Alla vigilia di gara 6 avevo due desideri, un finale punto a punto e una vittoria di Miami per regalarci gara 7, non che sia tifoso degli Heat ma, da spettatore neutrale, della più degna conclusione di questa pazza serie.
Desideri esauditi, ma in un modo davvero pazzesco, tanta attesa ripagata con tutti gli interessi. Gara 6 è già nella storia come una delle pagine più belle ma soprattutto più incredibili della storia delle NBA Finals.
San Antonio è arrivata a pochi secondi dal suo quinto titolo NBA ma in qualche modo gli Heat hanno evitato il fallimento, 103-100 in overtime, festa stoppata a preparativi già ampiamente avviati e tavolo apparecchiato per gara 7 domani notte.
Che spettacolo ragazzi, ieri notte il basket e la NBA si sono elevati per distacco da tutto il resto del mondo, c’è stato qualcosa di memorabile.
Nel cuore della nostra notte italiana che subito volge al mattino, quando i primi maturandi si alzano preoccupati per la prova di italiano LeBron conclude il suo personalissimo esame di coscienza.
Un esame che gli altri o meglio tutto il mondo gli ha sottoposto. Come evitare il fallimento, come evitare di rovinare la propria legacy ?
LeBron parte male, dubbioso, “all eyez on me” è dir poco, poi cita Michael, Magic e tutti i grandi del gioco e scrive le sue pagine.
Tema storico, in pochi hanno inciso su questa rimonta furiosa tanto l’MVP nel quarto periodo. E’ protagonista di ogni possesso, a testa bassa attacca fino in fondo, saltano i set offensivi e anche la logica, arrivano i nervi, arriva l’atletismo, arriva qualcosa che solo i grandi possono avere.
Non siamo però tra i banchi del Virgilio o del Visconti, siamo in America, la patria dello spettacolo cinematografico.
Mike Miller perde una scarpa, la getta via, LeBron lo trova in ala, spara da tre con la calza sinistra sul parquet, swish, -4 Miami a poco più di 10 minuti dal termine. La rimonta è in pieno corso.
Piccolo flashback. Tim Duncan riporta indietro l’orologio, segna praticamente sempre a inizio gara, old style, pare che il destino sia davvero benevolo con lui e con gli Spurs per una serata celebrativa ancora una volta della sua grandezza.
San Antonio è avanti di 13 con meno di 4 minuti sul finire del terzo, sembra la solita partita (ormai per la quarta volta consecutiva) che si decide nel terzo per una facile gestione nel quarto.
LeBron è chiamato a rispondere, Miami scherza col fuoco, sta letteralmente gettando via tutto, anche perchè gli Spurs giocano bene ma non alla grande, perdono ancora molti palloni, hanno percentuali che si abbassano dopo un avvio strepitoso.
E qui torniamo al cinema, al film tra i più belli di sempre. LeBron attacca, perde la sua “headband”, ovvero la fascetta sui capelli (pochi) che è ormai una delle firme di “The King” in giro per il pianeta.
Non c’è tempo per cercarla, si continua, segna, regala assist, Miami si avvicina, pareggia e va in vantaggio. E’ una sfuriata da ricordare, finalmente, per la prima volta senza nessuna ambiguità incide sulla gara da MVP, senza headband e senza paura.
Twitter impazzisce, i commenti si sprecano, quella fascetta ha liberato la sua testa da ogni pensiero malvagio di un baratro fragoroso.
“Non rimetterla mai più”, “Allora era questo il motivo”, “Più brutto ma più decisivo”, “Sta giocando da Re, la toglierà per sempre ?” e così via, ad un certo punto tutte e 10 le posizioni delle tendenze # negli USA sono riferite a gara 6 in corso.
LeBron in slam dunk, LeBron in stoppata su Duncan, ancora sul caraibico in one on one con finta e raro passo e tiro, Miami è LeBron e LeBron è la storia che possesso dopo possesso si sta facendo leggenda.
