La storia si ripete. Il 6 giugno di un anno fa si alzava il sipario su una delle serie più memorabili della storia dei playoff Nba.
Un confronto epico, giocate da due squadre dalle opposte filosofie ma capaci di dar vita a un confronto emozionante, risolto solo all’ultimo capitolo di un racconto da leggere tutto d’un fiato. 364 giorni dopo, siamo di nuovo qui a raccontare una rivincita impossibile anche solo da immaginare: la ruota del destino è stata clemente, regalandoci un rematch che profuma di storia ancor più del suo illustre antecedente.
Perché mai come quest’anno ci si gioca un posto nell’olimpo del gioco, e anche perché mai era successo che a giocarsi il Larry O’Brien Trophy ci fosse un italiano, che da stasera potrà cullare e toccare con mano il sogno di ogni bimbo che palleggia per la prima volta con la palla a spicchi
Si comincia all’ombra dell’Alamo, perché quest’anno San Antonio si è meritata il fattore campo dopo una stagione coi fiocchi: 62 vittorie, viatico per il miglior record della lega e antipasto di un playoff tutt’altro che semplice, che ha visto gli Spurs imporsi all’ultimo respiro sui Mavs, prima di passeggiare sui Blazers e di reggere l’urto dei Thunder forti dell’hype del rientro di Ibaka e della forza del duo Durant-Westbrook.
Per la prima volta nella loro storia i texani arrivano alle Finals per due anni di fila, e dall’ineffabile coach Popovich al dodicesimo uomo a roster il pensiero quanto mai comune è uno solo: rivincita.
Dall’altra parte ci sono i bicampioni in carica, quei Miami Heat che hanno prepotentemente messo a tacere le critiche ricevute dopo una stagione giocata effettivamente in ciabatte, ma che sta pagando i suoi dividendi nella postseason.
Dopo aver archiviato la formalità dei Bobcats al primo turno, gli uomini di South Beach hanno fatto fuori senza troppi complimenti anche i grandi vecchi di Brooklyn prima di arrivare a un confronto tanto annunciato quando deludente: i Pacers hanno giocato tutta la stagione per guadagnare il fattore campo ai danni dei rivali, salvo poi essere bastonati con un 4-2 che è persino bugiardo rispetto al reale andamento della serie.
LeBron ha fame di grandezza, Wade può contare su due ginocchia finalmente funzionanti e Bosh, così come il resto dell’armata guidata da coach Spoelstra, è pronto a portare alla causa il pezzo decisivo per completare l’ennesimo puzzle vincente. Un successo che vorrebbe dire ThreePeat, che anche se non sembra fa rima con leggenda.
Tutto pronto, l’acciaccato Tony Parker è della partita e l’AT&T Center ha indosso il vestito delle grandi occasioni: che le Finals 2014 abbiano inizio.
San Antonio non cambia le buone abitudini e propone Splitter in quintetto; Miami sceglie Lewis come jolly tra i cinque titolari, nella speranza di scombinare i piani degli Spurs e di metterla sul piano della prediletta small ball.
Il primo possesso è gestito dagli Heat, che muovono subito il punteggio con un tiro dal palleggio di Bosh, che la mette per terra e muove la retina. San Antonio risponde immediatamente con due liberi di Splitter, e il match può ufficialmente avere inizio.
San Antonio vuole alzare i ritmi fin da subito, spingendo sempre e comunque la transizione anche a costo di pagare dazio in termini di palle perse; Miami invece è sorniona, forte della sua efficienza malgrado giochi col ritmo offensivo di questi playoff, e con una tripla di Bosh e una rubata di James che vola a schiacciare in contropiede si porta avanti di 5 lunghezze.
Le accelerazione dei padroni di casa, però, iniziano a pagare i dividendi sperati: Duncan segna in up and under servito da Parker, che poi si mette in proprio concludendo in maniera misteriosa un reverse inconcepibile per la gran parte dei suoi colleghi. LeBron vuol mettersi subito in ritmo, battendo la singol coverage di Leonard con un gran canestro partendo in post basso, Wade viene sfidato al tiro e decide di sfruttare le ginocchia che rispondono bene anche nella calda serata texana, prendendo il centro dell’area e centrando il bersaglio grosso con una splendida finta Indiana.
