La tanto attesa gara 7 è finalmente arrivata: una stagione bellissima e dei playoff memorabili si decideranno negli ultimi 48 minuti di gioco all’American Airlines Arena.
La bilancia pende tutta a favore dei padroni di casa, che sono risorti dall’Ade della dannazione cestistica con una incredibile rimonta nel ribaltone finale di gara 6; gli Spurs invece devono rimettere insieme i cocci di un titolo già in mano e gettato via con una gestione rivedibile, e dovranno fare i conti con un serbatoio che, per età media e acciacchi assortiti, tende a garantire una scarsa autonomia. Qui si fa la storia: now or never, tutto in una notte.
L’antifona del match è chiara fin dai primi possessi: l’intensità raggiunge picchi da cime himalaiane, e l’avvio è quanto mai ruvido e spigoloso. Sono gli Spurs a muovere per primi il tabellino della gara, con una combinazione Duncan-Parker che manda a segno il franco-belga con il layup rovesciato; James risponde pescato in taglio da Miller, e la partita può iniziare a tutti gli effetti.
Le difese comandano le operazioni e dettano lo spartito di un incontro che, giocoforza, non decolla sul piano offensivo; San Antonio è avanti 11-6 al primo time-out, con Ginobili che si è sbloccato con una tripla ma è subito costretto a sedersi dopo aver commesso il secondo fallo personale.
Al rientro in campo Wade segna due punti rapidi dal post basso; coach Spoelstra continua il suo grande lavoro di strategia e preparazione, sparigliando il mazzo con rotazioni molto diverse da quelle a cui gli Heat hanno abituato: il pallone viene affidato a Wade, playmaker senza mezze misure con l’uscita di Chalmers, mentre Andersen e Battier vedono il campo molto presto rispetto alle consuete abitudini.
Il quintetto degli Heat, senza Wade e con James da 4, paga subito i dividendi sperati mettendo in ritmo il numero 6 e creando conseguentemente spazio per i suoi compagni di squadra: Allen penetra e scarica per Battier che segna dall’arco, Andersen sprizza energia e va su qualsiasi cosa si muova appoggiando il tap-in del 15 pari, Battier punisce ancora da tre punti su un’altra assistenza di “He Got Game”.
Nel momento di difficoltà, gli Spurs si affidano a Kahwi Leonard: il giovane classe 1991, al secondo anno in NBA, si prende responsabilità da veterano volando con profitto a rimbalzo e catalizzando le attenzioni della difesa ospite, costretta a spendere il fallo che lo manda in lunetta per il libero del 18-16.
Il primo quarto finisce così: l’intensità e la fisicità di Miami danno l’impressione di poter fare la differenza, San Antonio però parte tutt’altro che battuta e ha l’intenzione di vendere cara la pelle fino in fondo.
Un’altra coltellata di un redivivo Battier apre il secondo periodo degli Heat, ma anche gli ospiti non perdono tempo e si riportano subito a contatto: Parker prima segna in appoggio rovesciato dopo aver battuto il marcatore con uno “euro-step” da manuale e poi attira la difesa di Miami che si dimentica di Splitter, col brasiliano che schiaccia indisturbato.
Il play francese è salito in cattedra dopo un primo quarto con le marce basse, ma gli Heat rispondono con l’ottimo Wade che segue l’onda lunga delle ultime prestazioni e va a segno con regolarità dal palleggio. Duncan continua a imperversare su un Bosh sempre più in difficoltà, col caraibico che appoggia al tabellone e costringe il centro degli Heat al terzo fallo personale che lo relega in panchina.
Parità a quota 27, una notizia che non fa piacere al signor LeBron James che provvede a riportare il punteggio su proporzioni a lui più gradite: transizione chiusa con un euro-step illegale per il layup da sfida alle leggi della fisica prima, tripla dal palleggio con spazio poi, e gli Heat riprendono subito il controllo.
Miami cavalca ancora il suo quintetto piccolo che genera una quantità imbarazzante di tiri di qualità che però non vengono sfruttati a dovere; l’attacco ospite invece è tutt’altro che efficace, ma Gary Neal trova la banca aperta e si aiuta col tabellone per un’improbabile tripla da dieci metri a bersaglio.
Nonostante un’inferiorità palese su entrambi i lati del campo gli Spurs si tengono miracolosamente in partita grazie a un paio di affondi geniali di Ginobili e al grande lavoro di Neal, che prende la targa di Allen e lo controlla sporcandogli tre palloni che risultano altrettante perse per il 34 di casa.
