Il pronostico più scontato per la derelitta Eastern Conference: le due arcirivali pronte all’ennesima rivincita, con gli Indiana Pacers ormai pronti a fare le scarpe ai Miami Heat e a prendersi il trono dell’Est a spese di King James. Questo il pensiero dominante tra molti addetti ai lavori in sede di preseason; otto mesi dopo, ma sembra passata una vita, Miami e Indiana si affrontano sul palcoscenico della finale della Eastern Conference. Ma se gli Heat hanno rispettato in pieno le attese, inserendo il pilota automatico per larghi tratti della stagione e continuando su questa falsariga nei primi due turni di playoff (una sola sconfitta subita per mano dei Brooklyn Nets), il cammino dei Pacers è stato decisamente più lungo e tortuoso. Sopravvissuti sull’orlo di una debacle storica nel primo round con Atlanta e capaci di rimontare la bastonata casalinga subita pronti via da Washington, i gialli dell’Indiana sono arrivati proprio dove volevano: l’ultimo atto che deciderà la regina della costa Est, col fattore campo dalla loro (anche se, nei playoff, i Pacers vantano un non certo lusinghiero score di tre vinte e quattro perse sul parquet di casa). È una serie impronosticabile, anche e soprattutto alla luce del rendimento ondivago tenuto dai padroni di casa dall’All-Star Game in poi; staremo a vedere se i Pacers riusciranno a ritrovarsi nel momento più importante della loro storia recente, o se saranno la sagacia degli Heat e lo strapotere cestistico di LeBron ad avere la meglio per l’ennesima volta.
Indiana entra in campo decisa a mostrare al mondo la sua vera natura: Hill manda per aria la prima bomba della serata replicando immediatamente con due liberi, mentre tra Stephenson e Wade si accende già un duello ampiamente anticipato dalle dichiarazioni tutto pepe di Born Ready da Brooklyn, New York. Nel disegnare il piano d’attacco coach Spoelstra ha contato molto sulla grande vena dall’arco di Bosh in questa postseason: le intenzioni del coach di Miami sono quelle di allargare il campo col suo numero 1, costringendo Hibbert a emigrare dal pitturato e aprendo così la strada agli assaltatori in maglia rossa. L’ex Raptors però inizia tentennando dalla lunga distanza, mentre Indiana non molla un centimetro e sfrutta le quattro precoci palle perse ospiti per stabilizzare e consolidare il proprio vantaggio. Paul George mette due triple di fila, prendendo al tempo stesso le redini della squadra e smazzando cinque assist nei primi dodici minuti di gioco; James prova a mettersi in ritmo con un paio di giocate di pura arroganza, dando libero sfogo a tutta la sua potenza immarcabile, ma Indiana trova una miniera d’oro nel tiro da tre e rimane saldamente avanti grazie a una prova offensiva ben bilanciata, sublimata da un paio di chicche difensive (una proprio ad opera di George che mette la museruola a LeBron) che consentono ai padroni di casa di andare al primo intervallo avanti 30-24. Si tratta del punteggio più altro fatto segnare dai Pacers in un quarto delle loro 14 partite di postseason fin qui giocate.
