Ricostruzione, anno secondo.
Cioè il momento in cui, dopo aver distrutto il vecchio con un’operazione simile ad una demolizione controllata, si gettano le basi del nuovo.
Inizia ad esserci del generico talento da sventolare come una carota davanti al naso dei tifosi più impazienti per dar loro un motivo in più per continuare a seguire ed appoggiare la squadra. E soprattutto sono ben chiari gli obiettivi a breve, medio e lungo termine, da inseguire nei tempi e modi prestabiliti, senza alcuna fretta.
Tipo che ne so, le palline della Lottery del draft 2014, che si preannuncia decisamente ricco di giocatori dal potenziale notevole.
Conference: Eastern
Division: SouthEast
Arrivi: Jason Maxiell, Ronnie Price
Partenze: Al Harrington, Beno Udrih, DeQuan Jones
Draft: Victor Oladipo (#2), Romero Osby (#51)
ANALISI
Il general manager Rob Hennigan e il colonnello Hannibal Smith. Che?!?
Avere un piano. Metterlo in pratica. E fare in modo che abbia successo, anche in condizioni difficili.
Il parallelo finisce qui, l’ex collaboratore di Sam Presti non sembra tipo da sigaro e autocelebrazione (anzi, come visto a Treviso in occasione dell’Eurocamp si sta più su ghiacciolo e ricerca dell’anonimato), ma queste sono sfumature.
La chiave di lettura dei Magic è questa. Nella scorsa stagione il roster era pessimo, ma non certo il peggiore della Lega. Però c’era come detto un obiettivo da raggiungere. Senza eccessivi compromessi (vedi alle voci Anderson Ryan e Redick JJ).
E quindi… Magia (mica per niente). Un colpo di bacchetta del Mickey Mouse versione Fantasia e si mette in piedi un parziale di 8-43 nel 2013, per arrivare alla draft Lottery con le maggiori chances e, con la compartecipazione dei Cleveland Cavaliers, riuscire a scegliere Victor Oladipo, il giocatore desiderato.
Ora si va in scena con il secondo (di tre o quattro) atto. Chiamatelo tanking, chiamatelo ricostruzione, poco cambia.
La ricetta è: disinteresse totale nei confronti della free agency, età media decisamente bassa, sperimentazioni tattiche varie ed eventuali, estrema cautela per quanto riguarda il recupero e reinserimento degli infortunati.
Stavolta però l’obiettivo non è solo ed esclusivamente perdere. La profondità del prossimo draft e il sistema della Lottery consentono di… ehm… accontentarsi.
Cioè di non essere forzati ad inseguire il fondo estremo della classifica (posizione che sembra già assegnata ai Philadelphia 76ers, occhio al record negativo targato Bobcats…), ma di potersi anche permettere una posizione leggermente migliore.
Sempre di peggiori 5 si parla, però si può e deve iniziare a valutare in modo più attento e completo il materiale già a disposizione.
Che se buono non può che portare a qualche discreto risultato.
IL ROSTER
Il fil rouge è uno solo: lo spessore umano. Che per costruire una squadra di successo, quando e se ciò sarà possibile, è importante tanto quanto il talento. Anzi, ne rappresenta le fondamenta.
Che ci vogliano ancora uno o due anni, l’obiettivo è quello di costruire un roster senza “mele marce”, ma composto esclusivamente da personalità di semplice gestione, esemplari fuori dal campo e motivate sul parquet. Chimica di squadra sopra tutto. Difficile ci sia spazio per chi non condivide questa visione.
Quindi…
Separati in casa
I quasi ex. Intesi come ex-giocatori. Cioè, uno solo. The Artist formerly known as Hedo.
Che nelle apparizioni pubbliche preferisce non mostrarsi e manda quindi il proprio sarcofago, ormai sosia perfetto dell’originale per mobilità e dimensioni.
Ad memoriam, rigiriamo un attimo il dito nella piaga Turca e anche in quella Magic. La sua situazione è limpida: Turkoglu ha contratto garantito con i Magic per 6 milioni, che diventerebbero 12 se rimanesse a roster oltre il 15 dicembre.
Ha un accordo verbale con il Fenerbache per tornare in patria, alla modica cifra di 3,5 milioni di dollari (!!!) per una stagione. La dirigenza Magic gli ha offerto un buyout, presumibilmente da 3-4 milioni. Come dire: ne hai in tasca 6 (garantiti), se vuoi andare a prenderne 3,5 in Turchia lasciane almeno un paio a noi e ci si guadagna tutti.
