Oltre a Sacramento, come detto, un’altra squadra si presenterà ai nastri di partenza della nuova stagione con un volto decisamente rinnovato e fresco: i New Orleans Pelicans, nuovi nel nome e nella sostanza.
Autori di mosse di mercato interessantissime, gli ex Hornets si ritrovano con un roster giovanissimo e strabordante di talento specialmente in ottica futura: l’obiettivo di quest’anno sono i playoff, tutt’altro che una chimera se la chimica di squadra verrà trovata in breve tempo, ma, considerando la prevedibile crescita e definitiva esplosione di alcuni elementi oggi ancora da svezzare del tutto, le prossime stagioni consentiranno ambizioni maggiori.
Ora però vediamo effettivamente come si è evoluta la squadra nell’ultimo vivacissimo mese.
La notte del draft aveva portato in dote la scelta del giocatore potenzialmente più forte della classe 2013, quel Noel che se non si fosse infortunato gravemente qualche mese fa sarebbe stato scelto ad occhi chiusi alla prima chiamata. Avrebbe potuto formare una coppia di lunghi entusiasmante per il prossimo decennio con la prima scelta dello scorso draft Anthony Davis, ma l’illusione è durata davvero poco, dato che i Pelicans lo hanno immediatamente girato ai Sixers (assieme ad una futura scelta) in cambio di Jrue Holiday, playmaker esploso durante la scorsa stagione in cui ha raggiunto persino l’All Star Game.
Noel potrebbe trasformarsi in un sensazionale centro difensivo, un nuovo Mutombo (stazza, atletismo, letture e potenziale di crescita condurrebbero in tale direzione), ma è reduce da un infortunio serio e trattandosi di un centro -storicamente un ruolo in cui gli infortuni pesano il doppio, come hanno recentemente insegnato Oden e Bynum- i Pelicans hanno preferito scambiarlo e portare a casa un play giovane ma già affermato come Holiday su cui costruire parte delle concrete fortune della franchigia.
Holiday raccoglie un’eredità pesante, quella di Vasquez, finito a Kings e assoluto protagonista della passata stagione; però Jrue sembra avere margini di crescita più ampi del venezuelano ed è decisamente più pericoloso come realizzatore, essendo più rapido e potente con un tiro da fuori eccellente.
La settimana scorsa è inoltre stato perfezionato l’arrivo di Tyreke Evans, lusingato da un contratto assai ricco (un quadriennale da 11milioni a stagione circa) e da prospettive tecniche migliori rispetto a quei Kings in cui si era affermato come una matricola destinata a sconvolgere l’NBA (unico cestista dopo Oscar Robertson e Lebron James a concludere la stagione da rookie con almeno 20 punti, 5 assist e 5 rimbalzi di media), ma in cui nelle stagioni successive non aveva saputo confermarsi ed anzi era regredito notevolmente.
Evans rimane un elemento giovane e dalle potenzialità infinite considerando talento e fisico, il suo problema maggiore (senza tener conto della mancanza di un jumper affidabile, lacuna grave per un esterno, ma il tiro può essere affinato e migliorato con l’allenamento) è il non aver ancora trovato il ruolo ideale: non si sa se sia un play (la visione di gioco non è eccelsa, la stazza fisica è mostruosa), una guardia (sarebbe il ruolo ideale per lui, ma non dispone ancora di un tiro degno di questo nome), o un’ala piccola (ruolo per il quale sarebbe sottodimensionato, ma in cui afferma di voler giocare).
Certamente se riuscirà a trovare l’identità tecnica definitiva (il cambio di città non potrà che fargli bene in questo senso, perché a Sacramento non era più sopportato e la critica si era accanita contro di lui) potrà far fare un ulteriore salto di qualità a New Orleans, e le sue doti di dribbling e penetrazione, infermabile con quel fisico, daranno varianti notevoli agli schemi d’attacco.
