jhard355E’ il 20 febbraio, e a 7 minuti dalla fine di quella che sembra un normale match di regular season, Houston è sotto di 14 contro i Thunder al Toyota Center.

I Rockets non possono permettersi di perdere perché sono invischiati nella corsa ai playoff e ad Ovest ogni sconfitta può sempre costare caro se si lotta per la post season, ma tra loro c’è un giocatore in particolare che quella partita la vuole vincere.

Le due triple consecutive di Kevin Martin, l’uomo con cui era stato scambiato l’anno prima e che ne aveva preso il posto ad OKC, spingono James Harden a mostrare tutto il suo incredibile repertorio. Segna in penetrazione subendo fallo, poi rompe in due la difesa per altri 2 punti facili, segna da fuori ubriacando Ibaka con le finte, colpisce dalla media ed infine difende alla grande su Durant che cerca il pareggio con pochi secondi sul cronometro.

Nel frattempo Houston ha stampato un parziale di 21-4 e l’errore del numero 35 mette fine alla partita sul 122-119. Harden chiude con un career-high da 46 punti e 7/8 da 3, conditi con 7 rimbalzi e 6 assist, per una prestazione sontuosa contro la sua ex squadra, davanti al suo nuovo pubblico. Questa è la forza del Barba.

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Dopo aver vinto il premio di Sixth Man of the Year con i Thunder nel 2011/12, peraltro a soli 23 anni, diventando dunque il secondo più giovane di sempre a riuscirci, ed essere stato coinvolto nella trade che ha avuto come risvolto principale lo scambio tra lui e Martin, Harden a Houston non si è fermato, anzi ha continuato a correre più veloce di prima.

Ha iniziato la stagione con 37 punti, 12 assist, 6 rimbalzi e 4 rubate, diventando il primo giocatore di sempre a esordire con un 37+12 e il secondo di sempre come punti segnati alla prima di regular season.

Ne segna poi 45 alla seconda contro gli Hawks per un totale di 82 nelle prime due uscite stagionali, quinta prestazione di sempre dopo quelle di Chamberlain (primo, secondo e quarto in questa particolare statistica) e Jordan.

Dopo una lieve flessione di rendimento invernale, Harden, a cavallo di un All Star Game giocato in maniera egregia nel palazzetto di casa (15+6 rimbalzi in 25 minuti d’impiego), mette dapprima a referto la sua prima tripla-doppia contro i Bobcats da 21 punti, 11 rimbalzi e 11 assist e poi il suo massimo in carriera nella partita descritta precedentemente.

Il Barba chiude la stagione in maniera superba con 26.3 punti, 6.7 rimbalzi e 4.5 assist di media, numeri straordinari e di molto superiori a quelli dell’anno precedente, partendo sempre da titolare e diventando di diritto non solo l’idolo assoluto dei tifosi dei Rockets, ma anche uno dei giocatori più forti della Lega.

Houston chiude la stagione all’ottavo posto, anche e soprattutto grazie alle sue prodezze, e si trova ad affrontare, guarda un po’, proprio OKC al primo turno.

Da un ragazzo di 24 anni, alla prima esperienza da leader realizzativo e non solo di una franchigia nei playoff, con un team alle spalle provato dalle ultime fatiche per conquistarsi la post season e che per giunta si trova ad affrontare la propria ex squadra che ha chiuso la stagione da dominatrice, ci si aspetterebbe che venga travolto dalla tensione.

Invece Harden sfodera delle prestazioni molto efficaci e, nonostante i Rockets perdano in 6 gare la serie, si dimostra un giocatore di altissimo livello.

Chiude con 26.3 punti, 6.7 rimbalzi, 4.5 assist e 2 rubate di media a partita, dimostrando anche una spiccata personalità nei momenti clou dei match e con la certezza che, se Houston avesse messo al suo fianco un altro giocatore di alto livello, oltre al buon roster che possiede, tutto sarebbe potuto andare diversamente.

Quest’anno però, con l’arrivo di Dwight Howard alla corte texana, la musica potrebbe cambiare e non poco. Se Jeremy Lin dimostrerà di essere tornato quello che fece scoppiare la Linsanity nella Grande Mela, il playmaker di origini taiwanesi, con il centro ex Lakers e Harden potrebbe costituire un trio dal talento mostruoso e Houston potrà tornare a sognare in grande.

