In una Eastern Conference dai livelli tecnici ed agonistici tra i più bassi degli ultimi quindici anni, in cui il divario con la competitivissima Western continua ad ampliarsi, può succedere che una squadra con un bilancio negativo di 14 vittorie e 17 sconfitte detenga il sesto miglior record della Conference e stupisca per i progressi compiuti rispetto ai disastrosi anni passati.
Questa squadra sono i Charlotte Bobcats, prossimi a riprendersi il vecchio e sempre amato nome di Charlotte Hornets, memori dei “gloriosi” tempi in cui un giovane Barone faceva sognare il pubblico della North Carolina.
Charlotte quest’anno rischia seriamente di giocare i playoff e di evitare eventuali sweep al primo turno, soprattutto se prima della dead line di febbraio riuscisse a migliorare ulteriormente una squadra che è già decisamente cresciuta rispetto al recente passato.
Michael Jordan nelle vesti di GM non ha – per ora – ripetuto le gesta di quando vestiva la canotta dei Bulls, anzi si è distinto per non essere ancora riuscito a costruire una squadra dignitosa e con ambizioni reali, facendo rimanere i Bobcats la franchigia barzelletta (e molto spesso la squadra materasso) della lega.
Tuttavia l’ultima estate ha portato una prima novità interessante, il primo vero colpo di mercato dell’era Jordan: infatti è stato firmato Al Jefferson, ala grande/centro tra le più tecniche e complete della lega, reduce da annate con ottimi numeri ai Jazz, non un fuoriclasse, ma sicuramente un grande giocatore e per Charlotte si tratta di merce assai rara.
L’arrivo di Al Jefferson, unito soprattutto alla esponenziale maturazione del vero giocatore-franchigia, Kemba Walker, e ad una sorprendente chimica di squadra, sono stati i fattori che hanno permesso ai Bobcats di rilanciarsi e di affermarsi ai piani alti (sempre ricordando che si tratta di Eastern); cogliendo vittorie di prestigio e ponendo agli addetti ai lavori il quesito sulle reali ambizioni del team, dato che proprio nell’anno in cui non si sta lottando per il tanking più sfrenato o rischiando di battere i peggiori record della lega, si prospetta uno dei draft più succulenti di sempre.
Nell’anno di Wiggins, Jabari Parker, Randle, Embiid e tanti altri potenziali campioni… i Bobcats non appaiono tra le principali candidate alla lottery, ed è davvero un paradosso dopo anni di sconfitte e speranze – quasi sempre vane – di pescare il fenomeno di turno al draft.
Ad ogni modo, dal momento che per il tanking forse è tardi e l’Est quest’anno versa in condizioni pietose (non ultimo il grave infortunio di Horford che indebolisce notevolmente Atlanta, una potenziale rivale dei Bobcats), sarà maggiormente opportuno puntare al miglior seed possibile nella griglia dei playoff, difendendosi strenuamente dagli eventuali tentativi di rimonta di franchigie oggi in crisi profonda come i Knicks o i Nets (anche se ormai le speranze nella Big Apple sono al lumicino).
La squadra in effetti è tutt’altro che malvagia: l’asse Kemba Walker – Al Jefferson è di buon livello, specie a seguito del già citato salto di qualità compiuto dal piccolo play ex Huskies, più maturo e carismatico rispetto ai suoi primi anni nella lega, già decisivo in diverse occasioni nei finali punto a punto.
Il lungo ex Jazz arrivato in estate colmo di aspettative, dopo avvio incerto anche a causa di qualche acciacco, ora si sta affermando ai livelli che tutti si attendevano, consentendo una dimensione offensiva in post che era sconosciuta negli anni precedenti, e garantendo una buona dose di rimbalzi e di stoppate nella metà campo difensiva (pur non essendo esattamente un grande difensore).
Il resto del quintetto dell’ottimo Steve Clifford (coach in ascesa pur se già ultracinquantenne, e con una lunga carriera di vice-allenatore alle spalle) è di discreto livello: nello spot di guardia troviamo Gerald Henderson, protagonista di una stagione finora positiva (nonostante delle discutibili % al tiro), in ala piccola Anthony Tolliver sostituisce gli infortunati KIdd-Ghilchrist e Jeff Taylor, e nel ruolo di ala grande agisce Josh Mc Roberts, una delle più belle sorprese della stagione di Charlotte, lungo bianco dalle mani educatissime, splendido passatore e nel complesso giocatore estremamente sottovalutato.
Dal pino è pronto ad incidere un ottimo ricambio in cabina di regia come Ramon Sessions, ma soprattutto giocatori di seconda o terza fascia come “il fu Ben Gordon”, Chris Douglas Roberts, Jeff Adrien e lo specialista difensivo Bismarck Biyombo (giocatore discreto se non fosse che è stato pescato dal fiuto di MJ – attraverso una geniale trade con i Kings – con la settima scelta assoluta).
Infine vi sarebbe l’enigma Cody Zeller: quarta scelta assoluta dell’ultimo draft, considerato da molti scout come un lungo NBA ready e invece apparso assai acerbo e fisicamente inadeguato, infatti Clifford lo sta gestendo con un minutaggio ridotto e minori responsabilità rispetto alle aspettative del training camp.
Essendo un lungo di talento è probabile e auspicabile che gli ci vorrà del tempo per maturare ed affermarsi, ma è fuori da ogni dubbio che non si tratterà mai di una star; se nel volgere di un triennio diventasse un 4 da 12/13 punti e 7/8 rimbalzi sarebbe comunque oro colato per la franchigia – a meno che non sia coinvolto prima in qualche scambio.
In assenza di Kidd-Ghilchrist il ruolo di ala piccola non può che essere l’anello debole del quintetto, e a prescindere dall’ex Wildcats è un ruolo che andrebbe potenziato per poter avere ambizioni maggiori (in questo senso i pensieri o i rimpianti a Wiggins e Parker aumentano), e inoltre la panchina è tutto fuorché competitiva, specialmente in ottica playoff; perciò sarebbe veramente auspicabile un intervento sul mercato prima della deadline, ma qui entriamo nel territorio dell’imprevedibile Jordan GM e non ci resta che attendere ed osservare, non è detto che non riesca a stupirci positivamente.
Se qualche aggiustamento nella giusta direzione verrà effettivamente compiuto e se la squadra continuerà sulla strada intrapresa in questo primo abbondante terzo di stagione regolare, forse i sogni di gloria degli Charlotte Hornets che verranno potranno arrivare ad un primo turno di playoff combattuto… oltre, per il momento, non è proprio il caso di spingersi, però siamo sicuri che ai tifosi una prospettiva del genere non apparirebbe affatto negativa – sempre che non si pensi troppo alla lottery del prossimo giugno, in cui Charlotte rischia di torturarsi seguendo la cerimonia.