Indiana riparte da dove aveva lasciato, con Watson che imbuca la sesta tripla su sette tentativi degli uomini in giallo. Wade però deve aver preso sul personale l’atteggiamento di Stephenson, e ci tiene a ristabilire le gerarchie col giovane dirimpettaio: canestro acrobatico in transizione e gioco da tre punti convertito proprio ai danni del numero 1 di casa e Heat che in un amen si riportano sul -4. Se ti chiamano Born Ready, però, significa che proprio uno dei tanti non dovresti essere: Stephenson rende pan per focaccia a D-Wade, prendendo le redini della second unit di Indiana e alternando magistralmente soluzioni personali a una regia da Oscar con la quale mette in ritmo l’attacco. Bosh intanto continua a litigare col ferro e le sue triple non ne vogliono proprio sapere di entrare, al contrario dei tiri scoccati da Indiana che trovano ineluttabilmente il fondo della retina (64% dal campo fino a qui); Miami piazza uno degli impressionanti break difensivi che sono ormai un marchio di fabbrica della squadra di coach Spoelstra, con James che contemporaneamente prova a cercare lo strappo giusto andando a segno per il tredicesimo punto della sua serata. I Pacers scrollano le spalle, e come se nulla fosse costruiscono una esecuzione perfetta che consente a Hibbert di chiudere il gioco da tre punti, mentre tocca a Stephenson l’onore di chiudere il primo tempo grazie a un gran canestro in post su James con la mano mancina. È 55-45 Pacers, un inizio davvero inaspettato per queste finali di Conference: i padroni di casa giocano una pallacanestro spettacolare che infligge agli Heat il maggior numero di punti subiti in un tempo ai playoff fino a questo momento. Il momento difficile e le voci di uno spogliatoio in frantumi sembrano distanti anni luce all’evidenza di squadra che cerca sempre il passaggio in più e gioca con un raro altruismo offensivo. I punti sono ben distribuiti tra tutti gli effettivi, mentre gli Heat si affidano ai soliti noti James e Wade (13 punti cadauno) che però non vengono supportati a dovere dai compagni.
Coach Spoelstra continua a cercare la carta giusta dal mazzo, e dopo aver inutilmente disegnato un accenno di quintetto piccolo cambia totalmente partito schierando Haslem titolare in avvio di ripresa. Indiana però parte ancora in maniera più efficace che mai, con un George incontenibile e un West che va a sfruttare il prediletto pick and pop per dare il +11 ai suoi. Tutti i giocatori del quintetto dei Pacers sono in doppia cifra, e un parziale di 8-0 ispirato da un grande West e da un Hibbert troppo grosso e potente per essere arginato permette la prima, autentica fuga della serata (+17 Pacers). Spoesltra prova a giocarsi la carta del timeout psicologico, provando a convincere i suoi di poter rientrare in partita e andarla anche a vincere, ma Indiana sembra decisamente di altre vedute e tocca addirittura il +19, sfruttando i grappoli di tiri liberi portati in dote dal bonus speso ben presto dagli Heat vista l’incapacità di contenere i lunghi avversari (specialmente Hibbert, che a tre quarti di gara vanta già 13 viaggi in lunetta) nel pitturato. I Pacers però commettono l’errore di distrarsi, e nel giro di una manciata di possessi si vedono cancellare circa metà del margine di vantaggio accumulato: James guida un parziale di 8-0 ottenuto grazie ai palloni rubati e a un ottimo attacco in transizione. Sono 21 i punti del Re, che però allo scadere non può fare altro che ammirare il movimento col quale George sigla un canestro tanto bello quanto fondamentali nell’economia del frangente di gara. A dodici minuti dal termine Indiana è avanti 83-70: i Pacers stanno giocando una partita strepitosa, anche se hanno rischiato di vedere cancellato con un colpo di spugna il loro vantaggio a causa del mini-blackout nel finale di quarto. Fino a questo momento gli attacchi l’hanno fatta da padrone; la parola adesso spetterà alle difese, che avranno il compito di portare a termine il lavoro svolto nella metà campo offensiva.
L’avvio del quarto periodo sembra nascere sotto una pessima stella per i padroni di casa: George commette il quarto fallo personale, e Miami sembra fiutare la prima vena di incertezza dell’avversario portandosi sul -9 grazie anche a una stoppata pazzesca assestata da Andersen ai danni di Hibbert. Il momento è di quelli cruciali, e tocca al carisma e alla classe di Paul George risolverlo a favore dei suoi: il gioco da tre punti del numero 24 restituisce immediatamente fiducia ai Pacers, che allungano nuovamente sul +15 dopo tre liberi convertiti da Watson per un flagrant commesso ai suoi danni da Chalmers. Miami non vuol comunque demordere, e riesce a rimanere intorno al -10 grazie alla elettricità di Andersen, che vola su tutti i palloni e si fa sentire nei dintorni del ferro offensivo (14 punti per The Birdman). Nonostante gli sforzi e la caparbietà degli ospiti i Pacers non arretrano di un centimetro, rispondendo colpo su colpo a ogni affondo degli avversari con una sicurezza disarmante e che alla lunga fiacca i tentativi degli Heat. Il capolavoro dei padroni di casa è confezionato nelle fasi finali dell’incontro: Spoelstra ha conservato l’asso di un quintetto atipico e piccolissimo, schierato con l’intento di mandare fuori giri gli avversari sui matchup difensivi (per dare un’idea, West si trova accoppiato spesso e volentieri con Allen). Frank Vogel non si piega alla mossa dell’avversario, e viene ripagato dai suoi con una rendimento straordinario che annulla anche l’ultima chance a disposizione degli ospiti. Indiana amministra con lucidità e parsimonia negli ultimi minuti: vincono i Pacers 107-96, portando a casa una vittoria meritata e pesante nel primo atto della serie.