San Antonio fa fatica ad attaccare la difesa schierata, e ecco allora che l’argentino nativo di Bahia Blanca si mette a correre a più non posso, liberando il campo per iniziative personali che lo portano al ferro e a servire a Duncan la palla del pareggio a quota 40.
Ancora Ginobili e Parker vanno a segno per gli Spurs, mentre Miami si rimette avanti proprio in chiusura con un altro tiro dal palleggio di Wade che vale il 46-44 all’intervallo.
Le soluzioni escogitate da Spoeltra danno l’idea di poter spaccare la partita, ma gli ospiti sono misteriosamente aggrappati alla partita malgrado un misero 35% dal campo: San Antonio resta a contatto grazie ai tiri liberi (14 a segno sui 15 tentati contro i 3 dei padroni di casa) e alle palle rubate (con un computo di 8 a 3).
James è il top scorer dell’incontro a quota 15 punti (5-11 dal campo), seguito a ruota da Wade (14, sempre in doppia cifra al termine dei primi tempi della serie, con 7-12 al tiro e 6 rimbalzi) autore di scelte discutibili ma alla resa dei conti vincenti; gli Spurs mandano in doppia cifra Duncan (13 punti e 5 rimbalzi) e Parker (10 punti, 3 assist), trovando 7 punti importanti di Ginobili e la leadership di Leonard fondamentale con 10 rimbalzi.
I padroni di casa beneficiano di un supporting cast quanto mai efficace, con Battier chirurgico da tre (9 punti, 3-3 dall’arco) e 6 punti di Chalmers. Ora il terzo quarto, fino a qui terra di grandi parziali che hanno indirizzato le varie partite della serie: Miami ne ha indiscutibilmente di più, ma gli Spurs sono duri a morire e non si lasceranno battere tanto facilmente.
Kahwi Leonard regala perle di un talento abbacinante a inizio ripresa, prima con un canestro in arresto rovesciato e poi con un favoloso giro in posto sfruttando il mismatch con Miller; James risponde dopo un canestro di Chalmers, tenendo vivo un pallone ormai perso sotto il canestro ospite e andando a segnare da tre in solitudine.
L’equilibrio continua a regnare sovrano, con Ginobili che prima beffa la difesa andando a destra per il layup e poi gioca il pick&roll ispirando l’ennesimo canestro di Leonard; Green, apatico e ormai totalmente avulso dal gioco da gara 6 a questa parte, però regala letteralmente il pallone agli avversari che possono così mandare Wade alla schiacciata solitaria.
Dopo un canestro di Duncan è parità a quota 54: partita fantastica sotto tutti i punti di vista, spettacolo più che mai degno di un palcoscenico di questo calibro. Danny Green finalmente segna con una tripla dall’angolo al termine di un’azione un po’ rocambolesca, poi torna in scena un giocatore che, pare, sia anche un sopraffino tiratore: LeBron James viene sfidato senza mezze misure dalla difesa di coach Popovich, rispondendo da campione con due triple senza ritmo, quel tiro che nella serie finale del 2007, giocata con la maglia di Cleveland proprio contro gli Spurs, non entrava neanche a spingerlo.
Altra storia e altri scenari, perché adesso Miami è a +4 con due liberi dello stesso James. Vantaggio casalingo che però dura poco, perche sale alla ribalta un califfo francese che all’anagrafe fa Boris Diaw; potrebbe essere l’impiegato medio (altino, d’accordo) dal vostro ufficio postale, ma in questo frangente le consegne sono di tutt’altro genere: prima una tripla da assist di Ginobili, poi una magia per mandare a canestro Duncan per il sorpasso Spurs.
Leonard ruba la merenda a Chalmers e Ginobili segna i due liberi del +3 ospite, James sente il pericolo e non tarda a segnare, ancora dal palleggio, e dopo un canestro di Neal è ancora l’infallibile Shane Battier a siglare la tripla del 69 pari.
A una manciata di secondi dallo scadere del quarto Ginobili segna con un invenzione mancina, ma Mario Chalmers dall’Alaska segna una tripla di tabella coi piedi che sfiorano il logo della franchigia. La corrente del Rio Grande (citazione del Maestro Buffa) porta gli Heat in vantaggio 72-71 quando ci accingiamo a vivere gli ultimi dodici minuti della stagione: un pugno di giri di lancette per decretare i campioni e i vincitori di una stagione e di una finale fantastiche.
