Gli Spurs padroneggiano un gioco che gli altri stanno ancora imparando, ed attenzione a considerarlo “old school” solo perché è solido nei fondamentali ed astuto nell’esecuzione; in realtà è un basket pioneristico, che va oltre la tendenza moderna dell’uso delle triple d’angolo e della deresponsabilizzazione del playmaker nella gestione del gioco; la vera pietra angolare è la sfuggente quintessenza del basket: giocare in cinque, sempre.
Per un bel caso fortuito, l’affermazione del loro stile di gioco nel palcoscenico più privilegiato, coincide con l’anno dell’avvento pubblico dei dati SportVu, che ci consentono di quantificare alcuni elementi della qualità dello “Spurs game”.
Non essendoci precedenti (almeno divulgati) la casistica di SportVu inizia con la squadra di Popovich, che quindi non realizza nessun record, ma incide la sua prestazione come benchmark, ovvero livello di riferimento per chi arriverà in seguito (ma anche, in questo caso, letteralmente, “impronta della panchina”…), e l’asticella è stata posta subito molto in alto…
In questi Playoff la più alta media di passaggi per gara appartiene ai Grizzlies, con 338, secondi i Bobcats con 321, poi gli Spurs con 314. Nelle Finals, la media Spurs è salita a 343; ecco il dettaglio calcolando la media di passaggi per possesso (“Pass/Poss”):
3,9 è esattamente un passaggio in più della media degli Heat nelle Finals (2,9): simbolicamente, quell’extra-pass che fa la differenza…
Un’altra inattesa peculiarità degli Spurs è stata la capacità di segnare i tiri contestati (con il difensore entro un metro e venti di distanza), spesso persino con percentuali migliori di quelli non-contestati; i numeri mostrano come le doti di tiro degli Spurs abbiano mortificato la capacità Heat di contestare i tiri:
C = “contested”
Cfg% = % di realizzazione nei tiri contestati
%CFga = % di tiri contestati sui tiri totali
Gli Spurs hanno tirato complessivamente con il 52,8% dal campo e in caso di tiro contestato la percentuale è stata del 52,4%: impeccabili.
Il binomio passaggi – realizzazioni contestate è il principale benchamark affermato da questi Spurs e non sarà facile per i posteri competere con un precedente così impegnativo.
Altri dati, più classici, completano l’aulico quadro dell’offensiva Spurs:
– 66,5% dei canestri su assist (89% nei tiri da tre)
– 25,4 assist di media a fronte di 13,8 perse
– 60,4% eFg% (55,5% da due, 46,6% da tre)
– 32,6% dei tentativi dal campo sono state triple
– 34,7% delle triple sono state tirate dagli angoli
– 8,64% la percentuale di isolamenti giocati dagli Spurs (sugli attacchi totali)
– il quintetto Parker, Ginobili, Leonard, Diaw, Duncan è stato in campo complessivamente 54 minuti nelle cinque gare; il suo plus/minus è stato +48.
Quello che non si è visto sul versante Spurs è stato l’egemonico go-to-guy e, forse vera novità per le Finals, la prestazione individuale spacca-partita.
Nei Playoff, il miglior realizzatore Spurs è stato Parker con 17,4 punti di media, solo 26mo fra i top scorer della post season; mentre nelle Finals, Parker è salito fino a 18.
Vi ricordate una squadra campione in cui nessun giocatore ha avuto una media di almeno 20 punti? Dopo il 1990 di certo non è mai accaduto (non ho controllato oltre), ma se lo trovate, postate pure un commento…
In molti casi, questa mancanza della super-prestazione o del super-giocatore s’è rivelata una carenza che ha negato la conquista dell’anello; tuttavia gli Spurs hanno appena redatto, in formato video HD, il manifesto futurista di un nuovo stile, con nuovi canoni e nuovi personaggi.
Quest’anno ha vinto l’avanguardistico “Spurs game”, ma non pensate che sia facile da imitare: gli speroni di San Antonio non spronano cavalli di razza, ma quasi-unicorni…
Per quanto riguarda le individualità (Pop mi perdonerà se non parlo solo del gruppo), Diaw merita di entrare nel benchmark: in 32 minuti di media, 5,8 assist e 65,2 passaggi a gara, con l’84,5% dei tocchi-palla che si è trasformato in passaggio e catturando 8,6 rimbalzi, ovvero il 75,4% dei rimbalzi disponibili (entro un metro dal giocatore). Solo dall’anno prossimo capiremo quanto è speciale la combinazione di questi numeri…
P.S. James merita almeno un post scriptum: 28,2 punti con il 57% dal campo, 51% da tre e 79% ai liberi, 7,8 rimbalzi, 4 assist e 2 recuperi… senza offesa per Leonard, ma il miglior giocatore visto in campo in queste Finals non ha giocato con la maglia neroargento…
http://www.basketball-reference.com/awards/finals_mvp.html dalle squadre in cui l’MVP non raggiunge i 20 punti eliminiamo i Bullets di the Big E (quanto je stava antipatico alla lega per non ricevere l’MVP con 20p-11r-2b di MEDIA?) e i Lakers di Wilt che avevano Gooldrich a quota 25 punti di media ed ecco completata la parte relativa al periodo 1969-1990 :)
p.s ottimo articolo come sempre!
Grazie per l’integrazione; non volevo scomodare un basket troppo diverso, ma ora abbiamo il quadro completo…
Ottimo articolo come sempre, grande fraccu.
Non sono un grande amante delle statistiche avanzate, però mi ha fatto piacere leggere una motivazione del “fenomeno spurs” che in questi ultimi 2 anni sta dando così tanti dividendi, e sta rivoluzionando un movimento in gran parte composto da individualità.
unico dubbio, per quanto posso aver capito io, la statistica dei tiri contestati considera la variabile del difensore in ritardo?
Cioè, capisco che il difensore debba essere a 1 metro e 20 minimo di distanza, ma la differenza è abissale tra un tiro contestato con il difensore a rincorrere ( e perciò senza un’adeguata posizione difensiva) e uno marcato a stretto giro.
Grazie per l’ “ottimo”.
Suppongo venga considerata soltanto la distanza, non l’aspetto dinamico della difesa… credo comunque sia difficile valutare quale difesa sia più efficace: meglio tirare con il difensore in posizione, ma che magari al momento del tiro perde l’attimo e non alza abbastanza le mani (“hands down, man down” direbbe M. Jackson), oppure con il difensore, magari più alto dell’attaccante, che è in recupero e salta addosso al tiratore?