Un mese, per un mese esatto due città che si trovano ai poli opposti, climaticamente parlando, sono stati i posti più caldi e bollenti della lega. E se per Miami non fa tanta differenza (anche per il nome degli Heat che vuol dire, appunto, “bollenti”) per Denver è stato tutto inusuale, tanto che persino il loro allenatore, quell’allegro brigante di George Karl, ha dovuto ammettere tutto il suo stupore di fronte al periodo magico dei suoi.
Il “disgelo” della Mile High City è iniziato il 23 febbraio, nella terza partita post-pausa All-Star Game, in cui nessun giocatore dei Nuggets è stato impiegato, a parte Faried, decretato MVP dell’ormai ex Rookie Challenge e partecipante, senza molta fortuna, dello Slam Dunk Contest.
Quella sera di Charlotte qualcosa è cambiato, più che altro scattato nella testa dei giocatori. Oltre ai Bobcats, ai loro piedi cadono anche Lakers, Blazers, Thunder (due volte), Hawks, Kings (due volte), Clippers, T-Wolves, Suns, Knicks, Grizzlies, Bulls e Sixers, per poi interrompere la straordinaria cavalcata in quel di New Orleans, il 25 marzo. Una cavalcata durata ben 15 partite, la terza striscia vincente stagionale più lunga. Ma quali sono stati i più lampanti motivi di tutto ciò?
Innanzitutto, lo straordinario gioco di squadra che a inizio stagione stentava un attimino, soprattutto per quanto riguardava alcune scelte proprio del coach. Le domande sulla coesistenza tra Gallinari e Iguodala, l’indecisione sul vero ruolo all’interno della squadra di uno come McGee, dotato di poca intelligenza cestistica, ma di grande energia in entrambe le parti del campo. Una panchina fin troppo giovane ed inesperta ed un play vecchio come Andre Miller ed uno non proprio adatto al ruolo di titolare, come Ty Lawson.
Ma le voci che li volevano protagonisti di una stagione anonima, sono state puntualmente smentite in questi primi mesi di 2013, in cui il record è stato ampiante positivo (32-9) che ha permesso alle Pepite di raggiungere il terzo posto ad Ovest, garantendogli, per il momento, il confronto con i Warriors al primo turno. Due giochi frizzanti che potrebbero regalare parecchio spettacolo.
Ma il vero fattore che ha caratterizzato e sta ancora dicendo la sua in questa stagione ricca di soddisfazioni, è il cosiddetto “There’s no place like Home” di cui gli anglosassoni, ma non solo, fanno una vera e propria cultura.
Se poi la tua casa è situata sulle Rocky Mountain, a più di un chilometro di distanza dal livello del mare, beh hai tutte le attenuanti per decretarti praticamente inespugnabile. Sono solo tre le sconfitte subite tra le mura amiche quest’anno, di cui due nel mese di gennaio, contro squadre non da playoff come Minnesota (3 gennaio) e Washington (18 gennaio). Più di due mesi di imbattibilità che potrebbero essere intaccati solamente dal trio texano composto da Mavs, Rockets e Spurs, tre banchi di prova niente male per chiudere al meglio la stagione e prepararsi per la post-season.
Ma, se la matematica non è un opinione, ne abbiamo citate solo un paio di franchigie che sono riuscite a battere Gallinari e soci al Pepsi Center. E quindi, qual è la terza squadra capace di tale “impresa”?
Era il 15 novembre, regular season iniziata da poco e nessuna delle due squadre sembra averla cominciata nel migliore dei modi. Le compagini si erano già affrontate il 3 novembre con una stentata vittoria dei padroni di casa. Ma in quel di Denver, LeBron e compagni non sembrano sentire il peso dell’altitudine.
The King chiude con 27 punti, 7 rimbalzi e 12 assist, guidando gli Heat alla vittoria per 98-93, faticando e non poco anche in questa occasione, contro un avversario ben posizionato in campo e corsaro. Un paio di mesi dopo ed ecco che i due destini sembrano andare perfettamente in parallelo, prima di potersi incrociare di nuovo in un ipotetico futuro.
