Sapendo che gli Spurs hanno perso 18 palloni ed hanno smesso di segnare con il 50% da tre, che gli Heat hanno preso 12 rimbalzi offensivi, fatto 8 recuperi a fronte di 13 perse ed hanno realizzato 11/23 da tre e 19/23 ai liberi, difficile intuire una vittoria Spurs piuttosto comoda (+17 a nemmeno 4 minuti dal termine, mai sotto nel punteggio).
La differenza l’ha fatta la percentuale dal campo: nessuno aveva mai tirato con il 60% contro gli Heat nei playoffs, e nella storia delle Finals (dopo il 1986) solo tre squadre hanno toccato tale vetta d’efficienza (l’ultima fu Orlando nel 2009).
– La shotchart mostra un attacco nettamente bidimensionale per gli Spurs: triple ed attacchi al ferro
Il dettaglio del midrange di Miami ci racconta un 6/20 in linea con l’inefficacia di Gara 3, confermando come si tratti di una zona topica per le sorti degli Heat, anche data la scelta “protezionistica” di Pop, che tende a concedere il jumper, ma non la penetrazione.
Gli Heat hanno tirato 19/41 entro i due metri e mezzo dal ferro, percentuale insolitamente bassa, frutto anche di errori inusuali; gli Spurs invece, hanno affondato un 22/31, sbagliando persino alcune conclusioni agevoli (l’intimidazione di Andersen avrebbe forse fatto comodo a Miami, magari in compresenza con Bosh, in un quintetto “banalmente classico”, ma a maggior tenuta difensiva, almeno nel pitturato).
– Danny Green, oltre a scrivere la storia delle Finals (facendo in media 5,6 su 7 per gara da oltre l’arco), sta anche viaggiando a 1,6 stoppate a partita (piazzandone almeno una ogni gara); i 18 punti di media con il 56% dal campo completano il quadro dell’uomo-sorpresa della Finals.
– Da non sottovalutare l’importanza di una scelta tecnica degli Spurs: per lubrificare l’attacco (“balbettante” e Parker-dipendente in Gara 4), è stato messo presto in campo un passatore altruista e di qualità come Diaw, la cui presenza (27 minuti, massimo dell’attuale post-season), abbinata alle percentuali felici di Ginobili, Duncan e Green, ha inclinato da subito la partita verso il lato Spurs.
– Già per Gara 3, avevamo notato la capacità degli Spurs di addentrarsi nel cuore della paint Heat sin dal primo quarto; in Gara 5, i 32 punti della prima frazione, derivati dal 63% dal campo, sono stati spesso frutto di affondi ravvicinati…
– Per più della prima metà del match, stranamente gli Heat sono risultati più propensi alla circolazione e all’extra-pass, mentre gli Spurs più dediti all’isolamento o a giocate “secche” di Parker in punta, Ginobili in penetrazione e Duncan in post (attaccando il fronting della difesa Heat…).
– Per rinfrescarci gli occhi in attesa di Gara 6, ecco alcune azioni interessanti eseguite dagli Spurs:
Ed eccone qualcuna anche degli Heat:
Il Taccuino delle Finals – Gara 1
Il Taccuino delle Finals – Gara 2
Il Taccuino delle Finals – Gara 3
Il Taccuino delle Finals – Gara 4
unica cosa: Diaw passatore di qualità? eh??
Direi che l’affermazione ci sta eccome, Diaw è un signor passatore.
io gli ho visto fare dei passaggi mah….che dire telefonati è dire poco….poi ammetto che gli Spurs li ho guardati solo in questi playoffs, però…ho un’altra concezione di “passatori di qualità”.
Tra l’altro sono convinto che un giocatore che sceglie il 99% delle volte il passaggio come soluzione, di qualità non è visto che dopo un pò la difesa si adegua. Sono d’accordo con fraccu che dice che potrebbe fare qualche passaggio in meno e prendersi più responsabilità in attacco ogni tanto, ma se è una scelta dettata da Pop o dalla paura non si sa, rimango cmq convinto che no…non sia un passatore di qualità.
Diaw è un passatore “alla Odom”, nel senso che la sua abilità non trapela tanto (solo) dai numeri, quanto dal tipo di passaggi: a volte “vede” e realizza assist da far invidia a molti attuali playmaker (youtube ce ne darà piacevole conferma…); che poi abbia anche fatto dell’extra-pass una scelta di vita che lo spinge alla “quasi castità offensiva”, può forse essere un peccato, perché avrebbe anche buoni “punti nelle mani”…