Gli Indiana Pacers 2014 ormai sono meglio (o peggio, dipende da quanto teniate alle sorti della squadra) di una delle emozionanti quanto grottesche telenovelas sudamericane degli anni ’80. Hanno più risvolti della trama dello sceneggiato venezuelano Señora o dell’indimenticabile saga messicana di Esmeralda.
Prima della partita il web gossipparo era tutto proteso verso lo svelamento dell’arcano (si legga scandalo) che coinvolgerebbe le due colonne della squadra Paul George e Roy Hibbert.
Ebbene, sulla stampa dello stato dell’Indiana si mormorava che PG, che non è nuovo a questo tipo di scappatelle, sarebbe stato sorpreso a letto con la moglie del centro.
Fermi tutti! Non si trattava della moglie, bensì di una groupie al seguito dei Pacers, che precedentemente si era dilettata con il buon Roy. Che sia moglie o compagna occasionale non importa, si dice che Hibbert non abbia gradito. E pare persino che Turner e Stephenson, due che brillano per alzate d’ingegno, siano venuti alle mani per questo, con il primo che non apprezzava la presa di posizione in pubblico del secondo contro la disgregazione del gruppo dovuta a futili motivi di letto (quest’ultima parte ovviamente Born Ready se l’è tenuta per sé).
Non è dato sapere quanto tale ricostruzione corrisponda al vero. È molto probabile che la scatola nera non verrà aperta prima di un paio di decadi. In fondo a noi appassionati non importa, trattasi di fatti loro. Sono grandi abbastanza (qualcuno solo per dimensioni) e vaccinati.
Quello che interessa di più è il fatto che negli ambienti vicini al vertice della società stava iniziando a serpeggiare con una certa insistenza la voce che il management dei Pacers non considerasse più Roy Hibbert così tanto incedibile.
A causa delle scadenti prestazioni fornite di recente (due delle ultime 4 gare concluse con un imbarazzante doppio 0 nelle caselle di punti e rimbalzi), pare che Il Presidente delle Basketball Operations Larry Bird avesse cominciato a prendere in considerazione l’eventualità che il numero 55 non rappresentasse più una pietra miliare del futuro della franchigia.
Roy, come fa ogni buon americano che attraversi una crisi di qualsivoglia genere, è corso al capezzale delle sue figure di riferimento. Nelle ore precedenti alla partita ha parlato a lungo sia con il vecchio coach ai tempi del college John Thompson III che con l’amico e sportivo Robert Mathis, linebacker dei Colts.
In tutto questo, continuava ad ascoltare i consigli del compagno West, per la verità non molto incoraggianti visto che narravano di uomini soli in mezzo all’Oceano che sono costretti a salvarsi contando esclusivamente sulle proprie forze.
Non sappiamo quanto queste circostanze abbiano realmente influito sulla psiche di Hibbert. Quello che è certo è che la prestazione fornita dal centrone nella decisiva gara 2 della semifinale della Eastern Conference di stanotte contro i pericolosissimi Washington Wizards (in vantaggio 1-0 nella serie) ha ricordato ai presenti le splendide battaglie disputate dal 55 nei playoff della stagione passata.
I Pacers sono usciti vincenti dal confronto per 86-82 e l’apporto che ha saputo fornire Hibbert è stato semplicemente devastante. Per lui season-high di 28 punti con 10-13 al tiro, 9 rimbalzi e 2 stoppate (+16 di plus/minus). Compagni e spettatori non riuscivano a credere ai loro occhi.
Dopo aver totalizzato nelle precedenti apparizioni di questa post season un bottino tutt’altro che invidiabile di 37 punti e 24 rimbalzi, nella notte della Bankers Life Fieldhouse ha dominato come forse non aveva fatto mai in 12 mesi. E Indiana ne aveva un assoluto bisogno.
La minaccia dei Maghi, con le loro classiche partenze brucianti e il dominio nel pitturato, richiedeva di essere allontanata con uno sforzo supplementare, rispetto a quanto saputo fare finora.
Seppure Indiana, prima di questa, avesse vinto 7 delle ultime 8 gare due in cui nella serie si era venuta a trovare sotto per 1-0, Randy Wittman, il coach avversario, aveva intenzione di combattere strenuamente per sfatare questa tendenza, insieme con il famoso adagio latino che dice più o meno che nessuno è profeta nella propria patria.