L’avventura trionfale di Miami inizia un po’ prima, per l’esattezza il 3 febbraio, a Toronto, e prosegue fino al 27 marzo, quando cadono in casa dei Bulls, dopo, per l’appunto, 27 vittorie di fila, miglior striscia stagionale e seconda nella storia della lega.
Ventisette partite che hanno mostrato tutto il valore della squadra di Spoelstra, capace di vincere tutte e 13 le gare giocate in trasferta, ma soprattutto tutte le 14 casalinghe. Un successo dopo l’altro che hanno portato gli Heat ad assicurarsi il primo posto ad Est ed anche il miglior record della lega.
Ma a parte i vari LeBron, Wade e Bosh, anche qui salta all’occhio un fattore da cui non ci si può di certo dissociare e dire “Ma sarà un caso”, perché il 32-3 che hanno collezionato alla Triple A parla chiaro: Miami è una piazza calda, più calda di quanto ci aspettassimo.
Sono passati quasi tre mesi da quando i Bulls (sì sempre loro), hanno battuto i campioni del mondo in carica nel loro fortino. Da lì 18 vittorie consecutive che potrebbero essere messe a repentaglio solo dal ritorno di Chicago il 14 aprile o dall’intenzione di Spoelstra di far riposare le proprie star nelle ultime partite stagionali, per prepararli alla probabile sfida con i Bucks che, tra l’altro, faranno visita in Florida il 9 di questo mese, per un primo assaggio di playoff.
Ma è proprio di playoff che si parla in questi giorni ed è talmente tanta l’attesa che parecchie idee frullano nella testa di noi appassionati come un vortice ricco di fantasia, ma anche un pizzico di affascinante realismo. Per questo ci è balzata in testa la malsana idea che adesso cercherò di esplicare. E se fosse proprio questa la finale?
Con il mio semplice ragionamento ho cercato di farvi capire quanto, oltre ai tatticismi e ai top player, sia importante il fattore campo nel momento in cui tutto deve prendere una piega ben precisa.
Contare sul proprio pubblico, il vero sesto uomo che va al di là del campo di gioco, è fondamentale, soprattutto in questo sport in cui si gioca tra vere e proprie quattro mura. Ok, se la mia teoria derivasse da una scienza esatta, allora non so quanti titoli avrebbero dovuto vincere squadre come Spurs, Cavs (quelli dell’era LeBron) o i Celtics negli anni ’80. Ma siamo ad aprile ed è lecito immaginarsi uno scenario diverso da quello che tutti potrebbero pensare.
Certo, Miami è una seria candidata al titolo, anche se ormai sappiamo che ripetersi non è così facile. Mentre Denver ha tutte le carte in regola per essere la mina vagante di questi playoff, l’outsider come dicono oltre oceano. Una vera e propria Cenerentola che intanto ha superato le 50 vittorie e che avrà quasi sicuramente il vantaggio del fattore campo al primo turno. Già un tassello di partenza per poter puntare alla cima.
Magari tutto il nostro fantastico viaggio (non dico trip per non offendere la sensibilità di qualcuno) finirà subito con un eliminazione al primo o al secondo turno di una delle due squadre (più probabile i Nuggets), ma saremo contenti di averci almeno provato a solleticare la vostra immaginazione, ipotizzando un altro percorso trionfale per due squadre che in quest’ultimo mese ci hanno entusiasmato e non poco.
Personal trainer e grande appassionato di sport americani. Talmente tanto che ho deciso di scrivere a riguardo.
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io non so quando lo hai scritto ma sicuramente un po’ ha portato sfiga …….a parte gli scherzi complimenti per l’articolo .
ahahah quoto, putroppo. Faccio sapere a Gallinari di chi è la colpa :P