Superata la pausa dell’ All Star Game ed a circa tre quarti di quel percorso di 82 tappe di cui è composta la regular season NBA, la situazione che si prospetta, nella sempre iper-competitiva Western Conference per agguantare l’ottava piazza del seeding (ultima utile per garantirsi il viaggio in post-season) si va sempre più delineando come una corsa a tre tra Oklahoma City, New Orleans e Phoenix.
Parlando di squadre che hanno collocazione geografica nella metà occidentale degli Stati Uniti, sorge quasi spontanea l’idea di prendere in prestito una terminologia da spaghetti-western, immaginando le tre contendenti impegnate, da qui a fine stagione, in un vero e proprio stallo alla messicana (per chi non avesse familiarità, si tratta di quella situazione, tipica di tanti film del genere, nella quale tre persone si puntano reciprocamente le armi contro, in modo che nessuna possa attaccare senza immediatamente subire l’attacco delle altre due).
I recenti sviluppi, sia sul parquet che dietro le scrivanie, hanno indubbiamente alterato i rapporti di forza tra le tre franchigie: i Thunder infatti, pur occupando momentaneamente quell’ottava posizione rincorsa con tanta fatica per tutto l’anno e pur rimanendo i naturali favoriti in questa corsa, non possono tuttavia sentirsi al riparo, in contumacia Durant e con un Westbrook fisicamente non a posto ma costantemente oltre le proprie possibilità, da un possibile ritorno delle due rivali.
D’altronde, tanto i Pelicans, alle prese con un’infermeria piuttosto affollata e con un Davis che, dopo aver mostrato per mesi la sua versione Superman, ora pare essere frenato dalla sua parte clarkentesca, quanto i Suns, praticamente rivoluzionati (qualcuno ha suggerito anche indeboliti) nelle ultime ore di mercato tanto nel roster quanto (forse) nelle prospettive a breve termine, possono vantare da canto loro delle ottime credenziali a sostegno delle proprie candidature play-off.
Ci proponiamo dunque di analizzare la situazione corrente di queste tre squadre in previsione del finale di stagione regolare e di fare delle previsioni sulle loro possibilità di qualificazione alla post-season, tenendo presente che, per la squadra che uscirà vincente da questo mini-campionato, il più che probabile viaggio sulla baia di San Francisco pare assomigliare molto di più ad una punizione che ad un premio…
OKLAHOMA CITY THUNDER
Il mostruoso mese di Febbraio di un Russell Westbrook in evidente modalità Kobe-2013-reloaded (31.2 ppg, 9.1 rpg e 10.3 apg in 12 gare, con quattro triple-doppie di cui tre consecutive a conclusione del ciclo) ha consentito alla squadra di Coach Brooks di non accusare troppo l’assenza di Kevin Durant, ancora frenato dai problemi al piede destro che hanno sin qui caratterizzato la stagione dell’ MVP in carica.
Tuttavia, l’infortunio allo zigomo occorso al prodotto di UCLA nella recente partita contro Portland, che potrebbe costringerlo a tornare in campo con una maschera protettiva dopo qualche partita di stop forzato, toglie ai Thunder qualcuna delle loro certezze in vista del finale di stagione: se infatti fino a qualche settimana fa si poteva pensare di alzare l’asticella e andare ad attaccare il settimo posto degli Spurs, al fine di evitare un match-up particolarmente complesso con Golden State al primo turno, adesso anche l’obiettivo minimo della partecipazione alla post-season può non sembrare così scontato, specie dopo la recente sconfitta in quel di Phoenix.
In questa situazione di emergenza, gran parte delle responsabilità ricadranno dunque su quel supporting cast così fortemente rimodellato e ringiovanito dal GM Sam Presti negli ultimi mesi: i vari Ibaka ,Waiters, D.J. Augustin e Kanter saranno dunque chiamati agli straordinari, senza nessuna assicurazione che questo sforzo supplementare (sia dal punto di vista fisico, ma soprattutto mentale) a cui questi giocatori verranno sottoposti da qui a metà Aprile possa non incidere in caso di proseguimento della stagione oltre la gara 82.
D’altro canto, starà al tanto discusso Brooks cercare di massimizzare ed ottimizzare le residue risorse a sua disposizione, anche per dimostrare ai suoi tanti detrattori di poter essere allenatore meritevole di occupare la panchina di quella che rimane, se non una contender vera e propria, una delle formazioni con più alto potenziale presente e futuro, con una quantità di talento tale da non poter non considerare come un fallimento un’eventuale esclusione dalla post-season.
NEW ORLEANS PELICANS
Se potessimo servirci di un’ideale macchina del tempo per confrontare ciò che ci si attendeva da questa versione dei Pelicans nello scorso mese di Ottobre con quanto effettivamente fatto fin qui dagli uomini di Monty Williams (e, pur essendo nel 2015, non c’è bisogno di munirsi di una DeLorean modificata per farlo), potremmo pensare che New Orleans sia esattamente lì dove avremmo pensato di poterla trovare a questo punto della stagione.
