L’inintelligibilità totale di questa serie prosegue. L’unica cosa che sembra confermarsi è il peso preponderante del fattore campo. Un altro blowout. Un altro schiaffo pesantissimo per una delle due squadre (117-89 il finale). Come se le due partite di Oklahoma City non fossero mai esistite, gli Spurs dispongono a proprio piacimento dei Thunder in una gara 5 equilibrata solo nel primo quarto.

Popovich ha proposto i primi significativi aggiustamenti della serie andando ad annullare quei fattori che avevano permesso ai Thunder di dominare le ultime due partite. Bonner incredibilmente in quintetto al posto di Splitter, il tutto con l’idea precisa di giocare l’intera partita con, accoppiato a Duncan o al brasiliano, un 4 capace di aprire il campo col tiro e impedire a Ibaka di starsene troppo tranquillamente in mezzo all’area a presidiare il ferro.

Missione compiuta perfettamente. Non tanto da Bonner, che, prevedibilmente, non ha avuto impatto sulla gara, ma da Boris Diaw, che ha giocato 28’ di basket celestiale: 13 punti (con un importantissimo 2/2 da 3 punti), 6 rimbalzi, 3 assists, un recupero e una stoppata per un +/- finale di +19. E’ stato il francese l’anima della vittoria nero argento (con lui in campo rating offensivo di 138,5 per San Antonio…). Il suo impatto ha permesso agli Spurs di andare a riprendersi il pitturato, mancato nelle sfide in trasferta: gli uomini di Popovich hanno tirato al ferro 27 volte, convertendo col 71% dopo il 46% combinato di gara 3 e 4.

E, come era già stato in precedenza, nel momento in cui gli esterni hanno potuto attaccare il canestro in libertà, anche grazie a una difesa sugli esterni disastrosa dei Thunder, ne ha beneficiato tutta la squadra, con Duncan che ha chiuso a quota 22 punti (con 12 rimbalzi) quasi tutti frutto di conclusioni ravvicinate, idem per un Parker in serata non entusiasmante ma comunque positivo (12 punti e 4 assists), Leonard, Green e Mills che hanno combinato per un 8/15 da 3 punti (13/26 complessivo per San Antonio) all’interno di una serata fantastica offensivamente per i texani. Esattamente come in gara 1 e gara 2 (1,28 punti per possesso).

Capitolo a parte, poi, per Manu Ginobili, che è stato l’altro grande protagonista della partita, sempre uscendo da una panchina che ha portato la bellezza di 55 punti. L’argentino è stato l’artefice dello strappo Spurs che nel secondo quarto ha spaccato in due la partita, quando già nel primo periodo, dove OKC era partita decisamente meglio (19-12 dopo 6’), aveva permesso ai suoi di rimanere in partita col suo ingresso in campo. 19 punti, 4 rimbalzi, 6 assists, 7/9 dal campo con 3/4 da tre punti per lui, probabilmente alla sua miglior partita di questi playoff, se non per la sostanza della sua prestazione, di sicuro per il peso specifico della gara.

In difesa, poi, il lavoro di Duncan e compagni è stato abbastanza chiaro: come in precedenza OKC aveva tolto agli Spurs il pitturato, gli stessi Spurs hanno restituito il favore stanotte, anche se con armi diverse. Non avendo a disposizione l’intimidazione di Ibaka, Adams o Perkins, San Antonio, più semplicemente, ha concesso il tiro da fuori agli avversari, in alcune circostanze in maniera anche abbastanza palese.

E anche qui le statistiche non mentono: se nelle due gare vinte gli uomini di Brooks avevano preso il 60% delle proprie conclusioni negli ultimi 4 metri di campo, in gara 5 la percentuale è scesa al 47%, mentre i tiri da fuori sono stati 43 su un totale di 81, peraltro convertiti con un misero 35% (6/24 da tre punti).

Un deciso passo indietro, insomma, per i Thunder che dopo le due vittorie parevano lanciatissimi verso le Finals e invece non hanno saputo reagire agli aggiustamenti degli Spurs. E, in particolare, ha lasciato abbastanza a desiderare la gestione delle rotazioni di Scott Brooks, che aveva trovato un equilibrio perfetto sul parquet amico, salvo andare a sconvolgere tutto un’altra volta.

Di nuovo fuori Lamb (che ha accumulato minuti solo a gara abbondantemente andata), sacrificio di minuti per Adams e Jackson in favore di Collison e Fisher. Mosse difficilmente spiegabili, se non con la ricerca di esperienza in una gara di tale importanza.

I risultati, però, sono stati deleteri: con Collison e Fisher in campo contemporaneamente (13 minuti) Oklahoma City ha avuto la miseria di 81,9 di offensive rating e addirittura -36,9 di net rating. E ora i Thunder si trovano davanti a una montagna altissima da valicare per arrivare alle Finali.

Westbrook (21, 7 assists e una schiacciata paurosa nel primo quarto) e Durant (25 con 11/21) hanno fatto il loro, ma è mancato tutto il contorno, anche perché Ibaka è sembrato tirare un po’ il fiato dopo gli sforzi delle ultime partite (6 punti con 3/10 in 27’) e il resto della squadra ha tirato con il 36% dal campo.

Ma ciò che ha ucciso OKC è stata soprattutto una difesa davvero inqualificabile, che ha concesso di tutto agli avversari: oltre ai 117 punti col 51% al tiro, sono arrivati 10 rimbalzi d’attacco (48-35 il totale sotto le plance), 14 punti in contropiede (dopo gli zero di gara 4) e 17 da seconda chance. In più, come detto, sul perimetro gli esterni sono stati perforati in continuazione dalle penetrazioni di Parker e compagnia, esponendo ulteriormente un’area già aperta di suo per i motivi sopra citati.

In generale, i Thunder hanno dato l’impressione di essere una squadra un po’ troppo emozionale, che ha bisogno di essere dominante almeno su un lato di campo per poter fare la propria partita. Se l’attacco gira allora si alza l’intensità generale della squadra e, di conseguenza, sale anche la difesa che forza palle rubate per andare in campo aperto (e infatti stanotte soli 6 recuperi e 7 punti in contropiede).

E viceversa, se è la difesa a far scattare la scintilla riesce a innescarsi anche l’attacco. Ma se contro c’è un’avversaria che mostra di avere più energia gli uomini di Brooks non sembrano in grado di ribaltare l’inerzia della partita e finiscono per andare sotto pesantemente.

Ora bisogna vedere se l’impatto del fattore campo continuerà a confermarsi. Questa è una vittoria che può segnare una serie e San Antonio potrebbe chiudere i conti già in gara 6. Ma l’andamento delle partite, fino ad oggi, suggerirebbe il contrario e spingerebbe a pensare a una possibile (e auspicabile per lo spettacolo) gara 7 per decidere chi rappresenterà l’Ovest nelle Finali 2014.

One thought on “Si torna in Texas, si torna al vecchio spartito: Spurs a valanga in gara 5

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