Triplo match point per gli Heat, che con tre vittorie di fila hanno messo all’angolo i Pacers guadagnandosi la chance di chiudere anzitempo una serie che doveva essere uno scontro epocale ma che sembra invece già essere indirizzata verso i lidi di South Beach. Per Miami sbancare un’altra volta la Fieldhouse di Indianapolis sarebbe il massimo della vita, un successo netto che metterebbe a tacere le chiacchiere da bar che hanno alimentato il fuoco di questa rivalità fin dalla scorsa estate. Indiana, invece, cerca il colpo di coda per non deludere i propri tifosi e tenere acceso il lumicino della speranza che, si sa, è l’ultima a morire anche contro lo strapotere mostrato dalla squadra della Florida.
Miami recupera Allen, che ha smaltito la botta rimediata in gara 4, mentre deve ancora fare a meno di Andersen che resta i box per la seconda serata consecutiva.
Tocca a James, reduce dalla performance stellare di lunedì notte, dare fuoco alle polveri col volo sopra al ferro per inchiodare l’alley-oop di Chalmers. Dall’altra parte del campo il piano di coach Vogel è quello di coinvolgere Hibbert fin dai primi possessi, esaudendo le richieste del bambinone col numero 55 che si è lamentato per lo scarso numero di tocchi a sua disposizione nell’ultima partita. Il protagonista dei primi possessi è però Paul George, che dopo una tripla a bersaglio di Bosh si mette in ritmo andando a segnare sei punti consecutivi sfruttando i frequenti cambi accettati dalla difesa ospite. James non carbura, contestato al ferro dalla verticalità di Hibbert, e Indiana riesce a costruire un interessante vantaggio di otto lunghezze (18-10) grazie alla produttività del quintetto titolare che vede anche West e Hill iscriversi al tabellino dell’incontro. Dopo una tripla di Lewis (primo canestro della serie per l’ex Magic) l’attacco ospite si congela, con James costretto a sedersi in panchina dopo aver commesso il secondo fallo personale; la difesa di Indiana è molto attiva sia sulla palla che sulle linee di passaggio, e solo un gran canestro di Wade allo scadere (il primo della sua serata) consente agli Heat di limitare i danni, per un primo quarto che si chiude coi Pacers avanti 22-16. Indiana domina a rimbalzo (16-6) e tiene gli avversari a 7/19 dal campo; gli Heat, però, hanno di che festeggiare, perché con la miseria quattro punti segnati dalla coppia James-Wade sono sotto soltanto di sei punti.
Miami non perde tempo, e in avvio di secondo periodo le bastano pochi possessi per cancellare il gap iniziale: Wade cavalca l’onda del buzzer beater di fine primo quarto, pescando Bosh per il piazzato e mettendosi in proprio con canestri dal palleggio, in post e dalla linea della carità che impattano i Pacers a quota 24. Cole difende magnificamente su Stephenson, costringendo coach Vogel a chiamare timeout, e malgrado il secondo fallo a carico di Wade gli Heat riescono a piazzare un break di 11-0 (al netto di un tiro a cronometro scaduto mandato a bersaglio da Hill ma annullato dopo il replay) ispirato da un grande Ray Allen (sette punti in fila per He Got Game). Miami si porta a +7 ma perde ancora James, insolitamente falloso, che deve chiudere con largo anticipo il suo primo tempo con tre falli a carico. Spolestra schiera un quintetto sempre più piccolo, con Wade e LeBron in panchina e Douglas in campo per la prima volta (salvo scampoli di garbage time), Indiana si affida a Scola che riesce ancora una volta a entrare bene in partita e, con una tripla di Hill che trova la banca aperta, si riporta sotto di due punti. Miami però piazza una delle sue proverbiali fiammate in chiusura di primo tempo: Lewis imbuca la seconda tripla della sua serata, Chalmers converte il gioco da tre punti e Allen rifinisce il tutto con la bomba che vale il decimo punto della sua serata e il 42-33 Heat al termine della prima frazione. L’intensità di un pubblico che vuole spingere i propri beniamini a superare il baratro dell’eliminazione e i problemi di falli che tengono James a soli 2 punti in dieci minuti giocati non sembrano essere un problema per Miami: gli ospiti ribaltano il -8 del primo quarto tramutandolo in un vantaggio di nove lunghezze all’intervallo, con un plus minus di +13 nei 13 minuti abbondanti nei quali LeBron è costretto a restare seduto in panchina. Bosh è efficace, Allen delizioso dalla panchina e l’intensità difensiva ingabbia i padroni di casa limitandoli a 11 punti segnati nel secondo periodo. Miami sembra essere ancora una volta in pieno controllo della situazione, e nella Fieldhouse di Indianapolis inizia a serpeggiare un presagio nefasto.
