Dopo aver portato James Harden a Houston nella scorsa estate, Daryl Morey è riuscito a garantirsi il free agent dell’estate, Dwight Howard. I Rockets vengono da una stagione discreta (45-37) in cui le aggiunte di Omer Asik e del Barba hanno contribuito ad aumentare il totale di vittorie di undici unità rispetto all’anno precedente.
Dopo gli anni di McGrady e Yao trascorsi tra luci (poche per la verità) e ombre, i Rockets sembravano destinati ad un periodo di anonimato prima di potersi ripresentare con un roster competitivo, invece, sostituito Rick Adelman con Kevin McHale, dopo appena una stagione mediocre hanno bussato alla porta dei playoffs, perdendo in sei gare al primo turno contro i Thunder di Durant e Westbrook.
Certo, se Westbrook non si fosse infortunato in Gara 2, il punteggio finale avrebbe rischiato di essere più severo, ma i Rockets hanno comunque dimostrato di aver intrapreso la strada giusta ed oggi hanno aggiunto al loro mix un lungo di peso come Dwight Howard.
Conference: Western
Division: Southwest
Arrivi: Omar Casspi (f) Reggie Williams (f) Marcus Camby (c/f) Dwight Howard (c) Ronnie Brewer (g/f) Jordan Henriquez (c) Robert Covington (f) BJ Young (g)
Partenze: Thomas Robinson (f) James Anderson (g) Tim Ohlbrecht (c) Royce White (f) Tyler Honeycutt (f) Carlos Delfino (g)
Draft: Isiah Canaan (pick n.34) (g)
Probabile quintetto base
PG: Jeremy Lin
SG: James Harden
SF: Chandler Parsons
PF: Omer Asik
C: Dwight Howard
ROSTER
Guard: Jeremy Lin, James Harden, Ronnie Brewer, Francisco Garcia, Reggie Williams, BJ Young, Patrick Beverley, Aaron Brooks, Isiah Canaan
Forward: Chandler Parsons, Omar Casspi, Robert Covington, Donatas Montiejunas, Terrence Jones
Center: Dwight Howard, Omer Asik, Marcus Camby, Greg Smith, Jordan Henriquez (c)
Head-Coach: Kevin McHale
I nuovi Rockets vengono da una buona stagione, chiusa sì con un’eliminazione al primo turno, ma contro i Thunder. Hanno confermato il nucleo dell’anno precedente, aggiungendoci Dwight Howard.
Nel 2012-13 la difesa di Houston ha subito 102 punti di media (terz’ultima difesa della NBA), anche a causa dei 15 palloni persi per gara, forieri di contropiedi avversari.
Kevin McHale ha messo in campo una squadra up-tempo, capace di set offensivi rapidi alternati ai tanti isolamenti per la star indiscussa, James Harden; i Rockets hanno provato a nascondere la pochezza offensiva dei loro lunghi incoraggiando un basket che mettesse in luce il backcourt formato da Lin e Harden. In questo sistema è emerso il secondo anno Chandler Parsons, che ha accumulato 15 punti di media, con il 38% da tre e cinque rimbalzi.
L’arrivo di Dwight Howard ha cambiato il motivo tecnico di Houston: adesso i Rockets dispongono della presenza offensiva sotto canestro che dovrebbe consentire un gioco “in and out” più efficace a maggio e giugno.
Perché dovrebbe? Dopo l’intervento alla schiena avvenuto un anno fa, Howard non è più stato lo stesso. Giocatore di atletismo fuori dal mondo anche per gli standard NBA, ha disputato l’ultima stagione con una mobilità limitata e con molta meno esplosività del solito, mettendo in luce in modo impietoso i suoi limiti tecnici, che, si badi, non riguardano solo i suoi movimenti in post basso, ma la tecnica di base.
Lo abbiamo visto farsi battere a rimbalzo perché non tagliava fuori, addormentarsi dopo le rotazioni difensive e iniziare delle buone difese per poi commettere dei falli che un centro con otto anni di esperienza in NBA non dovrebbe commettere.
I Rockets sono una squadra interessante, per il titolo NBA è probabilmente troppo presto anche perché il gruppo non ha esperienza ma le Finali di Conference sono un traguardo abbordabile già al primo anno, se tutto andrà secondo i piani.
Dietro, Lin e Harden si divideranno tiri e responsabilità, l’ala piccola sarà Parsons e sotto canestro ci saranno Asik e Howard. Il sesto uomo dovrebbe essere Garcia.
Oltre ad aver catturato il centro originario di Atlanta, Morey quest’estate non ha effettuato altre grandi mosse; sono arrivati Ronnie Brewer e il veteranissimo Marcus Camby, che darà qualche minuto di esperienza se gli infortuni gli daranno tregua; ha tagliato e poi rifirmato Aaron Brooks, che dovrà lottare per i propri minuti con Beverley, che nei Playoffs ha fatto buona figura e con Canaan, playmaker ventiduenne tosto e pronto, anche se in una rotazione così affollata difficilmente troverà spazio dal primo anno.
