Avanti dall’inizio alla fine, New York non molla in gara 5 e rimanda tutto in Indiana. L’eliminazione è stata per ora scongiurata, 85-75 il risultato finale della quinta frazione di questa serie di semifinali della Eastern Conference.
In tempi di Giro d’Italia i Knicks sono come andati in fuga fin dal 2-0 iniziale, resistendo ad una rimonta che stava quasi per compiersi fino quasi alla linea bianca dell’arrivo.
Già, la rimonta. Quella che adesso provano a tirare per forzare una gara 7 da giocarsi in casa, bottino del seeding numero 2 guadagnato con un’ottima regular season.
Sono solo 8 le squadre che nella storia NBA sono riuscite a vincere la serie con un deficit di 1-3. Nessuna illusione quindi, ma solo duro lavoro.
Il NY Post come manifesto eccellente dei media newyorchesi passa ovviamente dalla depressione all’euforia. “Indy Hunt” titola nella back cover sportiva, ovvero la caccia ad Indiana è appena cominciata.
Proprio ai Pacers già, che di nome ricordano chi nella 500 miglia cittadina sta dietro e insegue. Ora il destino si capovolge e questo ruolo tocca a NY, che le piaccia o meno.
Gara 5 è stata la solita partita bruttina, dominata dalla difese e anche un po’ dalla paura. La novità è subito negli starting lineup, fuori George Hill per coach Vogel.
Era stato il migliore dei suoi in gara 4, nonostante avesse sofferto un brutto colpo andando a sbattere contro Tyson Chandler e per questo avesse rimediato una commozione celebrale.
Sarà, ma i Pacers in attacco hanno perso la bussola. Molli, con poche idee, in affanno senza la sua regia. Brilla ancora Paul George, 23 pts, 6 reb, 6 ast, lo segue David West, 17 pts, 10 reb, comunque limitato in attacco da un generoso Carmelo Anthony.
Problemi di falli invece hanno cancellato dal campo Roy Hibbert, chiedere a Chandler quanto sia stato finora decisivo in questa serie. 9 pts e 7 reb in soli 31 minuti.
Si è rivisto invece, gioia per gli occhi miei e di tanti altri, Gerald Green. Ha lampi di genio, 1 tripla per 5 punti in 13 minuti ma altrettanti di pura stupidità, come due flaccidi passaggi in post basso per i lunghi, risultati in due perse che i Knicks hanno sanguinosamente convertito.
La reazione c’è stata insomma, non è stata una tempesta perfetta ma quello che conta è aver vinto ed evitato una cocente e prematura eliminazione.
NY ha giocato al minimo sindacale, per energia, organizzazione di gioco e lucidità. E’ bastato però, contro dei Pacers che fuori da casa loro non hanno evidentemente lo stesso impatto.
Carmelo Anthony inizia bene e finisce questa volta in maniera più che dignitosa. 28 pts, 6 reb, 12-28 dal campo, canestri ancora sudati ma meno forzati rispetto alle due gare di Indianapolis.
Va dato credito comunque, al di là di tutto, a coach Woodson. Sente aria di sfiducia intorno a lui e ha l’umiltà di cambiare. Spazio a Copeland quindi, che si accende per 13 punti in 19 minuti, 4-6 dal campo.
Attaccante per lo meno particolare, non so fino a che punto New York abbia delle reali chanche di andare fino in fondo con lui vero protagonista, tant’è, in un modo o nell’altro ha tanti punti nelle mani pronti e via dalla panchina. Appena ha la palla in mano cerca sempre una soluzione personale, non il massimo si dirà, ma per lo meno qualcuno ci prova e ci riesce.
Al contrario di Jason Kidd. E’ un po’ triste vederlo così, sembra un pensionato calato dagli spalti per fare numero. 0-8 nella serie, ha sbagliato gli ultimi 17 tiri tentati, compresi alcuni facilissimi layup, uno dei quali ieri in pieno campo aperto.
In stagione regolare è stato un fattore, oggi fa solo danni per quel sempre meno tempo che gli è concesso. Peccato, non si merita certo di essere deriso in questo modo.
New York vince una partita nervosa, non importa se giocando non benissimo, mettiamola così. Continuo a ripetere, rinfrancato da questo successo, che i Knicks ce la possono ampiamente fare.
Gara 6 sarà un’altra gara low scoring, magari ancora con molti dei suoi protagonisti con problemi di falli. Ma se a New York riesce lo scherzetto di vincerla potrà avere una gara 7 in casa, non proprio un’idea da buttare.
Un più c’è un Carmelo Anthony che non ha nessuna intenzione di aspettare ancora un anno per cercare di smentire la sua fama di campione perdente. Non basta un titolo vinto da protagonista con Syracuse.
Quello era il college e questo è il piano nobile. Di quel famoso draft Wade e LeBron si sono già tolti il pensiero, anche insieme.
Una bella reunion in sede di finale della Eastern è tutto quello che ci vuole.
“E qualcosa rimane tra le pagine chiare e le pagine scure…”