Non fa una piega, no? E infatti Hedo è ancora a Orlando. Cioè, no, non fisicamente. Potrebbe anche non metterci mai più piede. Va beh, ci siamo capiti. Altro che separati in casa, non gli lasciano neanche la cuccia del cane. Anche perché non ci entrerebbe.
In lotta per un posto
Mickeal Gladness, Manny Harris, Solomon Jones, Kris Joseph, Romero Osby.
Tutti con contratti non garantiti, tutti alla ricerca di un posto nei 15 che inizieranno la stagione.
Il rookie Osby pare aver buone chances, ma la concorrenza nel ruolo non è indifferente.
Gli altri sono journeymen che hanno già assaggiato l’NBA in modo più o meno soddisfacente e che stanno cercando di rimanere aggrappati al giro che conta con unghie e denti. Il che è sempre da apprezzare, se non altro per tenere alto il livello di intensità degli allenamenti.
Il supporting cast
Jason Maxiell e Ronnie Price. Discreti e stimati veterani che fanno di personalità (vedi sopra) e attitudini difensive il proprio marchio di fabbrica. Il resto? Non serve. C’è da stare in Florida per un anno, al massimo due, in cui dell’efficacia sul campo interessa ancora in modo molto relativo.
In sostanza: simpatici, educati, si impegnano e non si lamentano. Bravi, bene, bis.
E poi Kyle O’Quinn, Doron Lamb, E’Twaun Moore e Andrew Nicholson.
Per i primi tre vale il discorso fatto un paio di righe più su, con la differenza che si tratta di giocatori ancora giovani e dai quali quindi si può sperare di ricavare qualcosa, fosse anche per un futuro da comprimari. Soprattutto da O’Quinn, già beniamino dei tifosi, esempio per i compagni e leader neanche troppo occulto dello spogliatoio.
Nicholson invece è forse, Innominabile Turco a parte, la nota più stonata dell’intero roster.
Il talento offensivo è sconfinato. Spalle e fronte a canestro. Le mani sono semplicemente favolose. In estate ha ampliato il proprio range di tiro aggiungendo le triple al proprio arsenale. E… basta. Letture, effort, intangibles, rimbalzi, difesa, passaggio, aggiungeteci quel che vi pare. Tutto missing in action. E non si vedono neanche grossi margini. Non benissimo per giocatore che è sì al secondo anno, ma ha “già” 24 anni.
E il fatto di essere stato tra i principali responsabili della debacle Canadese al recente campionato continentale tenutosi in Venezuela non fa che rafforzare la tesi.
I veterani
Jameer Nelson, Arron Afflalo e Glen Davis.
Tutti con le valigie pronte. Ma non è detto che vadano chiuse.
Jameer ha a suo vantaggio il fatto di essere il padrone di casa. Il Capitano. E un grandissimo esempio per i giovani. Dovesse arrivare una buona offerta può senza dubbio partire, ma le qualità e il contratto (2014/15 garantito solo per il 50%, pari a 4 milioni) sono punti a suo favore. Anche perché i giovani più importanti (vedi sotto) sono sì caratterialmente dotati di loro, ma un aiuto non si rifiuta mai.
Afflalo rapprensenta un caso già più complicato. Giocatore piuttosto completo e affidabile su entrambi i lati del campo, in un contesto in cui non gli si chiede di essere la prima o seconda opzione offensiva è un titolare di sicuro affidamento. Mentre è assolutamente fisiologico che fatichi come nella scorsa stagione se chiamato a svolgere compiti che non siano alla sua portata.
Avrebbe quindi tutte le caratteristiche per inserirsi perfettamente nel disegno di Hennigan… se non fosse che la concorrenza interna è rappresentata dai due giocatori su cui si è investito maggiormente. E allora anche qui, in caso di offerta di un certo tipo tanti saluti e grazie per aver sopportato una stagione da 20 vittorie, altrimenti si è ben felici di proseguire il rapporto.
Davis per finire è reduce da un grave infortunio al piede, accompagnato da due operazioni nel giro di sei mesi.
E il binomio frattura al piede – 300 libbre di peso raramente ha portato con sé sviluppi positivi.