Nativo dell’Indiana infatti, Wittman aveva militato a cavallo dei ’70/’80 fra gli Hoosiers di Bobby Knight e, non contento, aveva concluso dieci anni più tardi la propria carriera tra i pro con la maglia dei Pacers, indossata per un triennio. Sarebbe stato lo scherzo beffardo di un amico, se avesse portato a casa anche questa. Tuttavia non è riuscito nell’impresa.
Fin dall’inizio si è capito che Hibbert aveva altri piani per la serata. Sono suoi i primi 5 punti a referto per Indiana dopo la palla a due iniziale. Come detto, Washington è avvezza a cominciare con le marce alte, per cui era prioritario per lo staff di Vogel che i suoi entrassero in campo aggressivi fin da subito e smorzassero sul nascere il giovane entusiasmo dei dirimpettai.
Il piano partita ha funzionato per una buona metà del quarto: padroni di casa avanti per 15-7 con Hibbert che, come era solito fare un tempo, acquista intensità difensiva sull’onda della fiducia guadagnata in attacco e Indiana che accompagna i primi 5 canestri con solo 2 errori al tiro (in gara 1 erano 5-23 dal campo a un certo punto).
Ancora, a marcare l’iniziale, almeno in apparenza, rovesciamento dei ruoli, il tentativo in transizione di Wall (che 2 giorni fa seminava terrore nelle transizioni difensive dei Wizards) viene stoppato da Hibbert. Nonostante coach Vogel abbia ricordato a tutti nel discorso pre-partita di essere parte della migliore difesa NBA, Nene resta un affare complesso da maneggiare per il reparto dietro dei Pacers.
Come accennato però, negli ultimi 6 minuti del quarto il vento cambia paurosamente e gli ospiti piazzano un parziale di 16-8. L’esecuzione di Washington sui pick&roll continua ad essere magistrale.
A Nene si gira una caviglia, pestando Hill, ma non ci sono grosse conseguenze e si tira un sospiro di sollievo dalle parti della panchina Wizards. Paul George sembra un po’ scarico, gioca in modo passivo e si fa deviare quasi tutti i passaggi che effettua, tanto poco è convinto in quello che fa. Forse la battuta di pesca con Hibbert e Hill – in cui si è fatto fotografare per mettere a tacere i rumors – ha finito per consumarne le riserve di energia.
Nell’azione a 1:57 dal termine del periodo c’è tutto Paul George: riceve palla con tantissimo spazio nell’angolo sinistro dopo un rimbalzo offensivo di Mahinmi, non esplode la tripla, gigioneggia con la palla, permettendo a Gooden di recuperare, lo batte quindi col palleggio a destra, torna a sinistra andando dietro la schiena e lascia finalmente partire il tiro cadendo all’indietro e con le braccia protese del difensore a contrastarlo. Conclusione difficile, ovviamente realizzata.
Molta meno fatica deve fare invece Bradley Beal che prima sfrutta il blocco granitico di Gortat, si butta dentro senza palla e riesce dall’area, poi, utilizzando ancora un blocco, questa volta di Ariza, e il corpo di Gooden che fa da schermo, riceve e segna da 3 in faccia a West.
Una schiacciata del “rollante” Gortat fra tremare l’Arena. La frazione finisce 23-23. Indiana può comunque dirsi contenta poiché si tratta della prima volta che Washington non è in testa alla fine del primo quarto in questi playoff.
Nel secondo periodo le due squadre si alternano alla guida nel punteggio con la panchina dei Wizards che questa volta regge l’urto (18-12 il computo finale dei punti in favore degli ospiti) e il contropiede di Indiana che sembra funzionare (impietoso il 10-1 finale nei fastbreak points).
E menomale, verrebbe da dire, perché l’attacco a metà campo è a dir poco scandaloso: già sono pessimi passatori quasi tutti quelli in bianco, perché mai cercano continuamente il passaggio battuto sul taglio in mezzo a decine di gambe e braccia?
Dall’altra parte, neanche a farlo apposta, ci si permette il lusso di sostituire Wall col professor Miller. L’attacco dei Pacers comincia e finisce con un nome e cognome: Roy Hibbert. Segna alternativamente col jumper e col tanto adorato (e finalmente riapparso) semigancio destro e sinistro.
