Col passaggio a Brooklyn, i Nets si trasformeranno da Cenerentola a Contender?

Chiamatela rivoluzione, chiamatelo “anno zero”, dategli il nome che volete… Siamo ad una svolta nella storia della franchigia

Il cambio di location, dal New Jersey al ritorno nella Grande Mela, in quel di Brooklyn, è solo l’inizio di una rifondazione pressochè totale della squadra che una volta fu di Julius Erving, Jason Kidd e Vince Carter e che vedrà da oggi, come “facce-copertina”, quelle di Deron Williams, Gerald Wallace ed il neo-arivato Joe Johnson.

Le premesse per l’anno venturo non potevano essere migliori: una dirigenza ambiziosa e pronta ad investire capitale, un roster rinnovato e migliorato in tutte le sue parti che hanno creato entusiasmo ed una frenetica attesa attorno ad una franchigia vissuta troppo spesso nell’ombra dei più quotati “cugini” dei Knicks.

I Playoffs sono ampiamente alla portata dei ragazzi di coach Avery Johnson e sbagliare, ancora, non si può!

Conference: Eastern Conference
Division: Atlantic

Arrivi: Keith Bogans (da LAC), Reggie Evans (da LAC), Joe Johnson (da ATL), Tornike Shengelia (da Charleroi), Jerry Stackhouse (da ATL), Mirza Teletovic (da ATL), CJ Watson (da CHI)
Partenze: Jordan Farmar (Anadolu Efes), Sundiata Gaines (IND), Gerald Green (IND), Damion James (ATL), Armon Johnson (ATL), Anthony Morrow (ATL), Johan Petro (ATL), DeShawn Stevenson (ATL), Shelden Williams (Elan Shalon)
Scelte al Draft: Tyshawn Taylor (41a scelta assoluta da Kansas)

Probabile quintetto:
PG: Deron Williams
SG: Joe Johnson
SF: Gerald Wallace
PF: Kris Humpries
C: Brook Lopez

ROSTER
Guardie: CJ Watson, Tyshawn Taylor, MarShon Brooks, Keith Bogans
Ali: Jerry Steckhouse, Mirza Teletovic, Tornike Shengeila
Centri: Reggie Evans

HEAD COACH: Avery Johnson

http://www.youtube.com/watch?v=sLSd5ZeDGtc

“HELLO BROOKLYN!”

Questo è il messaggio che i responsabili del marketing hanno voluto lanciare alla nuova casa dei Nets tramite la loro innovativa campagna pubblicitaria di benvenuto che prevede, oltre ad una serie di cartelloni pubblicitari posti lungo le strade del “borough” newyorchese, anche promo televisivi e materiale digitale in grado di creare una più stretta connessione tra i nuovi idoli di casa (Williams, Wallace, Johnson e Lopez sono i protagonisti delle pubblicità) e i cosiddetti “brooklynites”, gli abitanti del posto.

“Vogliamo prendere il controllo della zona e trasformare i Brooklyn Nets in un brand mondiale” ha detto Fred Mangione, capo del reparto marketing della franchigia, che ha poi continuato – “Ma abbiamo molta strada da fare. Dobbiamo cominciare a vincere qualche partita in più e dobbiamo rendere eccitante il nostro prodotto nel mercato, e questi sono i primi passi che dobbiamo fare per raggiungere il nostro obiettivo”.

Vincere qualche partita in più, appunto.

Partendo da fondamenta nettamente migliori rispetto a quelle che hanno caratterizzato i Nets dell’ultima decade, la squadra di Avery Johnson ha il dovere di migliorare prestazioni e, soprattutto, risultati sul campo, per permettere alla franchigia di essere rivalutata sia dal punto di vista dell’appeal mediatico che da quello prettamente cestistico.

Se negli ultimi cinque anni i risultati raccolti sono valsi un deprimente record di 126 gare vinte al netto di 268 perse, nella stagione che sta per prendere il via questo drammatico trend dovrà per forza di cosa essere fermato; l’obiettivo primario sarà quello di superare il .500% di vittorie, dato che se venisse confermato l’andamento della Eastern Conference delle ultime annate (cosa assai probabile) permetterebbe a Williams e compagnia di ritagliarsi un posto nella griglia Playoffs.

Addetti ai lavori e giornalisti sono molto ottimisti a tal proposito: alla domanda di stilare una previsione della classifica per quanto riguarda la conference orientale, Brooklyn viene piazzata tra il terzo ed il quinto posto, al pari di squadre come Boston, Indiana e New York. Più distanti invece i campioni in carica di Miami e Chicago.

La pensa diversamente invece coach Avery Johnson, che in una recente intervista rilasciata alla stampa durante una sua visita nella città di Dallas, ha dichiarato – “Non siamo una squadra da titolo, dobbiamo lavorare ancora molto, ma, allo stesso tempo, possiamo contare su molti più giocatori di talento rispetto ai due anni passati. Siamo più versatili che mai e adesso sembriamo forti sulla carta. Adesso dobbiamo applicare questa forza sulla carta e andare avanti”.

Semplice pre-tattica per allentare la pressione e ridurre le aspettative attorno al gruppo? O forse reale consapevolezza dei propri (buoni, ma non ancora ottimi) mezzi? Solo il tempo ed il campo sapranno darci una risposta.

Quello stesso campo su cui Deron WIlliams e Joe Johnson dovranno dimostrare di valere rispettivamente i 100 milioni (in 5 anni) e gli 89 milioni di dollari (in 4 anni) del contratto che i Nets gli hanno proposto durante quest’ultima sessione di mercato estivo.

