Jrue Holiday non sembra affatto contento della stagione dei suoi Sixers

Jrue Holiday non sembra affatto contento della stagione dei suoi Sixers

Ogni anno, in prossimità del traguardo della lunghissima e massacrante regular season NBA, per molte franchigie è tempo di un bilancio stagionale, specialmente per quelle che, per un motivo o per un altro, non riescono a guadagnarsi l’accesso all’ Eldorado dei play-off.

Tra di esse, quest’anno una in particolare (in attesa del possibile harakiri dei Lakers) si troverà a fronteggiare un’ esclusione decisamente imprevista dal gran ballo di primavera, e sarà attesa da una off-season con tanti nodi da sciogliere e tanti punti interrogativi a cui dare risposta, sia per il futuro immediato che per quello più lontano: stiamo parlando dei Philadelphia 76ers .

Molti appassionati hanno ancora negli occhi la splendida cavalcata play-off dei Sixers della scorsa stagione, durante la quale i ragazzi di Doug Collins hanno prima eliminato, contro ogni pronostico, i più quotati e sicuramente meno fortunati Chicago Bulls in sei partite (prima serie di play-off vinta dal lontano 2003, quando i punti di riferimento della franchigia erano un certo Allen Iverson in campo e un certo Larry Brown in panchina), per poi deporre le armi al turno successivo, uscendo a testa altissima solo in una tirata gara sette al Boston Garden contro Pierce e soci.

Quell’esaltante cammino aveva dimostrato che Philadelphia, dopo qualche anno in chiaro-scuro, era ritornata una squadra da tenere in seria considerazione nel quadro generale dell’ NBA, ma anche che mancava ancora qualche tassello per poterla considerare una vera e propria contender: l’infortunio di Rose, vero momento di svolta della stagione dei Sixers, aveva infatti permesso a molti detrattori di supportare la tesi secondo la quale quel gruppo avesse in qualche modo massimizzato il proprio potenziale, e che senza qualche altro aggiustamento riuscire a mantenere lo status di squadra in ascesa nelle gerarchie della Lega fosse quantomeno molto difficile.

E’ molto probabile che questa sia stata la tesi che deve essere andata per la maggiore, durante la off-season, anche in seno alla dirigenza, che infatti ha colto l’occasione per il salto di qualità intrufolandosi nella trade che portato Howard ai Lakers, cedendo il suo leader e uomo franchigia, Andrè Iguodala, ricevendo in cambio Jason Richardson, ma soprattutto Andrew Bynum.

I commenti del giorno dopo lo scambio si affrettavano a consegnare ai Sixers la palma di veri trionfatori della situazione, avendo in una semplice mossa ceduto un giocatore importante, ma evidentemente a fine ciclo nella città dell’amore fraterno, acquisendo però nel contempo un centro potenzialmente dominante nel panorama cestistico attuale, intorno al quale poter costruire un roster di talento, garantendosi competitività nell’immediato e una certa futuribilità: il terzetto composto da Bynum, Holiday e Turner non supera infatti i 75 anni.

Purtroppo, quello che sembrava un piano quasi perfetto si è dovuto invece scontrare sin dall’inizio con una dura realtà: il centro ex Lakers non ha retto, almeno per questa stagione, alla dura battaglia contro le sue delicatissime articolazioni, e praticamente non ha mai giocato un minuto con la nuova maglia.

Se aggiungiamo a ciò il fatto che i vari Hawes e (manco a dirlo) Kwame Brown non hanno potuto garantire lo stesso impatto che ci sarebbe atteso da Bynum, che lo stesso Richardson è stato più fuori che dentro il parquet e che la crescita di Turner, papabile secondo violino, è stata molto al di sotto delle aspettative generate da una seconda chiamata al draft, allora è abbastanza facile capire come la squadra di Coach Collins si sia trovata praticamente tagliata fuori da ogni discorso di post-season, anche al netto della buonissima stagione di Holiday, il quale ha visto non solo il miglioramento di tutte le sue statistiche e l’ascesa allo status di leader della squadra, ma anche la prima chiamata all’ All Star Game, per quel che chiaramente possa valere un riconoscimento di questo tipo in un contesto del genere.