Shane Battier rivive i fasti delle scorse Finals e imbuca un’altra tripla in apertura di quarto periodo; San Antonio si affida alla freschezza e alla personalità di Leonard, ma gli Heat sembrano aver preso il giro buono e hanno un pensiero stupendo di allungo decisivo grazie a un canestro di Chalmers e all’ennesimo tiro da fuoriclasse di Wade.
Ginobili accorcia forzando l’entrata e appoggiandosi al vetro con la prediletta mano sinistra, ma commette un paio di palle perse sanguinose nell’economia della partita dei suoi; Miami vuol vincerla con la sua difesa, ma gli attacchi sono statici e vivono degli isolamenti (peraltro efficacissimi) del duo James-Wade.
I padroni di casa sono sul +6 dopo il palleggio, arresto e tiro di LeBron; mancano quattro minuti e mezzo da giocare, una goccia nel mare di una stagione da più di cento partite complessive ma dentro la quale è racchiusa una storia ancora tutta da raccontare.
Perché l’orgoglio degli Spurs è tutt’altro che domo: Ginobili spara una tripla folle che muove solo retina, Danny Green ruba il pallone poco dopo la rimessa e si prende il tiro da tre che vorrebbe dire redenzione dopo due partite quantomeno deludenti, ma la sua tripla si spegne sul ferro.
Altro destino per il tiro dell’ineffabile Battier, che per la sesta volta va a segno col tocco letale da oltre l’arco; 88-82 Miami con tre minuti sul cronometro.
Finita? Tutt’altro: un magnifico Duncan si muove come un ballerino in post, tormentando Bosh che spende il quinto fallo consentendo il gioco da tre punti al caraibico. Wade taglia e arriva al ferro come ai bei tempi per il nuovo +5, cancellato subito da una tripla di un Leonard che ha troppa classe e cojones per essere questo tipo di giocatore dopo solo due anni da pro.
Chalmers fa un incredibile zero su due dalla lunetta e Leonard avrebbe in mano addirittura la tripla del sorpasso, presa con decisione ma mandata sul primo ferro; Miami sbaglia in attacco, e sul ribaltamento di fronte Duncan si trova accoppiato con Battier: il vecchio fuoriclasse degli Spurs attacca e si libera a centro area ma si mangia uno dei canestri più facili della sua serata, che sarebbe valso la parità a quota 90.
L’uomo da Saint Croix non si dà pace, gli Heat chiamano il time-out in uscita dal quale si compie il fato di un giocatore ormai destinato all’olimpo dei più grandi di ogni epoca: LeBron James è ineluttabile, ed è un segno del destino che decida la partita e la stagione con l’ennesimo tiro dal palleggio che storicamente è stato il tallone di Achille del semi-dio col numero 6.
San Antonio non ha più nemmeno la forza di costruire un attacco; Wade segna il punto finale che vale la vittoria per 95-88 e il secondo titolo consecutivo per i Miami Heat. Lebron James da Akron, Ohio, ribadisce di forza il possesso della corona di re della lega e di MVP delle Finals, con una gara 7 da antologia nella quale totalizza 37 punti (12-23 al tiro), 12 rimbalzi e 4 assist; il sovrano non è solo, ma trova il fondamentale apporto di Dwyane Wade, “Mister Heat” che nei panni di viceré segna 23 punti (11-21 al tiro) aggiungendo anche 10 rimbalzi e 2 stoppate.
Oltre ai due grandi protagonisti, colpevolmente abbandonati dagli eroi di gara 6, vale a dire da un Bosh ormai indecifrabile che si rende autore di una non indimenticabile “virgola” in una gara 7 di finale (zero punti per lui), e da un Ray Allen mai in partita (zero punti anche per lui) e ben controllato da Neal, sono da segnalare la buona performance del vassallo Chalmers (per lui 14 punti di sostanza) e il sensazionale apporto del liberto Battier, liberato da una serie di prigionia in panchina e capace di segnare 18 punti con un incredibile 6-8 da tre.
Gli Spurs sono tenuti al 37% dal campo, e non bastano un Duncan fantastico e autore di 24 punti, 12 rimbalzi e 4 rubate, né un Ginobili che torna di nuovo in sé e chiude a quota 18 punti; Leonard lascia di stucco coi suoi 19 punti e 16 rimbalzi in una partita del genere al secondo anno di carriera, ma le gambe stanche e infortunate di Parker (solo 10 punti per lui, 3-12 dal campo) e un Green deleterio caduto in disgrazia dopo cinque partite da re mida sono troppo per potere pensare di battere questi Heat e questo LeBron.
