Con la trade deadline alle spalle e la definitiva ultimazione dei roster completata, ad un mese e mezzo dall’inizio della post season, l’NBA, come e’ solito accadere, si divide in due gruppi ben distinti.
Le squadre che giocano per un miglior piazzamento, o proprio per arrivarci, nei playoff. Le squadre che (non) giocano per un miglior piazzamento nella lottery.
Con un draft cosi poco profondo come il prossimo la corsa per il peggior record della lega e’ piu’ agguerrita che mai e le Charlotte, Sacramento, Orlando di questo mondo sono assolutamente intenzionate a guadagnarsi ogni sconfitta.
Nelle aree piu’ nobili della lega, la differenza tra le conference e’, come ogni anno, decisamente marcata.
Ad Est, in questo periodo, e’ quasi sempre tutto piu’ o meno scritto. Chi ha James, che siano i Cavs o gli Heat, e’ sempre in alto. Da New York ai Bucks, quelle che giocheranno ancora a fine Aprile sono gia’ facilmente prevedibili.
Oltrepassato il grande fiume Mississippi, il bracket e’ ancora tutto da decifrare.
In tre possono aspirare alla testa di serie e dalla sesta all’ undicesima ci si giocano tre posti playoff. La dodicesima, i TWolves, e’ tagliata fuori solo a causa degli infortuni.
Benvenuti nel Wild Wild West.
Per la conquista della testa di serie ci sono i soliti noti, San Antonio Spurs, abituata a dominare la stagione regolare ad ovest e Oklahoma City Thunder, lanciati alla difesa del titolo della Western ma con qualche certezza in meno rispetto all’exploit dello scorso anno.
In aggiunta ci sono gli outsider, piu’ outsider della storia degli sport professionistici americani, i Clippers, che si sono appena assicurati la loro prima stagione vincente da quando nel 1984 hanno portato i loro talenti (pochi) a Los Angeles.
– San Antonio Spurs (50-16)
Nonostante l’infortunio di Parker, grazie al loro record ma soprattutto al loro sistema di gioco collaudatissimo, gli Spurs possono concentrarsi con una certa tranquillita’ a gestire le risorse per l’inizio dei playoff. Con una rotazione qualitativamente cosi profonda, ad ovest pari solo a quella, incredibile ma vero, dei Clippers, la conferma del titolo di conference della regular season dovrebbe essere abbastanza agevole.
– Oklahoma City Thunder (48-17)
Col talento offensivo di Durant e Westbrook e quello nella meta’ campo difensiva di Collison, Perkins e Sefolosha in una lega normale si vincerebbe senza neanche cominciare a discutere, ma questa non e’ una lega normale e le discussioni ad OKC sono all’ ordine del giorno. La dipartita della barba mancina in maglia 13 per il Texas, ha lasciato una lacuna nella gestione degli ultimi possessi che soprattutto a Maggio ed eventualmente a Giugno potrebbe potrebbe farsi sentire. La sensazione, supportata anche dalle due sconfitte stagionali contro Miami, e’ che, come nelle scorse finali, manchi ancora qualcosa per vincere l’ultima partita stagionale.
– Los Angeles Clippers (45-20)
Come ogni anno, le scarpe squittiranno sul parquet dello Staples anche durante la post season.
A differenza di quello che dice la storia, pero’ questa certezza non deriva dalla stagione dei Lakers, solitamente frequentatori dei playoff, bensi da quella dei Clippers, che fino ad un paio di anni fa l’unico posto che frequentavano regolarmente erano gli uffici di Seacaucus, N.J. dove si tiene la draft lottery.
Da quando il proprietario D.T. Sterling ha deciso di aprire i cordoni della borsa, ci ha preso gusto e non si e’ piu’ fermato costruendo uno dei roster tra i primi cinque della lega per qualita’ e profondita’ delle rotazioni. Con Chris Paul alla guida, se gli infortuni si terrano lontani da alcuni giocatori chiave con carta d’identita’ un po ingiallita, vedi Odom, Billups e Hill e con degli accoppiamenti favorevoli nei primi turni dei playoff, per i velieri potrebbe veramente arrivare il momento della redenzione.