Wade è in panchina, non è un caso, ancora una volta il quintetto di Miami gira al meglio con l’MVP in “Cleveland mode” e i tiratori sugli scarichi.
Quando Spoelstra è costretto a rimetterlo in campo scende il gelo e in effetti immediatamente l’inerzia passa nelle mani di San Antonio.
Abbiamo già detto sull’impossibilità del coach di origine filippina di tenere Wade fuori nei momenti decisivi, ci sono ragioni di rispetto per chi ha semplicemente messo sulla mappa questa franchigia, ci sono ragioni che vanno ben oltre il nudo fatto tecnico.
Il finale è punto a punto, perchè San Antonio non si lascia certo intenerire dalla scarpa di Miller e dall’headband che manca dal capo, dal capo della partita.
Sotto di tre ad un minuto e mezzo dal termine entra in scena Tony Parker e anche qui sembra che Miami abbia fatto tanto per tornare in gara, bravissimi, ma Duncan prima e Parker ora questa è la serata del destino dispari dei texani.
Fa una cosa che probabilmente non ha mai fatto in carriera, lui tiratore modesto e restio. Segna da tre, per il pareggio, in stepback, in faccia a LeBron.
Chalmers butta via palla, Parker la riporta dall’altra parte, va dentro, gira il perno e si inventa il +2 nel cuore dell’area a 58 secondi dalla fine.
Nel possesso successivo LeBron si intestardisce, è saltato davvero il senso di ogni passo sul parquet, forza contro il mondo, perde palla, lancia la transizione che termina con un fallo di Allen su Ginobili.
E’ +5 Spurs, una trentina di secondi da giocare. Il pubblico indecente e non meritevole del miglior talento di questa generazione lascia in anticipo per non fare la fila per i cocktail su Ocean Drive. È finita, non c’è spazio per recuperare.
L’ho pensato anch’io, anche Magic Johnson come poi rivelerà su ESPN, l’hanno pensato tutti e forse addirittura Popovich in panchina.
LeBron ha già due pesantissimi turnover che bilanciano in negativo i suoi eroismi per tornare in partita, lancia una tripla “straight away”, centrale, è un “mattone terrificante”.
Potrebbe finire davvero qui ma c’è qualcosa nell’aria e sulle braccia degli Heat protesi a rimbalzo, come Horry contro Sacramento la palla gli ritorna indietro in qualche modo e questa volta è canestro, tripla “from the wing” per il -2.
Leonard converte solo uno dei due liberi salvando Miami con un possesso pieno di svanatggio, -3 e 19 secondi sul cronometro.
La stagione degli Heat è appesa ad una tripla, San Antonio deve difendere forte (o fare fallo cinicamente) per vincere il suo quinto Larry O’ Brien poco prima saldamente nella mani ma ancora con maggiori probabilità sulla via del Texas che su quella di South Beach che pullula ormai di colpo di inetti con un fulmineo rimorso.
Si sta giocando per un’intera stagione, è l’alba e i tweet più rumorosi sono ormai quelli più autentici degli uccellini usciti dalla notte.
Ancora LeBron a caricarsi delle sue responsabilità, sbaglia da dietro l’arco, Bosh prende il rimbalzo, Ray Allen in pochi istanti ha la forza e la freddezza di uscire in angolo per il “corner three”, si alza, segna, è pareggio con cinque secondi sul cronometro.
E’ una giocata già tra le più belle di sempre perchè totalmente inattesa ed insperata su un broken play, ha evitato il titolo di San Antonio da rimbalzo offensivo, per il resto ci pensa il più grande tiratore da tre della storia del gioco.
L’aggettivo “incredibile” è stato già usato parecchie volte, tante già in questa partita ma sinceramente si fa fatica a descrivere altrimenti un’azione che ha negato, in questo modo anche rocambolesco, un titolo NBA già vinto.
L’overtime che ne consegue (dopo tentativo velleitario di Parker) è ancora carico di suggestioni. Leonard sembra voler redimersi immediatamente dell’errore dalla lunetta ma c’è ancora il ricciolo di Allen e la sua difesa su Manu in penetrazione a pochi secondi dal termine per il potenziale +1 Spurs.
