Ad Ovest con sostanzialmente lo stesso record si lotta per il dodicesimo o tredicesimo posto a sette vittorie dall’ottavo posto, l’ultimo disponibile per partecipare ai play off. Insomma i Pistons oggi giocano in una Conference oggettivamente debole e nonostante ciò non riescono ad emergere oltre questo livello di sostanziale mediocrità. Da dove cominciare?
In realtà avrei voluto pubblicare la Shot Chart di Josh Smith e chiudere qui, però non tutto inizia e finisce con le performance al tiro si Josh Smith, anche se queste ultime hanno la loro parte nel creare lo stato di difficoltà in cui si trovano oggi i Pistons.
Detroit ha scelto piuttosto bene negli ultimi draft, tralasciando la scelta di Caldwell-Pope di quest’anno per cui è ancora troppo presto per esprimere un giudizio: Drummond, Monroe e Knight. Tutti legittimi giocatori NBA che in questi primi anni di carriera hanno mostrato di poter star in questa lega e sopratutto i due lunghi Monroe e Drummond hanno dimostrato di poter diventare due giocatori di prima fascia NBA.
Andre Drummond al suo secondo anno nella NBA sta mettendo assieme statistiche di tutto rispetto, oltre 12 punti e 12 rimbalzi di media a partita, anche se come quasi tutti i giocatori interni che entrano nella NBA, deve ancora costruirsi una serie di movimenti d’attacco affidabili, imparare a posizionarsi e a gestirsi correttamente in difesa ed imparare ad utilizzare bene il proprio corpo, sia nel prendere posizione in attacco sia nel posizionamento difensivo per proteggere meglio il proprio canestro diventando un miglior intimidatore, senza avere troppi problemi di falli che ne possono poi limitare l’impiego in gara.
Altro punto dove Andre deve migliorare certamente è la percentuale ai liberi visto che oggi siamo al 38% scarso, ed una percentuale del genere lo candida sempre ad essere “invitato” ad andare in lunetta dagli avversari piuttosto che concedergli dei tiri facili e questo rischia di togliere dal campo nei finali di partita Drummond per lasciare sul parquet un giocatore più consistente dalla linea del tiro libero, oppure essere vittima di un eventuale “Hack-a-Andre” per togliere ritmo all’attacco dei Pistons, anche se visto come stanno andando le cose a Detroit non è che ce ne sia mai stato bisogno…
Come detto Joe Dumars ha scelto piuttosto bene al Draft, infatti oltre a Drummond nel Draft 2012, aveva scelto nel 2010 provenienza Georgetown Greg Monroe, altro giocatore interno, molto fisico e potente, che essendo anche lui nella fase iniziale della sua carriera NBA e quindi ancora in una fase dove deve sviluppare, stabilire, il proprio gioco in modo affidabile e consistente.
Anche Monroe in questa stagione sta ottenendo cifre di buon rilievo, 14,5 punti e 8,8 rimbalzi di medi a partita, cifre importanti che unite al potenziale fisico e alla giovane età di Monroe ne fanno uno dei lunghi con il futuro più interessante dell’intera lega.
Anche lui come Drummond non è un gran tiratore di liberi anche se va un po meglio del suo compagno di reparto: 60% dalla lunetta; anche lui è ancora chiaramente un giocatore in divenire, un giocatore che deve ancora trovare il modo di utilizzare appieno il proprio potenziale costruendosi un gioco attacco-difesa affidabile e confermare i progressi che ha mostrato in queste sue prime tre stagioni NBA.
In estate i Pistons hanno deciso di agire sul mercato dei free agent per migliorare ulteriormente la squadra inserendo nuovi giocatori in grado di far fare un altro passo avanti per tornare a competere per il vertice delle Eastern Conference. Così Dumars fa aprire il portafogli alla nuovo proprietario dei Pistons Tom Gores, che ha acquistato la franchigia nel 2011, ed ha messo sotto contratto Brandon Jennings e Josh Smith.
Josh Smith dopo 9 stagioni ad Atalanta ha deciso di accettare il quadriennale da 54 milioni di dollari propostogli dai Pistons, e così ha portato i suoi talenti ad Auburn Hills, non proprio la stessa cosa che South Beach, per giocare nei nuovi Pistons di Drummond e Monroe.
Qui credo inizino i problemi e gli equivoci per i Pistons di questa stagione, non tanto per il valore assoluto di Josh Smith, ma piuttosto per come si accoppia con Drummond e Monroe nella NBA del 2013-2014.
Un quintetto con Drummond, Monroe e Smith è enorme, davvero enorme e si fa fatica a trovargli un senso in una lega dove conta sempre più il tiro da 3 punti, dove conta aprire il campo, spaziarsi correttamente.
Drummond e Monroe giocano grosso modo gli stessi spazi in attacco, hanno quindi bisogno di ricezioni vicino al canestro da cui sviluppare il loro attacco; Josh Smith è stato spostato in ala piccola perchè è sicuramente il più mobile dei tre, ma allontanando Smith dal canestro gli si consente di “sfruttare” il suo tiro frontale, tiro che viene e va, più va che viene in realtà, e con percentuali sempre peggiori man mano che Smith si allontana dal canestro (ricordate la shooting chart di Josh?).