Leggenda. Spesso si abusa di un termine che andrebbe destinato solo alle imprese e alle storie più grandi che siano mai state scritte; ma in questo caso, in queste NBA Finals 2013, il concetto appare addirittura riduttivo per descrivere una serie che verrà ricordata per lungo tempo.
Una squadra costruita per dominare, che sul suo cammino ne ha trovata un’altra che stava per cambiare un finale già annunciato e che si è effettivamente realizzato, con la regia e la sceneggiatura scritta dal mai troppo sottovalutato coach Eric Spoelstra e messa in scena in maniera magistrale dai giocatori più forti del pianeta.
Finisce oggi una stagione bella come non mai, che dopo un anno mutilato dal lockout e dai suoi veleni ha restituito la NBA agli appassionati di tutto il mondo. Gara 7 è il giusto epilogo per dei playoff memorabili, che hanno vissuto serie epiche che hanno portato a una finale che, statene certi, entrerà negli annali della storia della palla a spicchi.
Ci sono solo applausi, per tutti i protagonisti: i Miami Heat vincono con merito, perché hanno avuto la forza di rialzarsi una volta toccato il fondo, mostrando di aver un grande cuore oltre ad un talento visto raramente sui 28 metri di un campo di pallacanestro; ma la loro leggenda è ingrandita ancora di più dal valore dei battuti, questi Spurs infiniti, indomiti e col fascino retrò di una dinastia che, se non ora al termine della prossima stagione, sarà inevitabilmente destinata a chiudersi con la gloria riservata solo ai campioni più grandi.
Vincono gli Heat e vince il loro numero 6, quel LeBron James capace di emozionare e dividere, che però su una cosa mette tutti d’accordo: è lui il padrone indiscusso della NBA, e non c’è nessuno che possa togliergli di mano uno scettro guadagnato lavorando duro sulla base di un talento sconfinato regalatogli da madre natura.
La sua immagine a fine partita con Duncan, abbracciato in un momento toccante che è già pronto a passare alla storia come la copertina di questa finale, è un passaggio di consegne, una profezia che si avvera: nel 2007 lo stesso Tim, dopo aver battuto in quattro partite un giovane LeBron alla prima esperienza in finale, gli sussurrò che un giorno la NBA sarebbe stata sua.
Ci aveva visto giusto il vecchio Timmy: grazie di cuore ai suoi Spurs che hanno saputo emozionare lottando fino all’ultimo pallone e rendendo queste Finals uno spettacolo indimenticabile; ma adesso, signore e signori, c’è un uomo solo al comando. Not one, not two: missione compiuta con un back-to-back da ricordare che legittima una stagione fantastica, con 66 vittorie e una striscia pazzesca da 27 successi in fila.
È festa grande a South Beach: il calore della Florida ha avuto la meglio sugli sceriffi texani.
Studente in giurisprudenza, amo ogni genere di sport e il suo lato più romantico. Seguace di Federico Buffa, l’Avvocato per eccellenza, perché se non vi piacciono le finali NBA non voglio nemmeno conoscervi.
“Ricordati di osare sempre”.
Complimenti, articolo spaziale. Commovente.
Ottimo articolo..
Io mi sarei soffermato anche sulla scenata di Duncan, dopo il tiro + tap-in sbagliato, come batte i pugni sul parquet e poi come si tiene le mani sulla testa in panchina..
Il titolo comunque lo aveva gia’ in mano San Antonio: Popovich, con una decisione assurda e degna della sua fama di padre/padrone, che pensa sempre che lui decide e i giocatori eseguono, ha tolto Duncan lasciando che Bosh potesse liberamente prendere il rimbalzo e darla ad Allen per la tripla.. Con Duncan normalmente in campo in quell’ ultima azione, ora l’ anello lo avrebbero gli Spurs.
Pure stanotte ha chiaramente ordinato di lasciare a Lebron 4-5m di spazio,sfidandolo a tirare da 3..
Per me il grande Pop ha peccato di presunzione
Il filippino invece e’ stato impeccabile..la difesa di Miami stanotte ha rasentato la perfezione
Ti ringrazio davvero per il complimento. Cerco solo di riuscire a raccontare le emozioni di questo magnifico sport, e sapere di esserci riuscito è la gratifica più grande che possa esserci.
Gran bel articolo, condivido!!