Per l’ultimo slot che garantisce al primo turno un’ eventuale gara 7 casalinga, se la giocano due squadre che non potrebbero essere piu’ diverse. Memphis Grizzlies e Denver Nuggets.
– Memphis Grizzlies (43-19)
Da quando hanno eliminato gli Spurs al primo turno dei playoff 2010, sono letteralmente esplosi con una coppia di lunghi, Gasol e Randolph, senza paragoni nella lega.
Nonostante si siano dovuti liberare del ex uomo franchigia Rudy Gay e di un giocatore di rotazione come Speights per mantere a livelli accettabili il salary cap, i Grizzlies continuano a giocare una pallacanestro solida, in cui la palla in post, che sia alto per il catalano o basso per Z-Bo, e’ la prima e probabilmente anche la seconda opzione offensiva. Con il peggior attacco per punti segnati della Western Conference (93,5 punti per partita, cinque in meno rispetto alla media della lega), coach Hollins ha costruito le sue fortune attraverso la difesa, la migliore per punti concessi dell’ intera lega.
– Denver Nuggets (43-22)
Che nell’America rivolta ad oriente ed appoggiata sul Pacifico l’idea di correre sia sviluppata particolarmente e’ un fatto certo dai tempi della “Gold Rush” a meta’ del XIX secolo. Che questa idea venga riproposta anche nella NBA lo e’ altrettanto – 10 delle prime 11 squadre per pace factor, la statistica che calcola il numero di possessi e quindi il ritmo di gioco, appartengono alla Western Conference. Che nel Colorado questo concetto di “correre” sia stato preso ed estremizzato da George Karl e’ un’altra assoluta verita’.
Con un roster di super atleti che dominano fisicamente la lega piu’ atletica del mondo – secondi per pace factor, dietro solo a Houston – quando possono giocare la loro pallacanestro sui 28 metri, puoi soltanto rincorrerli e sostenere il loro ritmo e’ sostanzialemente impossibile. Fin quando riusciranno a mantenere il fattore campo a loro favore nei playoff, batterli a Mile High sara’ difficile per chiunque.
La corsa agli ultimi tre biglietti che valgono la post season e’ quanto di piu’ complicato ed imprevedibile ci sia al momento nell’intero panorama NBA. In sei possono ancora sperare, alcune – le piu’ giovani – stanno crollando, altre, grazie all’esperienza dei loro giocatori di riferimento, stanno tornando su fortissimo.
– Golden State Warriors (35-29) e Houston Rockets (34-30)
Due squadre molto giovani, forse troppo. Dopo i fasti di un tempo, per la prima volta da diversi anni, soprattutto per i Warriors, possono tornare ai playoff. Le stelle, Curry e Harden, entrambe sotto i 25 anni, sono esplose definitivamente in quest’ ultima stagione, ma proprio per la loro gioventu’ sono soggetti, come di conseguenza le loro squadre, ad ups (i 54 di Steph al Madison Square Garden e i 46 da ex della barba contro i Thunder) e downs.
I Rockets non riescono piu’ a trovare la continuita’ che le aveva permesso di consolidare il suo record vincente nel periodo pre e post natalizio mentre a San Francisco dopo essere partiti fortissimo (30 vittorie nelle prime 47 partite) sono crollati (5-12 il loro record negli ultimi due mesi) come solo gli Utah Jazz sono stati in grado di fare.
– Los Angeles Lakers (34-32)
Partiti per dominare la conference, licenziato l’allenatore dopo tre partite, crollati a picco per quattro mesi mentre l’altra meta’ – meta’, facciamo un decimo – della citta’ volava, privati per un tumore del loro proprietario nonche’ ideatore di tutte le vittorie targate Los Angeles, ad un passo dall’alzata del sipario per il secondo atto del Dwightmare, sono risorti, ovviamente dopo essere stati dati per finiti, cominciando a vincere proprio mentre le dirette concorrenti hanno iniziato a contendersi il posto per squadra peggiore del momento.
