Mike D’Antoni è il nuovo capo allenatore dei Los Angeles Lakers. Il contratto firmato è un triennale per complessivi 12 milioni, con opzione per il quarto, che lo lega quindi nel lungo periodo ad una delle panchine più prestigiose dello sport professionistico americano e mondiale.
Dopo il licenziamento, per certi versi non inaspettato, di Mike Brown dopo solo 5 partite di regular season – ed una preseason con tutte sconfitte – tutto il mondo dei media che ruota intorno ai Lakers iniziava ad immaginare cosa avrebbe chiesto Jackson per tornare ai Lakers come salvatore della patria.
Giornali e siti web avevano sposato nella quasi totalità l’ipotesi del ritorno di Jackson ai Lakers, dipingendolo come l’unico allenatore in grado di gestire lo spogliatoio e di dare alla squadra, con l’applicazione della triple post offense, un sistema di gioco basato sulle letture e sulle pari opportunità, garantendo un buon numero di possessi ed un’equa distribuzione dei tiri.
Intanto Bryant e gli altri senatori dello spogliatoio danno il loro assenso al ritorno di Jackson, con endorsment pubblico per il ritorno di Coach Zen: tutto apparecchiato quindi per il suo rientro sulla tolda di comando dei Lakers. Mancava solo l’annuncio ufficiale.
Invece, nella notte di domenica, arriva la decisione inaspettata. Mike D’Antoni, ben visto sia da Nash che da Bryant, è stato scelto come nuovo head coach. Da quel momento tutti a chiedersi il perché di questa scelta: cosa era successo? I Lakers hanno scaricato Jackson o Jackson ha scaricato i Lakers? Quanto ha influito la presenza di Nash ai Lakers?
L’unica certezza è che adesso Mike si troverà a gestire uno spogliatoio ricco di stelle, umorali, e con un unico risultato accettabile: minimo le Finals, possibilmente con anello annesso.
D’Antoni conosce Nash per i comuni trascorsi ai Suns, dove grazie anche al sistema offensivo di D’Antoni ha conquistato due titoli di MVP; conosce Bryant e Howard per l’esperienza col Team USA; non conosce Metta, ma tanto nemmeno Metta conosce Metta….
I Lakers hanno un quintetto formidabile sulla carta con Nash, Bryant, Metta, Gasol e Howard, il problema di un quintetto del genere sarà quello di trovare il giusto equilibrio di minuti, situazioni di gioco adeguate per tutti e nel caso saper imporre a qualcuno di questi le rinunce che inevitabilmente nel corso delle partite e della stagione si presenteranno.
Semplificando al massimo, 2 sono le sfide principali che attendono coach D’Antoni: la coesistenza in post basso di Gasol e Howard, la coesistenza palla in mano di Bryant e Nash.
D’Antoni prima di tutto, prima di importare le sue idee, la sua filosofia di gioco, dovrà essere ritenuto credibile come capo allenatore dallo spogliatoio dei Lakers, dovrà essere riconosciuto da tutti come il capo, ed in quest’ottica va letto il contratto quadriennale offertogli dalla dirigenza LA.
Sicuramente il rispetto reciproco fra lui e Bryant agevolerà il suo inserimento a Los Angeles:si racconta che sia in onore del D’Antoni giocatore che Bryant abbia iniziato ad indossare il numero “8” nei suoi primi anni NBA.
Mike non allena più un lungo dominante dai tempi di Antonio Davis a Milano, e adesso di trova in squadra Howard, il centro “più centro” che ci sia oggi nell’NBA, e Gasol, il giocatore con il miglior gioco in post della lega: dovrà trovare il modo di far convivere i due, cosa che difficilmente si presta al sistema di gioco visto ai Suns e provato ai Knicks.
Alle posizioni 2 e 3 non ci sono degli specialisti del tiro da 3 piazzato, ma uno dei giocatori di uno contro uno più forti della storia del gioco, Kobe Bryant, ed uno dei giocatori più impronosticabili della storia del gioco, sempre Metta, quindi altri due interpreti non propriamente ideali per il sistema applicato integralmente da D’Antoni a Phoenix.
D’Antoni se vorrà avere successo dovrà essere meno integralista e più pragmatico, ovvero capire prima possibile come meglio utilizzare le risorse a sua disposizione senza voler imporre il sistema sui giocatori, ma cercando di tenere il buono delle sue convinzioni cestistiche all’interno del contesto Lakers.
Quindi pick’nroll Nash-Howard o Nash-Gasol con l’opzione di pick’n’pop per Gasol, Bryant in giro per il campo a sfruttare le scelte della difesa, che dovrà scegliere per non subire troppo da questi giochi a due tra Nash e gli altri, e poi Metta, Meeks, Jamison ad allargare il campo dietro la linea del tiro da tre punti.
Se tutto sta assieme i Lakers possono segnare 120 punti contro chiunque, e dopo l’ultima stagione di basket controllato, di ritmo cadenzato voluta da Brown è forse stato uno dei pensieri che più hanno inciso sulla scelta del nuovo allenatore.
A Los Angeles vogliono vincere, ma dato il prezzo medio degli abbonamenti e dei biglietti dello Staples quando giocano i Gialloviola, la proprietà è probabile che abbia cercato anche un allenatore che potesse garantire anche un gioco in grado di solleticare i tifosi angelini, annoiati dall’ultima stagione giocata dai loro beniamini.
Questi non sono i Knicks da ricostruire ma una squadra già costruita per vincere subito, perciò D’Antoni dovrà fronteggiare un’altra situazione di grande pressione ambientale, ma da questo punto di vista gli anni newyorkesi lo hanno sicuramente temprato a sufficienza.
Nash sarà sicuramente il braccio di Mike in campo: i due si conoscono ed apprezzano e Nash, gestendo il pallone in prima persona, potrà essere l’equilibratore di tutto il sistema offensivo di D’Antoni: certamente l’età non gioca a favore del Canadese, ma la serietà con cui ha sempre svolto il suo lavoro da atleta professionista e l’intelligenza superiore che ha sempre dimostrato in campo. sembra plausibile aspettarsi ancora una stagione ad alto livello dell’ ex playmaker dei Phoenix Suns, infortuni permettendo.
Gli scettici vedono nei limiti difensivi dei Lakers il vero problema di questa edizione dei Gialloviola, e quindi la scelta di un allenatore prettamente offensivo come D’Antoni secondo molti non farà che acuire i limiti della squadra e porterà i Lakers a giocare partite a tanti possessi e a tanti punti sia per loro sia per gli avversari.
Come al solito solo il tempo ed il campo potranno dire quale sarà l’impatto di D’Antoni ai Lakers e che grado di coinvolgimento riuscirà ad ottenere dai suoi giocatori nel suo sistema visto che questi non sono dei Quentin Richardson che devono trovare le statistiche per ottenere il contratto della carriera ma sono All Stars che cercano il titolo NBA per consacrare una carriera.
Le incognite son risapute. Speriamo bene.