11-10 Heat e primo timeout dell’incontro, per un uscita nella quale gli Spurs eseguono alla perfezione i dettami di coach Popovich: ispirati da un Ginobili subito messo in campo dall’ex agente della C.I.A. gli uomini di casa si portano a loro volta sul +5 grazie a due triple mandate a segno proprio dal mancino di Bahia Blanca, che nel frattempo inizia a prendere gusto anche nell’imbeccare i compagni. Gli Heat ovviamente non si lasciano impressionare, e si affidano alla loro coppia d’oro per rimettere il naso davanti ai nero-argento (con maglia bianca casalinga per l’occasione).
San Antonio perde Leonard, che commette il secondo fallo personale, ma chiude alla grande i primi dodici minuti di gioco: Ginobili segna ancora da tre, prima di ispirare il taglio vincente di Splitter e di armare la mano di Mills con una perla che chiude un’esecuzione del pick and roll da mostrare nelle scuole.
26-20 Spurs, con Green che avrebbe addirittura la palla del +9 ma sbaglia la tripla sulla sirena: si chiude un primo quarto eletrico, con gli Spurs che eseguono alla perfezione il loro piano d’attacco fatto di corsa e intensità. La vena dalla’arco e l’avvio magistrale di un superbo Ginobili spingono gli Spurs avanti, anche se Miami resta ad un soffio e sembra poter contare sul buon apporto ognuno dei suoi tre moschettieri.
Splitter inaugura il secondo periodo con un 1/2 dalla linea della carità, prima della classica fiammata di Miami che nel giro di due possessi colma quasi interamente il gap con gli Spurs: Cole e Allen sono mortiferi da tre, e gli Heat tornano in un amen a -1.
Andersen oscura la vallata a Diaw, ma Mills si avventa per primo sulla palla vagante e la converte comunque in due punti dei suoi; dall’altro lato del campo Splitter deve spendere il secondo fallo per fermare la penetrazione di Wade, un antipasto di un momento storico per il basket italiano: con 10 minuti da giocare nel secondo periodo, Marco Belinelli è il primo azzurro a calcare il parquet in una finale Nba.
Il ragazzo da San Giovanni in Persiceto non ha nessuna intenzione di accontentarsi del ruolo di comparsa, e atterra sul pianeta Finals con un impatto da consumato frequentatore dell’élite della lega: al primo pallone toccato arrivano due liberi da una penetrazione centrale, mentre nel’azione successiva (dopo un regalo di Green che vive una partita da psicodramma e omaggia gentilmente Allen, che ringrazia e segna da tre) arriva la tripla del Beli che scuote la retina e accende il pubblico texano.
Dall’altra parte della barricata, Spoelstra concede qualche minuto di riposo a James, affidandosi al duo Wade-Bosh; i due campioni non deludono, sfruttando l’improvvisa salita di colpi della retroguardia ospite che toglie aria all’attacco degli Spurs dopo una serie di ottime esecuzioni offensive.
Un recupero degli Heat, giunto dal raddoppio di Duncan in post, porta alla tripla di Bosh in transizione, mentre Wade mette in imbarazzo la difesa di casa con due momenti tirati fuori dall’arsenale vintage del Flash che dominò le Finals 2006. 8-0 Heat e timeout forzato chiamato da coach Popovich, una riunione dalla quale scaturiscono ancora ottime cose per i padroni di casa: Ginobili scollina in doppia cifra risolvendo un attacco complicato col quale porta a casa due liberi, poi due rubate propiziano prima il contropiede chiuso dal floater di Parker e poi un attacco concluso col decimo punto della serata di Duncan, che schiaccia di prepotenza un pallone picassiano servitogli dal califfo che all’anagrafe fa Boris Diaw.
Nel frattempo le telecamere, e soprattutto i microfoni della ABC ci forniscono un succoso siparietto tra James e Duncan risalente all’alba del match, nel quale un sorridente LeBron si scusa per le dichiarazioni provocatorie giustificandosi col fatto di aver dovuto accontentare le richieste di una stampa più attratta dallo scoop che gli squali dal sangue.
Torniamo in cronaca, col timeout che stavolta viene chiamato dagli Heat e esguito come Dio comanda da un signore che arriva davvero vicino a sfiorare il divino col suo rilascio poetico: Allen si alza da tre dopo l’ottimo duetto con Cole, ma dall’altra parte del campo è ancora il Beli a rispondere con la stessa moneta, con una calma olimpica che mai come in questa occasione risulta essere la virtù dei forti. Parker attacca, guadagna due liberi e il conseguente bonus per gli Spurs, che però devono registrare una notizia potenzialmente pessima sul diario di bordo: LeBron James ha deciso di iniziare a giocare per davvero, attaccando con la sua consueta arroganza cestistica e mangiando il campo a grandi falcate partendo da situazione di rimbalzo difensivo.