Smith è un giocatore che ha gran fisico, passa la palla molto meglio di quel che sembra, può difendere su tutti o quasi nella lega, non ha, come detto, un consistente tiro da fuori e non ha dei movimenti di post basso affidabili, potrebbe essere un grande tagliante in grado di occupare velocemente lo spazio per attaccare il canestro con ricezioni in movimento; in questa categoria credo che Smith possa davvero stare nell’elite della lega ed essere davvero un attaccante efficace ed efficiente.
Purtroppo gli spazi per un gioco di tagli in questa Detroit con Monroe e Drummond sul campo non ci sono essendo già occupati dai due lunghi predetti, in più Josh Smith per qualche strana ragione è convinto di essere un buon tiratore e credo costantemente di poter mettere a bersaglio qualsiasi tiro abbia a disposizione.
Questo facilita il compito delle difese che si trovano sostanzialmente a marcare tre giocatori stanziali, nessuno dei quali in possesso dei fondamentali di Olajuwon in post basso, e possono quindi riempire l’area per contrastare la stazza dei Pistons e possono poi invitare senza troppi problemi il terzo lungo Josh Smith a prendere uno dei suoi tiri da fuori.
In questa situazione complessa per l’attacco dei Pistons, Dumars ha scelto di affidare la bacchetta di direttore d’orchestra a Brendon Jennings… si quel Brendon Jennings.
Jennings è stato scambiato con i Bucks per Knight ed arrivato a Detroit ha firmato un triennale da 24 milioni di dollari complessivi che lo qualifica come il playmaker titolare dei Pistons per le prossime tre stagioni. Jennings non è il classico playmaker che costruisce il gioco, che rispetta gli schemi, che dà ritmo alla squadra, anzi è un giocatore rapido che gioca spesso a strappi, al limite e non è sempre lucidissimo nelle scelte che fa e senza un tiro da tre punti affidabile in grado di aprire gli spazi in attacco, non è certo il giocatore ideale per far dettare i tempi ad un attacco già complicato dalla convivenza dei tre giocatori interni di Detroit.
Davvero una chimica di squadra difficile per questi Pistons che in attacco non trovano spazi e ritmi consoni per i giocatori a loro disposizione e nemmeno riescono a sfruttare in difesa la stazza dei propri giocatori. Che soluzioni trovare dunque per cercare di indirizzare diversamente l’annata di Detroit?
Cheeks potrebbe provare a ruotare diversamente i suoi lunghi facendo uscire dalla panchina Drummond, però è Monroe il giocatore in scadenza di contratto a fine anno e che probabilmente non potrà essere rifirmato dai Pistons, mentre Drummond ha ancora da fare due anni del suo contratto da rookie e Josh Smith è il giocatore con il contratto più oneroso presente a roster e quindi non può certamente essere usato come sesto uomo di super-extra lusso ma deve continuare a partire in quintetto.
Dichiarare già fallito l’esperimento Smith dopo 3 mesi è prematuro anche per una lega dove tutto va alla velocità della luce come l’NBA, stesso discorso per Jennings anche lui da troppo poco in Michigan per pensare ad uno scambio che lo coinvolga.
Certamente il basso livello medio della conference in cui giocano i Pistons potrebbe permettere a Detroit di trovare comunque un posto ai play off non appena riusciranno a gestire meglio Drummond, Monroe e Smith e a trovare lo spazio per le improvvisazioni di Jennings.
Questa rischia di essere un’altra stagione mediocre per i Pistons: nonostante gli investimenti fatti in estate i giocatori arrivati sono male assortiti e Maurice Cheeks non sembra avere le capacità di gestire diversamente il materiale umano a sua disposizione implementando un diverso sistema di gioco o modificando le rotazioni dei suoi giocatori.
Fondamentalmente questa squadra non sembra avere un progetto tecnico consistente in grado di portarli in alto nella Eastern Conference: vedremo se il proseguo della stagione sarà ancora in linea con questi primi tre mesi oppure se i pezzi del puzzle messi sul tavolo da Dumars troveranno il modo di incastrarsi e funzionare assieme.
Smith è stato un errore tecnico, facilmente pronosticabile peraltro. E non privo di conseguenze, perché comporterà la impossibilità di rifirmare Monroe, che non mi stupirei partisse a breve.
Brandon Knight non ha fatto benissimo a Detroit, ma Jennings… non utile alla squadra.
Però… a fine anno Villanueva ($8,580,000) e Stuckey ($8,500,000) andranno a scadenza (in teoria pure Jonas Jerebko ed i suoi $4,500,000, ma il buon Jonas ha una player option), quindi il cap si alleggerirà non poco.
Poi, un bel record negativo consente di presentarsi al draft con qualche possibilità di pescare … ehm… peccato che la prima scelta di Detroit appartenga a Charlotte (protetta 1-8; protetta se al numero 1 per il 2015; non protetta per il 2016).
Bene ma non benissimo.