Il titolare dello spot 1 è Jeremy Lin, che dopo la linsanity del Madison Square Garden si è consolidato come playmaker di buon livello, anche se ha margini di miglioramento per quanto riguarda la continuità mentale e la difesa.
Il titolare indiscusso della posizione di guardia è James Harden. Dopo gli anni da sesto uomo di (gran) lusso a Oklahoma City, con un minutaggio adeguato il Barba è esploso diventando un giocatore di livello assoluto, anche se forse gli si è chiesto di strafare e ha perso più palloni di quanti sarebbe raccomandabile.
Alle sue spalle la situazione è fluida: il difensore Ronnie Brewer, arrivato per sostituire Delfino, dovrà vedersela con Reggie Williams, quarto anno proveniente da Charlotte, che dopo una prima stagione molto incoraggiante si è perso per strada. Anche Garcia potrebbe tornare a giocare nello spot di due, mentre BJ Young, matricola proveniente da Arkansas, è sottodimensionato per il ruolo ed è probabilmente destinato alla D-League.
L’ala piccola è il regno Chandler Parsons, una gemma che Morey ha pescato alla 38esima chiamata del draft. Questa sarà la sua terza stagione NBA e potrebbe essere quella della definitiva consacrazione per un giocatore arrivato nella lega a fari spenti ma che ha il tiro, i centimetri, l’atletismo e la mentalità per giocare da titolare per tanti anni. Dietro di lui, dopo dei playoffs incoraggianti, in cui ha marcato anche Kevin Durant, giocherà Francisco Garcia.
Thomas Robinson è stato spedito a Portland (per i diritti su Papanikolau e Todorovic) e dalla free agency è arrivato Omar Casspi, innalzando così il livello di esperienza della rotazione in ala piccola. Il suo arrivo potrebbe spostare Garcia per qualche minuto da guardia, ma Francisco è un giocatore emotivamente importantissimo oltre che un elemento tatticamente molto utile: sarà lui il sesto uomo dei Rockets, sia che divida i minuti tra ala e guardia o che giochi esclusivamente da ala.
Ultimamente Morey ha dichiarato che i Rockets potrebbero provare ad usare Dwight Howard da ala forte, ma la nozione comune è che il giocatore costretto a spostarsi da quattro sarà Asik, anche se il turco è un centro puro e non ha la mobilità laterale per marcare i “quattro” più esplosivi dell’NBA.
Difficilmente Asik, che dopo l’arrivo di Dwight Howard ha chiesto di essere ceduto e si è sentito rispondere picche, farà panchina, non con il suo contrattone. Se la convivenza con D12 dovesse rivelarsi impossibile, è più probabile che venga scambiato.
Alle sue spalle troverà qualche minuto Terrence Jones, che ha lavorato tutta l’estate per costruirsi quel tiro che gli garantirebbe minuti in NBA come stretch four e ha viaggiato a 15 punti e 7 rimbalzi in Summer League.
Resta da vedere che ne sarà di Montiejunas, che avrebbe i centimetri, l’atletismo e il tiro per essere l’ala forte titolare dei Rockets ed il complemento ideale per Howard. L’anno scorso McHale l’ha bocciato per i problemi di falli, ma se si presenterà più maturo al training camp sarà difficile negargli dei minuti, anche perché è un giocatore tecnicamente molto più complementare ad Howard di quanto non lo sia Asik. Difficile che a trovare spazio sia Greg Smith sebbene abbia più mobilità di Asik e più fisicità di Montiejunas, perchè non ha i centimetri dell’uno o il talento dell’altro. Attenzione ai possibili quintetti “small”: con i 206 centimetri di Parsons da quattro, i Rockets potrebbero usare dei quintetti tattici se ne dovesse presentare l’opportunità.
La posizione di centro è il regno di Dwight Howard, (a meno che come dice il GM Morey riesca l’esperimento di convertirlo in ala forte, posizione che non occupa dal suo secondo anno) ma se non dovesse essere in grado di giocare più di trenta-trentacinque minuti, i Rockets sono attrezzati per dargli riposo con lo scontento Asik e con qualche minuto di Marcus Camby, al quale McHale ha già fatto sapere che il suo ruolo in campo sarà principalmente quello di mentore per i giocatori meno esperti. Gli altri (Greg Smith e il rookie Henriquez) vedranno il campo solo in caso di infortunio delle due torri).
Salta all’occhio come la panchina dei Rockets sia puntellata di Tweener, quei giocatori che stanno a cavallo tra un ruolo e l’altro. Brewer è ala-guardia, Smith è ala-centro, Garcia è guardia-ala.
Se aggiungiamo che i Rockets stanno pensando di usare Howard da quattro, è facile capire quante siano le possibili combinazioni a disposizione di McHale, che potrà sperimentare molto e cambiare moltissimo a seconda degli avversari.
