dwade353Se  Tom Crean leggesse questo titolo, passerebbe metà mattinata piegato in due dalle risate. Ripenserebbe certamente a quell’ anno nel quale lui, coach dell’università di Marquette, e l’altro, Dwyane Tyrone Wade,  alunno non proprio modello al suo primo anno di College, avevano dovuto insieme barcamenarsi tra le dure regole NCAA sul rendimento scolastico e l’esigenza di non disperdere tutto il talento per la palla a spicchi, che quel ragazzo proveniente dai sobborghi di Chicago trasudava.

Ci sono voluti un’ intera estate passata sui libri e l’aiuto di qualche tutor, per portare le abilità di “writing” ,dell’allora ventenne Wade, a livelli accettabili per poter essere schierato in campo.

21.5 punti, 6.3 rimbalzi, 4.4 assist, 2.2 rubate per gara, sono i numeri che scrive al suo secondo e di fatto primo anno universitario. Di lì in poi, l’epopea del ragazzo cresciuto con la madre e tre sorelle maggiori, in uno di quei quartieri di Chicago, Robbins, nei quali sarebbe meglio non mettere piede, ha avuto inizio.

Scelto da Miami nel 2003 con la 5° scelta, primo titolo NBA a soli 24 anni, vinto giocando su livelli che subitaneamente fecero gridare al paragone jordanesco. E se sei nato a Chicago nel 1982, vissuto a due passi dal vecchio Chicago Stadium e vieni paragonato a MJ: “sei autorizzato ad andartene in solluchero, direbbe Salinger al giovane Wade.”

La seconda parte del titolo  è, in parte, ispirata da tutti i difensori che negli anni hanno dovuto star dietro al numero 3 degli Heat. Una sorta di “in loving memory”. Come si può star dietro a qualcuno che di soprannome fa “Flash”? Semplicemente, non si può.

Ultimamente, per motivi commerciali e logiche di marketing, Dwayne ha provato ad auto-affibbiarsi il soprannome di “WOW”, acronimo di “Way Of Wade”.
Ehi, Lebron che ne pensi? “It’s corny”. Smielato. Ok, cestiniamolo ed andiamo avanti.

L’assunto, però, è un altro. Chiaro e di istantanea comprensione: quando il dottor Wade decide di assumere le sembianze di Mister Flash, la narrazione di qualsiasi partita può cambiare.

E se proprio non volete scomodarvi nella lettura del celeberrimo romanzo di Robert Louis Stevenson, vi basta cercare sul web il video di gara 3 delle Finals 2006. In alternativa o in aggiunta, abbiate pazienza e continuate a leggere queste poche righe.

Iniziamo facendo un piccolo salto nel passato. Maggio scorso, serie play-off contro i Pacers. Miami è sotto 2 a 1 nella serie ed ha appena perso malamente gara 3.

Il progetto Big Three sembra sia sul punto di implodere. Dwayne ha appena giocato la sua peggior gara della carriera: 2/13 al tiro, 5 miseri punti e l’onta dei primi 24 minuti di gioco in bianco, senza canestri dal campo. Ecco, quello era dottor Wade.

Lo era per la dimestichezza con gli infortuni, soprattutto. 17 gare di regular season saltate a causa di problemi fisici vari. L’ombra del giocatore che era, indirizzato dagli infortuni e dall’essere sul lato sbagliato dei 30 anni sul viale del tramonto. Il resto di quella serie è già storia.

Subito dopo aver messo al dito il suo secondo anello, decide di operarsi al ginocchio e di dedicarsi al pieno recupero fisico. Pianifica la sua preparazione con cura maniacale, assume persino un allenatore personale che lo aiuti a ritrovare il suo mid-range jumper( sì, lo stesso che aveva mandato in frantumi le speranze di titolo di WunderDirk nel 2006).

Con l’avvinarsi della stagione, però, ricominciano le litanie di giornalisti ed addetti ai lavori. L’operazione al ginocchio, i 31 anni da compiere, la prospettiva di un ruolo da scudiero di Lebron, sono solo alcune delle frasi utilizzate per riempire giornali e siti internet. I primi mesi di regular season sembrano dare ragione agli scettici. Le cifre messe insieme dal numero 3, potrebbero descrivere lo scenario al quale nessun tifosi degli Heat avrebbe mai voluto credere. L’idea di un Wade non più in grado di essere  “Mr Flash”.

Come in ogni favola che si rispetti, ad un certo punto l’eroe ha bisogno di un aiutante. No, non LBj, che pur non ha mai fatto mancare il suo appoggio al compagno. In questo racconto, l’aiutante ha le sembianze di coach Spoelstra, lo stesso che, durante la serie contro Indiana, era stato invitato da Dwayne, al netto dell’edulcorazione, a spostare la sua poco gradevole faccia della sua vista.

“We roll our eyes when people are criticizing him. His game has evolved, it’s change. He’s scoring in different ways than he did for seven years” sono state le sue dichiarazioni indirizzate alla stampa.

Il vero capolavoro, però, coach “Spo” lo ha fatto sul campo, gestendo in maniera oculata il minutaggio di un Wade non ancora pienamente ristabilito: 33.6 minuti in Dicembre e 32.9 di media in Gennaio, fino ai 35.5 minuti a partita concessi nel mese di Febbraio.

Mese nel quale, finalmente, si è rimaterializzato “Mr Flash” e gli Heat hanno incominciato a vincere non fermandosi più, inanellando una striscia di 13 vittorie in fila tuttora aperta. Coincidenza?

Difficile chiamare coincidenza i i 15 punti messi a referto nell’ultimo quarto contro Cleveland, difficile non restare ammaliati dai 39 punti nella vittoria contro Sacramento, e scanditi dalla poesia del jumper  del “kid from Robbins”, annoverato ormai come patrimonio dell’Unesco.

Impossibile chiamare coincidenza, poi, i 25. 1 punti, i 5.7 assist ed altrettanti rimbalzi più le 2. 6 rubate di media nelle ultime 10 uscite in maglia Heat.

A South Beach alle coincidenze non ci hanno mai creduto. Tanto meno quando si parla del loro capitano. Soprattutto, quando si considera il talento di un ragazzo capace di segnare più di 16.000 punti in carriera (indossando sempre e solo una maglia), e in grado di regalare il primo titolo della storia della franchigia della Florida. Senza dimenticare il sacrificio in termini di testa e di cuore e a volte, anche di caviglie, ginocchia e polsi tributato alla causa comune.

Ed anche se, quando giungerà il momento in cui quel ragazzo deciderà di appendere le scarpette al chiodo, non dovessero essere  “not three” “not four” “not five”, sotto il soffitto dell’ American Airlines Arena potrete veder sventolare in bella mostra una canottiera con il numero 3.

Perché, l’altro potrà essere uno dei più grandi interpreti della storia di questo sport, ma “Mr Flash”, per i cuori dei tifosi Heat è e resterà sempre unico.

2 thoughts on “Dottor Wade e Mr. Flash

  1. Complimenti per l’articolo. Da tifoso Heat, e soprattutto di Wade, non posso che essere contento di queste ultime prestazioni, che lasciano ben sperare in vista dei playoff. Ora come ora James è il vero fenomeno della squadra, ma il Wade del titolo e dei successivi 3 anni è stato dominante come pochi a mio avviso

  2. Buon articolo,la gestione da parte di Spolestra del minutaggio di Wade dovrebbe far ricredere quelli che dicono che è un allenatore scarso…

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