Che “l’ NBA dei Vostri padri” non esista più penso sia chiaro a tutti; il gioco ha avuto una sua evoluzione, determinata dal cambiamento dei suoi interpreti, e con esso inevitabilmente sono cambiate filosofie e “credo” dei team stessi.
Se nel passato sentivamo i “santoni” del gioco parlare di asse play-centro per poter costruire una formazione in grado di vincere l’anello, oggi vediamo squadre che corrono a 1000 all’ ora, su e giù per il campo, senza un uomo in grado di dominare il gioco in post.
Oggi molte squadre, e gli Heat campioni 2012 ne sono un modello vincente , hanno abbracciato la filosofia della small-ball, preferendo rinunciare ad occupare il pitturato e privilegiando invece il gioco in velocità con quintetti con 4 esterni pronti a “mangiarsi il campo” in pochi secondi…
Small-Ball per scelta o necessità
Se possiamo sicuramente parlare di una tendenza per lo small-ball è necessario però fare dei distinguo tra scelte e contingenze.
Da un lato chi, come ad esempio Mike D’Antoni, ha fatto dei quintetti piccoli la propria filosofia, dall’ altro chi (Heat ad esempio) ha dovuto fare di necessità virtù per far quadrare il cerchio.
Un dato mi pare essere però certo: sono sempre meno i giocatori che arrivano nella lega, dal college o dal vecchio continente, e che rispondano ai canoni del centro classico con qualità fisiche e tecniche per poter occupare stabilmente il post basso.
I motivi sono vari, non ultimo il problema della “fuga dal College”, luogo in cui un tempo i giocatori apprendevano l’arte del gioco rimandovi fino al completamento della propria formazione fisico/tecnico e culturale (parlando di C pensate solo per un attimo a quanti ne ha sfornati Georgetown!) ed oggi visti quasi come un fastidio che li separa dal professionismo e quindi dal monetizzare.
Da sempre i lunghi hanno bisogno di più tempo per maturare e poter affinare il proprio gioco ed il fatto di dover affrontare questo periodo di apprendimento in una lega di 82 partite che ti porta a giocare ogni due giorni e con pochissimo tempo per allenarsi, invece che con tutta la calma necessaria per poter lavorare che il college basket ti concede, espone spesso questi “cristoni” di 2.10 dai fisici impressionanti ma ancora terribilmente acerbi ad esporsi a brutte figure che rischiano di bruciare il giocatore.
Prendiamo Anthony Davis, pronosticato da tutti come giocatore di impatto immediato nell’ NBA che sta invece incontrando enormi difficoltà ad imporsi nonostante il potenziale sia tutto lì da vedere. Tanto evidenti sono le qualità fisiche come altrettanto lo sono i limiti di conoscenza del gioco.
E non è un caso che il miglior rookie della stagione, Damian Lillard, sia uno di quelli che al college c’è rimasto per davvero (anche se sicuramente ruolo e squadra hanno agevolato la stagione stellare del play da Weber-State).
Se da un lato quindi la moria di centri veri può trovare una sua parziale spiegazione in un “sistema” che non sempre permette il corretto sviluppo tecnico di questi giocatori, dall’ altro c’è una evidente evoluzione del gioco e dei suoi interpreti che sta rendendo quasi superflua la presenza di una figura dominante nel pitturato.
I riferimenti sono ovvi e da tutti conosciuti. E’ innegabile che mai nella storia fossero esistiti giocatori come Lebron James o Kevin Durant, capaci di tirare ed attaccare il canestro come delle guardie ma con caratteristiche fisiche uniche che gli permettono di giocare da 4 se non addirittura da 5 (LBJ) consentendo ai propri coach di schierare quintetti velocissimi ed imprendibili per qualsiasi lungo e obbligando quindi gli avversari ad adattarsi.
Senza voler andare troppo indietro nel tempo è ancora viva nel ricordo di tutti la serie tra Heat e Thunder dove OKC era costantemente costretta a rinunciare alla coppia Ibaka- Perkins per potersi adattare ai quintetti di Spolestra con James da 4 e Bosh da 5 e, seppur in un contesto completamente diverso (quello delle Olimpiadi ) scelta analoga è stata presa dallo staff di Team Usa che ha rinunciato (anche costretta dall’ infortunio di Howard) a portare lunghi di ruolo (con il solo Chandler finto starter) per poter aprire il campo ed avere 4/5 giocatori in grado di poter punire dal perimetro.
Sembra quindi evidente che la commistione tra incapacità tecnica e, passatemi il termine, evoluzione della specie (i giocatori e le loro caratteristiche fisiche) stia inevitabilmente sfociando nell’ estinzione del centro classico a favore di giocatori dalle grandi doti atletiche in grado di muoversi molto velocemente su tutti e 28 i metri del campo.
C’è poi da fare un altra considerazione: le squadre che oggi stanno cavalcando i vecchi credo con il centro classico affiancato da una ala grande stanno avendo molte difficoltà nel trovare la corretta chimica.
