.8 rubate a gara, categoria in cui guida l’NBA.

Se Parker e Leonard funzionano, funziona anche tutto il resto, e difatti la qualità del gioco è notevolmente migliorata, ed è stato possibile ammirare il movimento di palla, fatto di spaziature, penetra-e-scarica e passaggi consegnati, che ha reso celebre la filosofia Spurs negli ultimi anni.

É però lecito farsi una domanda: basterà tutto questo?

Sicuramente San Antonio è una squadra temibilissima, che personalmente vedo più preparata di contender come Portland, Memphis e forse anche Houston. Molto dipenderà dalle condizioni fisiche dei giocatori, dalle prestazioni di Parker e Leonard e dall’apporto della second-unit.

Ci sono molti punti di domanda attorno ai neroargento, tuttavia in una serie di playoffs sono una squadra molto ma molto difficile da affrontare. Nell’era Popovich-Duncan, un’era irripetibile sotto il punto di vista delle vittorie, una sola cosa non è mai riuscita: il back-to-back, ossia la vittoria di due titoli uno in fila all’altro. Chissà che non si realizzi l’ultimo record, nell’anno che potrebbe rappresentare il canto del cigno per Tim Duncan…

Non resta che aspettare il mese di aprile, quando cominceranno i playoff che ogni tifoso Nba aspetta con ansia, sapendo che chi sottovaluta San Antonio parte con il piede sbagliato.

8 thoughts on “San Antonio Spurs: gli ultimi a mollare

    • Intendi vinto “moralmente” con le 2 vittorie in gara 3 e 4 in Florida vero? Non che gara 5 si sia giocata a Miami giusto? Perchè se no almeno controllare prima di commentare ;)

    • Ah sì? Vero, ricordo una magnifica gara 5 in Florida, Lebron in bianco, Spurs in nero… sisi… che partita

  1. “Gli Speroni hanno infatti potuto schierare quest’anno solo 25 volte il classico quintetto base composto da Parker-Green-Leonard-Duncan-Splitter, mentre il quintetto Parker-Green-Leonard-Duncan-Splitter è sceso in campo 38 volte, un numero comunque piuttosto basso”

    Non l’ho capita

    • Nemmeno io……..forse intendeva come quintetto titolare e come quintetto a partita già in corso……

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