Sono 13 i punti del 6 ospite, ben bilanciati da quelli di un Duncan ancora una volta sontuoso che beneficia del quinto assist sfornato dalla premiata mano mancina di Ginobili e dell’ennesima palla succosa di Diaw per chiudere il primo tempo on 15 punti all’attivo. Gli Spurs sono avanti 54-49 al termine del primo tempo: è un inizio di serie splendido, con i due attacchi che salgono alla ribalta e non permettono alle difese di entrare in ritmo, malgrado il volume sia in costante aumento. San Antonio è avanti grazie a un Ginobili sontuoso, che con la sua regia mette in ritmo l’attacco dei suoi, con Duncan che come innumerevoli volte è il bersaglio preferito delle invenzioni del gaucho in maglia numero 20.
La precisione dall’arco fa il resto, insieme a una panchina che surclassa quella avversaria garantendo il consueto apporto di qualità e quantità. Il clima è più che mai torrido, non solo per l’importanza della posta in palio: all’interno dell’AT&T Center ci sono circa 30°, a causa di un guasto all’impianto dell’aria condizionata che rende l’arena texana un vero e proprio girone infernale; teniamo il tema da parte, perché tornerà alla ribalta nelle fasi decisive del match.
Al rientro in campo dal lungo intervallo, cima Coppi della nottata degli impavidi appassionati del Bel Paese, è Leonard ad aprire le danze con una grande linea di fondo che vale due punti e il primo canestro della partita della Piovra.
Gli Spurs toccano immediatamente il +9, grazie a due liberi di Green che continua a convivere con le sue paturnie e sta tentando di tutto per riuscire a entrare in partita.
La reazione degli Heat, però, è veemente: Wade guida i suoi a un parziale di 8-0, l’ennesimo sprint grazie al quale gli ospiti colmano lo svantaggio e rimettono immediatamente pressione agli avversari. Chalmers intanto è costretto ad accomodarsi nuovamente in panchina in virtù del quarto fallo personale, ma la scena è ormai pronta per l’esibizione di King James: LeBron prima segna di prepotenza in post, spazzando via il raddoppio, prima di inventarsi una tripla tanto insensata quanto favolosa, un manifesto di onnipotenza cestistica che regala il nuovo vantaggio agli Heat sul punteggio di 62-60.
Duncan non perde tempo per pareggiare i conti, col diciassettesimo punto personale che arriva subito prima di un timeout necessario per far riprendere fiato anche a chi scrive. A proposito, il caldo all’interno del palazzetto di San Antonio inizia a farsi davvero insopportabile, con sventolio di ventagli di fortuna sugli spalti e ghiaccio sul collo per James e Bosh in panchina.
San Antonio esce, al solito, magistralmente dal timeout, con Mills che ruba e vola per il layup in contropiede; gli Spurs però non hanno fatto i conti con Lewis, che con cinque punti in fila (tripla e canestro dalla spazzatura in un misto di fortuna e presenza mentale) rimette avanti i suoi. Ginobili pareggia a quota 67 col gioco da tre punti, ma sulla partita sta per abbattersi un ciclone imprevedibile per qualsiasi metereologo: Ray Allen riscrive il concetto di macchina del tempo, esibendosi in tre canestri consecutivi che riportano alla memoria il Ray degli anni di Milwuaukee.
He Got Game prima batte Splitter e arriva con facilità al ferro, poi accompagna James in contropiede e viene premiato dall’assist del compagno e, dulcis in fundo, si profonde in coast-to-coast concluso con una schiacciata che lascia di sasso tutti i diciottomila abbondanti dell’AT&T Center.
Può essere un momento chiave della serata: l’inerzia è tutta dalla parte degli Heat, che sono avanti di sei punti e stanno stringendo la morsa attorno al collo degli Spurs. San Antonio rischia di affogare nell’Oceano di palle perse (addirittura 19) forzate dalla difesa soffocante degli ospiti, e per smettere di bere dall’idrante sono costretti ad affidarsi al leader che non ti aspetti: è Tiago Splitter a salvare capra e cavoli, prima con un competente recupero su Bosh che costa lo sfondamento all’ex Raptors, poi con due canestri (schiacciata d’autorità sul tentativo di stoppata di un indemoniato Allen e magia nei pressi del ferro) che annullano la clamorosa tripla dal palleggio di LeBron e tengono in vita gli Spurs.