Potenzialmente i due compongono uno dei back-court più competitivi, dinamici e intriganti di tutta la Lega. Se guardiamo infatti a cosa ha saputo fare D-Will in questi anni a New Jersey seppur circondato da compagni di squadra mediocri, mantenendo medie da All-Star (21 punti e quasi 9 assist a gara nel 2011-12) nonostante il contesto non lo garantisse e gli poniamo a fianco una shooting guard che nell’ultimo anno vissuto insieme ad un vero playmaker, riferimento alla stagione 2004-05 il regista in questione rispondeva al nome di Steve Nash, è risultato essere il secondo miglior tiratore da tre punti della NBA (47,8% la media esatta), la coppia sulla carta non ha nulla da invidiare, per esempio, a quella formata dal sopracitato canadese e Kobe Bryant.

Il Deron Williams di Utah, quello che aveva sì le maggiori responsabilità all’interno del sistema squadra ma poteva altresì contare su compagni di una certa caratura quali Kirilenko, Boozer e Okur, era un giocatore che sistematicamente entrava nelle discussioni su chi fosse l’MVP della Lega e la migliore PG del pianeta, dato che scendeva in campo al massimo delle proprie potenzialità.

Il Joe Johnson di Phoenix, quello in grado di poter giocare esclusivamente da “shooter”, da tiratore puro, senza alcuna incombenza di playmaking e, cosa più importante, senza dover sopportare sulle proprie spalle il peso di un’intera squadra (cosa che invece gli è successa ad Atlanta), era considerato un All-Star dal futuro più che roseo.

Che la storia possa ripetersi a Brooklyn ora che il tasso tecnico dei vari componenti del roster è salito notevolmente di livello? Perchè no, a patto che i due decidano di sacrificare parte del loro ego cestistico in favore della coralità e del gioco di squadra.

Johnson avrebbe la possibilità di rimanere in parte nella penombra, di giocare con maggiori libertà e con incombenze puramente realizzative; ciò contribuirebbe a farne un giocatore decisamente migliore, magari andando a sviluppare ambiti del gioco che in questi anni non sono stati il punto focale della sua pallacanestro: vedi l’attacco in post-basso, vedi la fase difensiva.

Williams, dal canto suo, si troverebbe attorniato da gente in grado di “buttarla dentro” ad ogni singolo possesso, il che gioverebbe alle sue indiscusse abilità di playmaker, finite un pò in secondo piano in queste ultime stagioni.

Passando ad analizzare il resto del rosa messa in piedi da Mikhail Prokhorov, magnate russo che, dopo un paio di stagioni di ambientamento, ha deciso finalmente di investire parecchi dollari nel suo progetto Nets (sono 82 i milioni spesi sul mercato estivo appena conclusosi), salta subito agli occhi la versatilità e la solidità del roster a disposizione di Avery Johnson.

A parte le due guardie già discusse, infatti, il coach natìo di New Orleans potrà contare nello starting five su un ala piccola molto duttile come Gerald Wallace, capace di ricoprire più che discretamente anche il ruolo di quattro e solita ottima presenza fuori dal perimetro sia in fase offensiva che in quella difensiva, su una PF come Kris Humpries, grande rimbalzista in grado di contribuire attivamente anche a livello di finalizzazione (doppia-doppia di media gli ultimi due anni), e su Brook Lopez, pivot dal talento indiscusso rallentato la passata stagione da una frattura da stress al piede ma sul quale Brooklyn ha deciso di scommettere per il futuro come testimoniano le cifre del suo quadriennale firmato durante l’ultima offseason; 15 milioni netti a stagione per un totale di 60, grazie ai quali Lopez potrà continuare a vestire la maglia dei Nets e, soprattutto, dovrà dimostrare di poter valere almeno in parte il grande rimpianto dell’estate targata Prokhorov, quel Dwight Howard sempre molto vicino ad accasarsi nella Grande Mela ma su cui, alla fine, i dirigenti dei Nets hanno fatto retromarcia.

In uscita dalla panchina ci sarà poi, quasi sicuramente, MarShon Brooks, piacevole sorpresa l’anno passato durante la sua prima stagione tra i pro (quasi 13 punti di media in 30 minuti passati sul parquet) e pronto a tirare fuori energia e dinamismo nel suo nuovo ruolo di sesto uomo; a completare il tutto ci penseranno CJ Watson, proveniente da una discreta stagione ai Chicago Bulls ed al suo quinto anno nella Lega, ottimo per dare fiato a Williams in alcuni frangenti di gara; Mirza Teletovic, un 2.05 su cui Brooklyn ha decisamente puntato come il nuovo Steve Novak (il triennale offertogli ha precluso la possibilità di mirare a free agent anche più appetibili del bosniaco), dato che fa del tiro dalla lunga distanza il suo punto di forza; Reggie Evans, in grado di offrire preziosi minuti di riposo a Lopez mettendo in campo la solita spigolosità ed il solito agonismo mostrati in maglia Clippers la scorsa annata; il duo Jerry Stackhouse-Tyshawn Taylor, un mix di esperienza e freschezza giovanile da non sottovalutare ed infine Keith Bogans e Tornike Shengelia, come ultime scelte di un roster polivalente e ricco di buone opzioni.

Il talento insomma non manca assolutamente, ad Avery Johnson il compito di amalgamare le varie individualità e di farne un gruppo pronto a competere (era ora!) ai massimi livelli. Che la sfida abbia inizio!

2 thoughts on “Brooklyn Nets: Preview

  1. …serve un lungo più forte di Evans in uscita dalla panchina…tipo K-Mart…(non so se è ancora disponibile)…anche come “sicurezza” in caso di infortuni medio-lunghi dei titolari…

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