Non è stata un’estate semplice a South Beach.
A distanza di qualche giorno da Gara 5 delle ultime Finali NBA Pat Riley era già in ufficio, pieno di idee e con uno slogan già pronto, “Retool, not Rebuilding!”, perchè secondo lui gli Heat, a fine di un ciclo, non avrebbero avuto bisogno di smantellare, ma solo di fare alcune migliorie, per aprirne un altro.
Quando l’11 luglio LeBron James ha scelto di tornare a Cleveland, il piano di Riley sembrava essere andato in frantumi, ma dopo lo shock iniziale, gli Heat non si sono fatti prendere dal panico, ed anzichè stare a guardare hanno reagito nell’unico modo che impera a South Beach da 20 anni a questa parte, ovveroguardare avanti e puntare in alto.
Anzichè gettare al vento gli ultimi 4 anni, e avventurarsi in una lunga e difficoltosa ricostruzione, i Miami Heat hanno scelto di restare competitivi.
Conference: Eastern
Division: Southeast
ARRIVI: Khem Birch (Undrafted), Shannon Brown (FA, da New York), Andre Dawkins (Undrafted), Luol Deng (FA, da Cleveland), James Ennis (Scelta 2° giro 2013), Danny Granger (FA, da Los Angeles), Chris Johnson (FA, da Minnesota), da Shawn Jones (Undrafted), Josh McRoberts (FA, da Charlotte), Shabazz Napier (Scelta 1° giro 2014), Reggie Williams (FA, Oklahoma City), Shawne Williams (FA, Los Angeles), Tyler Johnson (Undrafted).
PARTENZE: LeBron James e James Jones (Cleveland), Shane Battier (ritiro), Ray Allen (?), Toney Douglas (Cina), Rashard Lewis (?), Michael Beasley (Memphis), Greg Oden (?).
PROBABILE QUINTETTO: Mario Chalmers, Dwyane Wade, Luol Deng, Udonis Haslem, Chris Bosh.
GUARDIE: Shabazz Napier, Norris Cole, Mario Chalmers, Reggie Williams, Tyler Johnson, Andre Dawkins, Shannon Brown.
ALI: Luol Deng, Udonis Haslem, Josh McRoberts, Danny Granger, James Ennis, Shawne Williams.
CENTRI: Chris Bosh, Chris Andersen, Chris Johnson, Khem Birch.
COACH: Erik Spoelstra (confermato).
Si riparte da Chris Bosh, dagli “Heat Lifer” Dwyane Wade e Udonis Haslem e dal nucleo base che ha conquistato 4 finali NBA consecutive portando a casa due anelli.
La perdita di LeBron James è gravissima, ma gli Heat sono corsi ai ripari con Luol Deng, Danny Granger e la grande promessa James Ennis che lo scorso anno è stata lasciata a maturare in Australia, dove ha vinto il premio di MVP del campionato.
Deng è un veterano che non ha bisogno di presentazioni, che ha scelto Miami per rilanciarsi dopo una stagione difficile tra Chicago (di cui è stato un’icona) e Cleveland e che nei meccanismi di Spoelstra avrà un ruolo fondamentale su ambo i lati del campo.
Granger, è una scommessa a basso rischio: negli ultimi anni è stato bersagliato dagli infortuni – ha giocato 46 partite in due anni – ma è pur sempre un 31enne che non meno di 2 stagioni fa segnava quasi 19 punti di media in una delle migliori squadre della Eastern Conference. Dovesse funzionare, aprirebbe scenari interessanti per gli Heat.
Nessuno di loro è in grado di sostituire il prescelto, ma nei piani di coach Erik Spoelstra non è necessario, perchè i Miami Heat che affronteranno la stagione che sta per iniziare saranno diversi da quelli che abbiamo conosciuto negli ultimi 4 anni.
Rispetto a quanto accaduto negli ultimi anni, vista l’assenza di LeBron James, non c’è la pressione di dover vincere ogni partita ad ogni costo, e in un clima più disteso c’è lo spazio per lavorare serenamente e costruire qualcosa di duraturo, che vada al di là del mero talento degli interpreti.
Nella offseason il coach di origini filippine ha rivoluzionato il proprio staff tecnico (fuori Ron Rothstein e Bob McAdoo, dentro Keith Smart e Chris Quinn), non ha fatto mistero di aver studiato approfonditamente la filosofia di gioco di coloro che nelle scorse Finals hanno mandato in frantumi i sogni di gloria degli Heat, e ha dichiarato che inserirà nel suo attacco molti concetti di matrice Spurs per creare un sistema offensivo equilibrato, che possa supportare al meglio Dwyane Wade e Chris Bosh.
I due, dove aver passato gli ultimi 4 anni alle dipendenze di James, sono chiamati a svestire i panni dei gregari extra lusso per tornare a essere i leader di una squadra che avrà bisogno di tempo per sviluppare una nuova intesa.
Bosh, dopo l’addio di LeBron, sembrava in procinto di firmare con gli Houston Rockets, ma è stato convinto da Pat Riley e da 120 milioni di dollari in 5 anni a rimanere.
Sarà la prima opzione offensiva e il giocatore chiave per decifrare i nuovi Heat. Saprà tornare ad essere quel “volume-scorer” che era a Toronto, senza perdere la qualità che ha contraddistinto i suoi primi 4 anni a Miami?
Wade è sembrato tirato a lucido anche se i dubbi sulla sua tenuta fisica permangono. Non tornerà sicuramente ad essere il Wade del 2006, quello che quasi da solo, a suon di quarantelli, portò gli Heat a vincere il loro primo titolo NBA, ma non è nemmeno un giocatore finito, e lo ha dimostrato nel corso dell’ultima stagione, chiusa con la miglior efficienza offensiva di sempre e con due grandi serie di playoff, contro Nets e Pacers, prima di naufragare, come tutta la squadra, in finale contro gli Spurs.
Nel caso le sue ginocchia dovessero scricchiolare, Pat Riley è corso ai ripari mettendo sotto contratto due veterani pronto-uso come Shannon Brown e Reggie Williams.
Ci si aspettano grandi cose dai due playmaker, Mario Chalmers e Norris Cole: il primo, che quest’anno dovrebbe avere qualche minuto da guardia, deve riscattare il pessimo finale di stagione, il secondo è in rampa di lancio per la stagione della definitiva esplosione.
Dietro a loro si giocherà la sue chance Shabazz Napier, MVP delle ultime final four NCAA e giocatore molto maturo che vuole ritagliarsi un ruolo da protagonista in questa squadra.
Sotto canestro a far compagnia a Bosh sono restati Chris Andersen e Udonis Haslem – che in estate si sono allenati molto sul tiro da fuori espandendo il proprio range – e sono arrivati Josh McRoberts, uno dei migliori lunghi passatori dello scorso anno, giocatore estremamente intelligente e duttile su ambo i lato del campo e Shawne Williams, eterna promessa mai mantenuta all’ultima occasione di dimostrare il proprio valore nella lega.
I Miami Heat che si presentano ai nastri di partenza non sono più la squadra da battere, ma in un Eastern Conference senza certezze e padroni possono giocarsi le proprie chance contro chiunque.
Segue la NBA dal 1995, quando venne folgorato da Harold Miner durante la gara della schiacciate e divenne tifoso Heat.
Scrive e dirige assieme agli amici Jasone e Scrumble il sito wewantheat.playitusa.com.
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Playmaker cercasi…