Più che altro sarà il caso che gli venga proibita la frequentazione di fast food o pasticcerie varie, data la forma fisica non invidiabile mostrata nelle ultime apparizioni.
Gli ultimi due arrivi -sinora- sono stati Morrow e Stiemsma: il primo è uno sharpshooter come ce ne sono tantissimi nella NBA e servirà a dare alternative dalla panchina nei pochi minuti che verosimilmente avrà a disposizione, mentre il secondo dovrebbe essere il sostituto di Robin Lopez, l’altra perdita illustre dell’estate, e non avrà quindi un compito semplice.
Stiemsma è un eccellente stoppatore, un discreto difensore, ma rispetto a Lopez si perde moltissimo nella metà campo offensiva, infatti la dirigenza per migliorare ulteriormente il roster dovrebbe fare uno sforzo per acquisire un lungo offensivo.
Ieri è stato ufficializzato il rinnovo di Aminu con contratto di un anno: probabilmente si contenderà il posto con Evans come ala piccola titolare (ovviamente Evans avrebbe più minuti in ogni caso); quindi, a meno di una esplosione di Evans da numero tre è proprio in tale ruolo che emerge l’altra lacuna dei Pelicans, anche se non è semplice operare sul mercato alla ricerca di ali piccole di livello (si è accasato pure Kirilenko che era uno dei più appetibili).
Nello spot di guardia, salvo sorprese sempre possibili dato il soggetto in questione, partirà Eric Gordon, un giocatore di talento assoluto bersagliato però dagli infortuni negli ultimi anni e non felicissimo di trovarsi ancora a New Orleans (l’anno passato sarebbe dovuto finire ai Suns). Sulla carta un reparto esterni composto da Holiday, Gordon ed Evans è un lusso che si possono permettere in pochi, un agglomerato di talento eccezionale e ancora più forte in prospettiva (il più “vecchio” dei tre, Gordon, ha 25 anni!), starà a loro integrarsi e al coach trovare il sistema a loro più congeniale.
Il fiore all’occhiello tuttavia rimane Davis, in ottica futura un autentico fenomeno e la pietra angolare della franchigia. Ha vissuto una prima stagione pro tra alti e bassi, normalissimi alla sua età, però molti si aspettavano di più -le attese erano enormi- e sono rimasti leggermente delusi, pur tenendo presente il buon livello medio mantenuto e alcune prestazioni di alto livello.
Il suo potenziale è inimmaginabile: in difesa è già tra i migliori lunghi della lega, in attacco è tutto da sgrezzare, deve avere più coraggio nel sfruttare il suo atletismo, ma, per esempio è uno dei pochi lunghi non tiratori che ha buone percentuali ai liberi (un fattore non indifferente, vero Dwight?).
Dalla panchina usciranno Austin Rivers (un carneade nella stagione da rookie) e soprattutto il talento e la balistica di Ryan Anderson, uomo da venti punti facili nelle non rare serate di grazia, che dà l’idea della notevole profondità del roster creato dai Pelicans per l’annata a cui ci avviciniamo.
Il livello di talento medio e l’età incredibilmente bassa della squadra rendono a dir poco affascinante il progetto Pelicans. Non ci resta che attendere: forse il mercato regalerà qualche altra novità di cui parlare, un centro e un’ala piccola sarebbero le classiche ciliegine sulla torta, ma soprattutto l’inizio della stagione ci svelerà il loro reale potenziale.
…”gli ex Hornets si ritrovano con un roster giovanissimo e strabordante di talento specialmente in ottica futura”…
…”Il livello di talento medio e l’età incredibilmente bassa della squadra rendono a dir poco affascinante il progetto Pelicans”.
intriganti.
Il vero punto interrogativo è T. Evans. Potenzialità straordinarie, ma che rischiano di non esplodere. Stagione decisiva per lui. Bel roster, ma qualche dubbio sul carattere del team c’è. Se tutto funziona alla perfezione non ci sono limiti per New Orleans.