Da un lato, infatti, non si può negare che questo sia stato l’anno della consacrazione per il giovanissimo franchise player Anthony Davis, il quale, pur frenato da qualche problemino fisico di troppo, ha iniziato a scalare lentamente ma inesorabilmente le gerarchie della Lega, con un impatto da All-Star stagionato (24 punti e 10 rimbalzi di media, con quasi 3 stoppate a partita è già leader NBA in questa particolare voce: ricordiamo che parliamo di un classe ’93).
Inoltre, bisogna pure sottolineare le buone cifre (16.8 ppg con 6.5 apg) messe su da un Tyreke Evans mai così a proprio agio come nell’attuale ruolo di secondo-terzo violino, che non possono che essere d’aiuto per levare pressione al “monociglio” e che, in ottica play-off, renderebbero l’attacco di NOLA un vero rompicapo per ogni difesa.
D’altro canto, però, buona parte dei dubbi che gli analisti si ponevano ad inizio stagione circa l’ integrità fisica di più di un elemento del roster si sono inevitabilmente materializzati: infatti, è ragionevole ritenere che la lunga sequenza di infortuni, che ha colpito a turno prima Eric Gordon (per un salato conto di 20 partite saltate), poi Jrue Holiday (fuori già da metà Gennaio e del quale non è ancora possibile prevedere il rientro) e infine Ryan Anderson, abbia persino rallentato la naturale evoluzione di questo giovane e talentuoso nucleo di giocatori verso le vette della Western Conference.
Di certo, rispetto alla concorrenza, in Louisiana si può godere del vantaggio di giocare senza la pressione del risultato a tutti i costi (lusso che in Oklahoma non possono assolutamente permettersi e che ha probabilmente determinato le mosse di mercato fatte in Arizona) , coscienti sia del fatto che chiudere la stagione sopra il 50 per cento di vittorie, dopo tre anni di record perdenti e con questo livello di competizione, sarebbe comunque un buonissimo risultato, quanto della consapevolezza che, dal prossimo autunno, frenare l’ascesa di Davis e compagni sarà impresa ardua per chiunque.
PHOENIX SUNS
Per valutare le possibilità dei Suns di partecipare al Grande Ballo di Primavera (posto che presentarsi senza invito è un costume tipico della Eastern Conference, ma che invece non riscuote molto successo da questo lato del continente), è necessario partire da un’attenta analisi dei movimenti di mercato del GM McDonough, tenendo conto, più che delle prospettive di breve termine, di quelle di medio ed eventualmente lungo termine.
Se infatti l’obiettivo era giungere ai play-off già da quest’ anno, migliorando di fatto il nono posto dell’ultimo torneo, allora le partenze più o meno illustri di Goran Dragic verso Miami (comunque non più posticipabile a causa degli attriti con la dirigenza) , Miles Plumlee e Tyler Ennis verso il Wisconsin sponda Bucks e Isiah Thomas direzione Boston, in cambio di un manipolo di scelte future e di giocatori dal potenziale tutto da valutare (per motivi diversi) come Brandon Knight o Danny Granger, non fanno altro che allontanare, piuttosto che avvicinare, Phoenix dal presunto target stagionale.
Tuttavia, se contestualizziamo queste mosse di mercato, che seguono idealmente e filosoficamente la decisione estiva di non rinnovare il contratto di Channing Frye, nell’ottica della costruzione di un nucleo giovane, che possa nel contempo essere più o meno competitivo fin da subito e che possa pian piano maturare nel giro di un paio di stagioni (come in qualche modo confermato in un’intervista radiofonica anche dal proprietario Robert Sarver), allora comprendiamo come i Suns abbiano semplicemente deciso di rinunciare, più o meno senza remore, all’uovo oggi per provare a puntare sulla gallina domani.
A fronte di ciò, non ci aspettiamo comunque che Phoenix esca così prematuramente dalla lotta play-off, sia perchè l’obiettivo è troppo prestigioso e la vetrina troppo rilevante per rinunciarci a cuor leggero, sia perchè la volontà di emergere e l’entusiasmo di un gruppo di talentuosi under-25 come lo stesso Knight, Bledsoe e Len possono essere propellenti più che adatti per ricostruire in breve tempo una chimica vincente e per sovvertire un pronostico che di certo non è dalla parte dei ragazzi di Hornacek.
Non bisognerà comunque attendere troppo tempo per sapere quale delle tre contendenti la spunterà: nel frattempo, noi appassionati possiamo star certi che la lotta sarà più che serrata, in quello che, come da tradizione nel selvaggio Ovest, sarà un vero e proprio mese di fuoco.
Laureato in Ingegneria con la passione dello sport,più quello guardato che quello giocato,anche se non potrebbe mai rinunciare alla partita di calcetto settimanale.
Tifoso del Napoli e dei New York Knicks,pensa che non vedrà mai nessuna delle sue due squadre del cuore vincere qualcosa di importante.
A chi interessasse,single.