Dovesse dimostrare di essere guarito a pieno (ma ci sono dubbi in merito) resta un buon giocatore di sistema anche ad alti livelli e che quindi potrebbe riscuotere interesse sul mercato. E nel suo caso le richieste di Hennigan sono bassissime. Così non fosse resterebbe ai Magic come giocatore di rotazione in attesa della scadenza del contratto (giugno 2015).
Il futuro
Finalmente le note liete.
Che rispondono ai nomi di Victor Oladipo, Maurice Harkless, Tobias Harris e Nikola Vucevic.
Il centro Montenegrino è stata una delle sorprese della scorsa stagione. Stazza e morbidezza delle mani erano note, ma per quanto riguarda la metà campo offensiva ha mostrato un repertorio completo e già di buon livello, in svariate situazioni:spalle a canestro, fronte a canestro come tiratore piazzato dalla media distanza e soprattutto in movimento dal pick n’roll.
Ciò che gli si chiede è un impatto maggiore in difesa. Anche a discapito di qualche rimbalzo, dato che spesso ha dato l’impressione di preoccuparsi del tagliafuori anche quando sarebbe stato il caso di intervenire in aiuto. In sostanza si tratta di utilizzare la mobilità e il tempismo di cui è senza dubbio dotato per trasformarsi in un rim protector presentabile. Il che farebbe tutta la differenza del mondo, soprattutto in prospettiva. L’operazione non è semplice, ma tempo e voglia non mancano.
Per quanto riguarda gli altri tre la parola d’ordine è flessibilità. Crescere, ma soprattutto provare a svilupparsi in ruoli che non necessariamente sono quelli naturali. Si torna sempre al draft 2014, dal quale dovrebbe uscire l’ultimo e forse più importante pezzo del puzzle.
Dovesse trattarsi di un playmaker, il progetto sarebbe quello di inserirlo in un quintetto con Vucevic e poi Oladipo SG, Harkless SF e Harris PF.
Fosse una guardia, Oladipo PG, Harkless SF e Harris PF.
Fosse un’ala piccola, Oladipo PG, Harkless SG e Harris PF.
E fosse un’ala grande, Oladipo PG, Harkless SG e Harris SF.
Semplice, no?
Ecco… no.
La situazione meno complicata dovrebbe essere quella di Tobias Harris.
Pescato dal nulla (il dimenticatoio di Milwaukee, dove era l’ottava ala a roster) e in cambio del nulla (3 mesi di noleggio di JJ Redick e seconde scelte), nelle 27 partite giocate in maglia Magic ha dato prova di ottime capacità realizzative e discreta propensione a rimbalzo.
Un mini (mini mini mini) Carmelo Anthony, con il quale condivide ruolo (a metà tra 3 e 4), dimensioni, difetti difensivi (mobilità laterale in primis) e offensivi (usage rate elevato) e la completezza offensiva fronte e spalle a canestro, anche se chiaramente si parla di tutt’altro livello di talento. A 21 anni però è giusto sognare. Magari senza esagerare (in una recente intervista ha dichiarato di sognare una convocazione per l’All Star Game… inteso come il prossimo!), ma uno sviluppo come seconda opzione offensiva è probabilmente alla sua portata, magari lavorando nel frattempo sui punti deboli di cui sopra. Testa e faccia tosta non mancano, basti pensare al numero che porta sulle spalle…
Nei sogni di Rob Hennigan e di coach Jacque Vaughn (a margine, anch’egli atteso a una progressiva crescita nella speranza che buon sangue –Spurs- non menta) Maurice Harkless dovrebbe invece diventare una specie di Kawhi Leonard. Il prototipo del 3&D, ma supercharged (cit.). Triple (dagli angoli) e difesa. Se come semplice comprimario o come titolare importante, si vedrà.
L’età è giovanissima (maggio 1993!) e il potenziale c’è tutto, ma anche qui è bene stare con i piedi ben saldi per terra.
E ovviamente, ma non è una sorpresa, ci sono testa, voglia e consapevolezza nei propri mezzi.
La sua possibile evoluzione in SG passa per progressi al tiro da fuori (dall’angolo sinistro del campo le percentuali sono già assolutamente rispettabili) e nel ball handling. Anche se, come dice lui “the wing is the wing”, che spiega come ormai i compiti di SG e SF siano decisamente comparabili, ma anche che l’importante è che in campo ci siano un sistema, un playmaker e un creatore di gioco supplementare, dal palleggio o dal post medio/alto. In quale dei ruoli classici si trovino queste abilità fa pochissima differenza.
