blaz2013Dopo quel celeberrimo titolo nel 1977, targato Bill Walton, i Portland Trail Blazers ne hanno passate di tutti i colori.

Dai Jail Blazers dei primi anni 2000 agli Unglorious Blazers degli ultimi anni, non hanno fatto altro che scemare la cosiddetta Blazermania, nata negli anni in cui il centrone sovraccitato spopolava tra le vie della città dell’Oregon.

Ora, questa follia collettiva, sembra essere tornata in vigore e non è solo perché la serie di sfortunati eventi appare messa alle spalle (vedi Oden e Roy su tutti), ma perché la squadra sta girando alla grande. Merito sicuramente di un coach come Terry Stotts, criticato in passato per le sue squadre prive d’identità, ma che si sta prendendo una bella rivincita, allenando un gruppo giovane e allo stesso tempo già esperto e in grado di competere con i migliori della lega.

Merito anche dell’owner, quel Paul Allen che non ha mai avuto tanta fiducia nel suo management e in se stesso, ma che non ha mai mollato, così come con i Seattle Seahwaks, squadra NFL di sua proprietà che, tra l’altro, sta giocando un campionato memorabile.

Essere stato l’unico team, finora, ad aver battuto gli immortali San Antonio Spurs, basta e avanza come credito per spiegare un inizio di stagione fantastico, ma se ci dobbiamo addentrare più nello specifico non può non saltare agli occhi di tutti gli appassionati il loro incredibile gioco collettivo che è stata la vera forza fino a questo momento, come i capelli per Sansone.

Stotts sta cercando di improntare i suoi su un’ottica del play in the right way tanto caro a Larry Brown. La difesa è nella Top 10 NBA e stanno concedendo il 30.4% da tre che li piazza al primo posto in questa speciale classifica, segno che la copertura del perimetro è la priorità, della serie: “Preferisco concedere due punti facili, piuttosto che tre” e, per il momento, questa filosofia sta funzionando egregiamente.

Dal punto di vista offensivo, segnano la bellezza di 104 punti a gara, con quattro giocatori sopra i 10 punti di media e altri due a ridosso della doppia cifra. La percentuale delle assistenze, poi, sfiora il 60% e questo ci riporta a ciò che dicevamo in precedenza, cioè al gioco di squadra, basato sulla circolazione di palla per trovare l’uomo meglio piazzato, preferibilmente oltre l’arco dei tre punti da cui tirano con il 42.2% (terzi nella lega) per ben 10.1 conclusioni azzeccate ad allacciata di scarpe (sempre terzi).

In poche parole, i Blazers sono una squadra che ama aggredire il perimetro, sia da una parte che dall’altra e ciò sta portando i suoi squisiti frutti.

Un’altra spiegazione di questa tendenza, anche se in quantità e qualità minore, sono gli scarichi che LaMarcus Aldridge dirige verso l’esterno dell’area. L’ex Texas Longhorn è sicuramente la prima scelta offensiva della squadra. Dotato di un ottimo mid-range jumper, non disdegna nemmeno giocare spalle a canestro, tanto da subire anche qualche raddoppio di troppo che gli permette di fiondare la palla a spicchi su un compagno, possibilmente libero.

Stiamo parlando di un giocatore dai buoni fondamentali, anche se non è mai stato e mai sarà una superstar. Il non stare sotto i riflettori, però, molto spesso paga il doppio e la poca pressione che circola intorno e dentro al Moda Center, lievita le sue prestazioni, tanto che sta viaggiando ai massimi in carriera per punti, rimbalzi e rubate, con il minimo nei falli, segno che è diventato molto più pulito in fase difensiva, forse anche troppo.

Se Aldridge è il terminale offensivo all’interno del pitturato, Damian Lillard si occupa di amministrare il gioco dalle retrovie. Il rookie dell’anno 2013 ha leggermente innalzato le sue cifre rispetto alla stagione d’esordio, specialmente in punti e rimbalzi. Sta anche cercando di mettere su un po’ di fisico che lo possa far migliorare nella propria metà campo, senza perdere quella dinamicità e quella velocità di esecuzione che lo caratterizzano. Il suo crossover è micidiale, tanto che a molti ricorda il modo di giocare di Derrick Rose.

A Portland tengono, però, le dita incrociate perché l’ex Weber State non faccia la fine del numero 1 dei Bulls e nemmeno quella di un altro idolo della folla di Portland, quel Brandon Roy destinato a diventare una stella, ma poi eclissatosi per via delle ginocchia di cristallo. Damian ha sinora giocato tutte e 96 le partite da professionista e ciò fa ben sperare per il presente e per il futuro.

La terza arma della squadra è senza dubbio il rampante francese Nicolas Batum che sta diventando un vero e proprio tuttofare, come dimostra la tripla-doppia siglata proprio contro gli Spurs. Si sta aggirando su 13.4 punti, 6.4 rimbalzi e 4.9 assist, numeri che forse non valgono gli 11 e passa milioni che prende a stagione, ma che costituiscono un ottimo contributo ai fini della squadra.

Tra le stelle affermate e più acclamate, c’è una stellina che prende il nome di Wesley Matthews, forse uno dei giocatori più sottovalutati del panorama. Wes sta letteralmente disarmando le difese avversarie siglando 17.3 punti ad incontro con uno strepitoso 56.8% dal campo, e ripeto: 56.8% (!!!). Una vera e propria guardia tiratrice che sta rendendo Stotts orgoglioso del suo lavoro, perché quando le cose si mettono male, c’è sempre il quarto moschettiere a segnare i sederi dei nemici con qualche colpo da perfetto spadaccino.

Per quanto riguarda l’efficienza, non possiamo di certo dimenticare Mo Williams che regala minuti di qualità partendo dalla panchina, mentre Robin Lopez è certamente il compagno ideale di Aldridge, almeno da quanto si è potuto appurare in queste prime 14 partite.

L’ex Suns e Hornets è il secondo miglior rimbalzista e il primo stoppatore di squadra, e se si specializzasse ancora di più, a livello difensivo potrebbe diventare un ottimo centro, anche perché offensivamente parlando non è tutto questo portento.

Thomas Robinson, Dorrell Wright e Joel Freeland, poi, sono dei buoni comprimari e dire che il coach non li sta nemmeno tanto sfruttando a dovere.

Insomma, i Blazers sembrano un’ottima compagine, degna di una partenza sprint come questa, ma a lungo andare c’è il rischio che la panchina non tenga il ritmo e che il quintetto base non basti. Per ora quest’eventualità non si è presentata e i tifosi si augurano che non possa accadere perché dopo anni di sconforto la Rip City è tornata a vedere la luce in fondo al tunnel (toccate ferro, o legno nel caso dei nostri amici americani).

One thought on “La Blazermania è tornata in città

Commenta

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.