Non sporcate questa pagina di storia accusando gli arbitri. Il fischio non è limpido, la stoppata di Bosh sulla tripla allo scadere di Green per il pareggio è pulita.
Miami vince, Bosh aveva prima stoppato anche Parker in solitaria punito da Popovich con la panchina. Spurs senza energie ma stranamente con poca lucidità, sono arrivati a sfiorare il titolo ed ora si devono preparare ad una gara 7 dove vincerà chi ha più gambe.
Gara 6 intanto è instant classic, ad di là dell’overtime ci sono almeno due motivi per definirla epica. E’ stata una partita che ha cambiato tante volte padrone, non provo nemmeno a contare quante. La parola fine è stata scritta e riscritta di continuo, anche all’interno del destino dei singoli.
LeBron da eroe perde due volte palla in maniera gratuita e banale, sbaglia due triple poi però ne mette una di importanza capitale.
Bosh è ridicolizzato da Duncan per tutto il primo tempo, si rifà con quelle due stoppate e soprattutto col rimbalzo e l’assist per Allen dall’angolo per il pareggio.
Per Tony Parker lo stesso, tripla in stepback, giro sul perno, poi però due o tre forzature senza ritmo fuori dagli schemi e la panchina, c’è poi la doppia faccia in due tempi di Duncan e per Leonard infine l’errore ai liberi ma due canestri ad inizio OT che sembravano (ancora una volta) quelli decisivi.
Il secondo motivo è legato alla sorpresa, all’imprevedibilità fuori di ogni logica delle giocate decisive. Il mai visto Parker in stepback da tre e sempre da dietro l’arco Ray Allen, di contro un grande classico, ma da rimbalzo offensivo e anche fortunato, trasforma la disperazione e la stagione 2013.
Due giocate folli, la scarpa di Miller e l’headband di LeBron aggiungono trame anche comiche ad un capolavoro thriller ai cui sceneggiatori è scappata la mano.
Gara 6, non la si può chiamare diversamente che un’altalena di emozioni.
SAN ANTONIO SPURS
Tony Parker : 19 punti e 8 assist ma solo 6-23 dal campo, si sceglie il momento più importante della gara per firmare due canestri improbabili ma non può immaginare che le sue prodezze non saranno gli ultimi momenti e che invece i successivi lo vedranno sporcare tutto quello che tocca per mano. 7
Manu Ginobili : riparte in quintetto ma la magia non dura, 9 punti e addirittura 8 perse, parleremmo di tutt’altro se gli arbitri avessero fischiato quel fallo in OT a suo favore ma non ci si deve lamentare per quello, semmai di un altra gara negativa fino a quella penetrazione. 4
Danny Green : scende dalla stelle, 1-5 da tre, 1-7 dal campo per 3 soli punti, la stoppata di Bosh sulla tripla in OT per il pareggio sulla sirena è l’immagine simbolo che lo riaccompagna tra gli umani dopo 5 gare ben al di sopra dei suoi limiti. 4
Kawhi Leonard : nella serata incolore di Green, accertata anche la scompara di Neal, è l’unico degli altri Big Three che gioca sempre ad alti livelli. 6 gare e mai una sbavatura, una costanza paurosa sue due lati del campo, un eroe silente, anche con quell’umanissimo errore in lunetta. 22 punti, 11 rimbalzi, 9-14 dal campo. 8,5
Tim Duncan : tutto hanno sporcato nel finale ma soprattutto la gara perfetta del caraibico, tornato old style in post basso nel primo tempo. 30 punti e 17 rimbalzi, ma scomparso nella ripresa. Speculare a LeBron partito piano ma protagonista all’alba italiana. 8,5
MIAMI HEAT
Mario Chalmers : ancora una volta l’ennesima riprova, se c’è lui c’è Miami e viceversa. 20 pts, 4 reb, 2 ast, 4-5 da tre, fuori Wade, che giochi come sa fare con LeBron. 8
