Chi ci capisce qualcosa è bravo. San Antonio vince gara 5, l’ultima in casa, e si porta sul 3-2 nella serie, ad una sola vittoria dal quinto titolo di franchigia.
Gara 6 però sarà giocata a Miami così come anche il secondo eventuale match-ball, una gara 7 che sarebbe la sola degna conclusione di questo guazzabuglio.
Sì, perchè non ci stiamo davvero capendo niente. In sede di preview per gara 5 avevo in mente cosa potevo aspettarmi. In tre punti.
Uno, la vittoria Spurs. Un’eventuale successo di Miami avrebbe significato molto probabilmente il fallimento di ogni sogno di gloria, con la prospettiva di doverne vincere due di fila (fin qui mai successo da ambo le parti) in Florida.Vittoria Spurs attesa e arrivata.
Due, Manu. Che bello rivederlo così splendente, gara 5 ha zittito tutti coloro che già lo davano per morto (Stephen A. Smith su ESPN ha fatto umile autocritica) grazie alla fiducia di Popovich e del suo pubblico.
Tre, il finale punto a punto. Ho centrato le prime due previsioni, mi manca questa, comunque porto a casa un onorevole 2-3 dal campo.
Ecco, questo è uno dei motivi più seri per arrendersi inermi all’illeggibilità di queste NBA Finals 2013.
E’ una serie equilibrata ma solo gara 1 è finita in volata ed è sempre successo che la squadra che prima aveva deluso si sia poi rifatta con le stesse armi. Da blow-out a blow-out, con diverse proporzioni (garbage time lunghissimi in gara 2 e in gara 3).
Ieri notte è stata la volta di San Antonio, ovvio, non trovate ? Miami pareggia in scioltezza gara 4, gli Spurs sono costretti a vincere per le ragioni di cui sopra.
Miami prova a regalarci qualche brivido finale tentando una clamorosa rimonta ma cade a metà. Dall’altra parte si finisce col 60% dal campo e il 41% da tre, con tali percentuali ritrovate la truppa di Popovich vive ancora nonostante gli altri siano più forti, più atletici, più aggressivi, più “destinati” alla vittoria finale.
Miami però sta giocando col fuoco. E’ sotto 3-2, gara 6 può anche essere decisa da un episodio, tutto è possibile in questa pazza serie, e sinceramente la sensazione è che stia allegramente buttando via tutto.
LeBron soprattutto. Una gran bella gara 4, nemmeno male ieri ma da lui si può pretendere molto di più. Non ha mai avuto un vero e profondo impatto, ha una tripla doppia in gara 1, ha deciso l’allungo di gara 2, ha tenuto il passo di Wade in gara 4 ma manca di consistenza, manca la sua firma senza ambiguità.
Merito di Leonard sontuoso in difesa e dei raddoppi orchestrati da Popovich ma LeBron ha le sue colpe. Queste Finals gli stanno sfuggendo di mano, anzi, le sfuggono, poi le riacchiappa, poi ancora vanno via lontane.
Troppo altalenante, troppo poco MVP, non si sente la sua voce grossa. Per gara 5 ci si attendeva Manu e Manu ha risposto presente, per gara 6 LeBron deve onestamente dire qualcosa di più.
Non rischia solo di perdere il secondo titolo in tre anni, il terzo in quattro Finals, ma anche di subire un’umiliazione, che giustamente il palcoscenico di giugno può solo amplificare.
Gara 5 parte con una sorpresa. C’è Manu in quintetto. Ci sarebbe da aprire una pagina a parte ma ci limitiamo a dire che quello che è successo ieri notte è commovente.
Il mondo intero lo vede in difficoltà, qualcuno, come detto, lo ritiene ormai un ex campione capace solo di sporcare la sua gloriosa memoria.
