Il 17 maggio 1982 nasceva a Bruges, in Belgio, frutto dell’unione tra un ex cestista americano ed una donna olandese, una stella destinata ad avere la nazionalità francese e a portare proprio la Francia nel settembre 2013 a vincere l’Europeo di pallacanestro.
Questo caleidoscopio di cittadinanze e talento smisurato risponde al nome di Tony Parker, playmaker titolare dei San Antonio Spurs con i quali dal 2001 (scelto al primo giro del draft con la scelta numero 28, autentica steal of the draft made in Popovich) ha scritto pagine di storia della NBA, vincendo tre titoli (nel 2007 da MVP delle finali) affermandosi come uno dei migliori giocatori del mondo.
Tuttavia Parker ha veramente raggiunto lo status di superstar assoluta soltanto nelle ultimissime stagioni, quando ha dovuto compiere un ulteriore step, elevando il suo gioco ad un nuovo livello per sopperire al lentissimo declino atletico (ma sensibile nell’arco delle 82 partite di regular season e delle serie di playoff, per altro mai mancati dal suo ingresso nella lega) dei suoi due compagni di trionfi Manu Ginobili e l’emblema stesso degli Spurs Tim Duncan.
Negli anni precedenti infatti Tony era sì considerato un campione, un playmaker estremamente forte e pericoloso, elemento chiave nei successi della sua squadra, però non allo stesso livello dei top playmaker come Steve Nash, Jason Kidd, Chris Paul o Deron Williams (quello di Utah beninteso… non il fratello per ora scarso dei Nets); Parker dall’opinione pubblica come dagli stessi colleghi era visto un gradino sotto i sopracitati – pur nella sua innegabile eccellenza.
Questa fama diciamo “in minore” forse era dovuta al suo stile di gioco, così atipico per un playmaker dato che ha sempre privilegiato le realizzazioni personali alle assistenze ai compagni (non è mai stato un grande play classico da doppia cifra di media alla voce assist, infatti in carriera ha una media di 6 assist a partita, inferiore a quella di Lebron James), mantenendo medie punti elevate (20,3 punti la scorsa annata e un picco di addirittura 22 nel 2009) accompagnate da una efficienza assai rara in un giocatore di soli 188cm, dato che le sue percentuali di tiro sono sempre state ottime.
Il fatto di avere a fianco una guardia estrosa e decisiva come Ginobili e soprattutto un totem di classe infinita come Duncan ha certamente concorso a ridurne – agli occhi della gente e non a quelli di Popovich – gli effettivi meriti nei successi di San Antonio.
Infine i nodi sono giustamente venuti al pettine e nelle ultime stagioni è stato dato a Tony ciò che è di Tony: un posto tra le più grandi superstar della NBA, oggi probabilmente il giocatore più imprescindibile degli Spurs, il miglior play (anche se “impuro”) della lega, non ce ne voglia CP3, ma Parker ad oggi gli è superiore per quanto dimostrato (anche se sulla carta, potenzialmente Paul sarebbe innegabilmente più “qualificato”).
Dove si colloca il nostro uomo invece tra i più grandi europei di sempre ad aver calcato i parquet NBA?
Al 27 settembre 2013 probabilmente Parker è il miglior giocatore europeo a giocare nella lega più spettacolare del mondo, e con ampio margine: Nowitzky ha inevitabilmente imboccato il viale del tramonto per quanto glorioso possa essere, Pau Gasol è da qualche anno che non gioca ai livelli che sarebbe lecito aspettarsi, invece il fratellino Marc è una belva del pitturato con delle mani di seta, ma difetta di un po’ di talento puro e della capacità di essere decisivo rispetto a Tony, Gallinari e l’amico Batum obiettivamente non potranno mai diventare vere superstar pur essendo ottimi giocatori, Rubio è certamente un play dal talento sconfinato, però ha dei limiti evidenti (il tiro su tutti, disastroso) e sembra rimanere ogni anno lo stesso giocatore senza mai migliorarsi.
Ergo, oggi Tony è senza rivali, il suo gioco a velocità supersonica, le sue penetrazioni inarrestabili ed ubriacanti, il suo tiro in costante miglioramento e la sua leadership consacrata dalla vittoria da autentico trascinatore all’Europeo sloveno ne fanno un giocatore straordinario; diverso da qualunque altro playmaker, ma tremendamente efficace ed entusiasmante da ammirare danzare verso il canestro.
Spostando il nostro punto di vista dal livello sincronico a quello diacronico, cioè volgendoci alla storia e quindi al passato, il discorso assume tonalità differenti ed il perché è presto spiegato.
Molti amatori del basket anni’90 avranno infatti ancora ben impresse nella mente le prodezze del Mozart dei canestri Drazen Petrovic, tragicamente stroncato proprio sul più bello nella sua ascesa nella NBA, oppure la classe sopraffina e la forza spaventosa del mitico Sabonis, giunto oltreoceano probabilmente troppo tardi per poter realmente dare sfoggio del suo immenso potenziale.
Alla luce incontrovertibile dei risultati ottenuti e della carriera nella NBA i due immortali sopracitati non reggono tuttavia il confronto con Parker: Petrovic e Sabonis per quanto disponessero di un talento forse un filo maggiore del nostro folletto franco-belga non hanno avuto una carriera minimamente paragonabile, ovviamente per motivi differenti. Non ha importanza ragionare ipoteticamente “Se avesse potuto…”/ “Se non fosse accaduto…” sono frasi che – purtroppo – lasciano il tempo che trovano e non fanno la storia.
Le carte in tavola cambiano se si paragona Dirk Nowitky nel suo prime, quindi nelle due annate stellari da MVP e nella leggendaria cavalcata del titolo 2011, al Parker attuale, anch’egli nel proprio momento di massimo splendore tecnico-atletico.
Infatti il livello di gioco di Tony, per quanto si sia impennato negli ultimi anni raggiungendo vette altissime, non ha mai toccato l’empireo del basket del tedesco nei suoi anni d’oro, un livello fantascientifico nelle stagioni regolari da MVP, rivoluzionando la concezione di ala grande all’interno della lega, e semplicemente inarrivabile nei playoff del 2011. D’altra parte, come detto in precedenza, Parker non ha mai dovuto trascinare letteralmente da solo una squadra al titolo come ha fatto Dirk.
Quindi, senza correre il rischio di incorrere in eresie o ingiustizie, si può affermare che Parker, migliorandosi anno dopo anno e giungendo a lottare addirittura per l’MVP nella passata stagione, è arrivato ad essere l’europeo di punta della lega, ma non ha raggiunto il livello del miglior Nowitzky, il miglior giocatore europeo della storia.
Comunque il numero uno attuale e il numero due della storia non sembrano essere un traguardo da disprezzare. Go Tony!
Ma Nowitzki non era con la I?
Scusate per Nowitzki, errore di battitura.
Mah…ok che la classifica è personale ed ognuno mette il suo. ok non valutare sempre i titoli, classifiche etc. etc. va bene tutto anche mettere Dirk come primo. E’ la certezza che lo sia che mi lascia interdetto. A mio avviso mettere Dirk come primo perchè il secondo non ha raggiunto il livello del primo e rimarcare che sia il migliore della storia, uumm non saprei. Calcolando che si parla dello stesso atleta che un minuto prima della fine della finale NBA vinta era, per una bella fetta di opinione, un grande perdente (giustamente sbagliando) per divenire, un minuto dopo la fine della finale con annesso anello, il miglior Europeo della storia.
C’è si sofferma su due anni chi sulla carriera e tanto altro.
Ma tolto questo piccolo e forse inutile appunto bell’articolo.