Un avvio inatteso quello di questa finale della Eastern Conference, perché i padroni di casa hanno saputo davvero stupire fornendo una prestazione pressoché perfetta sotto quasi tutti gli aspetti e che ha permesso loro di rimanere al comando dall’inizio alla fine della gara. L’attacco dei Pacers vive una serata di assoluta onnipotenza, con le triple che fioccano soprattutto nel primo tempo (42% finale) e un 52% dal campo frutto di ben 23 assistenze su 35 canestri segnati. Il successo di Indiana poggia anche sulle solide fondamenta rappresentate da ben 37 tiri liberi tentati (contro gli appena 15 degli Heat), frutto delle enormi difficoltà incontrate dagli ospite nel contenere i lunghi avversari. Il quintetto di Indy è a dir poco dominante, con i cinque giocatori che chiudono tutti sopra quota 15 punti: il top scorer, nonché l’uomo partita, è Paul George in virtù dei suoi 24 punti ai quali accompagna anche 4 rimbalzi ma soprattutto 7 assist. Insieme a lui brilla un Hibbert che sembra aver messo da parte gli screzi e le ruggini da spogliatoio per tornare a fare il centro dominante: 19 punti (ottimo 9 su 13 dalla linea della carità) e 9 rimbalzi sono la fotografia della ottima serata del centro di casa. Ottime anche le prove di Stephenson, che tiene fede alle dichiarazioni della vigilia e chiude con 19 punti e 8 assist, e di West, silenzioso ago della bilancia che scrive 19 punti e 7 rimbalzi. Doppia cifra anche per Hill (15 punti e le importanti triple in apertura di match) e Watson (a quota 11 dalla panchina).
Miami trova 52 punti dalla coppia James-Wade, ma i nodi di sbrogliare sono altrove per coach Spoelstra e i suoi. I due campioni fanno il loro dovere, con Flash che viene stimolato dal confronto dialettico con Stephenson e ne mette 27 (12/18 al tiro) e LeBron che risponde con 25 (11/18 al tiro); stecca invece Bosh, arma tattica importante nelle idee pre partita degli Heat ma fermo a soli 9 punti. Non basta l’ottimo contributo di Allen (12 punti, 5 rimbalzi e 4 assist) e Andersen (14); il divario dall’arco e ai tiri liberi risulta troppo ampio per essere colmato da una prestazione “normale” degli uomini di South Beach, che non trovano la difesa dei giorni migliori e sono costretti a soccombere in trasferta.
Indiana si prende di forza il primo atto della serie: l’impeto e la straordinaria efficacia dei padroni di casa hanno calmato i bollenti spiriti di James e compagnia, che hanno assaggiato la polvere per la prima vera volta nel corso di questa postseason. Un inizio del genere non fa che mettere ulteriore pepe su una serie che già si annunciava praticamente impossibile da prevedere: i Pacers si sono lasciati il meglio per il dessert, gli Heat dopo due aperitivi dovranno sedersi a tavola per iniziare la prima delle portate principali di questi playoff.
Studente in giurisprudenza, amo ogni genere di sport e il suo lato più romantico. Seguace di Federico Buffa, l’Avvocato per eccellenza, perché se non vi piacciono le finali NBA non voglio nemmeno conoscervi.
“Ricordati di osare sempre”.