Da qualche tempo i Portland Trail Blazers hanno imboccato la strada giusta, quella che per anni avevano smarrito. Migliorando di stagione in stagione, sono ormai ai vertici della competitiva Western Conference e sembrano non volersi fermare qua. Cerchiamo di capire a che punto del loro percorso sono arrivati.
In questo momento la squadra di coach Stotts è al quarto posto della Conference e di certo è stato confermato quello che di buono s’era visto nella stagione precedente, con aggiustamenti significativi che hanno ulteriormente migliorato la resa della squadra.
Anzitutto, abbiamo ormai la conferma che Portland è un’ottima formazione offensiva (decima per punti su 100 possessi, 104.8). Inoltre sono state affinate le meccaniche di squadra ed il gioco dei Blazers scorre la maggior parte delle volte fluido e senza intoppi.
Stotts ha saputo sfruttare al meglio le armi che aveva a disposizione ed ha messo in piedi un roster nel quale 9 dei primi 10 giocatori della rotazione sono tutti temibili tiratori dalla distanza (anche lo stesso Leonard viaggia con il 45% dall’arco). Non è particolarmente sorprendente quindi segnalare che i Blazers sono fra le squadre che tirano di più e meglio da 3.
Cosa ben più sorprendente è constatare gli enormi passi avanti fatti in fase difensiva. Se infatti Portland nella scorsa stagione subiva ben 104.7 punti su 100 possessi (sedicesima) quest’anno ne subisce soltanto 100 (sesta nella lega). Il miglioramento è palese ed il merito è in buona parte da condividere fra i giocatori. A difensori naturali come Batum si sono infatti aggiunti i Lillard ed i Matthews, che hanno notevolmente perfezionato le capacità nella loro metà campo.
Tuttavia, il segreto di pulcinella della difesa Blazers è certamente Robin Lopez. Il gemello di Brook è diventato fra i migliori centri difensivi della NBA, non tanto per i suoi numeri ma per il grande senso per la posizione e la capacità di andare sempre in aiuto sul penetratore.
Piccolo esempio: i Blazers nel mese di dicembre hanno concesso il 42.8 dal campo agli avversari, mentre nel mese successivo, mese in cui Lopez ha saltato più di 20 gare, il 45%, salvo poi scendere nuovamente al 41.8% nel mese appena trascorso. Questo a dimostrazione della sua importanza per la squadra nella propria metà campo.
Tutti i giocatori hanno quindi confermato le ottime prestazioni degli anni scorsi, da Aldridge, ormai da anni ai vertici nel suo ruolo, ai già citati Matthews e Batum. Ma certamente gli ulteriori miglioramenti visti in questa stagione sono da attribuire alla grande crescita di Damien Lillard.
Al di là delle statistiche, il prodotto di Weber State è ormai il punto di riferimento dei Blazers. Non avrà l’arresto e tiro di Curry (e chi ce l’ha mai avuto?), non avrà l’atletismo di Westbrook o le skills da playmaker di Paul, ma il numero 0 di Portland eccelle in ognuno di questi aspetti.
Completo come pochi altri nel suo ruolo, quello che davvero stupisce è la sua maturità, soprattutto nei momenti cruciali della partita, nei quali si prende sempre le responsabilità più grandi ed eleva ulteriormente il livello del suo gioco, come solo i grandi sanno fare.
Non sono però tutte rose e fiori. Se infatti la dirigenza ha ben operato per rendere la panchina più competitiva, con gli innesti senza dubbio di valore di Kaman, Blake e del “freschissimo” Afflalo, Portland continua ad essere una delle formazioni meno profonde della NBA.
Gli arrivi appena citati ed i miglioramenti dei vari Leonard o Freeland hanno prodotto soltanto 1.2 punti in più della stagione scorsa in uscita dal pino, peggio ha fatto sinora soltanto quel cantiere aperto chiamato Cleveland Cavs.
In più, molte delle nuove leve, da Crabbe a McCullom fino a Robinson, vero e proprio oggetto misterioso, non hanno prodotto i risultati sperati e sembrano non avere grandi margini di miglioramento.
Guardando al passato recente è facile intuire come sia stata proprio la poca profondità della panchina il problema principale, che è prepotentemente venuto fuori nella disfatta ai playoff contro i ben più attrezzati Spurs.
Guardando invece al futuro, e dando per scontato l’approdo in post-season, i Blazers 2.0 sembrano comunque essere una squadra più solida rispetto alle passate versioni e danno l’impressione di potersela giocare, se non con tutti, con buona parte delle contender.
La sensazione, ad ogni modo, è che manchi ancora un ultimo ed ulteriore step, aspettando la definitiva esplosione di Lillard e qualche altro rinforzo per i Blazers 3.0.
Seguo il basket NBA dal 2000, quando Vince Carter volava sui cieli di Oakland e quando i Lakers battevano i Trail Blazers alla settima. Studio giurisprudenza presso la facoltà di Palermo, mi piace la musica e suono la chitarra. Ma soprattutto, sono NBA-dipendente… Email: big.ideas@hotmail.it Twitter: @sleepinpill87