Il caso più eclatante è quello dei Lakers che non hanno mai trovato il modo di far coesistere il duo Gasol-Howard arrivando a scegliere Clark come starter in PF per permettere ad Howard di avere l’ area libera per poter giocare il P’N’R visto la pochezza in post basso del centro ex-Magic (nonostante la mobilità di piedi).
A Memphis, dove i risultati sono e sono stati anche in passato migliori che ad LA, la coppia Gasol/Randolph non è stata comunque in grado di portate i Grizz oltre le semifinali di Conference e non è un segreto che nel Tennessee fossero pronti a scaricare Zbo lasciando al solo Gasol l’ incombenza della lotta sotto i tabelloni. Al Jefferson sta disputando la solita meravigliosa stagione ma i Jazz non andranno mai oltre il primo turno di Playoffs.
Per poter sfruttare al meglio il gioco in post bisogna aver molta pazienza ed inoltre bisogna avere giocatori in grado di punire i raddoppi dal perimetro.
Molti dei problemi dei Lakers ad esempio nascono dal fatto che non sono strutturati per potersi permettere due giocatori come Howard e Gasol che non solo sono poco compatibili ma creano cattive spaziature e non è un caso che tra i vari rumors su Gasol si era fatto il nome di Ryan Anderson, giocatore inferiore al catalano per valore assoluto ma in grado di aprire il campo grazie alla sua pericolosità dall’ arco.
In una lega dove si corre e si schiaccia una azione su due, diventa difficile immaginare che il futuro possa regalarci dei nuovi “Dream Shake” o riproporci lo strapotere fisico in post di Shaq o l’ immensa tecnica di Tim Duncan ; troppo diversi i protagonisti di oggi, quasi più atleti che giocatori (anche se il talento rimane una componente fondamentale del gioco).
Small ball o meno, sembra evidente che stia scomparendo la figura del giocatore d’ area (come tutti sapete tolti anche dalle votazioni ASG) e se pensiamo a quelli che oggi consideriamo dei 5 (Javal McGee, DeAndre Jordan..ma anche Chandler e Hibbert e gli Howard) ci rendiamo conto che difficilmente stiamo parlando di giocatori completi e capaci di dominare su i due lati del campo.
I puristi del gioco storcono il naso ma una idea nata quasi per necessità, vista la carenza di lunghi, sta diventando sempre più filosofia di gioco di molte squadre perché ideale per sfruttare le caratteristiche atletiche di questa nuova generazione di giocatori ed oggi con un punto di forza a suo favore: gli Heat hanno dimostrato che con la small ball si può vincere un titolo NBA.
Tifo Knicks dal 1993 e da allora non ho potuto più smettere!
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Bell’articolo!
Si tratta un tema nuovo, che ancora è tutto da sviscerare… una puntualizzazione: non è che questo nuovo percorso, oltre alla naturale “evoluzione della specie” sia dato dal regolamento? Tu hai parlato in chiave offensiva del gioco, citando giustamente spaziature e velocità.
Ma in difesa? Non è che la regola dei 3″ difensivi non agevoli più centri lenti che non possono cambiare lato in pochi decimi e che quindi risultano sempre in ritardo? “Centri nuovi” come Bosh, possono coprire il campo in larghezza nel giro di pochi secondi. Questo permette di marcare il proprio uomo sul lato debole, e chiudere tempestivamente in aiuto sulle penetrazioni del lato forte. Ricordo che la regola dei 3″ difensivi è stata introdotta proprio perchè centri di dimensioni “Shaq”, stavano ingolfando il gioco. Troppo dominanti e troppo ingombranti per lasciarli pacifici in mezzo all’area!
Che ne pensi di questo mio punto di vista?
I 3 sec difensivi più che altro hanno velocizzato questa evoluzione. È più una causa secondaria che nn principale. Ad esempio reputo molto più determinante (e questo aspetto nn viene minimamente trattato nell’articolo) l’avvento nei primi anni del 2000 delle difese a zona, che sono estremamente efficaci contro gli isolamenti e i pachidermi i post basso, offrendo raddoppi molto rapidi e intasamento del pitturato, ma che possono essere battute solo grazie a buone spaziature e circolazione palla, fatte con giocatori in grado di allargare il campo
Io credo che sia l’ evoluzione dei giocatori ad aver portato all’ introduzione di nuove regole e non viceversa.. bisogna vedere da che lato la si vuol guardare. Per come la vedo io il problema è che sono cambiate le caratteristiche fisiche dei giocatori e la loro preparazione, poi certamente le regole hanno fornito delle tendenze ma Shaq regola dei 3 secondi o difesa a zona che fosse ha sempre dominato. Oggi sembra si tenda invece a privilegiare l’aspetto atletico al grido di “col tempo imparerà a giocare” ma quando salti e arrivi con la testa al ferro chi te lo fa fare? Durante la RS c’è poca possibilità di sviluppare un giocatore ed in the league per migliorare devi lavorare per i fatti tuoi d’estate!Quanti lo fanno? Io penso che “small ball” sia stata una necessità derivante dalla mancanza di materiale umano (che però non posso credere sia venuto a mancare all’ improvviso) logica conseguenza di anni in cui si è pensato poco a costruire un certo tipo di giocatore. Ed insisto poi sul lato prettamente fisico..
