Nella notte dell’ultimo Draft le telecamere di ESPN inquadravano Nerlens Noel dopo ogni singola chiamata: 211 cm di tristezza.
Quella sera Noel, da probabile prima scelta assoluta scenderà fino alla sesta chiamata. A sceglierlo sarà New Orleans, una franchigia che non lo avrebbe mai fatto se non fosse stato per il fatto che a quel punto del Draft, con gli atleti che erano rimasti a disposizione, ignorarlo avrebbe significato lasciare a sedere un talento cestistico davvero troppo elevato.
Che quella scelta non fosse di New Orleans era, a quel punto, più che un sospetto, quasi una certezza. E infatti, di lì a pochi minuti, Noel si rivelerà semplice merce di scambio. Finissima, si badi bene, ma pur sempre merce di scambio.
Quel dannato tentativo di stoppata che lo portò fuori dai campi universitari fino alla fine della stagione è ancora un ricordo troppo nitido e, presumibilmente, Noel solcherà un parquet NBA non prima del 2014. Questo aspetto, sommato all’eredità di un brutto trauma che il suo ginocchio sinistro dovrà portarsi dietro per un po’, ha indotto diverse squadre a considerazioni lontane dalle convenzionali valutazioni tecniche.
Coach Calipari, subito dopo la chiamata di Noel, quando non era ancora stato reso noto lo scambio tra Pelicans e Sixers, aveva paventato la possibilità di coesistenza tra la prima scelta del 2012, Anthony Davis, e Nerlens Noel.
“Wow! Uno un po’ più interno e uno un po’ più esterno…potrebbe funzionare! Sono due ragazzi eccezionali.”
Una frase di circostanza o una reale convinzione: delle due l’una, probabilmente la prima. Quel che è certo è che Davis e Noel sono due giocatori dalle caratteristiche molto simili, che hanno giocato per la stessa università (Kentucky) e con lo stesso allenatore (Calipari, appunto),
Entrambi eccellenti stoppatori, solidi rimbalzisti, atleti incredibili per la loro età e coordinatissimi per i centimetri che madre natura gli ha donato (211 Noel e 208 Davis). Abili nel segnare in transizione e ottimi “finisher”.
Stesse debolezze: scarsa capacità di costruirsi punti, limitatissimo bagaglio di movimenti spalle a canestro e poca fisicità, una carenza che tende a farsi sentire soprattutto in difesa.
Chi è più forte? Davis, senza troppi dubbi. In un ipotetico Draft con Noel e Davis appena usciti dall’ultimo anno universitario, potendo scegliere, tutte le franchigie firmerebbero il secondo, soprattutto per le sue maggiori abilità offensive (decente ai liberi, mano più dolce, jumper perlomeno esistente).
Noel però, ad oggi, possiede una cosa che Davis non ha: la rabbia. La rabbia immagazzinata pian piano, giorno dopo giorno, dopo quel brutto incidente di Febbraio; la rabbia più recente, quella del Draft, accumulata velocemente al trascorrere di quei vuoti istanti che mai sembravano destinati a riempirsi con l’annuncio del suo nome.
Il ragazzo del Massachuttes non l’ha presa bene. Ha dichiarato che vestirà la casacca numero cinque dei Sixers proprio in onore di quelle squadre che lo hanno lasciato a sedere per tutto quel tempo; ma si sa, il tempo è galantuomo e se Cleveland, Orlando, Washington, Charlotte e Phoenix avranno davvero commesso un errore i nodi torneranno al pettine.
Sarebbe da stolti però, non considerare che prima di lui sono stati scelti altri cinque giocatori. E’ per questo motivo che la sfida di Noel non potrà consistere solamente nel palesare il suo reale valore, ma anche, e soprattutto, nel dimostrare di essere superiore a tutti coloro che lo precedono.
Migliore di Alex Len, migliore di Zeller, di Porter, di Oladipo e di Bennet, più forte di una delusione, più resistente di un dannato legamento.
Abita ad Assisi e studia Giurisprudenza all’Università di Perugia. E’ un grande appassionato di basket e di musica. Deve molto ai tre italiani che militano nella lega americana perché è soprattutto grazie a loro che si è definitivamente innamorato della NBA.
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