Dwyane Wade : 14 pts, 4 reb, 4 ast, 3 perse con 6-15 dal campo, fa la parte del cattivo, entra e fa vincere San Antonio prima della tripla di Ray Allen il salvatore. Più dannoso che utile, a volte sembra trovi piacere a far andare sotto i suoi, è più che un’impressione, in queste Finals è stato d’ostacolo al volo di LeBron e dei suoi compagni solo per colpa del 2006, quando il “popopopopopo” dei nostri azzurri non suonava che per noi invece che fare da colonna sonora alla tripla di “He got game” che ha negato il titolo agli Spurs. 4
Mike Miller : 8 punti, 2-2 da tre, in crescita ma non così decisivo come Spoelstra vorrebbe, soffre troppo in difesa ma anche lui lotta su ogni pallone. Quella tripla con una scarpa sola…7
LeBron James : chi ha a cuore il suo nome lo ha visto dominare e poi affranto ad un passo dal pianto nel tempo che impiega per andare in campo aperto in slam dunk. Seconda tripla doppia delle Finals, 32 punti, 10 rimbalzi, 11 assist, 3 recuperi e una stoppata in 50 minuti, ma due perse sanguinose e un paio di errori di troppo al tiro stavano per cancellare tutto. E’ il dominus della rimonta e del vantaggio, gli si deve dare credito per averci provato sempre, senza indugi, caricato dal destino perchè altrimenti ci sarebbe stata davvero quella macchia indelebile sulla sua carriera. 9-12 dalla lunetta, aggressivo, sulla bilancia finale i meriti pesano di più degli errori ma se Allen non avesse messo quel tiro avremmo parlato solo di quest’ultimi. Quel pallone sparato da tre è durato un anno intero nel suo cuore a completare la sua parabola, sia quando ha mancato il bersaglio che dopo con la tripla del -2. L’altalena più significativa è la sua, è morto e risorto quattro o cinque volte ma si è caricato tutto il peso sulle sue possenti spalle ed alla fine, grazie anche ad Allen e ai compagni, qualcuno lassù in alto lo ha premiato del suo sforzo. 9
Chris Bosh : 10 punti, 11 rimbalzi, vede a malapena la targa di Duncan nel primo tempo ma quel rimbalzo e quelle due stoppate valgono finora la stagione. Dopo tanta mediocrità torna prepotentemente in copertina. 8,5
Ray Allen : 1-3 da tre per 9 punti in 41 minuti ma tutto in una giocata. Dopo “The Block” è il momento di “The Three”, un momento iconico che resterà per sempre, due piedi veloci che tornano subito dietro l’arco, il resto è nelle mani più dolci della storia del gioco, uno di quegli istanti in cui non puoi fare a meno di saltare dalla poltrona. 8,5
Grazie per gara 7 ragazzi, adesso vinca il migliore.
Il migliore ? Piuttosto il più lucido, chi ha ancora qualche goccia di benzina in serbatoio. Favori del pronostico mostruosamente per Miami ma i veterani Spurs sono le ultime persone al mondo che si demoralizzano per essere arrivati a pochi secondi dal titolo senza aver potuto mettere le mani sul trofeo.
Cosa può fare gara 7 per battere gara 6 come livello di intensità e spettacolo ? Poco, non si batte. Anzi, si batte col semplice fatto che c’è una gara 7, la conclusione più ovvia per delle Finals pazze, senza nessun senso.
Altro finale punto a punto innanzitutto, magari con un tiro vincente, magari sulla sirena ? Ogni sogno più avventuroso è stato superato dalla realtà, comunque adesso torniamo con i piedi per terra.
Gli Heat devono giocare più tranquilli in attacco, hanno troppe volte sporcato il foglio e troppe volte sono stati graziati sulle ali della maggiore esplosività e del talento dei singoli.
San Antonio ha vissuto sin qui grazie a percentuali altissime ma oltre la loro difesa e e l’attacco equilibrato il turning point lo può generare solo Miami.