Miami è avanti 78-74, con un James superlativo (reo però di una sbracciata sospetta ai danni di Splitter) e un Allen da non credere. San Antonio se l’è vista brutta, ma nonostante una montagna di palle perse è ancora lì, con la chance di giocarsi un successo che potrebbe già valere molto nell’economia della serie.
Parte il quarto periodo, con un jumper mandato a segno da Bosh col primo avversario a tre metri di distanza. Popovich deve trovare soluzioni per contenere il dilagante attacco ospite, ma nel frattempo è ben contento di poter contare su una Splitter solo al comando che si butta segnando con un gran controllo del corpo e, non pago, va a convertire anche il gioco da tre punti che vale il -1.
Torna in campo Duncan, ma il grande protagonista è ancora una volta Bosh: CB1 Prima si prende di forza il mismatch contro Green, per poi andare a segno con un inusuale gioco da quattro punti che dà il +7 agli Heat. Chalmers è di nuovo in panchina con cinque falli a carico, non necessariamente una brutta notizia per Spoelstra che può così cavalcare un Cole strepitoso nel mettere la museruola a Parker, contenendo ogni penetrazione del franco-belga.
In un altro momento difficilissimo, però, James pecca di presunzione e ferma la palla per due possessi consecutivi: i suoi tiri forzati non trovano la retina, mentre dall’altro lato del campo Parker si sblocca col floater in contropiede prima di servire, con fortuna e maestria, il canestro di Duncan che fissa il punteggio a quota 86-84 in favore degli ospiti.
Wade viene sfidato al tiro e risponde da campione, imbucando un jumper dalla lunghissima distanza, mentre il caldo inizia davvero a prendere il sopravvento, come dimostrano le facce provate di tutti i giocatori.
Ad accusare maggiormente le difficili situazioni ambientali sembra essere proprio James, che resta a lungo in panchina con un volto davvero sofferente (preludio a quel che succederà nel giro di una manciata di minuti). Gli Spurs sono sotto di quattro, ma improvvisamente Green decide di togliersi la casacca con scritto Heat per mostrare finalmente la canotta degli Spurs: Danny imbuca dall’angolo per la tripla che fa detonare la sua partita, e nel possesso successivo si ripete raccogliendo un invito a nozze di Diaw, che con un passaggio in sottomano dalla linea di fondo solletica il centro del piacere di ogni appassionato sintonizzato sul match.
Spurs che incredibilmente tornano avanti nel punteggio, Andersen pareggia a quota 90 con un’inusuale entrata conclusa con il reverse a canestro, ma gli Spurs adesso avanzano inesorabilmente, con una coppia più che mai collaudata in cabina di regia: Ginobili si inventa un tunnel ai danni di Andersen che libera Duncan per il canestro del nuovo +2, Timmy cattura il rimbalzo in difesa e lancia un Green ormai in trance agonistica che inchioda in contropiede battendo il recupero di Lewis.
La partita è meravigliosa, col grande mistero della palla a spicchi che regala l’ennesimo e quanto mai inatteso di una serata stupenda. Miami si affida al suo faro, mettendo il pallone nelle mani di James che come se nulla fosse si beve Diaw e conclude nei pressi del ferro.
D’un tratto, però, il Re si scopre insolitamente nudo: LeBron resta infatti fermo sotto il canestro avversario, incapace di muovere la gamba sinistra. I crampi, che già lo avevano colpito in gara 4 delle Finals 2012, gli ingessano i possenti muscoli e gli impediscono addirittura di camminare.
James ha bisogno dell’aiuto dei compagni per tornare a sedersi in panchina: mancano 4 minuti, ma il canestro segnato da LeBron resta l’ultima azione di una serata nella quale ha trovato nel caldo e nella disidratazione due avversari capaci di marcarlo come mai nessuno era riuscito.
Nel frattempo AT&T Center ribolle per il caldo sahariano e per l’incredibile vicenda raccontata sul parquet: Green alza le mani e fa canestro, stavolta imbucando la tripla in uscita dai blocchi incurante della mano del difensore in faccia, mentre Diaw chiude principescamente al vetro un lob meraviglioso servitogli da Emanuel Ginobili per il +7 dei padroni di casa.
Chalmers si ricorda di aver segnato, proprio in questa arena, l’incredibile canestro che valse la vittoria ai suoi Kansas Jayhawks nella finale NCAA del 2006, e segna dal palleggio restituendo speranza ai suoi.