Coach Popovich fa qualcosa che non ha mai fatto in tutto l’anno, lo fa partire titolare. Il pubblico canta in coro “Manu Manu”, la sua faccia è seria, concentrata ma tesa, sa che tutti si aspettano una sua risposta.
E Manu non delude. Segna il jumper del 2-0, il primo canestro della partita, scatta l’ovazione. Ripeto, è commovente, a suo modo sembra Willis Reed che entra in campo zoppicante e segna i primi due tiri che tenta.
E’ un professionista serio, ha inciso sul marmo pagine indelebili di storia NBA, è un ragazzo che merita ogni onore e tutto il rispetto del mondo, da chiunque, avversari e tifosi neutrali.
Continua da un grande inizio una partita che ci riporta indietro negli anni, bravo Manu, te lo meriti. Con tutti gli occhi puntati su di lui era più difficile sbagliasse ancora, fosse anche l’ultima impresa della sua carriera (dubbi anche su questo punto) è una delle più belle e sincere.
Lo spettatore neutrale ancora ha bisogno di rivivere emozioni negli ultimi possessi con la partita in bilico, intanto (come ampiamente prevedibile) punisce gli Spurs in TV.
Quando San Antonio è alle NBA Finals i rating TV americani sono tra i più bassi, verissimo, non voglio certo ripetermi sulla tematica del “perchè odio gli Spurs” ma il grande pubblico vuole qualcosa di diverso.
Non quello che pensate voi, no, nessun risentimento al gioco di Popovich che ammazza un certo tipo di intrattenimento, si vuole semplicemente un finale punto a punto, Spurs quindi per questo colpevoli solo a metà. Chiedo troppo ? Gara 6 è lì per questo.
Del resto lo spettacolo è anche questa squadra che gioca sempre uguale a sé se stessa e sempre diversa nello stesso tempo.
Ieri “wedge roll” lasciato negli spogliatoi, abbiamo visto tanti one on one di Parker e Ginobili senza l’ausilio dei blocchi, tra l’altro molti dei quali contro un Norris Cole a dir poco pessimo in chiave difensiva.
“Raw Spurs basketball”, crudo, essenziale, per dare ritmo all’argentino, per ottimizzare l’acciaccato Parker, per far rivivere un Duncan d’annata in post basso.
E’ come se Popovich avesse voluto regalare ai suoi Big Three una gara per divertirsi, paradossalmente proprio nel momento di maggior bisogno.
La sua grandezza è sempre stata la capacità di adattarsi e ieri notte in questo senso ha compiuto un capolavoro. Manu in quintetto, meno lacci tattici, Diaw su LeBron (1-8 per l’MVP contro il francese), al resto ci pensano i tiratori da fuori con quelle percentuali da miracolo.
Green in stato di grazia ammazza Miami ancora in forte stato confusionale e con problemi d’identità. LeBron “Magic”, LeBron “Mike”, LeBron che attacca, LeBron che facilita, sembrano amenità ma non c’è mai stata una chiara direzione e in questo naufragar s’è compiuto un 3-2 dai toni sorprendenti.