Impiego? 50% da SG e 50% da SF.
E poi c’è Victor Oladipo.
Che oltre che dei Google Glass indossati la notte del draft è già padrone delle chiavi dell’Amway Center, della città di Orlando e pure di Disney World.
E’ tutto nelle sue mani. E’ destinato ad essere il volto della franchigia per i prossimi 7 anni (almeno). Personalità debordante e contagiosa, lavoratore clamoroso, difensore potenzialmente devastante. Il tutto comandato da una testa che non smette di ragionare, pallacanestro e non solo.
Nell’ultima stagione in maglia Hoosiers ha compiuto un salto in avanti notevolissimo anche per quanto riguarda il rendimento offensivo, ma il lavoro in tal senso è ancora lunghissimo.
E quindi… playmaker?!?
Beh, sì.
Innanzitutto perché come visto potrebbe anche diventare il suo ruolo futuro.
Gli Westbrook non nascono tutti i giorni, ma Hennigan era collaboratore di Presti.
Poi perché beh, se un playmaker giovane è discreta garanzia di insuccessi (e quindi di alto numero di palline al draft), figuriamoci un playmaker che non è un playmaker…
Il nodo è il ball handling. La capacità di creare dal palleggio. Perché quanto a letture e quindi scelta dei giochi in funzione del momento della partita le prospettive sono tutt’altro che pessime. Questa stagione sarà la sua palestra personale. Ma ci sarà parecchio da divertirsi. Anche per lui in ogni caso minutaggio equamente diviso tra i due ruoli da guardia
PROSPETTIVE
Inutile anche solo provare ad ipotizzare un quintetto base. Durerebbe 10 partite.
Più semplice cercare di capire almeno a grandi linee la rotazione di base, a ranghi (che mai saranno) completi:
PG Nelson, Oladipo
SG Afflalo, Oladipo
SF Harkless, Harris
PF Davis, Harris, Nicholson
C Vucevic, O’Quinn, Maxiell
Il tutto per arrivare a 25 vittorie +/- 5, buone per una delle ultime 5 posizioni.
In un modo (rendimento scarso dovuto all’inesperienza) o nell’altro (trades, infortuni veri o presunti e tutto il campionario di trucchi del kit del piccolo tankatore).
Divertendosi, difendendo duro soprattutto sul perimetro (Oladipo, Afflalo e Harkless), ma ricordandosi che non serve essere la peggior squadra NBA, basta dimenticarsi di giocare gli ultimi 5’ di ogni singola partita punto a punto.
Non è difficile, è ciò che si è fatto nella scorsa stagione.
E poi… Andrew? Julius? Dante? Aaron? Marcus? Jabari?
Redattore e (tra molte virgolette) speaker radiofonico per playitusa.com e radio.playitusa.com
Mi trovate su Facebook (http://www.facebook.com/Fazzettino), su Twitter (http://twitter.com/Fazzettino)…e tutti i lunedì con Ball Don’t Lie (http://radio.playitusa.com/?cat=8), il podcast NBA in italiano
Bravo Fazz. Bell’articolo.
Oladipo per me farà il point man a tempo pieno quest’anno, soprattutto dopo il primo mesetto. Per ora ha impressionato sia come distributore che come realizzatore. L’ultimo tiro dei quarti, se è in campo, ora come ora lo prende lui. Non ha carisma… Come detto comunque stagione ancora a perdere, ma fondamentale sul piano della crescita. Sperando di poter comunque pescare molto in alto nel 2014, e già che ci siamo iniziamo a gufare sia la squadra del mago che del gallo (per carità, siamo patriottici, ma vogliamo la miglior scelta possibile da Denver!!).
BELL’ARTICOLO, IO DA TIFOSO SONO MOLTO OTTIMISTA, hARKLESS E hARRIS HANNO TUTTO QUELLO CHE SERVE PER DIVENTARE IMPORTANTI, OVVIAMENTE COME GREGARI.
Oladipo ha un talento incredibile secondo me, potrebbe essere la sorpresa dell’anno e perchè no, del futuro, magari si arrivasse a Wiggins, l’unico mio dubbio è il centro, vucevic può dare tanto in fase offensiva, ma se giocasse Harris da 4, preferirei un lungo stioppatore, un giovane Chandler se si trovasse