L’obiettivo dell’estate dei Clippers non poteva essere solo quello di rifirmare Chris Paul, giocatore simbolo della franchigia e guida in campo “dell’altra” Los Angeles.
Sembra un’assurdità, detta così, ma è la verità: per firmare Paul occorrevano altre mosse sul mercato, e la prima non poteva che essere quella di sostituire Vinny Del Negro, pur dopo l’ottima stagione appena passata, con un coach che portasse mentalità vincente, e aggiungo io, magari un gioco, nella Città degli Angeli.
Per questo il primo passo della dirigenza rossoblu è stato quello di convincere Doc Rivers a liberarsi dal contratto che ancora lo legava ai Boston Celtics per firmare un triennale come poi avvenuto. A Beantown per il “favore” andrà una prima scelta del 2015, ed era quanto bastava ad Ainge, in pieno rebuilding, per lasciar partire l’allenatore che con lui formava ormai da anni un team affiatato e vincente, in particolare come tutti sanno, nella stagione 2007-2008 conclusasi con il 17° titolo.
Preso il coach a CP3 non è rimasto che firmare. Vero che le premesse erano altre, e nel pacchetto proveniente da Boston avrebbe dovuto esserci anche Kevin Garnett, finito poi ai Nets. Ma per l’ex New Orleans evidentemente l’arrivo di Rivers poteva bastare, e così ha siglato un quinquennale che arriverà, nell’ultimo anno in cui per altro Chris ha una option a suo favore, a 24.268.000 dollari e spiccioli.
Paul si lega ai Clippers dunque per il periodo che presumibilmente sarà il più importante della sua carriera. Dopo le stagioni iniziali, il clamoroso mancato passaggio ai Lakers, l’approdo poi ai “cugini”. Un’annata – quella scorsa – a guidare la squadra scandendone i tempi e le alzate al ferro, non sufficienti però a passare il primo turno di playoffs.
Troppo forte Memphis sotto canestro e abbastanza attrezzata sul perimetro per tenere gli esterni dietro losangeleni, Paul incluso. Allora via alla rivoluzione, salary cap permettendo, partendo dall’allenatore.
Ovvio che l’arrivo di Rivers è un segnale fortissimo: l’ex giocatore di Atlanta non avrebbe sposato un progetto in cui evidentemente crede ciecamente, e non ha lasciato Boston (o meglio, avrebbe lasciato lo stesso, ma poteva anche firmare per un’altra contender) a caso: là si ricostruisce e si perderà per almeno un paio d’anni, qui si vuole vincere, e subito. Paul – e il cerchio così si chiude – non può essere l’unico motivo della decisione di Doc, e così, infatti, non è.
Il reparto lunghi, dicevamo, non è sostanzialmente cambiato rispetto alla scorsa stagione. Se De Andre Jordan è stato molto “chiacchierato” per una possibile trade, magari che lo portasse agli stessi Celtics, che poi hanno preferito accumulare scelte future invece di prendere un giocatore con atletismo sconfinato ma grosse pecche tecniche e un contratto che recita ancora 2 anni a 11 milioni di dollari, e se non si presenteranno ulteriori opportunità durante il mercato estivo dovrebbe rimanere a formare la front-line titolare insieme a Griffin.
Blake è l’altro giocatore sul quale i Clippers puntano forte, oltre a CP3. I progressi si sono visti rispetto allo schiacciatore (e basta) degli esordi. Griffin è ancora giovanissimo e su di lui Rivers può lavorare, soprattutto in difesa.
Il fisico non manca e se nella metà campo offensiva il jump dai 5-6 metri sta diventando quasi automatico, è nella propria di metà campo che si dovranno vedere i maggiori miglioramenti. In generale ai Clippers sono mancati nell’ultima stagione una difesa che tale possa venir definita a livello di playoffs e un gioco organizzato in attacco.
Se però hai un accentratore, forte, fortissimo, ma pur sempre accentratore come Paul in cabina di regia questo è il rischio. Come può giocare allora Rivers?