Imprevedibili e affascinanti, con Kobe che non li ha mai fatti affondare ma a volte li faceva naufragare da solo, i Lakers stanno affrontando una delle stagioni piu’ “cinematografiche” della loro hollywoodiana storia. Il finale pero’ non lo sa neanche lo sceneggiatore.
– Utah Jazz (33-32) e Portland Trail Blazers (30-34)
Nel basket il tempo e’ il Fattore che differenzia le grandi squadre dalle altre. Per tempo si intende sia quello di gioco – il tempo delle spaziature, del movimento della palla… – sia quello da utilizzare per l’organizzazione di un roster vincente. Essendo un elemento tanto indispensabile quanto difficile da ottenere e da gestire in un mondo che viaggia a velocita’ elevatissime come l’NBA, non tutte le squadre riescono ad usufruirne e ad utilizzarlo nel modo migliore. Tra quelle che invece lo sanno fare ci sono sicuramente i Jazz e i Blazers.
A Salt Lake City dopo aver chiuso, male tendente al malissimo, il capitolo Sloan, si sta ricostruendo sotto la guida di Tyrone Corbin. Dopo una prima stagione, la scorsa, in cui la parte offensiva riguardava solamente il frontcourt occupato da Millsap e Jefferson – oltre il 40% dei tiri dei Jazz erano loro – quest’anno si e’ deciso di diversificare un po l’attacco aggiungendo nel roster tiratori come Foye e Mo Williams.
Oltre al gioco e’ migliorato anche il record della squadra che ha superato anche il 55 per cento di vittorie appena prima della pausa per l’All Star Weekend. A causa di una panchina qualitativamente non profondissima e di infortuni in serie che hanno ridotto ulteriormente il livello tecnico della squadra, Utah ha subito otto sconfitte nelle ultime dieci partite ed ha messo a rischio la sua presenza nella post season.
I Blazers sono, insieme ai Mavs, la squadra tra queste sei che ha meno possibilita’ di andare ai playoff – il loro record e’ crollato a cavallo dell’ASG – ma il futuro, raffigurato nella figura del prossimo rookie of the year Damian Lillard, sembra essere molto roseo, sempre che il destino, quello avverso e beffardo, che al Rose Garden conoscono fin troppo bene, non si metta di mezzo un’altra volta.
– Dallas Mavericks (30-34)
Quando nel Luglio del 2011 i Mavericks alzavano a Miami, Florida il loro primo titolo NBA, Mark Cuban sapeva gia’ che quella squadra, senza cambiamenti, non sarebbe piu’ riuscita a ripetersi. Percio’ fuori Chandler e Kidd, perni insieme a Terry – via anche lui, in direzione Boston – e Nowitzki, della conquista del titolo. Per sostituire due cosi, il proprietario sapeva gia’ come muoversi. Arrivano dai Magic Dwight Howard e da Utah Deron Williams. Arrivano?
Roster 2012-2013. In centro parte l’ex clipper Chris Kaman mentre a gestire i ragazzi c’e’ Darren Collison, playmaker uscito da UCLA. Non esattamente Dwight e D-Will.
La stagione, come facilmente immaginabile, non parte fortissimo – causa anche l’assenza per infortunio di Nowitzki – ma Carlisle e i suoi crollano tra dicembre e gennaio perdendone 10 su tredici.
La loro stagione inizia ufficilamente a Febbraio con il recupero della migliore condizione del 41 di Wurzburg ma il tempo, sempre lui, non volge a loro favore. Con diverse vittorie da recuperare per l’ottava posizione e almeno due squadre da superare, per raggiungere i playoff servirebbe sostanzialmente un miracolo ma con questo wild wild west tutto puo’ essere ancora scritto.
@tanni__b / giovanni.benveniste@gmail.com