Dopo un’estate scoppiettante e piena di colpi di scena, tra cambi di casacca, scelte, scambi e, purtroppo, anche infortuni, la nuova stagione NBA è arrivata.
Ricapitoliamo quelli che saranno alcuni dei tantissimi motivi d’interesse nella prima stagione “piena” del Commissioner Adam Silver.
È caccia aperta ai San Antonio Spurs campioni in carica; la squadra di Popovich, rinforzatasi con Kyle Anderson (in campo)e con Ettore Messina (in panchina), cercherà di dosare le energie di Duncan, Ginobili e Parker, in attesa di far sul serio a maggio-giugno, mentre il trasloco di LeBron James da Miami a Cleveland ha ribaltato le gerarchie dell’anemica Eastern Conference, nella quale, forse iniziano a consolidarsi delle formazioni di buon livello.
L’arrivo di Paul Pierce a Washington farà crescere il giovane duo Beal-Wall (anche se Bradley Beal deve ancora recuperare da una frattura), e Mike Budenholzer continuerà a lavorare con i suoi Atlanta Hawks, nella speranza che gli infortuni diano tregua a Al Horford, mentre i Charlotte Hornets hanno puntellato il roster con due giocatori che sarà interessante seguire: Noah Vonleh è potenzialmente un eccellente complemento per Al Jefferson, mentre Lance Stephenson, se rimarrà sotto controllo, rappresenterà un’importante arma su due lati del campo, come negli anni trascorsi ad Indianapolis.
A proposito della squadra di Larry Bird, passata nel giro di un anno da potenziale contender a franchigia da lottery, Indiana ha perso in un colpo solo Born Ready (che è andato appunto in North Carolina) e Paul George (infortunio). La loro sarà, presumibilmente, una stagione a perdere, e tutto lascia presumere che Roy Hibbert possa cambiare maglia, se arriverà un’offerta interessante.
Lo stesso vale per Rajon Rondo, che è puntualmente coinvolto in ogni voce di trade riguardante Boston, ma che finora è sempre rimasto al suo posto. L’arrivo di Marcus Smart, che ha caratteristiche piuttosto simili a quelle del numero 9, potrebbe significare che la carriera di Rondo ai Celtics è agli sgoccioli, e che si ripartirà dal duo Sullinger-Smart.
Gli Heat, dati anch’essi frettolosamente per morti, sono in realtà una squadra di discreto livello, alla quale Eric Spoelstra chiederà di supplire con il collettivo alla partenza di James. Evidentemente non competeranno per l’anello, ma saranno una formazione solida. Tutto dipende dall’integrità fisica di Wade, e dall’impatto che avrà Chris Bosh, che dovrà svestire i panni da specialista di lusso ai quali ci aveva abituato negli ultimi quattro anni.
Le favorite sono, ovviamente, Cleveland e Chicago, ma entrambe sono franchigie che suscitano perplessità: in preseason i Cavs di Blatt hanno sfoggiato un bell’attacco Princeton adattissimo al personale a disposizione (Irving, Love e LeBron. Vi bastano?), ma la difesa interna (soprattutto, ma non solamente) è sospetta, e per parlare di titolo, Kevin Love dovrà diventare un All Star su due lati del campo, supplendo alla carenza di un vero e proprio “rim-protector”.
Chicago si è rafforzata con Pau Gasol, che unito a Noah (oltre a Taj Gibson e Nikola Mirotic), forma una delle front-line più intriganti dell’intera lega. Rocciosi e tosti come sempre, i Bulls avranno però bisogno di recuperare il vero Derrick Rose, e non la copia sbiadita (o forse solo arrugginita dall’inattività?) vista in azione al Mondiale.
Proprio il Mondiale di Spagna ci porta a un altro tema caldo; gli USA hanno confermato il divario che li separa dal resto del mondo, non tanto per i 33 punti di scarto medio con i quali hanno vinto il torneo, ma perché sono stati capaci di dominare così nonostante le numerose assenze.
L’Europa non ha mai fornito così tanti giocatori all’NBA come oggi, ma la crisi dei nostri campionati rischia, di riflesso, d’abbassare anche il livello qualitativo NBA; come giustamente fatto notare recentemente da Flavio Tranquillo, i Pro hanno già contribuito a tagliare le gambe all’NCAA; dovessero farlo anche con l’Eurolega finirebbero per danneggiarsi da soli, ma spetta soprattutto al basket europeo trovare unità e capacità progettuale per tutelarsi e negoziare con l’NBA, cercando di formare una sinergia atlantica che avvantaggi tutti.