Hibbert apre il secondo tempo con un bel canestro da rimbalzo in attacco, senza tuttavia riuscire a concretizzare il tiro libero supplementare. Il fallo è di James, che incredibilmente va a commettere il quarto personale ma, giustamente, viene lasciato in campo da un fiducioso coach Spoelstra. La scelta sembra pagare dividendi, perché altre due triple a bersaglio di Lewis danno agli Heat il +11, massimo vantaggio della serata. Indiana sta iniziando a diventare quasi indisponente per il suo atteggiamento: i Pacers passeggiano per il campo e si distraggono in difesa, permettendo agli ospiti di prendere quasi il largo. La differenza riesce a farla un machiavellico Lance Stephenson, che vista la situazione sceglie il modus operandi del letterato fiorentino: se il fine giustifica i mezzi, Born Ready è disposto a provarle tutte pur di rimettere in corsa i suoi. Con il suo trash talking allenato nei playground di Brooklyn e alcune trovate ai limiti della sottile linea rossa tra psicologia e pagliacciata, Stephenson riesce a mandare fuori giri James, sporcandogli il pallone e guadagnando il fallo che risulta essere il quinto personale di LeBron. È la prima volta in carriera che il Prescelto si trova con cinque falli a carico in tre quarti di partita, costretto a tornare in panchina inchiodato a quota due punti segnati in appena 14 minuti di gioco. La Fieldhouse si scuote e riprende vita e fiato, i Pacers iniziano finalmente a correre e, dopo un parziale di 11-2, sono di nuovo in gara. Hibbert pareggia a quota 50 dalla lunetta, prima George faccia esplodere il palazzetto con la rubata e la schiacciata che vale il nuovo vantaggio dei padroni di casa. Spoesltra esplora la panchina e si gioca addirittura la carta Beasley, fin tre minuti giocati in questi playoff; Indiana però ha messo la freccia, e grazie a una tripla di George, all’energia di un indemoniato Stephenson e ai canestri di un grande West provano a scappare. La difesa di Indy è soffocante, e solo uno strepitoso Allen riesce a trovare la chiave per scardinarla con due liberi e una tripla dal peso specifico enorme (15 punti per l’ex Celtics); i Pacers chiudono però alla grandissima, con George che si inventa un catch and shoot da tre allo scadere, liberandosi (forse con le cattive) della marcatura di Chalmers e portando i suoi in vantaggio 64-57 dopo tre quarti di gara. È una partita vissuta sulle montagne russe, che regala l’ennesimo ribaltone di una notte emozionante: Indiana ha sfruttato al massimo il contraccolpo dell’uscita per falli di James, saltando addosso agli avversari grazie all’energia difensiva generata dalla dinamo che all’anagrafe fa Lance Stephenson e concretizzando in attacco grazie a un ritrovato George che dopo essere stato ai margini della partita per una buona ventina di minuti si accende e con un quarto da 10 punti dà ai suoi una buona dote di vantaggio all’alba del quarto periodo. Vedremo se Indy riuscirà ad avere la spinta sufficiente per proseguire su questo binario e portare a casa il match, o se invece ci aspetta l’ennesimo cambio di programma di una notte pazza.