Scontato che la palla sta e starà spesso e volentieri nelle mani del #3, il pick’n’roll centrale resterà l’arma numero uno da utilizzare. Non scopriamo nulla di nuovo, allargando il discorso all’intera NBA (con pochissime eccezioni ormai), ma è quello che succede dopo che Paul prende il blocco del lungo che può cambiare – o meno – le cose.
In città è arrivato un tiratore come Redick, con un contratto importante e lungo (4 anni). Probabile che per punire gli aiuti sulle scorribande in area di CP3 servano proprio questo tipo di giocatori, appostati sull’arco, e ai quali non puoi concedere mezzo metro di spazio.
I Clippers apriranno ulteriormente il campo, e avranno una costante nella panchina, in particolar modo con l’ingresso di Jamal Crawford che darà immediatamente punti e reattività all’attacco. Essenziale per gli equilibri della squadra la riconferma di Matt Barnes che può essere quell’arma in più in difesa e non sporca eccessivamente il foglio in attacco.
A completare lo starting five è arrivato invece Jared Dudley. L’ex-Phoenix evoluirà nello spot di ala piccola, ed è un altro importante tassello che la franchigia ha voluto inserire nel proprio mosaico, imbastendo una sign-and-trade con Milwaukee e gli stessi Suns, nella quale appunto è arrivato anche J.J. Redick.
Pur di mettere le mani su questi due giocatori i Clips hanno rinunciato a Caron Butler, ormai un veterano dal rendimento costante e che ha fatto bene nell’ultima stagione a L.A. e soprattutto a Eric Bledsoe. Il back up di Paul è stato mandato in Arizona, una rinuncia che dalle parti dello Staples Center si augurano di non dover rimpiangere, ma che era probabilmente l’unica mossa praticabile.
Personalmente l’avrei tenuto per avere un ancor più alto livello di intensità con la second unit in campo, ma sappiamo che il mestiere del GM NBA prevede anche questo: lasciare andar via a malincuore qualcuno per sperare di incastrare meglio i pezzi per il futuro, sempre facendo i conti con il salary cap.
Il cambio di CP3 sarà così Darren Collison, free agent che approda in California con un biennale nemmeno troppo costoso per la franchigia (1.9 milioni all’anno, utilizzando la “rimanenza” della mid-level exception a disposizione e non usata per trattenere Barnes) e il rischio di vederlo andar via già la prossima estate, avendo il giocatore un’opzione a proprio favore in tal senso. Ma il rapporto che da sempre lo lega a CP3 impedirà quasi sicuramente questo. Cosa manca dunque al roster 2013-2014?
Sulla carta L.A. ha rinfoltito il settore ali anche con la chiamata al draft di Reggie Bullock, ma l’ex-North Carolina potrebbe vedersi chiuso nel ruolo di ala piccola da Dudley e Barnes.
Il back-court sembra abbastanza a posto, sostituendo degnamente i partenti e acquisendo anzi giocatori adatti al progetto (leggi: tiratori). Dunque rimarrebbe da sistemare il settore lunghi. Detto di Griffin e Jordan che al momento restano i titolari, sempre che appunto Jordan non prepari le valige per ulteriori destinazioni, sono i loro cambi a lasciare al momento con quell’espressione di perplessità ovvia di chi legge i nomi di Brandon Davies e Ryan Hollins.
Davies arriva ai Clippers con un contratto da free agent, essendo un undrafted dell’ultimo turno di scelte. Il giocatore proveniente da BYU giocava centro al college, ma per l’NBA sarà chiaramente un’ala forte di 6-10. In modo insospettabile è scivolato fuori dall’ultimo draft, visto che al Portsmouth Invitational aveva chiuso con il titolo di MVP grazie a cifre davvero considerevoli (20.6 punti, 9.3 rimbalzi, 67.6% dal campo).
Questo significa che i Clippers potrebbero aver fatto un colpo davvero importante, ma non per l’immediato. Nella Lega chiaramente Davies – primo quintetto della WCC con 35 partite in doppia-doppia – deve ancora dimostrare di poterci stare, ma se la scienza del Draft rimane come sappiamo inesatta, beh potrebbero aver pescato in modo davvero notevole questo prospetto (ripeto) clamorosamente sfuggito ai più. Brandon si giocherà le sue carte al training camp, avendo siglato solamente un annuale non garantito.