Il ruolo di centro mi pare oscillare fra “evoluzione” ed “estinzione”: da un lato, alcuni lunghi hanno buona capacità di tirare fronte a canestro, senza avere la “specificità” del gioco in post (v. giovani centri bidimensionali, “in and out”, come B.Lopez, Hawes e Mullens); dall’altro, centri che potrebbero essere usati come fulcro “old school” dell’attacco, o non sono coinvolti con costanza, a favore di un gioco più periferico (Monroe, Cousins, Hibbert e M. Gasol), oppure sono infortunati (Bynum e Bogut).
L’ultimo centro che sia stato perno del rispettivo attacco, facendo strada nei playoffs, è stato Howard ad Orlando, circondato da tiratori, e non credo che rivedremo mai un’altra impostazione 1-centro 4-esterni a quei livelli…
Il futuro del ruolo, anche per motivi di scarso apporto qualitativo dal college (l’ultimo centro da 15 punti fu Okafor nel 2005), lascia pensare ad un’estinzione del “5 classico”, complice anche il citato depennamento dalle categorie dell’All Star Game, o, per vederla diversamente, ad una diversificazione di impiego, che comprenda stabilmente tiri in pick n’ pop, passaggi e gioco dal post alto (Duncan docet…).
Per quanto riguarda lo “small ball”, quello degli Heat è molto “sui generis” rispetto a quelli visti in precedenza, sia perché è abbinato ad una solida difesa (ottavi per Defensive Rating), sia perchè “small ball” non viene tradotto con “run and gun” (21esimi per possessi giocati a partita), oltre al fatto che la coppia James+Wade rende indubbiamente superfluo un centro da 20 punti (proprio come nel caso di un’altra coppia di Chicago che, negli anni ’90, fece danni senza un centro stellare…).
Il “modello Heat” potrebbe ispirare altre squadre talentuose ad usare quintetti piccoli (tipo Anthony o Durant da 4), ma resta vero che la differenza è la capacità degli Heat di reggere in difesa nonostante lo “small ball”: sinora, gli Heat mettono in crisi gli altri più di quanto gli avversari riescano a far pagare agli Heat la scelta dello “small ball”; impresa non alla portata di un roster qualsiasi…
Bellissima analisi, anche se resto convinto che senza un 5 puro non si va da nessuna parte, gli Heat sono un caso a parte, hanno james che mette in ritmo chiunque, wade che il suo lo fa sempre, e bosh che nonostante sia leggermente overated è cmq un signor lungo, per centro puro intendo anche il Perkins della situazione, non un fenomeno ma cmq utile alla causa con blocchi, rimbalzi e tanta difesa!
Anche Dallas, pur non giocando Small Ball, pero non avevo un vero 5 offensivo. Chandler è un gran centro, ma non un giocatore di post basso, non solo Miami ha vinto senza avere un vero centro da post.
Dal mio punto di vista rimane vero quello che dice tranquillo. Non è tanto la scelta di giocare senza lunghi, quanto la necessità di dare la palla in post-basso. Se prima quest’ultima veniva data ai lunghi, ora l’idea è solo di metterla in mano a qualcuno che la sappia gestire in quella posizione e se si tratta di Kobe piuttosto che di un cristone di 2.15 amen.
La seconda analisi mi sorge dall’era post draft 2003. L’arrivo nella lega un giocatore con una potenza fisica devastante e dei mezzi atletici paurosi: LeBron James. Premessa: non riesco a vederlo. Lui è quanto più si potrebbe desiderare come cestista, atletico, rapido, forte, capace di coprire e difendere tutti i ruoli. Proprio qui sta il problema: James potrebbe difendere su tutti i 4 veri e propri degli ultimi 10 anni.
Quindi, vista la moria di lunghi degli Heat, perchè non mettere lui da 4 e lasciare Bosh, che è un 4, a fare il 5?
Saranno le altre squadre a doversi adattare a loro, perchè James non cede niente, mentre un altro 4 non potrebbe mai marcarlo fuori dal pitturato.
Dopo questa pazzesca idea (e poteva pensarci pure prima) del coach degli Heat (Non lo scrivo, non ricordo lo spelling), molte squadre si sono dovute adeguare e si comincia a vedere: Bosh da 5, Stat da 5, Garnett da 5, Duncan da 5 ecc ecc. Per poi trovare Smith da 4, Melo da 4 e via dicendo.
Small Ball la chiamano, ma ai miei occhi è più un riadeguarsi del gioco ai nuovi giocatori. Oggi, rispetto agli anni 90 soprattutto si organizza un gioco più atletico e incentrato su schiacciate e tiri da tre punti (o quasi prevalentemente) e basterebbe avere 4 ali e un mezzo lungo per fare una squadra.
O almeno, io la vedo così.