Nella serie delle sorprese dove LeBron non segna mai nemmeno 20 punti e dove i comprimari rubano la scena alle star ieri notte per lo meno abbiamo assistito a qualcosa che prima o poi dovevamo aspettarci.
Abbiamo assistito allo “Spurs basketball” in tutta la sua purezza. San Antonio allunga nel terzo periodo e Miami non tiene il ritmo. NBA Finals sul 2-1 per i texani.
C’è poco da dire, San Antonio ha giocato il suo miglior basket, Miami il suo peggiore. Lo scarto di 36 punti è uno schiaffo plateale, il terzo peggiore nella storia delle NBA Finals.
Gara 3 è stata una partita deludente per gli spettatori neutrali (secondo ampio garbage time consecutivo) ma disastrosa per i campioni.
Per quello che è peggio non hanno mostrato energie per cercare di rimontare alla sfuriata degli avversari nel terzo periodo e hanno reso palese un malessere di spogliatoio ormai fin troppo evidente.
Non vorremmo essere nei panni coach Spolestra. Per la seconda partita consecutiva vede i suoi giocare meglio con LeBron attorniato da Allen e Miller, senza Wade e Bosh.
Non può rompere però esplicitamente e definitivamente degli equilibri che sono alla base della costruzione della franchigia alle terze Finals consecutive e così dopo che LeBron riprova a cavalcare come in gara 2, questa volta in rimonta, rimette in campo i due pezzi mancanti dei Big Three.
Lì la partita è persa senza più appelli, Miami ha soluzioni offensive confuse, è sulle gambe, gli Spurs puniscono ogni loro errore.
E’ inutile girarsi intorno, c’è una questione di tenuta di un gruppo che pare troppe volte oscillare da una effimera euforia alla più completa depressione.
Poi c’è LeBron. Se in gara 1 si salva con la tripla doppia e in quella successiva per il parziale decisivo per la vittoria, ieri notte su di lui c’è una sentenza di colpevolezza che non conosce ricorsi in appello.
Non posso sopportare di vederlo così poco aggressivo dalla palla a due iniziale, ha segnato 4 punti nel primo tempo, poi come detto prova col “suo” quintetto una rimonta complicata, cancellata dal tentativo di Spoelstra di tenere ancora insieme con la colla questa squadra.
Si deve decidere. “Magic Johnson mode” per innestare i compagni, benissimo, ma a parte Miller nessuno segna con continuità quindi che rompa ogni indugio.
“Cleveland mode”, aggressivo su ogni possesso, la priorità non è più giocare per gli altri. Un attimo, bello il parlare a vanvera direte, si, la realtà è realmente un’altra.
La realtà è che Popovich sta vincendo la serie forzandolo a prendere solo brutti tiri, negandogli ogni facile possesso. L’MVP ci mette del suo con brutte percentuali al tiro (2-14 “outside the paint”) e quindi per Leonard e Green è gioco più facile concedere al Re più spazio in difesa per limitarlo nelle penetrazioni.
E’ 0-4 “driving”, non va nemmeno una singola volta in lunetta, è 0-6 in giochi in isolamento (meno del 30% nelle Finals), è un disastro, senza ambiguità, ha giocato una pessima gara 3 dopo due gare dal doppio volto.
Bilancio quindi sicuramente negativo, la sua legacy è legata a un filo. E’ l’MVP che tira peggio dal campo nelle NBA Finals (38.9%) dai tempi di Bill Russell e Bob Cousy, cioè due generazioni fa, in altro contesto, in un altro gioco.
Sembra stretto in una morsa. Continuare ad avere fiducia nei compagni o attivare il “Cleveland mode”, sapendo che con quest’ultimo si vince il giusto, non a livello di Finals, non contro i San Antonio Spurs.
Ieri notte davvero col loro film perfetto, nei migliori sogni dell’agente della CIA. La dimostrazione è che in tale sistema non serve la grande prova individuale della superstar tant’è che i veri Big 3 si chiamano Leonard, Neal, Green.
16 triple, record NBA per le Finals, Miami non ci capisce niente e non sa opporsi mentalmente e fisicamente e il blowout che ne consegue è la macchia più nera della storia di recente gloria della franchigia.
Dopo il fotogramma di Parker e la stoppata di LeBron la fotografia di gara 3 è un assist schiacciato per terra del francesino per Duncan, la palla sfiora le braccia protese di LeBron e Bosh forse per millimetri per arrivare nelle mani del caraibico che in post basso segna “old style” appoggiando all’amata tabella.
Quei millimetri sono tutto il meccanismo perfetto di una squadra che sa come si gioca, che è consapevole di avere un deficit di talento complessivo e di atletismo ma altrettanto di essere più forte.
Come squadra, nient’altro, e Popovich dalla panchina può far alzare di nuovo Tracy McGrady, il segno (per me ,ripeto, tristissimo) di un garbage time questa volta a suo favore.