La sensazione è che al netto del miglior basket di entrambe le squadre gli Heat siano largamente favoriti, per il resto giocano in casa, è una gara 7 dopo 6 gare intense e un solo giorno di recupero compreso l’ultimo overtime, Ginobili è tornato dannoso, Parker è acciaccato, Duncan sparisce nel finale, Green si è ridimensionato.
Finora nessuno ha vinto due gare consecutive e si è sempre premiato chi prima aveva fallito, quindi adesso Spurs ? Gara 7 sfugge però ad ogni controllo e nell’ ultimo atto di una serie illeggibile l’episodio, come ieri, può valere di più di mille set disegnati alla lavagna.
E’ stata un’altalena perchè è stato anche l’avversario ad aver spinto il vincitore finale di ogni gara 7 nel suo giretto su e giù, su è giù, tra mille emozioni , con i suoi errori e con i suoi limiti.
Domani nella notte la battaglia delle dinastie e dei Big Three giunge al termine. Chi vincerà ? No, più che altro, LeBron si rimetterà in testa l’headband ?
Gara 7 bentornata, speriamo si giochi fino alla fine, speriamo a suo modo che questa bella storia non finisca mai.
I 6 MOMENTI DA RICORDARE
Instant classic, istantanea delle immagini che ricorderemo di questa gara 6, sei come il numero di LeBron e dell’episodio epico di queste Finals.
“E qualcosa rimane tra le pagine chiare e le pagine scure…”
Solita fellatio a Lbj, che ha sbagliato due triple decisive, perso due palle decisive, segnato una tripla decisiva, ma meno di quella di Allen o delle stoppate di Bosh. Questa partita l’ha persa prima sas, poi, in subordine, vinta he got game con la compartecipazione di Bosh. E gli ultimi due fischi, non per dietrologia ma onestà intellettuale, non erano affatto limpidi. Certo che se la prospettiva è quella di costruire la narrazione attorno a James con parole d’ordine come cuore, storia e resurrezione, queste cose diventano difficili da vedere.
Un amante del gioco, non degli Spurs, non degli Heat.
Quoto, ci si lamenta del fatto che ci sono un sacco di Heaters in giro ma se poi si leggono articoli che osannano un (super)uomo perchè sembra essere ben visto dagli dei del basket (grazie ai suoi compagni di squadra)…
Approvo pienamente. Detto da uno che li odia profondamente, la partita è stata buttata via dagli Spurs, e soprattutto da Popovic, che ha tolto Duncan in ben 2 momenti decisivi, regalando i 2 rimbalzi che hanno deciso la partita. Certo poi, se per “macchiare la storia” bisogna negare che sull’entrata di Ginobili c’è un placcaggio da football di Ray Allen e soci, allora è come non pensare che alla fine questa gara 7 l’hanno voluta un pò tutti ai piani alti della Nba. Quando si parla di Lebron poi, si perde spesso di obiettività. Ho visto Jordan dominare Magic, Clyde Drexler e Charles Barkley. L’ho odiato vedendolo asfaltare Kemp e Gary Payton prima e Stockton e Malone poi. Questo Lebron non è nemmeno lontanamente parente di quel giocatore, e sinceramente ci siamo un pò stufati di questa idolatria preconfezionata.
Errore grave di Pop che ha tolto Duncan lasciando due rimbalzi decisivi agli Heat
Non capisco la scelta di Pop ma sicuramente lui l’avrà ben ponderata, ex post ha sbagliato.
Assurdo il non fischio su Ginobili, veramente assurdo, una delle peggiori scelte arbitrali della finals.
“No, più che altro, LeBron si rimetterà in testa l’headband ?”
Sopravviveremo a questo atavico quesito?
Suicidio Popovich nel non chiamare fallo sul +5. Il resto è un classico dello sport: se te le cerchi, arrivano.
Bosh 2 stoppate che valgono una carriera. Allen è infuocato già da qualche partita: basta mettergliela in mano. Labbrone eroico sulle puttanate di Ginobili: se il nasone avesse limitato i tentativi geniali starebbe già festeggiando. 36 anni e non sentirli (con la testa).