MIAMI HEAT
Mario Chalmers : quando il sistema Heat gira diventa Super Mario o forse sarebbe meglio dire il contrario, ovvero di quando sia necessario il suo apporto affinché Miami sia vera contendente. 7 pts, 4 reb, 1 ast, 2-10 dal campo, 2-6 da tre, mai un vero sussulto. 4,5
Dwyane Wade : sente le Finals, le vuole giocare dopo un avvio difficile, 25 pts e 10 ast, per essere aggressivo è aggressivo, 10-22 dal campo, ma la sensazione è che non ci sia più quel magico e sottile equilibrio, prima mentale poi tecnico, che lo ha legato a LeBron nel distribuirsi oneri e onori. Ritorna a latitare in difesa. 6,5
Mike Miller : no panchina no party, il quintetto gli fa male e Spoelstra dovrebbe fnire di cavalcarlo dall’inizio alla seconda prova negativa di seguito. Ancora un solo tiro tentato e ancora un errore, ancora close-out in ritardo sui tiratori avversari, una copia esatta della triste gara 4. 4
LeBron James : pericolosamente al confine tra fallimento totale e trampolino per la grandezza, a questo punto della serie dovrebbe essere già su altri livelli. Leonard prima, poi anche Diaw, 25 punti sudati e sgraziati, 8-22 dal campo, 6 rimbalzi, 8 assist, 4 recuperi, 7-9 dalla lunetta, numeri che non permettono né di affossarlo né di osannarlo ma non si dovrebbe trovare in questa situazione. E’ l’MVP, anche noi meritiamo di vederlo decidere la gara nei possessi finali. Gara 6 per svoltare o sarà una macchia difficile da cancellare qualsiasi cosa faccia nel proseguo di carriera. 6,5
Chris Bosh : 16 pts e 6 reb, 7-11 dal campo, segue gli altri due Big con una prova nemmeno malvagia ma comunque in discesa rispetto alla rinascita di gara 4. Abbassa il volume in difesa, che era di gran lunga il territorio dove di più aveva inciso. 6
Ray Allen : l’impressione è che mentre Popovich cambiando dipinge capolavori, Spoelstra invece crea soltanto confusione. Ha cancellato Chris Andersen dalla rotazione (ma perchè ?) ridando invece fiducia a Miller (non ripagato) e Battier (2-6 da tre in 18 min.), concedendo però 30 minuti di sostanza a “He got game”. 21 punti, 4-4 da tre, il migliore dei suoi, anche se perde Green tra i blocchi e quel record cui doveva tenere tanto per la faccia dispiaciuta che ha fatto. 7,5
SAN ANTONIO SPURS
Tony Parker : ha l’intelligenza, da attribuire però anche a Popovich, di dosare meglio lo sforzo. In due gare con la gamba dolorante comunque solo il finale di gara 4 è stato negativo, anche se non è poco. 26 punti e 5 assist, 10-14 dal campo, entra a piacimento su un Cole ridicolizzato, one on one come se fosse al campetto e il “tear drop” nel cuore dell’area in attesa solo di certificazione SIAE. Possibile che la tanto decantata (e atletica) difesa di Miami non riesca a contenerlo ? Sembra molto più che un Tony Parker, se non fosse però che queste cose le fa ormai da un decennio ad altissimi livelli. 8,5
Manu Ginobili : primo tiro della partita, primo suo canestro, poi tanta roba presa direttamente dall’archivio che sembrava ormai coperto dalla polvere ed ecco il ritorno attesissimo di Manu, anzi preteso, voluto, da lui certo ardentemente desiderato. Popovich gli rende onore in maniera intelligente, lui non tradisce innanzitutto il suo talento. Doppia doppia a quota 24 punti e 10 assist, uno più bello dell’altro, tutto il repertorio “back in the game” compresa la penetrazione da metà campo preparata con la retromarcia fino in fondo al ferro. Più o meno quello, stante le distinzioni, che dovrebbe adesso fare LeBron dall’altra parte. 8,5
Danny Green : nella serata nella quale il mondo del basket ritrova Manu passa addirittura in secondo piano. 24 punti e 6 rimbalzi, 6-10 da tre, 8-15 dal campo, prezioso anche in difesa, sembra che ormai la sua “zone” agonistica non possa finire più. E’ suo il record di triple in una serie di finale NBA (battuto Ray Allen, siamo a 25), viaggia col 65.8% in 5 gare. Fa impressione a dirlo ma se San Antonio in qualche modo ruba gara 6 l’MVP delle Finals è proprio lui. 9