Ryan Hollins ha anche lui un contratto breve (1 anno) e la possibilità di diventare con costanza il primo cambio dei lunghi, che significherebbe minutaggio considerevole, dati i problemi di falli che spesso attanagliano sia Jordan che Griffin. Rivers ha bisogno di certezze in questo ruolo, e la riconferma di Hollins, che in 7 anni di “vita” nella NBA ha delle medie diciamo così… contenute (2 punti e 1 rimbalzo in post season) potrebbe non essere sufficiente.
I Clippers andranno obbligatoriamente sul mercato, con quel poco che hanno ancora a disposizione per pagare ulteriori innesti, e lo faranno per aggiudicarsi almeno un big man di esperienza, che porti fisico e magari rimbalzi/difesa entrando dal pino, o per rifirmare Lamar Odom come in città tutti vorrebbero.
Ai Celtics Doc ha creduto spesso in giocatori ormai agli sgoccioli della propria carriera (Shaq, Jermaine O’Neal, Olowokandi) e quasi mai è stato ripagato, ma è chiaro il suo intento di avere in palestra, così come in aereo e albergo, professionisti con anni di battaglie alle spalle e quell’esperienza che non si insegna, ma si può trasmettere ai compagni più giovani.
Per questo un altro chiacchierato ritorno sarebbe stato quello di Elton Brand, che poi si è accasato ad Atlanta. Ma Rivers, in fondo, ha firmato un triennale, non gli si chiede l’anello subito e se mai i Clippers arriveranno a lottare per vincerlo sarà nella seconda o terza stagione, quando avrà – insieme alla dirigenza – potuto sistemare definitivamente il roster a disposizione.
@a_p_official
Ex-giocatore e poi allenatore a livello di settore giovanile in Toscana e Umbria. Scrive di basket americano dal 2005. Autore del libro “Il triangolo… sì, io lo rifarei” unico testo in italiano (con prefazione di Raffaele Imbrogno) dedicato alla Triple-post Offense di Coach Tex Winter.
@a_p_official
Bell’analisi….
E’ la chimica di squadra che devono trovare… per il resto hanno un ottimo roster e secondo me già competitivi per il titolo…
Poi il titolo lo si vince anche per singoli episodi ma il potenziale c’è…
-Per me i quesiti sono due.
a) è un roster quello attuale da titolo? così su due piedi no, manca qualcosa.
b) Rivers ha ottenuto il meglio a Boston fino a quando ha avuto come secondo TT. E’ veramente un topcoach?
Nel primo caso la risposta potrebbe o dovrebbe arrivare dal mercato mentre nel secondo dal parquet.
Sul mercato possono fare ben poco, mi sembra ci sia scritto anche nell’articolo che sono già “impiccati” col salary cap. Unica mossa possibile era cedere Bledsoe e l’hanno fatto. Rivers secondo me è un Top Coach, con o senza Thibodeau che comunque ha avuto il merito di cambiare la faccia alla difesa di Boston e di far piegare le ginocchia a gente come Pierce e Allen.
Se non riesci a muovere il mercato bisogna vedere le risposte di Jordan-Griffin su tutti.
Infatti, rimane da non sottovalutare troppo “l’impiccio” in ottica titolo.
Mah…forse sbaglio ma il merito di cambiare faccia alla difesa e farli piegare sulle ginocchia mi risulta più un attitudine di coach TT che ha trasportato in quel di Chicago.
Sicuramente il parquet risponderà a questo personale dubbio e curiosità. Pronto a ricredermi.
No no certo, coach TT ha chiaramente i meriti del lavoro svolto in quel di Boston, poi per me Rivers è un grande comunicatore e come si vede anche in altri sport al di qua dell’oceano spesso hanno più successo (e risultati) i “gestori di spogliatoio” e motivatori che i tattici.
Solo un dubbio che mi porto dal passaggio di TT ai Bulls. Forse questa avventura può dargli una risposta.
ps: di sicuro non mi perdo Cp3.