Ci pensa Leonard, che come Green riemerge dagli inferi di una serata complicatissima, a spegnere la fiammella ospite, con una tripla di classe e cojones che spiana nuovamente la strada agli Spurs.
La parola fine la scrive Tony Paker, che dall’angolo chiude ineluttabilmente una combinazione Manu-Tim-Tony che vale il +10 e mette in ghiaccio il primo punto della serie. James torna claudicante negli spogliatoi, Duncan sigla la 156esima doppia doppia in carriera nei playoff in un match che si conclude col successo degli Spurs, che battono gli Heat 110-95.
Se questo è l’inizio della serie, beh, teniamoci tutto molto forte: gara 1 regala quantità industriali di emozioni di rara intensità, e apparecchia la tavola per un’adeguata rivincita della magnifica serie dello scorso anno.
Il primo atto se lo aggiudicano gli Spurs, che nonostante due momenti di enorme difficoltà non si fanno matare dai toreri in maglia Heat e anzi li incornano grazie a un finale da libri di storia.
Un quarto periodo da 36 punti (14/16 dal campo) propizia il break di 31-9 col quale San Antonio prima rimonta e poi allunga inesorabilmente per portare a casa il primo punto della serie. I grandi vecchi nero-argento brillano in tutto il loro splendore, sublimando un meraviglioso gioco di squadra (30 assist su 40 canestri realizzato) e risultando per l’ennesima volta decisivi per le sorti degli Spurs: Duncan chiude con 21 punti (frutto di un fantascientifico 9/10 al tiro) e 10 rimbalzi, Parker ne mette 19 silenziosissimi (8/15 al tiro) conditi da 8 assist, mentre Ginobili chiude con una sontuosa doppia doppia da 16 punti e 11 assist.
I veterani di San Antonio, però, devono dire a due compagni di squadra decisamente meno illustri, ai quali però stanotte spetta di diritto una nota di merito: la partita degli Spurs la salvano prima Splitter, autore di 14 punti e fondamentale a cavallo tra terzo e quarto periodo per evitare la fuga decisiva degli Heat, e poi Green, che si scuote delle turba di una partita spesa a litigare col proprio jumper ma che esplode proprio sul più bello con 11 dei 13 punti totali segnati nel quarto periodo.
La panchina texana è una delle chiavi di una serata nella quale, nonostante 23 palle perse, gli Spurs riescono ad avere comunque la meglio: Mills segna 7 punti, Diaw è il solito califfo che tira giù 10 rimbalzi smazzando al tempo stesso 6 assist e il nostro Belinelli si presenta in grande stile sul palcoscenico delle Finals, con 9 punti in 18 minuti e un impatto a tutto tondo che Popovich avrà sicuramente apprezzato.
Gli Heat escono con le ossa rotte da questo primo confronto: gli uomini di South Beach hanno sprecato due quasi match point e sono stati costretti ad alzare bandiera bianca insieme a LeBron James, vittima di crampi più che mai acuti che gli hanno impedito di essere in campo nel finale. I Big3 hanno risposto alle attese: James ha chiuso con 25 punti, Wade ne ha aggiunti 19 e Bosh ne ha scritti 18 (e 9 rimbalzi) sul suo tabellino.
Agli Heat è mancato il killer instinct che li ha caratterizzati nelle ultime stagioni, perché la squadra di coach Spoelstra non è riuscita a mettere a segno il colpo del K.O. nonostante l’ottimo apporto del supporting cast (16 punti di uno strepitoso Allen, 10 per Lewis e una difesa da manuale da parte di Cole). Il -10 a rimbalzo e le 18 palle perse (dalle quali sono scaturiti 27 punti degli avversari) hanno fiaccato le velleità degli Heat, che adesso restano col fiato sospeso in attesa di saperne di più sulle condizioni di James.
Gara 1 è agli archivi, con gli Spurs che festeggiano e Miami che si rammarica per una ottima occasione gettata alle ortiche. Due giorni di riposo, per recuperare dalla battaglia del primo atto della serie e dal caldo torrido dell’AT&T Center, poi sarà di nuovo tempo di sguainare le spade: il secondo atto potrebbe già scrivere un pezzo di storia di queste Finals, e dare indicazioni più precise sui reali valori in campo.
Studente in giurisprudenza, amo ogni genere di sport e il suo lato più romantico. Seguace di Federico Buffa, l’Avvocato per eccellenza, perché se non vi piacciono le finali NBA non voglio nemmeno conoscervi.
“Ricordati di osare sempre”.