Un’ altra puntata di Weekly, iniziamo subito che la settimana ha visto tanti temi caldi prendere piede. Via!
Cambio di coach a Brooklyn
Avery Johnson ha avuto il bizzarro onore di essere allenatore del mese a novembre, e poi di essere licenziato a dicembre, destino in fondo comune ad altri allenatori. Chi si ricorda di Sam Mitchell come coach dei Toronto Raptors, coach of the year nel 2007, e poi licenziato nel 2008 e sostanzialmente dimenticato da quel momento?
Cosa buffa, Mitchell fu poi assunto proprio come… assistente di Johnson ai Nets nel 2010, ma poi successivamente declassato al ruolo di scouting, tanto che è stato P.J. Carlesimo ad assumere il ruolo di coach ad interim.
L’ex allenatore dei Mavericks ha pagato da un lato il mancato rinnovo di contratto in estate, che l’ha reso certo più vulnerabile di fronte ai giocatori, ma anche una poca flessibilità di carattere, e la tendenza a voler avere un ruolo quasi da manager, interferendo o cercando di farlo in altri settori diversi da quelli di competenza dell’head-coach. Dal momento che sono venuti a mancare i risultati, il suo siluramento era quasi scontato, e puntualmente è avvenuto…
CHI VIENE ADESSO?
Come era avvenuto a inizio stagione per i Lakers, è iniziato il toto-allenatore anche per Brooklyn, ma la situazione volendo è ancora più complicata per la franchigia newyorchese. Passiamo in rassegna i diversi candidati, e le diverse probabilità di accedere ai Nets per ognuno di loro.
Phil Jackson: scottato dall’esperienza con Jim Buss, coach zen è sia intrigato che dubbioso dalla possibile esperienza come allenatore di Brooklyn, ricordando anche che Jackson ebbe un ruolo importante nell’ultimo titolo vinto dai Knicks nel 1973, e le ultime due stagioni le giocò con i New Jersey Nets, quindi il background newyorchese non gli manca sicuramente. Visto quanto ha guadagnato in carriera, è difficile pensare che possa essere l’aspetto economico il motivo principale della sua scelta.
Jeff Van Gundy: tenendo conto che il fratello Stan si è prontamente svicolato da qualunque ipotesi su un suo arrivo a Brooklyn, il fratello e analista ESPN Jeff è diventato una candidatura credibile, un motivo su tutti: il suo background ai Knicks culminato nelle Finals del 1999. Teoricamente si è tolto anche lui dalla lista di potenziali coach affermando di non voler prendere in considerazione incarichi a metà stagione, in più la figlia più grande sta finendo l’high school a Houston, motivo per rimanere ancora in famiglia almeno fino alla prossima stagione. Visto la serietà dimostrata negli anni da Jeff, difficile non prenderlo in parola.
Mike Dunleavy: il più entusiasta di diventare il nuovo coach dei Nets, “sarebbe il mio sogno, io sono di Brooklyn”, ma forse non il più gettonato nella lista preparata per il magnate Prokhorov. L’ultima esperienza con i Clippers si è chiusa nel 2010, vero che la squadra che allenava in quel momento non aveva nè Griffin nè Paul, ma il fatto stesso che Dunleavy fungesse anche da GM non gli dà così tante attenuanti (tirchiera di Sterling a parte!). Dalla finale del 1991 con i Lakers sono passati molti ponti, e Dunleavy ne ha bruciati parecchi, quindi le sue sono le probabilità più basse.
Jerry Sloan: se ne parla poco, ma perchè no? Deron Williams pochi giorni prima del licenziamento di Avery Johnson aveva fatto i complimenti al playbook che utilizzava ai Jazz sotto il mitico coach Sloan, vista la sua esperienza e capacità di leadership non sarebbe una scelta sbagliata, unico neo la pressione dei media di New York, a cui l’allenatore è (ovviamente) poco avvezzo…
Matt Barnes lancia la sfida ai Lakers
L’ala dei Clippers sta avendo una grande stagione, con una media di quasi 11 punti a partita, e tirando col 50% dal campo, ma non per questo ha dimenticato la due stagioni poco fortunate passate ai Lakers, soprattutto l’ultima con Mike Brown.