Miami prova a partire forte in attesa del sospirato rientro di James, che torna sul parquet con dieci minuti abbondanti rimasti da giocare; Bosh parte molto bene dopo essersi raffreddato nelle fasi centrali della partita, ma Paul George vive un avvio scatenato: nove punti in una manciata di possessi per il 24 di casa, che danno ai suoi il massimo vantaggio della gara (+11). I Pacers sembrano avere la partita in mano, ma manca ancora un’eternità alla sirena finale e la storia ci ha insegnato che fare i conti senza l’oste, specie quando si mangia nel ristorante stellato di South Beach, non è mai consigliabile. Miami, infatti, infila un parziale di 9-0 firmato dai suoi tre moschettieri che riapre in un attimo il match riportando gli ospiti a due sole lunghezze di svantaggio. Ci pensa ancora George a spegnere il principio d’incendio, con un gran canestro incurante della mano di Wade a un palmo dalla sua faccia; Flash però si sente in ritmo anche dall’arco, e chiude una meravigliosa circolazione di palla degli Heat con la seconda tripla personale, che vale il -1. George guadagna e segna due liberi, prendendosi sulle spalle il peso della squadra da vero uomo franchigia, ma arriva puntuale la replica di un LeBron che a fare la figura del giocatore qualunque proprio non ci sta: James mette a posto i piedi in transizione e spara la tripla del pareggio a quota 81, per vedere l’effetto che fa. Il canestro del Prescelto potrebbe essere una mazzata terrificante per i Pacers, che dopo aver messo in atto un piano di fuga che sembrava perfetto si trovano a dover ricominciare tutto da capo. Nel momento più difficile e decisivo della serata, Indiana trova però i due giocatore ai quali aggrapparsi per resistere alla corrente del fiume in piena: West penetra e si appoggia al vetro, prima di lasciare il centro del palcoscenico a un George che sente le voci e vede un Oceano al posto del ferro del canestro avversario. Col tiro dal palleggio allo scadere il ragazzo uscito da Fresno State scollina oltre quota trenta punti, rispondendo poi all’ennesima tripla di Lewis con la stessa moneta, che però ha più gusto quando la segni in faccia a un certo LeBron James. Pacers avanti di 4, Bosh salva il possesso Heat con una tripla in banca che vale il nuovo -1 a 70 secondi dal termine; Miami ci prova con ogni mezzo e forse riuscirebbe anche a farcela, se Paul George non avesse deciso di prendersi la copertina della serata: altra tripla di PG24, altro +4 Pacers che adesso vedono davvero lo striscione del traguardo. Miami si affida ancora a Bosh che sbaglia dall’arco, Hill viene lanciato tutto solo in contropiede ma James sbuca dal nulla per cancellare con una stoppata mostruosa due punti praticamente già scritti dal play dei Pacers. Non è finita qui, perché Mimi ribalta immediatamente il fronte e Wade pesca ancora una volta Lewis appostato come un falco nel prediletto angolo sinistro: solo rete per Rashard, sesta tripla di una notte nella quale sembra essere tornato ai tempi di Orlando per dare nuovamente una chance ai suoi. Sedici secondi sul cronometro, Battier prima rischia di mettere a segno la giocata della partita andando quasi a rubare la rimessa avversaria e, subito dopo, rischia di combinarla grossa permettendo a George di tirare un libero gratis per un fallo commesso prima della rimessa in gioco. Il numero 24 sbaglia, Scola pesca West che però splitta i liberi della staffa e concede agli ospiti un’altra possibilità: Bosh si alza ancora da tre ma prende solo il ferro, Stephenson e Hibbert si scambiano i ruoli con il tap out di Lance per il passaggio col quale Roy serve West in corsa. All’ex New Orleans basta un libero per chiuderla, perché sul secondo errore il tempo è ormai scaduto. I Pacers restano in vita al termine di una serata al cardiopalma, chiusa col successo in volato sul punteggio di 93-90.