Quello che più colpisce però è la tranquillità con cui esegue. Riceve palla spalle a canestro, osserva il gioco che si sviluppa intorno a lui, la rigioca fuori, fa un passo dentro l’area, conquistando una posizione ancora più profonda, e, quando viene nuovamente coinvolto, si gira a sinistra (è sul lato sinistro) e lascia partire la conclusione.
Questa volta sbaglia ma non importa, good job! Stona un po’ invece la faccia che fa ogni volta, come a dire: “Hey, di cosa vi stupite? Sono sempre stato qui!” E no, Roy. Sei scomparso come Atlantide. Beal, oltre ad essere un tiratore micidiale, è anche un abile passatore ed ha in Gortat il suo bersaglio prediletto. 43 pari a 1:25 dal riposo di metà gara.
Il momento è topico, lo si capisce perché Vogel sostituisce le pedine in campo in maniera convulsiva. Fuori Hibbert, dentro Copeland per il possesso offensivo. I Pacers sono disperatamente alla ricerca di qualcosa, tanto che armano immediatamente la mano del nuovo entrato. Il tentativo di tripla è però corto.
Poco male: fuori Copeland, dentro Mahinmi per difendere il risultato. Alla fine ha ragione il giovane allenatore di Indiana: Mahinmi toglie letteralmente dal canestro la schiacciata finale di Wall che aveva battuto per le ventisettesima volta il povero George Hill. Il primo tempo si chiude sul 45-43 Washington.
Negli ultimi 24 minuti l’antifona non cambia. Beal, che in questa post season sta ricevendo una specie di investitura definitiva (finirà con 17 pts, 5 reb e 7 ast), fa sempre la scelta giusta contro la difesa decisamente incerta dei Pacers. Una volta punisce l’aiuto troppo veemente di West mandando a segnare Gortat, quella dopo condanna la posizione a metà (per impedire il passaggio al lungo) di George andando a concludere in prima persona sulla testa di un incredulo David West.
Le sue letture sono davvero impeccabili. Se vi avessero detto prima della partita che, con 10 minuti scarsi da giocare sul cronometro del terzo, Hibbert era responsabile del 43.5% dell’intera produzione offensiva di Indiana, che Stephenson non aveva ancora segnato un punto e che PG e West insieme facevano fatica ad arrivare a 10 conclusioni prese, quanti punti avreste detto che avevano a referto i Pacers? Probabilmente 7 o giù di lì?
Quindi il punteggio sarebbe dovuto essere più o meno 51-7 in favore dei Maghi. Invece no, Hibbert è quello dei vecchi tempi e risponde colpo su colpo alle giocate di Beal e Gortat (21 punti e 11 rimbalzi alla fine). La qualità dell’attacco di Washington è sublime, la differenza con gli avversari, costretti a isolare a turno le proprie bocche da fuoco, è evidente.
Fa eccezione un’azione, quella che porta Indiana in vantaggio 63-56 a 3:55 dall’ultimo mini-riposo, assistendo alla quale immagino che persino Bird, scuro in volto da tempo immemore, si sia commosso. Hill attacca il ferro nei primissimi secondi, batte l’uomo attirando il cambio difensivo di Nene e torna fuori dall’arco. Immediatamente gira il pallone alla sua sinistra verso George che, senza pensare, va dentro da West, impegnato nel mismatch con Wall.
West aggredisce il canestro, la difesa collassa su di lui (compreso l’esterno basso sul lato opposto) che non tira ma scarica su Hill, il quale a sua volta non conclude il possesso ma esegue un extra pass a Stephenson, ancora più libero nell’angolo per la tripla.
In questo frangente i tiri liberi fanno tutta la differenza del mondo: alla fine 5-12 per Washington, 18-21 per i Pacers. Senza le realizzazioni a gioco fermo probabilmente Indiana cadrebbe sotto i colpi di Gortat e della sua capacità superiore di “rollare” verso il canestro. Se poi segna anche il jumper dalla media inizia ad essere complicata la faccenda.