A proposito di giovani, presto potremo seguire i primi passi tra i professionisti dei vari Jabari Parker, Andrew Wiggins (che non è minimamente pronto per essere la prima opzione di una squadra NBA), Noah Vonleh (Charlotte), Aaron Gordon (Magic), Dante Exum (Jazz), oltre ai vari Elfrid Payton, Rodney Hood, Julius Randle, Marcus Smart, James Young, e tanti altri. Quello del 2014 è stato un Draft assai atteso, ora il potenziale deve tradursi in risultati.
I giocatori più attesi a un impatto immediato sono Jabari Parker, in forza ai Bucks di coach Kidd, oltre a Vonleh e Gordon, che darà spessore alla front-line di una Orlando in piena rifondazione. Occhio anche a Randle, dei Lakers, e alla pattuglia dei giocatori scelti a metà primo giro, come Andreian Payne, Gary Harris, o il già citato Young.
Nel frattempo, ad Ovest, gli Spurs dominano i ranking di ottobre, ma i Los Angeles Clippers mordono il freno, forti della presenza del sottovalutatissimo Blake Griffin, che potrebbe essere alla stagione della definitiva consacrazione (leggi MVP?), di Chris Paul e di quel clamoroso specimen fisico che risponde al nome di DeAndre Jordan.
Rivers e Popovich dovranno guardarsi le spalle da una flotta di franchigie di eccellente livello. Ci sono i Warriors, che hanno scelto di sostituire Mark Jackson con Steve Kerr, lasciando intatto il nucleo fondato sulla coppia Curry-Thompson, e i Mavericks, che, viceversa, sono stati molto attivi sul mercato e si sono assicurati Chandler Parsons e Tyson Chandler.
Anche Oklahoma City ha scelto la via della continuità, confermando il proprio nucleo storico, ma l’impressione è che i Thunder, aggrappati al talento supremo di Kevin Durant (che però sarà infortunato per circa un mese ancora) e Russell Westbrook, siano giunti ad uno stallo tecnico dal quale è difficile uscire senza cambiare qualcosa.
Solo il tempo ci dirà chi avrà avuto ragione, ma, in caso di passi falsi delle corazzate, la Western Conference è fitta di formazioni che sapranno approfittarne: dai Memphis Grizzlies di David Joerger, forti della conferma di Zach Randolph, ai Rockets di Kevin McHale, sconfitti nella free agency, e sempre più nelle mani di James Harden e Dwight Howard, ai Portland Trail Blazers di Aldridge e Lillard, passando per le possibili soprese, a partire dai Phoenix Suns, che l’anno scorso sfiorarono l’approdo ai Playoffs, passando per i Pelicans del leader riluttante Anthony Davis (anche lui atteso ad una stagione da All Star di prima grandezza), e i Denver Nuggets del rientrante Gallo e di Kenneth Faried.
Intanto, da più parti si sente ripetere che Silver stia valutando concretamente se non sia il caso di abolire le Conference, consentendo alle migliori sedici (a prescindere dalla provenienza geografica) di accedere ai Playoffs. Sarebbe un passo importante per riequilibrare il tabellone, senza privilegi per chi ha la fortuna di stare ad est del Mississipi.
Di là dalla lotta per l’eccellenza, sarà interessante seguire l’avventura di alcuni allenatori e dei loro progetti: Stan Van Gundy, plenipotenziario dei Detroit Pistons, dovrà mettere ordine in un roster talentuoso ma ridondante, mentre Byron Scott è atteso sulla panchina alla quale ha sempre ambito, quella dei Lakers. Avremo inoltre un occhio di riguardo per il “nostro” David Blatt, e per l’avventura di coach Messina alla corte dei San Antonio Spurs.
Anche a New York, complici l’arrivo di Jackson e Derek Fisher, c’è aria di novità tecniche; mentre Spike Lee produce documentari per spiegare come funziona l’Attacco Triangolo e Carmelo predica calma, al Madison Square Garden c’è un misto di curiosità ed entusiasmo che non si vedeva da tantissimo tempo.
Sarà interessante vedere l’impatto che avranno l’attacco Princeton (Lakers, Cavs) e il Triangolo (Warriors, e soprattutto Knicks) nell’era delle statistiche avanzate; da un punto di vista tecnico, siamo curiosi di vedere quanti e quali emuli avrà il doppio playmaker di coach Hornacek, e come veranno usate le “torri gemelle” dei Bulls nell’era dei quattro esterni.
La stagione 2014-15 è alle porte, tra corazzate, progetti, giocatori emergenti (a proposito, ci sentiamo di puntare il nostro dollaro su Gordon Hayward e Markief Morris) e superstar conclamate che si daranno battaglia per i riconoscimenti individuali e, a giugno, per l’Anello. Allacciate le cinture!
Seguo la NBA dal lontano 1997, quando rimasi stregato dalla narrazione di Tranquillo & Buffa, e poi dall’ASB di Limardi e Gotta.
Una volta mi chiesero: “Ma come fai a saperne così tante?” Un amico rispose per me: “Se le inventa”.