Con un piede e tre quarti nella fossa, Indiana riesce a rimanere nella serie e a darsi un’altra chance per cambiare la storia. In una serata iniziata come meglio non si poteva, ma che aveva preso una piega decisamente preoccupante al termine della prima frazione di gara, Indy è riuscita a capitalizzare al massimo ogni chance a sua disposizione per rimettersi in partita e scongiurare una precoce eliminazione. Il peso specifico dei cinque falli di James è stato enorme, perché proprio nel momento in cui gli Heat sembravano pronti a assestare il colpo del K.O. si sono trovati a fare a meno del loro lider maximo; diamo ai Pacers quel che è dei Pacers, però, perché senza il radicale cambio di mentalità dei ragazzi di Frank Vogel la serata sarebbe finita in un trionfo ospite, LeBron o non LeBron. Indiana la vince sul suo terreno, dominando a rimbalzo (45-38 con ben 16 offensivi) e nel pitturato (40-22 il parziale in vernice), giocando un gran secondo tempo con sole tre palle perse che impediscono agli Heat di beneficiare di prediletti punti in contropiede. Nonostante tutto, la chiave del successo di Indiana è racchiusa nel talento del suo numero 24: Paul George sfodera la miglior prestazione della giovane carriera, ribaltando lo scenario rispetto a gara 4 e salendo prepotentemente alla ribalta nel momento in cui si vedono i giocatori veri. Dopo soli 6 punti segnati nel primo tempo, George ne ha messi 31 nella ripresa con un quarto periodo da sogno bagnato nel quale i punti da lui messi a referto sono stati 21 (sui 29 totali di Indy). Una prestazione che possiamo definire leggendaria senza timore di smentita, e che di fatto ci regala un altro capitolo di una finale della Eastern Conference che adesso potrebbe farsi davvero interessante. Alla fine della fiera saranno 37 (15/28 al tiro) i punti totali di PG, arricchiti da 6 rimbalzi e 6 assist. Al suo fianco c’è l’altro volto dei Pacers, un giocatore capace di fare la faccia cattiva e di mettere il pallone nel cesto quando pesa come un macigno, mentre molti altri tremano: David West chiude con 19 punti e 9 rimbalzi, e sono suoi gli otto punti nel quarto periodo che incorniciano la prestazione sublime di George. Hibbert lascia a Miami la versione da ectoplasma e scrive una doppia doppia da 10 punti e 13 rimbalzi (6 dei quali offensivi), una buona prova che però conferma una volta di più la natura enigmatica del centro dei Pacers. Stephenson non è elettrizzante come nei primi due capitoli del confronto (12 punti, 5 rimbalzi e altrettanti assist con 2 rubate) ma ha il grande merito di riuscire a mandare fuori giri James con la lingua tagliente forgiata negli anni del basket di strada brooklynese, in un duello che (in tono minore, doverosa premessa per non essere tacciati di lesa maestà) ha riportato indietro i fasti delle sfide tra Jordan e Payton. Soldatino Hill ha chiuso con 9 punti, mentre la panchina è stata praticamente inesistente, eccezion fatta per la solita fiammata di Scola (6 punti).
Miami arriva a tanto così dal chiudere la serie con un anticipo impronosticato, ma si deve arrendere soltanto a un fantascientifico George che le impedisce di festeggiare il quarto titolo consecutivo di campioni della Eastern Conference. LeBron James è insolitamente tartassato dagli arbitri, e per la prima volta in carriera assaggia il pane duro dei falli a carico in una partita decisiva: 7 punti (2/10 dal campo) in 24 minuti giocati rappresentano il suo minimo storico nei playoff, in una partita nella quale il Re è rimasto nudo, senza mai riuscire a prendere ritmo. I compagni hanno fatto di tutto per centrare l’impresa del successo senza il loro faro, ma sono arrivati corti soprattutto a causa delle troppe palle perse (17, che fruttano ben 21 punti ai Pacers). Wade resta in campo 40 minuti indossando i panni del trascinatore per provare a sopperire all’assenza del compare: 18 punti (7/14 dal campo), 8 rimbalzi e 7 assist per D-Wade, con 6 palle perse che però vanno a macchiare la sua prestazione. Bosh è il top scorer degli ospiti con 20 punti e 10 rimbalzi, Lewis è spaventoso dall’arco (6/9 dalla lunga distanza) per 18 punti che gli valgono la prima grande notte a distanza di svariati anni, ma non bastano né la sua mira infallibile dall’arco né quella del mentore Ray Allen, grandissimo per tre quarti di gara e autore di 15 punti dalla panchina. Miami deve arrendersi, e dovrà sfruttare al massimo la prossima gara tra le mura amiche per evitare di giocarsi la qualificazione nella lotteria di una eventuale gara sette da giocare in trasferta.
La notte magica di Paul George ci regala un altro, avvincente capitolo di una serie che potrebbe ancora regalare sorprese. Gli Heat restano la squadra da battere, e potranno contare sul match point casalingo per accedere alle Finals per la quarta volta di fila. Indiana, però, ha dimostrato di non voler mollare; e, con un Paul George così, il finale potrebbe essere ancora tutto da scrivere.
Studente in giurisprudenza, amo ogni genere di sport e il suo lato più romantico. Seguace di Federico Buffa, l’Avvocato per eccellenza, perché se non vi piacciono le finali NBA non voglio nemmeno conoscervi.
“Ricordati di osare sempre”.