Howard dovrebbe trovare un ambiente ottimale ai Rockets, senza pestarsi i piedi con nessuno com’era successo con Gasol e senza tutte le pressioni che una città come Los Angeles e un compagno come Bryant possono portare, anzi potrebbe far fare quel salto di qualità che manca per ambire ai piani alti ad Ovest.

Ecco dunque trovato un valido compagno per Harden, per spingerlo a migliorarsi ancora e a crescere per correggere quei peccati veniali (ad esempio le palle perse) che sono dovuti alla giovane età e alla fame di vittorie e successi.

Ciò che ha stupito nella scorsa stagione è quanto il Barba abbia migliorato il suo gioco. Da sesto uomo a Oklahoma, dove era abituato a entrare a partita in corsa per spaccare il match o cercare di recuperare lo svantaggio, si dedicava maggiormente al tiro dalla media o dal perimetro, ricevendo gli scarichi dai compagni e raramente cercando l’azione personale, anche perché non si trovava mai a giocare da prima scelta offensiva, oscurato da Westbrook e Durant.

A Houston, la musica è cambiata completamente, Harden si è preso più del doppio dei tiri (1337-629) ed ha colpito nella maggior parte dei casi in penetrazione, come dimostrano anche i tiri liberi tentati, ben 792, per una media di più di 10 a partita, leader di queste speciali classifiche nella Lega.

Se la collaborazione con Howard dovesse funzionare al meglio, se Lin tornasse utile alla causa e se i giocatori giovani e di prospettiva come Parsons dovessero confermarsi sui livelli della passata stagione, certamente al Toyota Center ci sarà da divertirsi.

Sicuramente l’entusiasmo è alle stelle nella città texana e chissà che Harden, guidando i suoi Rockets, non decolli verso nuovi, eccezionali traguardi.

5 thoughts on “James Harden: pronto al decollo?

  1. Rimango dell’idea che Lui sia già decollato da quando è nella lega…e quest’anno Ha dimostrato di essere all’altezza delle StelleNBA…
    Però è nell’era dove ci sono 6/7 squadre che ambiscono all’Anello NBA(e hanno le potenzialità)…quindi se non vince non è che è meno Stella..
    Con l’innesto di DH dovrebbero aver aggiunto qualcosa…ma sono dell’idea che negli ultimi anni è la panchina che ti fa fare il salto di qualità…
    La second unit è diventata ormai fondamentale…
    Corto articolo ma Ben scritto…

    • Certamente Harden è esploso durante l’ultima stagione ai Rockets, ma ci vorrà ancora un po’ di tempo prima che arrivi al livello dei migliori. E’ giovane e ha tutto il tempo per migliorare, ora che la squadra ha aggiunto Howard avrà sicuramente l’occasione per crescere ancora e portare i Rockets ad essere una seria contender. Per quanto riguarda la second unit sono pienamente d’accordo con te.

  2. la stagione di harden ai razzi mi fa pensare quanto è idiota brooks.. hai un giocatore del genere e lo metti 6° uomo? di più con un diamante di questo calibro in squadra dai quel contratto a Ibaka? e qui tiro in ballo presti. entrambi non erano coscienti di cosa avevano per le mani altrimenti lo avrebbero rifirmato ai tempi di ibaka e se proprio l’avessero dovuto scambiare lo scambiavano per quello che è: uno dei primi 10 della lega.

  3. Più che Brooks, l’errore è stato di tutta la dirigenza dei Thunder. Come sesto uomo Harden rendeva benissimo in quel contesto, anche perchè era il terzo in gerarchia dietro Durant e Westbrook. Però l’errore vero è stato dare una montagna di soldi ad Ibaka e non averceli poi a disposizione per prolungare il contratto di Harden. Ibaka, per quanto sia un grande atleta ed un ottimo stoppatore, è un giocatore che si può sostituire, non è indispensabile. Harden di contro è un giocatore che, anche da sesto uomo, dava tantissimo e la sua mancanza si è sentita non poche volte ai Thunder durante questa stagione. Basti pensare all’eliminazione subita ai playoff.

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