KO tecnico. Non ci sono altre parole per descrivere la situazione degli Oklahoma City Thunder dopo le prime due partite della serie contro San Antonio. Se gara 1 è stata una sberla pesante da incassare, gara 2 è stata una totale disfatta, terminata con un umiliante -35 (112-77), veritiero quanto mai e che dice di due squadre in situazioni opposte: da una parte gli Spurs, maestosi per la semplicità con cui giocano quello che è, senza nessuna discussione in merito, il miglior basket della Lega, dall’altra Oklahoma City che è nel caos più totale e oltre all’affidarsi alle soluzioni personali di Durant e Westbrook non ha saputo. Soluzioni che, peraltro, non hanno nemmeno dato i frutti maturati nella prima sfida.
I due, infatti, hanno combinato per la miseria di 30 punti con un desolante 13/40 dal campo. Durant limitato alla grande da Leonard, Westbrook dalla difesa a centro area nero argento. Il risultato è stata una squadra che non ha più saputo che pesci pigliare in attacco, mancando di un qualsiasi tipo di altra opzione, e che in difesa ha continuato a capirci poco o niente.
E’ stata, così, solo questione di tempo l’arrivo del break decisivo. In sostanza è bastato che gli Spurs iniziassero a mettere i tiri intelligentemente costruiti. E, come in gara 1, è arrivato a cavallo tra due quarti, il secondo e il terzo. Un lasso di tempo durato 14 minuti in cui Green si acceso da dietro l’arco (fantastico con 7/10 alla fine per lui e 21 punti a referto), Duncan (14+12) ha fatto il vuoto in area, Parker (22+5 assists) lo stesso con la palla in mano e Ginobili (11, 3 rimbalzi e 4 assists) ha dato le pennellate finali (riguardatevi 10, 100, 1000 volte il passaggio a una mano sulla linea di fondo per Green) su un parziale di 43-14 che ha portato il risultato dal 36-33 OKC al 76-50 Spurs a 5’40” dalla fine della terza frazione.
Andare più a fondo nelle statistiche obiettivamente è uno sterile esercizio quest’oggi, tanta è stata la superiorità dei padroni di casa. Soprattutto perché i Thunder, dall’altra parte del campo, hanno fatto di tutto per battersi da soli. Durant e Westbrook, come detto, non hanno fiducia nei propri compagni davanti, mentre dalla panchina Brooks continua a proporre quintetti opinabili, intestardendosi nei minutaggi a favore di Fisher e Butler, mentre Jeremy Lamb marcisce in panchina e lo stesso Reggie Jackson gioca un soffio più del sopracitato Fisher (26 minuti contro 21). E non si cerchino alibi nell’assenza di Ibaka, che certo sarà in parte causa del dominio Spurs nel pitturato e a rimbalzo d’attacco (specialità in cui Duncan e soci non eccellono, solitamente), ma non avrebbe di sicuro cambiato il corso degli eventi.
San Antonio, dal canto suo, da quando si è presa un po’ di paura, leggasi il post gara 6 con Dallas, ha snocciolato i seguenti numeri: 7 vittorie e 1 sconfitta, con, nelle partite vinte, 115 punti segnati media, un divario medio di 22 punti, il 52% dal campo (57% eFG, 60.5 TS%), il 44% da tre, 24 assists a partita contro sole 9.7 palle perse, 120.3 di offensive rating e 93.5 di defensive, per un net rating spaventoso di +26.7.
Onestamente al momento è difficile pensare a possibili ostacoli sul cammino verso le Finals per una squadra che è al top in attacco e in difesa. Parker comanda le operazioni, Duncan non ha nessuno che lo possa marcare, Ginobili dalla panchina fa sfracelli, Green è 11/15 da tre punti, Diaw è chirurgico, Splitter e Leonard spostano in attacco e in difesa, Belinelli e Mills eseguono alla perfezione in attacco. E, nel frattempo, il trio Duncan-Parker-Ginobili è diventato quello con più vittorie di tutti in post season con 111 successi. And counting, come direbbero loro.
I Thunder non sanno davvero dove aggrapparsi. In gara 1 hanno funzionato Durant e Westbrook e sono arrivati 17 punti di scarto, stanotte senza di loro 35, per un totale di -52. Le uniche note positive le sta portando Steven Adams (9+8 rimbalzi) che, per essere un rookie, a centro area sta facendo il possibile e in maniera onesta. Per il resto è buio totale. Sempre per stare coi numeri, in queste due gare l’offensive rating degli uomini di Brooks è di 94 contro un 123.4 in difesa per un -29.4 di net rating indicativo come mai.
Il giovane coach dei Thunder deve inventarsi qualcosa per sfruttare al meglio il fattore campo che di solito aiuta non poco OKC e che spesso ha messo in difficoltà proprio San Antonio. Lì, due anni fa, cominciò la rimonta in una serie che era partita come questa, con un 2-0 Spurs in Texas, e che alla fine portò Durant e soci alla loro prima finale NBA. Ma oggi, a parte il risultato, è difficile trovare altre analogie che possano fornire segnali incoraggianti ai tifosi dell’Oklahoma.
Cestista, baskettaro, appassionato della palla a spicchi, fedele adepto del parquet.
Nato a pane e Danilovic, cresciuto a tarallucci e Ginobili, ho sviluppato col tempo un’insana passione per il basket a stelle e striscie e i Denver Nuggets, aggiungendo poi con calma interesse vivo per Football Americano (San Francisco 49ers) e Baseball (San Francisco Giants). Scrivo per diletto. Parlo a volte, a sproposito, su Radio Playit.