A 9:10 dalla fine infatti i Wizards tornano avanti, sul punteggio di 71-69. Indiana inizia il quarto forse più importante della stagione con 1-8 dal campo. Da lì in poi segnerà tutte le cinque conclusioni successive. Da segnalare che nel secondo tempo, quando per Vogel inizia a conticchiare, Turner non rivede il parquet se non da una comoda prospettiva laterale.
Con 3:38 da giocare, George (fin qui non pervenuto) schiaccia la bimane del +3 Pacers. Anche il canestro successivo è di George, un complicatissimo avvicinamento a canestro sullo scadere dei 24. Quando il tabellone dice Indiana 82 Washington 79, Beal è costretto ad un tiro difficilissimo in equilibrio su un solo piede. Lo sbaglia. La palla viene rispedita fuori dall’arco dai lunghi dei Wizards a rimbalzo e finisce nelle mani di Wall che, abbastanza inspiegabilmente, tira immediatamente da 8 metri, fallendo la conclusione forse decisiva.
Negli ultimi 2 minuti sbagliano tutti: George, Beal, di nuovo George e infine Wall. L’azione cruciale della partita della squadra di casa è orribile, con West che tiene palla 20 secondi e poi si esibisce in un complicatissimo tiro della cicogna, sbagliandolo.
Per fortuna di Indiana c’è la difesa. Hill si prende la sua rivincita strappando la palla dalle mani di Wall a 44 secondi dal termine. Sull’azione successiva Stephenson realizza un long-two privo di senso che però dà ai suoi il vantaggio per 84-79. Beal non ci sta e segna nuovamente una tripla.
Dopo una rimessa complicata West va in lunetta e allontana il tentativo di rimonta. Sul -4 con 8 secondi sul cronometro Washington esegue la terza rimessa consecutiva dei secondi conclusivi con Wall che riceve oltre il prolungamento del gomito sinistro, si fa scudo con il corpo e aspetta che si liberi un tiratore dai blocchi e che entri nella sua visuale. Questa volta è Ariza ma il tiro è sbagliato.
Finisce gara due con Indiana che per la prima volta, da quando si fa sul serio, tiene l’avversario a meno di nove canestri da 3 punti realizzati (5-21 per i Wizards). Anche il gap a rimbalzo viene quasi interamente colmato: dopo il massacro di gara 1 sono solo 5 le carambole in più catturate dagli avversari (anche se in quelle offensive il passivo di 11-4 in favore di Washington resta pesante).
La nota lieta in casa Pacers però riguarda il dato dei punti realizzati nel pitturato. Dopo il 10-29 di 48 ore fa, questa volta i punti sono 40, frutto di un ottimale 20-28 al tiro. Il principale, se non addirittura unico, responsabile di tutto questo è il ritrovato Roy Hibbert (un solo gioco in post-up in gara uno, 16 di cui 9 per lui in gara due).
Con il numero 55 nuovamente su questi livelli, le sorti dei Pacers possono cambiare repentinamente. Washington comunque ha opposto una fiera resistenza. È rimasta in partita fino in fondo e, nonostante l’exploit di Hibbert, ha dimostrato per ampi tratti di comandare il gioco.
Se Indiana per vincere in casa contro dei Maghi che potevano persino definirsi sazi dopo la conquista di gara uno (4 vittorie su 4 in trasferta) e con un Hibbert in formato monstre ha fatto così tanta fatica, rimane lecito chiedersi chi siano adesso i veri favoriti della serie.
Di sicuro è mancato George (lui e West hanno combinato per 20 punti totali con soli 21 tiri), è mancato Stephenson per un tempo e sembra che Vogel non possa fare affidamento su Turner (incapace di difendere su chiunque) nemmeno al secondo turno.
Vista così, questa vittoria, che fa tirare realmente un sospiro di sollievo alla franchigia dell’Indiana, non allontana la patina di incertezza che ormai campeggia sulle teste dei Pacers. Appuntamento a venerdì al Verizon Center in Washington, D.C.
grande amante del basket, del vino e della scrittura, segue l’NBA dal 1994, quando i suoi occhi furono accecati dal fulgido bagliore emanato dal talento irripetibile di Penny Hardaway. Nutre un’adorazione incondizionata per l’Avv. Federico Buffa e non perde occasione di leggere i pezzi mai banali di Zach Lowe.