Grazie del complimento e del suggerimento. D’accordo con te sul fatto che San Antonio ha gettato via il titolo in gara 6 e su Popovich che ha dimostrato poca elasticità mentale, un fattore che invece lo ha reso uno dei più grandi di sempre. Ma con un LeBron così, ieri, c’era ben poco da fare.
Marca 5 ruoli,ha il fisico di Malone, la forza di Wallace, la velocità di Iverson in un corpo da 203cm, sale a rimbalzo quasi come Shaq, gioca in post basso (dominando), come bloccante, in pick & pop, sul perimetro, difende come Pippen e possiede una visione di gioco alla Magic come play, è diventato pure tremendamente clutch. Completo come nessuno mai nella storia. Si Lebron, sei il migliore di sempre. Goditi questo secondo anello. Chapeau al Re.
Cala, Cala Trinchetto!!! LeBron e` molto forte come giocatore, e certamente attualmente e` uno dei piu` completi giocatori dell`attuale panorama nba. Ma appunto ATTUALE! Dire che e` il migliore di sempre mi sembra un tantino esagerato. A me ricorda molto Chamberlain! Ovvero fisicamente superiore ai giocatori della sua era. Tuttavia di Chamberlain nessuno dice sia il piu` forte giocatore di sempre! Ripeto molto forte e attualmente il migliore in nba come overall, ma non il migliore di sempre.
Cmq data la vittoria di Miami prevedo che si scivolera` molto in questi giorni…
Quoto tutto
pur essendo il più forte giocatore del mondo dominare in post mi sembra quanto meno eccessivo. diciamo che in post ci va a giocare con risultati a volte buoni a volte un po’ meno.
Lebron devastante nonostante un primo tempo opaco, in cui gli Spurs hanno giocato molto meglio e Miami ha tenuto grazie a prodezze singole di Wade.
Durante il terzo quarto ero convinto che San Antonio avrebbe vinto, perche’ Miami non riusciva ad entrare in aerea, tirando da sotto o prendendosi qualche fallo: tutti i tiri li prendevano dal perimetro e di solito in una partita punto a punto e’ un grosso handicap non riuscire ad attaccare il ferro..
Invece Lebron prima e Battier poi hanno messo tiri pesantissimi. Un dato significativo: 24 punti in aerea realizzati dagli Heat contro i 48 degli Spurs.
Secondo me le disposizioni di Pop per tutta gara7 erano queste: chiudiamo l’ area, lasciamo almeno 3metri a LJ e DW, cosi tireranno da fuori e finiranno con lo sparare mattonate sul ferro. Tutti i tiri da fuori Lebron li ha messi senza il marcatore..
La mancanza di un leader vero per gli Spurs oggi si e’ sentita particolarmente: Duncan e’ un campione, ma non un leader, Ginobili ha fatto un partitone ma anche 2 cazzate pesantissime..il leader vero e’ Popovich, ma non e’ in campo..
Sentiti vaffanculo a Popovich per non aver chiamato fallo a 29 secondi dalla fine sul +5 di gara 6.
Ti piace vincere facile? Ah, ecco. Invece il siluro nel didietro te he gustado?
Lebbrone fortissimo, superforte… talmente forte che appena gli cala il fisico (con le sostanze che prende, tra un 5/6 anni, a naso, non prima) va in pensione. Ma con 6 o 7 anelli visto che quelli che lo possono impedire si tuffano nel WC con gran gusto.
Nello schifo generale e immotivato, un monumento a quel mito di Ray Allen: 38 anni portati come un ragazzino. Altro che Duncan.
Mi sfuggono i motivi del tuo commento…
Da tifoso neutrale (anzi, avverso ad entrambe le squadre ma fan di Manu e He Got Game) invece di mandare a quel paese Pop per non aver chiamato fallo sul finale di Gara6 dico grazie all’NBA e alla tradizione del “ce la si gioca fino in fondo”.
In Europa siamo abituati a fare fallo, e a piangerci addosso se un giocatore non sta bene.
Di la’ Parker ha chiaramente giocato mezza serie su una gamba sola, e Wade appena scendeva l’adrenalina aveva un ginocchio a meta’ servizio. Ma nessuno si e’ lamentato, testa alta e sofferenza.
Per una serie finale che non mi gustavo cosi’ da quel Bulls Jazz del ’98.
Se e’ vero che i fisici NBA sono pompati vale per tutti, non solo LBJ. Basta guardare Danilo e la differenza di fisico dai tempi di Milano. Per non parlare di quella pazzesca crescita muscolare di Toni Kukoc sempre per tornare ai Bulls che furono.
