Dicono: “Nel bene o nel male purchè se ne parli”. Se c’è un giocatore che ha saputo far parlare di sè, quasi al pari di un All Star, quello è Chandler Parsons. Per sua fortuna sempre e solo bene, tanto sul parquet quanto fuori.
La scalata dell’ala piccola degli Houston Rockets si sta rivelando tanto inesorabile, quanto inaspettata. Prendendola larga infatti, iniziamo col dire che Parsons entra nella lega nel 2011 come 38° scelta, quindi al secondo giro. Non certo una posizione che ripone in lui grandi aspettative. Apparentemente, una scelta qualunque. Ma si sà, il draft non è una scienza esatta.
E infatti il giocatore ha saputo ritagliarsi il suo spazio stagione dopo stagione, fino a diventare una pedina fondamentale nello scacchiere di coach Kevin McHale, nonchè uno degli atleti più performanti attualmente nel suo ruolo. Inoltre ha saputo attirare l’attenzione dei media grazie alle sue iniziative fuori dal campo, anch’esse apparentemente inusuali per un giocatore ‘normale’ come lui.
Quando giochi con gente come James Harden e Dwight Howard è facile essere messi in secondo piano, sia sul campo che sulle prime pagine. Ma Parsons è stato bravo a porsi in maniera diversificata, senza lasciarsi schiacciare.
La sua crescita tattica ha visto il giocatore diventare un tutto fare, capace di ricoprire più ruoli, migliorato in ogni aspetto del gioco.
Il ragazzo da Florida, arrivato da gregario, ha aumentato i suoi numeri in maniera esponenziale in questa annata. Tira con il 51.7% dal campo e il 37.5% da tre, con 5 rimbalzi e 3 assist di media a partita.
Discreto ai liberi, solido in difesa, è uno dei cinque migliori penetratori in campionato. Considerando le sole ali piccole, è settimo per punti a partita, quinto per assist, e soprattutto, secondo per percentuali di tiro Insomma, numeri che legittimano il rispetto delle difese avversarie.
A conferma del suo rendimento al top, nella sconfitta contro i Grizzlies dello scorso gennaio, Parsons ha fatto registrare anche un nuovo record NBA: 10 triple in un solo tempo. Il secondo, per essere precisi, dopo che nel primo non ne aveva messa neanche una. Mai nessuno prima di lui.
Volendo completare poi il quadro su tutte le opzioni offensive che il giocatore è in grado di offrire, non possiamo non citare la sua capacità di far andare via il pallone come un playmaker. Chiedere a Howard per avere conferme.
Fin quì tutto di positivo. Volendo fare proprio i pignoli, le uniche note stonate della stagione sono la tendenza agli infortuni, che lo rende un giocatore un po’ fragile e, in occasione della trasferta a New Orleans contro i Pelicans dello scorso Gennaio, il richiamo ufficiale rimediato per flopping.
L’ala dei Rockets ha infatti simulato in maniera troppo palese ed evidente un contatto con Eric Gordon. Si tratta del primo warning per Parsons, ma il flopping (atto fisico commesso al fine di ingannare gli arbitri e indurli a chiamare un fallo su un altro giocatore), se nel nostro bel Paese sarebbe normale amministrazione, oltre oceano è un episodio tanto sgradevole, quanto in aumento.
Ma questo passo falso non è stata l’unica notizia degna dei rotocalchi. Anzi. Le sue attività extra cestistiche sono a livello di una grande star.
Partendo dalle frivolezze, Parsons ha fatto da testimonial per la linea David Britton, della ditta di jeans Buffalo, per la collezione primaverile 2014. Per non farsi mancare niente, al suo fianco ha avuto la modella Ashley Sky, la sua attuale compagna. Madre Natura è stata generosa col ragazzo dalla Florida, non solo per talento, ma anche per la bella presenza.
A conferma della crescita di popolarità, che è andata di pari passo con quella sul parquet, lo scorso febbraio, Parsons ha tagliato un traguardo che è una vera e propria consacrazione nella carriera di un’atleta: ha debuttato con la sua prima signature shoe.
Per un giocatore NBA, uno degli onori più grandi che ci siano, a livello di immagine. Le scarpe personalizzate sono state create appositamente per lui dalla casa cinese Anta, che amplia così il proprio roster che vanta già giocatori del calibro di Rondo, Garnett e Scola.
Molto raro vedere un giocatore al terzo anno NBA con una scarpa dedicata, ma il talento del giocatore, che lo rende una possibile futura stella, il fatto di giocare in una squadra che può dare visibilità nei Playoff, e le cifre piuttosto basse del precedente accordo con la Nike, hanno fatto ricadere la scelta proprio sull’ala dei Rockets.
Inoltre non si può sottovalutare il fatto che Parsons gioca a Houston, squadra col maggior appeal in Cina, vista la militanza di giocatori quali Yao Ming in passato, e Jeremy Lin attualmente.
Passando a questioni più serie, l’iniziativa più degna è stata il gesto di solidarietà con cui Parsons ha messo a nudo le sue qualità morali e la sua sensibilità. A seguito dell’incontro con Patrick Hobbs-DeClaire, un bambino di dieci anni malato di cancro, Parsons si è rasato i capelli a zero, a sostegno di Patrick, e in segno di solidarietà verso tutti i malati che combattono questa tremenda battaglia.
Tirando le somme, questo ragazzo venuto dalla Florida come uno dei tanti, ha saputo conquistare le luci della ribalta a 360 gradi, imponendosi come una bella realtà nel mondo NBA.
Dove potrà arrivare è difficile a dirsi, ma se il buon giorno si vede dal mattino, la carriera di Parsons è destinata a continuare a crescere, così come i Rockets insieme a lui.