Una sfuriata nel finale di terzo quarto e vittoria per il 3-2 nella serie. LeBron James guida i Miami Heat con 25 punti su 30, segnati in prima persona o in assistenza.
Adesso il vantaggio nella serie regala ai campioni il primo “series-ball”, da giocarsi però in casa degli avversari.
E’ mancato qualcosa ai Pacers quando gli avversari hanno deciso d’un colpo di stringere le maglie difensive. Non c’è stata reazione ed è la seconda volta in queste Eastern Conference Finals.
E’ stata una gara dura, a tratti fisica oltre i limiti. C’è sempre Stephenson sulle tracce di Wade e LeBron, sempre a stuzzicare, ma soprattutto c’è Chris Andersen.
La sua spinta ai danni di David West è stata sanzionata solo con un flagrant 1, ma se è vero che per lo stesso reato Nazr Mohammed nella serie precedente è stato espulso, doveva essere applicata la stessa metrica arbitrale.
Lì a cadere fu l’MVP, forse un peso diverso deve averlo avuto. Ad ogni modo coach Vogel entra subito in campo, placa gli animi, motiva i suoi ragazzi.
Fino a pochi minuti dalla sirena del terzo quarto, quando LeBron è semplicemente inafferrabile. Ci sono anche le triple, una da quasi 9 metri, c’è tutto il talento del predestinato a tornare per la terza volta di fila alle Finals.
Alla fine sono 30 punti, 8 rimbalzi, 6 assist, 13-26 dal campo, 2 recuperi e una stoppata. Un’altra partita totale, un altro dominio su ogni aspetto del gioco.
Dominio forzato però, come non si vedeva con regolarità da tempo. Questi Miami Heat non sono più la squadra dei Big Three, come l’anno scorso, come al primo anno dell’avventura comune a South Beach.
Chris Bosh e Dwyane Wade sono spariti dal radar, per motivi diversi. Uno è ormai solo un spot uno shooter, peraltro quasi esclusivamente da tre (una tripla per 7 punti) l’altro è un fantasma.
Wade, cosa è successo ? Il ginocchio dà fastidio, verissimo, molto di più di quanto trapela a mezza bocca dallo staff tecnico.
Vederlo così però fa male, dovendo anche assistere a errori banalissimi, ad una lampante mancanza di energia e di aggressività.
10 punti, 6 rimbalzi, 4 assist, un’altra gara molto sotto il suo livello. LeBron deve fare tutto da solo, come dice anche Reggie Miller su TNT, non sembra più nemmeno di vedere gli Heat ma i Cleveland Cavs di una volta. Magari quelli versione 2007, Tim Duncan e gli Spurs già pregustano antichi sapori.
A dargli una mano ci sono solo Chalmers (12 punti, 6 assist) e Haslem, tornato tutto a un tratto alle perfomance del 2006, quando affiancava Shaq nel pitturato.
16 punti e 3 rimbalzi in 26 minuti e quel piazzato suo classico che ha contribuito ad ammazzare i Pacers, anche nel quarto periodo.
Chris Andersen, spinta a parte, riguadagna subito la stima del coach e gli applausi del suo pubblico per una bellissima stoppata proprio su Tyler Hansbrough, poi si dedica alla sua striscia. C’è anche un jump shot per la serie di 18 di fila in questi playoff.
I migliori in maglia Pacers sono Hibbert (22 punti, 6 rimbalzi) e Paul George (27 punti, 11 rimbalzi, 5 assist), soprattutto nel finale insieme, poi col Most Improved Player che è l’unico a tentare la clamorosa rimonta nel quarto periodo.
Gara 5 è stata una partita dai toni bassi, Miami non gioca al meglio, LeBron è stracarico di responsabilità ma vince, Indiana di par suo spreca un’opportunità che potrebbe trasformarsi in un gigantesco rimorso.
Per gara 6 si torna nello Hoosiers State e non mi stupirei di un altro riscatto, del resto questi Pacers hanno meritato di arrivare fin qui ma ben oltre anche di provare ad impensierire i campioni.
Gara 7 non sarebbe certo scandalosa per quello che abbiamo visto in campo e i meriti sono solo di Vogel e dei suoi ragazzi.
“E qualcosa rimane tra le pagine chiare e le pagine scure…”
Lebron attiva la galaxy mode e per i pacers è notte fonda. Se però Wade e Bosh non si danno una svegliata il titolo è un miraggio
Non sono d’accordo sulla valutazione data a Bosh. Che rende 7 cm e 20 kg a Hibbert.
In finale, sarà un bel rebus per S.Antonio. Splitter su Bosh? Uhm…
Wade… le condizioni fisiche precarie non gli consentono molto, ma con spirito di sacrificio aiuta comunque la squadra, magari in difesa o nelle piccole cose.
Come sottolineato nell’ articolo, se non si “svegliano” gli altri due Amigos difficilmente gli Heat potranno ambire al titolo. Questa squadra vive e muore di intensità difensiva e di isolamenti in attacco quindi credo che faranno fatica a spuntarla contro i ben organizzati Spurs.