“Mi veniva detto quando dovevo tirare, se no ero fuori dalla partita”, ha risposto a chi lo vede libero a livello mentale da quando gioca con coach Del Negro. “Ho molta fiducia, lui se faccio uno sbaglio continua a insistere con me, e questo lo fa con tutti i giocatori, trasmettendo fiducia”, ha ribadito Barnes, facendo capire che l’anno scorso “era in una brutta situazione.”
La cosa curiosa di tutto questo è che proprio Barnes sarebbe stato molto utile ai Lakers con Mike D’Antoni, essendo un giocatore versatile e in grado di giocare una buona difesa, ma al momento dell’esonero di Mike Brown ovviamente era già in maglia Clippers: un’altra piccola vendetta degli ex cugini poveri di Los Angeles…
Rotation
I Los Angeles Lakers hanno vinto 6 delle loro ultime 7 partite, ma non si può dire che Mike D’Antoni non stia continuando a miscelare la rotazione dei giocatori come un barman di lungo corso.
Questo ha provocato anche ripercussioni emotive, come dimostrato dallo sfogo di Antwan Jamison, certo non abituato in carriera a ben 5 DNP consecutivi, ovvero incontri in cui non è mai entrato in partita neanche per un minuto. Si sa che il coach baffuto non ama rotazioni lunghe, e come visto anche a New York con Nate Robinson, quando chiude una porta è chiusa per sempre. In compenso, per la serie scherzi del destino, due giocatori che con lui ai Knicks proprio faville non avevano fatto, Chris Duhon e Jordan Hill, stanno trovando un buon minutaggio e anche un discreto rendimento.
Il primo anche col ritorno di Nash sta mantenendo il posto di backup point-guard, mentre l’ala-centro sta lottando con le unghie e coi denti per rendere nei minuti che gli vengono concessi, e la recente prestazione contro i Warriors, 14 punti in 21 minuti, sembra spiegare la sparizione di Jamison dalla rotation. Del resto col ritorno di Gasol, e Metta World Peace ottimamente calato nel ruolo di sesto uomo, anche Darius Morris è titolare solo di facciata, visto che in 3 delle sue ultime 5 partite ha giocato solo una media di 8 minuti.
Riassumendo, c’è posto per tutti per le briciole, ma nei prossimi mesi la solidità dei Lakers dipenderà dal quintetto Nash, Bryant, Metta, Gasol e Howard: per gli altri, non resta che giocarsi al meglio gli scampoli di tempo rimasti…
La settimana al contrario di Sacramento e Miami
Per una volta possiamo parlare di due vittorie consecutive dei Kings, e al contrario di due sconfitte consecutive di Miami, che a sua volta si sono salvati da un’altra sconfitta lunedì sera contro Orlando, e vincendo solo faticosamente ai supplementari.
Paradossalmente per Sacramento, invece di subire un effetto negativo a causa delle mille voci su DeMarcus Cousins e la sua possibile trade, è iniziata una striscia positiva con 4 vittorie nelle ultime sei partite, e contro avversari (vedi Knicks e Boston) di prima grandezza.
Senza eccessivi trionfalismi, alcuni giocatori, vedi James Johnson (autore del buzzer vincente contro New York), Jimmer Fredette, Isaiah Thomas, stanno dando la scossa giusta ai Kings, che con un calendario favorevole davanti potrebbero migliorare decisamente la loro classifica nelle prossime settimane.
Per quanto riguarda LeBron e compagni, ovviamente nessun allarme eccessivo, ma è anche speculare all’opposto che le loro sconfitte siano arrivate contro avversari mediocri (Detroit Pistons), o al limite normali (Milwaukee Bucks), non certo grandi squadre.
Un po’ la classica sindrome della squadra campione, che fatica a vivere la quotidianità dell’NBA, rimane il fatto che con certi limiti a rimbalzo (Nikola Vucevic lunedì sera ne ha presi 29 da solo!) non sempre si riuscirà a vincere nei playoffs, e chissà che gli Heat non cerchino di provvedere prima della Trade Deadline a migliorare in questa voce…
Anche questa settimana NBA Weekly finisce qua, appuntamento alla prossima con altre emozioni targate NBA!
appassionato della cultura americana, dagli sport alla letteratura al cinema della grande nazione statunitense…
per qualunque curiosita’ scrivetemi a: albix73@hotmail.it