SAN ANTONIO SPURS
Tony Parker : per molti il lascito di gara 3 è la sua visita negli spogliatoi per una gamba dolorante. Non si sa in quali condizioni possa tornare domani notte, nel frattempo si limita a 27 minuti con 6 punti e 8 assist, un primo tempo come sempre prima di lasciar sfogare i veri Big 3 di serata. 6
Danny Green : davvero difficile dare un titolo di MVP ad uno tra lui, Neal e Leonard. 27 punti, 4 rimbalzi, un leggendario 7-9 da tre, anche con triple da oltre 8 metri, aiuto in difesa su LeBron, capisce ogni singolo movimento della motion offense di Popovich e ne viene ricompensato da una gara 3 che potrà raccontare ai nipotini. 9
Kawhi Leonard : 14 punti, 12 rimbalzi (3 in attacco), 2-3 da tre, però rispetto agli altri si spara 29 minuti di difesa su LeBron, cancellato dal campo. 9
Tim Duncan : un post basso in isolamento nel primo tempo fa tornare alla mente vecchi ricordi di un dominio diverso, 12 punti, 14 rimbalzi, 2 stoppate, un magnifico oultet pass a due mani per aprire il fastbreak e tante altre piccole grandi cose sempre oliando gli ingranaggi di una macchina finora vincente. 7
Tiago Splitter : ancora sotto shock per “The Block”, 8 pts e 5 reb in 24 minuti, rientra Bonner in rotazione per allargare il campo, comunque sempre utile e mai dannoso. 6,5
Manu Ginobili : la migliore delle tre gare di Finals, ancora però “brevi manu”. Lampi di genio, la sua firma su possessi offensivi di grande bellezza, 7 pts, 2 reb, 6 ast in 23 minuti, può ancora (e deve nonostante la forma fisica) incidere con un big game. 6,5
Gary Neal : Green portava lo zainetto a LeBron da rookie (copyright Federico), poi tanta D-League e anche in Slovenia, lui invece in Turchia, in Spagna e poi a Treviso, la sostanza è la stessa, due comprimari che hanno avuto la loro gara della vita, ma siamo a livello di NBA Finals, l’immortalità è assicurata. 24 punti in 25 minuti, un 6-10 da tre che ha ammazzato gli abbronzati tifosi Heat appena usciti dalla dolci acque di South Beach per assistere cocktail in mano al massacro. Mezzo voto in meno di Green e Leonard perchè gli altri due hanno difeso su LeBron. 8,5
MIAMI HEAT
Mario Chalmers : la costanza non è in faretra, big game in gara 2, virgola ieri, con 2 rimbalzi e un assist, 4 perse in 20 minuti dannosissimi. 4
Dwyane Wade : primo tempo da rispettare, ma col break Spurs ritornano i fantasmi. In difesa su Green sarebbe anche ridicolo se non fosse che ha uno status tale da non farsi cacciare a pedate da Spoelstra e il problema è proprio questo. 16 punti, 5 assist ma nessun rimbalzo e un solo viaggio in lunetta. 4,5
LeBron James : soffre Leonard e i raddoppi, per lo meno è sincero dicendo ai microfoni che il suo tiro non va, che Popovich lo sta cancellando, che tutto è questo è molto “scoraggiante”. Magic Johnson lo ha difeso per il “Magic mode” di sua proprietà nelle prime due gare ma adesso anche la leggenda dei Lakers lo sbatte spalle al muro. Non ha scuse, è colpa dei compagni che non lo aiutano ma in queste condizioni lo si accusava di fare tutto da solo, ora nemmeno quello. 15 pts, 11 reb, tripla doppia rimasta li a 5 assist per degli Heat spenti, può andare di tripla doppia di media nelle Finals se solo girano due o tre viti, per adesso non va mai in lunetta ed è un fantasma in una gara 3 che non fa che rifiorire come funghi, ma con ogni ragione, i suoi numerosi “hater”. 4,5
Udonis Haslem : 3 rimbalzi e una stoppata in 10 minuti, dà molto fastidio a Duncan. 6
Chris Bosh : il solito inizio delle buoni intenzioni in coppia con Wade, il solito secondo tempo da latitante, ormai è un film passato già tre vole nelle sale di Miami e San Antonio. 12 punti e 10 rimbalzi in 32 minuti, 4-10 dal campo e una tripla fallita, comunque difende con più vigore e va a segno con 3 stoppate, il problema è nella metà campo offensiva. 5
Mike Miller : l’unico dalla panchina a dare un po’ di ossigeno, con pochissimo Allen (4 pts e nessuna tripla), un Andersen da 0 rimbalzi e un Cole con 8 punti impalpabili. Ogni volta che si alza da tre segna, un’oasi nel deserto, un 5-5 da tre che poteva dire di una rimonta e che resta invece solo una bellissima statistica. 8,5
Gara 4 “right away” domani notte e forse è un bene per il tentativo di reazione di Miami. Da quando il format delle Finals è 2-3-2 la vincente di gara 3 per il 2-1 è 12-13 per il titolo NBA.
Sono d’accordo con PJ Carlesimo, questo format danneggia il senso di una serie, favorendo troppo chi ha il vantaggio del fattore campo. La motivazione “logistica” poi non si può capire, siamo in America, non nel Congo belga.
Sono convinto che avremo al 99% gara 6, perchè non voglio pensare a degli Heat arrendevoli per 3 gare consecutive, quindi serie lunga da finire in casa per Miami e di conseguenza, a mio avviso, ancora da favoriti.
Gara 7 però è anche altamente probabile, e allora le cose non sono affatto scontate. Nel frattempo, restando con in piedi per terra, Miami cosa oppone al sistema ?
LeBron da solo non basta, ma dire questo è già un sogno. Senza LeBron, perchè questa è la verità dopo gara 3, senza il vero LeBron questa serie può essere molto più corta di qualsiasi previsione, per buona pace della legacy.
“E qualcosa rimane tra le pagine chiare e le pagine scure…”
Ke tristezza, spero ke James non tocchi il fondo come in gara 4 contro Dallas quando, chiamato a fare la prestazione monster, segnò 8 punti. Dai lebron dimostraci ke uno come te si vede ogni 30 anni. E forza Miami fino in fondo!!