Kawhi Leonard : non ha mai sbagliato una gara, se Green è l’MVP a suon di triple lui è il più costante, una spina che non va più via dal fianco di LeBron. Non che dall’altra parte si addormenti, 16 punti e 8 rimbalzi, 3 recuperi, 2-4 da tre, la più recente materializzazione dei sogni di Popovich del suo giocatore ideale. 8,5
Tim Duncan : di nuovo in post basso, di nuovo padrone dell’area, cattura 12 rimbalzi, di cui 3 offensivi e ne mette 17 finali per un attacco equilibrato. A 37 anni è il massimo che può dare ma sarebbe già tutto quello che la maggior parte dei suoi colleghi non ha mai ottenuto e mai otterrà. Come numeri ondeggia tra prove molto buone e altre in calo ma se Parker, Green e Leonard non mancano mai non si può dire il contrario del caraibico. Mai solo sui numeri ha costruito la sua grandezza. 8
Boris Diaw : 27 minuti del suo lato buono, difesa e genialità con 4 rimbalzi e 3 assist, uno dei quali dall’angolo ad un mano che in Francia potrebbero osannare con un film da Nouvelle Vague. 8
Non mi aspettavo che qualcuno ne vincesse tre di seguito in Texas, certo non Miami, e così è avvenuto, non mi aspettavo che San Antonio tornasse a South Beach contro due match-ball potenziali “on the road” ed ecco Manu per il 3-2.
Ora sinceramente l’appello è per LeBron, è per una gara decisa solo nel finale, è per una gara 7 che sarebbe l’unica degna soluzione di un giallo ben difficile da leggere e da analizzare.
La fotografia di gara 5 è il passaggio a inizio gara di Manu per Duncan, con i tempi e gli spazi dettati dagli dei del basket tanto che il caraibico deve solo prenderla e schiacciare.
Se in gara 3 c’era stato “Spurs basketball” come esaltazione del sistema, con i comprimari che si reinventano Big Three a dimostrazione di un gioco praticamente perfetto, ieri notte invece i veri Big Three hanno evitato lo spauracchio di uno svantaggio nella serie (mai avvenuto nella storia) tornando ad incidere ognuno il suo, anche in piena luce personale ma sempre dentro i dettami.
Non accadeva da tanto tempo, a livello di Finals dal 2007 ma anche nei playoff, quest’anno per esempio mai. Tim, Tony e Manu ci hanno ricordato a turno, uno per uno, che siamo nel 2013, che è anno dispari per una dinastia dispari, chi deve intendere intenda.
Gara 7 comunque è per me più che probabile, anche se i veterani di cui sopra la sanno lunga e potrebbero anche regalarci un simpatico scherzetto.
Come sapevano che gara 5 era da vincere sanno oggi che non possono realisticamente competere alla lunga in gara 7, ma LeBron si gioca la reputazione, questa volta se sbaglia è fuori dal podio delle celebrazioni e dal cuore di molti, di molti e molti di più.
Gara 6 allora nella notte tra martedì e mercoledì. Per lo scherzetto e la macchia indelebile o per la più scontata conclusione di una serie dove di scontato non c’è stato niente.
“E qualcosa rimane tra le pagine chiare e le pagine scure…”
Bell’articolo…
Sono in disaccordo su LBJ…non solo in questo articolo ma in generale un po da tutte le parti quando perde Miami sembra Lui il colpevole…e quando vincono sono i “Big Three”…
Va bene che è il NumberOne…xò poverinoLui…
Perchè per me Lui sta facendo di tutto per vincere…il problema sono gli altri…ha dovuto fare un passo “indietro” per lasciare entrare Wade e Bosh nella serie…se no rischivano di perderla in 4…
Dal mio punto di vista deve essere Spoelstra a prendere una decisione per tutte… Lasciare la squadra in mano a LBJ…stop…gli altri si adattano a Lui…
Un’altra considerazione personale è che per me LBJ gli conviene perderla questa finale…per un futuro più luminoso!!
Comunque non me lo aspettavo..Bellissima serie…sepro in una gara 7 al cardiopalma…