E’ chiaro che, di fronte ad una stagione tanto sfortunata quanto deludente, saranno molte le questioni che dovranno essere risolte nella prossima estate, iniziando proprio dal rinnovo del contratto in scadenza di Bynum: c’è da chiedersi infatti se sia il caso di puntare ancora o meno sulle potenzialità comunque elevate e sulla carta d’identità ancora favorevole alle quotazioni dell’ex pivot giallo-viola.

Non si sa se la recente esperienza con giocatori injury-prone e, al contempo, incensati da contrattoni ammazza-cap (uno su tutti, Elton Brand) possa in qualche modo influenzare questa scelta, ma c’è da dire che, in questo momento, dare il massimo salariale ad un giocatore ai box praticamente da una stagione sembrerebbe un azzardo anche per il più ottimista dei dirigenti.

L’alternativa potrebbe invece imporre di virare le proprie attenzioni, sia tecniche che soprattutto economiche, su altri lunghi in scadenza, come ad esempio Josh Smith di Atlanta, oppure la coppia Al Jefferson-Paul Millsap di Utah.

Strettamente legata alle future iniziative sul mercato degli svincolati dei Sixers è tuttavia anche la situazione di Evan Turner, il quale sembra non aver ancora espresso le sue potenzialità e che entrerà l’anno prossimo negli ultimi 12 mesi del suo contratto, prima di diventare un restricted free agent nell’estate 2014.

Se c’è quindi un momento in cui Philadelphia può sperare di guadagnare qualcosa dalla sua ipotetica cessione, quello sarà proprio durante questa off-season, considerato anche che gente come O.J Mayo, ma soprattutto il figlio della Pennsylviania Tyreke Evans, possibili attori della futura free agency 2013, potrebbero tranquillamente riempire lo spot lasciato libero dall’ex Ohio State.

Infine, bisogna capire che ruolo possa giocare in questa possibile rivoluzione una delle poche sorprese dell’annata Sixers, ossia Thaddeus Young, che ha ormai conquistato e legittimato il suo spazio in quintetto e che potrebbe essere tanto uno dei mattoncini del nuovo corso quanto un buon filler in una futura trade.

Ultima ma non meno importante, c’è da valutare la questione legata alla futura guida tecnica: se infatti il buon Doug Collins è riuscito, negli ultimi anni, a riportare Philadelphia sulla mappa attraverso una buonissima organizzazione difensiva, che, numeri alla mano, permetteva ai Sixers di giocarsela con Celtics e Bulls per il titolo di miglior difesa della Lega, è pur vero che il conto di una stagione come quest’ultima, in cui non solo non si è potuto ascendere verso le vette della Eastern Conference, ma addirittura si è regrediti, alzando bandiera bianca in ottica play-off troppo prima del previsto, potrebbe essere troppo salato per permettere all’attuale coach di ripresentarsi ai nastri di partenza della prossima stagione.

Questo punto sembra tuttavia quello sul quale ci sarà meno da questionare, in quanto la sensazione è che Collins sarà ancora l’allenatore di Philadelphia anche l’anno venturo, o almeno questo è quello che trapela dalle dichiarazioni dirigenziali, che più volte hanno confermato la fiducia nel suo operato.

Insomma, nella città che fu da cornice alla vicende di Rocky Balboa e Andy Beckett nulla sembra essere certo, sia nel caso in cui si decida di proseguire con l’attuale progetto, catalogando questa stagione come il più classico degli incidenti di percorso, sia nel caso in cui si scelga di iniziare un nuovo corso, con magari Holiday pietra miliare della ricostruzione e un nuovo free agent a roster.

Ad ogni modo, l’estate si preannuncia bollente per i tifosi Sixers, i quali sperano dal canto loro di poter riammirare il prima possibile una squadra competitiva, che possa lottare per i piani alti della Lega e, magari, dare nuovamente lustro alla storia di questa franchigia.

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