Non occorrerebbe nemmeno dire che la differenza tra successo e fallimento passa per la salute e per la testa (intesa come determinazione e concentrazione) di Dwight Howard. L’anno trascorso in gialloviola ha lasciato perplessi molti commentatori e nella NBA è opinione diffusa che Howard sia una stella che nei momenti di difficoltà anziché lavorare parla a sproposito.
Ora è ai Rockets, la squadra che ha scelto, con il mentore prediletto, Olajuwon, a sua disposizione. Dwight sa (o dovrebbe sapere) che se fallirà ancora, non gli rimarrà nessun alibi da utilizzare.
Howard rappresenta un rebus anche tatticamente; ammesso (e non concesso) che sia l’Howard fisicamente esplosivo dei Magic, il centro originario della Georgia ha espresso più volte il proprio malcontento per il gioco di Mike D’Antoni, che lo coinvolgeva nei pick and roll di Steve Nash; non una cattiva idea visto che in un sistema tutto sommato simile Howard aveva espresso la sua miglior pallacanestro nel 2009 ad Orlando e oggi potrebbe fare il bis con Lin e Harden.
Eppure Howard è convinto d’essere un lungo da post basso e ha ribadito come la sua firma per Houston sia motivata anche dalla voglia di imparare a giocare in post con maestri come McHale, Holajuwon, Ralph Sampson.
Tutti però sappiamo (e i critici come Shaq e Abdul-Jabbar non hanno mancato di ribadirlo a più riprese) che Howard è un modesto giocatore di post e difficilmente si impara a giocare come Olajuwon dopo otto anni di NBA. Quando Morey parla di mettere Dwight a giocare da ala grande, è facile indovinare il problema dietro l’angolo, per quanto al momento Howard si sia detto disponibile all’esperimento.
Potenzialmente i Rockets sono una squadra difensivamente forte, con tiro da tre, atleti, rimbalzisti e stoppatori capaci di chiudere il verniciato e di non regalare secondi possessi. Il motivo per cui per descriverli si ricorre al condizionale è che occorrerà vederli all’opera per capire se il potenziale può tradursi in vittorie e se la convivenza tra due centri privi di tiro come Howard e Asik sarà possibile; se D12 sarà fisicamente integro e disposto a mettersi a disposizione di Coach McHale significherà problemi per le squadre avversarie, perchè la panchina non profondissima e la convivenza Howard-Asik sono problemi tutto sommato risolvibili.
Tuttavia, come dicono gli anglosassioni, it’s a big if!
Seguo la NBA dal lontano 1997, quando rimasi stregato dalla narrazione di Tranquillo & Buffa, e poi dall’ASB di Limardi e Gotta.
Una volta mi chiesero: “Ma come fai a saperne così tante?” Un amico rispose per me: “Se le inventa”.
In primis articolo interessante, complimenti.
-Howard deve lasciare il palcoscenico ad Harden. Questo è il primo punto. La stella è il barba e non lui.
-Difficile a mio avviso la convivenza tra Asik e Howard. Certo che se dovesse funzionare nel pitturato non ci sarebbe spazio nemmeno per un ago.
-Con tutti i suoi limiti Howard, nel sistema VG a Orlando, ha espresso qual’è il miglior modo per sfruttarlo.
In vedo bene Parsons a 4 con i suoi 2.06cm e la possibilità e la capacità di divenire un 4 atipico che può giocare lontano dal pitturato.
-a 3 si alterneranno Casspi o Garcia.
-Giusta da parte di Asik la richiesta di esser messo sul mercato e giusta l’attesa da parte della società se veramente hanno in mente questa accoppiata nel pitturato. Ma se la cosa non dovesse funzionare, per me Howard si sentirebbe troppo limitato con il rischio di qualche lamentela, possono far uscire dalla panca Montiejunas come 4-5 e lasciar andare il turco che libererebbe spazio salariale.
-Interessante roster che offre varie alternative tra le quali Brooks e Brewer.
-Forse sbaglio ma non vedo Howard da 4. Già pecca con il post, figuriamoci se dovesse allontanarsi anche di qualche centimetro dal canestro.
Lin(brooks)-Harden(brewer/Garcia)-Casspi(Parsons/Garcia)-Parsons(Montiejunas)-Howard(Asik/Montiejunas).
“I Rockets sono una squadra interessante, per il titolo NBA è probabilmente troppo presto anche perché il gruppo non ha esperienza ma le Finali di Conference sono un traguardo abbordabile già al primo anno, se tutto andrà secondo i piani”.
-Come primo anno l’approdo alle finali di conference lo trovo difficile, poi possono anche arrivarci, ma con i giusti accorgimenti e un Parsons che esplode anche a 4, un Asik in altri lidi e un 3…allora tutto diviene più in discesa.
Occhio ad Harden.
Vedendo la durata e il valore del contratto di Asik “è più probabile che venga scambiato” che invece liberi spazio salariale.