James dominatore in una Gara7 giocata da MVP, ma ancora non ci siamo per essere il piu’ grande. Ancora non possiede la partita sotto ogni aspetto, ogni tanto molla il colpo. Ma questa vittoria, come l’anno scorso, lo rendera’ ancora piu’ forte se possibile.
E se vincera’ 6-7 anelli sara’ ben merito suo, no? Vero che gli atteggiamenti beceri sono stati tanti, ma se i migliori giocatori fanno a gara per andare a giocare da, con e per lui non e’ certo una colpa.
Concordo con l’ammirazione per Ray Allen (cioe’ LBJ ha tradito Cleveland perche’ voleva vincere e SugarRay ha fatto bene a salutare la truppa biancoverde?), ma non credo nessuno si possa permettere di dire “altro che Duncan”.
Che piaccia o meno il suo stile di gioco e’ una faccenda di gusti personali. Sono solo vent’anni che seguo il Basket e faccio fatica a trovare altri atleti piu’ degni di lui di un profondo inchino e di un grazie per aver contribuito allo sport piu’ bello del mondo.
Ray-Tim: fra due hall-of-famer la differenza è una sola: Allen corre, zompa e difende come quando aveva 25 anni. Duncan è un’enciclopedia del mestiere, ma il fisico non lo sorregge: ha preso più stoppate nella serie con Miami che in tutto il resto della stagione.
Quanto agli errori di S. Antonio: mi inchino a Spoelstra che ha sfruttato tutte le deficienze degli Spurs senza lasciarne passare una che fosse una. Il “ce la giochiamo fino in fondo” se lo ricorderanno tutta la vita, e non valeva proprio la pena. Se ad Andersen rinnovano il contratto a fine carriera avrà più anelli di Duncan. E li avrà pure meritati.
Comunque si sapeva che l’unica speranza dei texani era chiuderla in casa. Cioè, lo sapevano tutti quanti tranne loro.
Wade, James e Bosh segnano un totale di 85 punti: Flash chiude a quota 32 aggiungendo 6 rimbalzi, 4 assist e 6 palle rubate, LeBron è il top scorer con 33 punti, 11 rimbalzi e 4 assit (con 2 stoppate) e Bosh è solido ed efficace con la doppia-doppia da 20 punti e 13 rimbalzi. Non guasta il contributo di Allen, autore di 14 punti dalla panchina.
Citazione da gara 4! :))
HANNO VINTO GLI STEROIDI DI LEBRON…VUOI VINCERE FACILE??COSTRIUSCITI LA TUA SQUADRA COME I MIAMI HEAT….JORDAN…THE GREATEST!!!!!!!
non potevo che tifare LeBron, visto che gli spurs non li sopporto(chissà perchè)… ewwai
questo articolo mi sembra la trasposizione scritta del commento di tranquillo-buffa di stanotte. Ma non è che prendevi appunti durante la partita?
Ovviamente il commento Buffa-Tranquillo è più di un’ispirazione, con un linguaggio che è diventato ormai di uso comune dopo anni e anni di telecronache del fantastico duo! ;)
Complimenti per l’articolo! Non è il primo che leggo e devo dire che in ogni circostanza e situazione riesci ad essere chiaro e a descrivere in maniera a mio avviso impeccabile ogni minimo dettaglio di uno sport che di emozioni ne regala decisamente tante, specialmente se in campo ci vanno atleti e conoscitori del gioco come “I tre Spurs” e “il reverendo James” (tanto per citare l’avvocato).
Trovare le parole giuste per analizzare una gara 7 di questi livelli non è gioco da ragazzi quindi (da appassionato) ‘congrats!’
PS: spero che durante queste vacanze posterai articoli sul draft al barclays center o sul mercato NBA come vedo stai già facendo, sarei molto contento di poterli leggere.
Ciao, Matteo
Grazie Matteo! È finita la NBA giocata, ma prima il Draft (tra 5 giorni) e poi il mercato (e, perché no, la Summer League) terranno banco e noi saremo qui per raccontarvele come sempre. Stay tuned! ;-)
Complimenti per l’articolo, davvero!
Se vi può interessare un ulteriore approfondimento date un occhio qui: http://www.notonlysports.com/2013/06/22/nba-finals-superbowl-con-la-palla-a-spicchi/
Bellissimo articolo, come anche gli altri.
Continua l’NBA raccontata oltre che vista e’ sempre uno spettacolo.
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